
Per una serie di ragioni che comprendono vacanze e luoghi senza connessioni mi sono perso la prima giornata di Serie A. Ho perso tutto, tranne qualche higlights e qualche commento subito piccato e sostanzialmente il mio campionato è iniziato alla seconda giornata. Come prima cosa, quindi, ho visto Sarri in tuta. Sarri in tuta della Kappa super elastica: apprezzata nei primi piani del tecnico in slow motion, pantaloni della tuta, per la precisione, con una maglietta rossa altrettanto elastica con pancia a vista, pantaloni neri di acetato, quasi skinny, a un passo dall’essere leggins.
Questi dettagli sarebbero diventati importanti dopo l’espulsione rimediata da Sarri contro il Milan, quando il tecnico ha dichiarato: «È più facile espellere un uomo con la tuta che uno in doppiopetto». Sarri, secondo Sarri, è stato allontanato a causa della sua tuta. Ma non perché tuta ≠ potere e invece l’elegante abito di Montella ha in qualche modo intimorito il direttore di gara: il motivo vero è che la tuta di Sarri è una brutta tuta.
Il calcio è uno sport televisivo e simili leggerezze vanno punite, e non è la prima volta che Sarri si ritrova a discutere di stile e di colori: qualche mese fa si è lamentato del nuovo pallone della Serie A, segno di come ci tenga al buongusto, nonostante ne abbia una visione tutta sua.
Sicuro che Sarri non rimarrà indifferente ai buoni consigli, mi sono permesso di immaginare 5 tute con le quali l’allenatore del Napoli potrebbe sventare la squalifica nelle prossime giornate. 5 belle tute o comunque 5 tute meno sciatte della brutta tuta di Sarri. E se è un fatto generazionale (mentre scrivo ho addosso una tuta) allora sta a Sarri, tecnico sempre pronto ad aggiornarsi tatticamente, capire che nel 2016 c’è tuta e tuta.
La tuta di Guidolin

In un numero di SportWeek estivo di qualche anno fa, forse era il 2010, prima delle presentazioni delle rose, era stata stilata una pagella degli allenatori per il loro stile. Leonardo, ad esempio, aveva ricevuto un lusinghiero 9,5 in riferimento alla cravatta sempre strettissima. In ultima posizione spiccava Francesco Guidolin con un rotondo 10, perché: «Va bene l’eleganza, ma alla fine stiamo parlando di sport. E quale indumento rappresenta meglio lo sport se non una bella tuta».
All’interno del calcio moderno Guidolin è un portatore sano di umiltà, sia per i continui richiami al lavoro, al sacrificio, per il suo amore nei confronti del ciclismo (sport popolare e di fatica per antonomasia), per le interviste sempre sull’orlo della crisi di pianto; sia per l’identità profonda della “sua” Udinese: così forte da qualificarsi ai preliminari di Champions League per qualche anno di fila, ma tutto sommato abbastanza proletaria da non passare mai i preliminari, tornando così tra gli umili, senza mai riuscire a passare il ponte della sfiga.
Da Guidolin, Sarri potrebbe innanzitutto imparare a vestire una tuta intera, di quelle da campo della provincia. Non una tuta brillante e acetata come quella del Napoli, dovrebbe chiedere alla Kappa un modello opaco, meglio se di felpa. E, sempre se possibile, dovrebbe essere una tuta su misura, indossata come fosse un abito. Lo smoking dei poveri, insomma.
Dopodiché, dovrebbe raccogliere il suo esempio in senso più generale: rivendicarsi come incompreso e finire su un eremo, lontano da tutto e tutti, far chiedere alla gente “ma che fine ha fatto?” e poi mandarci notizie da lontano, una foto con un maglione brutto e lo sguardo imbarazzato, ma lo stesso gioco d’avanguardia. Mai del tutto capito.
La tuta di Skepta

Per quanto mi piacerebbe vedere Sarri come una delle comparse nel video di Gué Pequeno, non ce lo vedo in sneakers di pitone e cintura di Hermes ad urlare che comandare è meglio che fottere. Eppure non è un caso che il video di Gué Pequeno sia girato a Napoli, che nel video compaia proprio una tuta del Napoli e che il rapper dei Dogo si riferisca chiaramente a ADL quando sostiene di avere «il rispetto di chi rischia grosso, di chi fa nevicare ad agosto», confermando la sua passione per il cinema, i set e gli effetti speciali.
Non allontanandoci troppo dalle sonorità della doppia acca (per la generazione di Sarri: HH = hip hop, una cultura giovanile molto in voga negli ultimi anni), però, c’è qualcuno che potrebbe avere una tuta, o meglio una filosofia dietro il vestire la tuta, che potrebbe fare al caso di Sarri. Skepta, rapper originario di Tottenham, da qualche mese veste una felpa no logo, tutta nera, in risposta alla sovraesposizione dei loghi, degli sponsor e dei marchi tra i suoi colleghi. L’idea di Skepta è spiegata bene sia in un’intervista alla versione inglese di i-D, che nelle sue lyrics: “Fashion week and it's shutdown / Went to the show sitting in the front row / In a black tracksuit and it's shutdown”.
Sarri potrebbe scegliere questa filosofia nella sua personale lotta al calcio moderno: contro i tatuaggi, i capelli decolorati, le creste, i numeri di maglia particolari, gli abiti sartoriali, la giacca e la cravatta che ha indossato per una vita quando lavorava in banca. Una bella tuta nera, anti-corporate, come potrebbe avere qualsiasi bambino al campetto, cosicché anche quel bambino cresca col sogno di poter allenare, un giorno, mentre fuma delle Nazionali senza filtro.
Richie e Chas Tenenbaum

Come Richie Tenembaum, Sarri è ossessivo compulsivo. Si esprime nella mania tattica, nei 33 schemi, nel gioco posizionale geometrico, le sostituzioni cronometrate agli stessi minuti di gioco, i droni, i sincronismi difensivi algebrici, le bestemmie, sempre le stesse, nonostante la tradizione virtuosistica toscana. E come Richie Tenembaum, Sarri è borderline in una società conformista: che vieta il fumo in panchina, permette di giocare a calcio ad agosto e ad orari poco decorosi, con palloni troppo colorati.
Come massimo segno di protesta contro una Lega che non lo capisce, potrebbe indossare la tuta vintage di Chas Tenembaum, la fascetta antisudore da tennista di Richie Tenembaum, e poi entrare in una profonda depressione. Far impreziosire la tuta con degli strati di polvere, sedersi in panchina la domenica imbronciato, con gli occhi vitrei a fare da schermo a pensieri impenetrabili. Impegnato solo in qualche piccola e oziosa attività ossessiva: convincere i suoi giocatori a vestirsi come lui, proprio come Chas fa con i figli. Sarebbe l’ammissione di ogni paura dell’ex tecnico dell’Empoli, che il meglio in fondo sia passato, che il passato comunque non ritorni.
La tuta Puma di Young Thug

Ultimamente la Puma si sta prendendo una grossa fetta del mercato fashion street ma, con il declino della stella di Mario Balotelli, nel calcio manca ancora una figura pienamente carismatica, dalla personalità forte e affascinante, che gli faccia da uomo copertina. Grazie alle collaborazioni con Trapstar, Bape e Rihanna, Puma si è tolta tutta quella coltre di vecchiaia tipica di qualche anno fa, chi meglio di Maurizio Sarri per il calcio italiano?.
Sarebbe bellissima una collaborazione tra Puma e Sarri, magari anche come possibile primo passo per Sarri CT della Nazionale. Sulle tute di Young Thug il magazine maschile GQ intitolava un qualcosa come “YT sta cercando di convincerti a comprare una tuta”, come se solo vedere qualcosa addosso al rapper di Atlanta, facesse aprire il nostro portafoglio. Chissà se Maurizio Sarri legge GQ.
A catturarmi in questi tre modelli è, innanzitutto, che due su tre siano di ciniglia, che in pratica è il tessuto con cui si costruiscono le tende pelose per gli ingressi negli alimentari di paese. Un tessuto così brutto che fa il giro e diventa un “must have”. Per il resto credo che ognuno di quei colori possa risaltare al meglio ogni qualità estetica di Sarri, rendendolo finalmente cool senza perdere tutta la coltre di vero uomo del popolo.
Sarri seduto al fianco di un ghettoblaster in posa plastica. Caro Tavecchio, visti i tuoi contatti con Puma, chiedo che Napoli e Puma vengano messi in contatto e che si regali a Sarri una di queste tute, cosicché nessuno possa espellerlo più solo per come si veste. Anzi, così che non ci sia porta di nessun locale alla moda che non si spalanchi quando Sarri ci si presenta davanti.
Una tuta che dà un chiaro messaggio
In realtà questo non è un consiglio, è più un cercare di immaginare cosa vuole comunicarci Sarri. Quando la versione da piccolo schermo del comico americano Jerry Seinfeld, nella celebre e omonima sitcom andata in onda un paio di decadi fa, vede il suo migliore amico George vestire dei pantaloni della tuta, gli spiega per filo e per segno cosa significa la tuta per chi ti guarda. Significa: «Non posso stare in società. Sono un miserabile, almeno però posso stare comodo». Così, in questi giorni, ho pensato: e se Sarri stesse mandando un messaggio ai piani alti? Se sapesse già tutto?
Un giorno, forse, vedremo Sarri in vestito e quel giorno sarà quando il Napoli potrà competere per lo Scudetto. Una sorta di sciopero della fame: fino a che non saremo davvero competitivi lo sentiremo urlare silenziosamente: “I give up”. Caro Maurizio, se è così basta che lo dici.