Per la prima volta nella sua carriera, quest'anno Alvaro Morata ha una maglia da titolare. Ad inizio stagione la scelta di Antonio Conte è stata chiara: liberato Diego Costa, il centravanti titolare del Chelsea è diventato Alvaro Morata, con Michy Batshuayi come sostituto. Lo spagnolo ha saltato solo una partita, tra campionato e Champions League, collezionando solo una panchina nel facile esordio casalingo contro gli azeri del Qarabag. La sola presenza da subentrante è alla prima giornata, quando il Chelsea stava perdendo allo Stamford Bridge per 3-2 contro il Burnley. Morata è entrato a mezz’ora dalla fine, con la squadra sotto di 3 reti e in inferiorità numerica per l’espulsione di Gary Cahill. Ha fatto in tempo a segnare 1 gol e a fornire a David Luiz l’assist per il 2-3 che a 2 minuti dal novantesimo ha alimentato le illusorie speranze di rimonta di un Chelsea ridotto addirittura in nove uomini per l’espulsione di Cesc Fabregas.
Sia il gol che l’assist al suo esordio in Premier League sono stati realizzati di testa, anticipando un trend, già visto nella passata stagione, ma che pare confermarsi con ancora più forza nella sua esperienza da centravanti titolare del Chelsea. A questo punto della stagione Alvaro Morata è il calciatore che, tra quelli dei cinque più importanti campionati europei, ha segnato di più di testa. Ben cinque degli otto gol segnati dallo spagnolo – sette in Premier League e uno in trasferta all’Atletico Madrid in Champions League – sono stati realizzati con la palla in aria. Dei restanti tre gol segnati fin qui, uno è stato realizzato calciando in porta di prima, senza stoppare il pallone, e un altro con il tocco appena successivo allo stop. Solo uno degli otto gol realizzati da Morata nasce da un’azione personale, tutte le altre reti nascono da tiri da dentro l’area.
Le doti di Alvaro Morata
Alvaro Morata è un attaccante dotato di grandi doti atletiche e tecniche. Possiede ottima velocità sul lungo che, abbinata a un ottimo controllo del pallone con entrambi i piedi in conduzione, lo rendono abilissimo negli spazi aperti con la sua progressione palla al piede. La tecnica individuale è di alto livello e brilla in particolare nel primo controllo. Si muove benissimo dentro l’area dove calcia bene con entrambi i piedi, ha una grande tecnica nel colpo di testa, dove sfrutta anche un ottimo senso dello smarcamento.
La combinazione delle doti atletiche e tecniche ha regalato versatilità a Morata, e ha suggerito agli allenatori un impiego vario dell’attaccante spagnolo. La sua stazza (è alto 189 cm e pesa 85 Kg) unita alla mobilità, all’agilità e alla capacità di coprire tutto il fronte offensivo, giocando bene anche sull’esterno, ha favorito un suo impiego da centravanti in schieramenti offensivi a una sola punta. L’abilità nel giocare internamente o sulla fascia, la possibilità di ricevere venendo incontro al portatore o attaccando la profondità, gli ha permesso di giocare con qualsiasi tipologia di compagno in schieramenti a due attaccanti, svolgendo indifferentemente i compiti di prima o seconda punta. Alla Juventus è stato persino usato come punta esterna nel 4-3-3.
Questi primi tre mesi in Premier League sembrano però portare avanti la tendenza già emersa la passata stagione. Alvaro Morata definisce il proprio ruolo in campo in conseguenza di un rapporto sinergico tra la naturale evoluzione del giocatore e le esigenze tattiche della sua squadra.
Com'è cambiato negli ultimi due anni
Lo scorso anno, nel contesto di un Real Madrid zeppo di giocatori in grado di occupare in maniera dinamica la trequarti, Morata si è specializzato nel ruolo di prima punta. Zinedine Zidane lo ha impiegato come arma tattica in campo aperto e spesso nella seconda parte delle partite, quando si aprivano più spazi. In questo modo Morata non era obbligato a trovare il modo di associarsi al resto della squadra ma poteva ricercare in maniera più diretta l’attacco alla profondità e la finalizzazione. Un passo verso la trasformazione da attaccante versatile a centravanti finalizzatore quasi puro.
Il processo evolutivo di Morata sta continuando sotto la guida di Antonio Conte, e nel peculiare ambiente tattico della Premier League. Il Chelsea di quest’anno alterna il 3-4-2-1 al 3-5-2, utilizzando anche moduli ibridi tra i due, con Fabregas a muoversi tra la posizione di mezzala e quella di trequartista. In entrambi i casi Morata è stato impiegato da centravanti puro, con pochi movimenti verso l’esterno. Nel 3-4-2-1 il compito di associarsi con l’esterno di centrocampo è lasciato ai trequartisti, che alternano i movimenti verso la fascia all’occupazione degli half-space.
Il 3-5-2 progettato da Conte per i Blues è diverso da quello disegnato dal tecnico italiano nella sua esperienza alla Juventus e nella Nazionale italiana. Se in passato le due punte giocavano in orizzontale, occupando lo spazio centrale e giocando innumerevoli combinazioni in coppia, nel Chelsea, in assenza di un altro attaccante puro, i due giocatori offensivi si dispongono in verticale, con Hazard che gioca alle spalle di Morata. In entrambi i moduli di gioco i compiti assegnati a Morata sono gli stessi: tenere bassa la linea difensiva avversaria, attaccare la profondità e finalizzare dentro l’area. Compiti quindi tipici di un centravanti puro.
I numeri delle ultime due stagioni testimoniano questa evoluzione. In campionato i dribbling per 90 minuti sono stati 2.6 l’anno scorso e sono 2.2 al Chelsea, mentre nelle precedenti stagioni erano stati sempre più di 3, con un record di 4.2 per 90 minuti nella serie A 2015/16. Morata sta quindi asciugando il suo gioco, dovendosi più che altro concentrare sull’occupazione degli spazi centrali e sulla finalizzazione.
La percentuale di conversione, calcolata come rapporto percentuale tra tiri effettuati e gol fatti, si è impennata dai tempi della Juventus. Morata è passato dal 12% dell’ultima stagione in bianconero a un clamoroso 30% al Real Madrid, per poi assestarsi al 20% al Chelsea. Morata è sempre più freddo, e ha in più migliorato la sua abilità nel concludere a rete di testa, da sempre uno dei sui punti di forza. Nel 2013/14, al Real Madrid solo il 15% delle sue conclusioni a rete era effettuata di testa. Nei due anni alla Juve questa percentuale è stata costantemente al 17%, per innalzarsi repentinamente al 36.7% al Real Madrid la passata stagione e al 32.5% al Chelsea. Uno scarto netto, che testimonia indirettamente che nelle ultime due stagioni lo spagnolo ha occupato l’area di rigore molto più che in quelle passate, come conseguenza dell’evoluzione del suo gioco.
Naturalmente Morata segna di testa molto di più. Fra suoi gol, alla Juve il 20% era segnato di testa, al Real il 39%, al Chelsea il 62,5%. Morata però non colpisce solo di più ma colpisce anche meglio di testa; la sua percentuale di conversione dei colpi di testa è cresciuta dal 15% alla Juventus al 38.5% ai "Blues", passando per il 32% del Real 2016/17.
Certe peculiarità tattiche della Premier League disegnano per certi versi un habitat ideale per Morata. Pur in presenza di difensori centrali generalmente molto alti, l’attenzione per la marcatura in area o, in alternativa, per l’occupazione ottimale degli spazi, è discontinua e favorisce un centravanti bravo a smarcarsi e a finalizzare.
L’ultimo gol di Morata, quello della vittoria contro il Manchester United. Nonostante lo schieramento coi tre centrali lo United copre male il centro dell’area e lo spazio tra Smalling e Bailly è facilmente attaccabile dal centravanti del Chelsea.
L’assist del gol al Manchester United è di Azpilicueta, che ha già messo a referto ben 5 assist per Alvaro Morata. Tra i migliori 5 campionati europei, la coppia Azpilicueta-Morata è quella che ha prodotto in combinazione più assist e gol. Un dato paradossale, visto che in fondo Azpilicueta è un centrale di destra che gioca anche largo a destra a centrocampo. Dietro di loro, all’Inter Perisic ha servito 4 assist per Icardi, in Spagna Jordi Alba ha mandato a rete 4 volte Messi e, sempre in Premier League, Kane ha segnato 4 reti su assist di Trippier.
Dei cinque assist di Azpilicueta, ben tre, conclusi tutti con un colpo di testa di Morata, sono nati dalla stessa zona di centro destra a circa 30 metri dalla porta, in una posizione tipica del centrale di destra di una difesa a tre in fase di attacco posizionale. L’abilità di Morata nel muoversi alle spalle dei centrali e finalizzare, approfittando anche della libertà concessa dalle difese avversarie, ha trasformato i cross di Azpilicueta da una zona in teoria poco pericolosa, in un’arma offensiva importante.
La mappa dei cross tramutati in gol da Alvaro Morata in questa stagione.
Antonio Conte ha impostato il Chelsea su un calcio piuttosto prudente, fatto di difesa posizionale e ripartenze in spazi ampi. Un canovaccio che valorizza le grandi doti in campo aperto di Morata, che può approfittare anche della generale lentezza dei difensori avversari. Di contro, la forza fisica dei centrali della Premier League può mettere in difficoltà lo spagnolo nelle fasi di gioco in cui il Chelsea prova ad appoggiarsi al suo centravanti per risalire il campo e sarebbe quindi necessario vincere gli scontri ravvicinati con gli avversari. A dispetto della forza fisica a disposizione, la gestione dei duelli corpo a corpo coi difensori non è mai stato un punto di forza di Morata e deve ancora migliorare.
Un nuovo Morata
Nonostante le sue grandi doti atletiche e tecniche, prima di questa stagione Morata non era ancora riuscito ad imporsi come titolare. Al Chelsea non ha solo trovato un posto nell’undici iniziale, ma sta completando la propria specializzazione come prima punta. Morata sta abbandonando la versatilità che lo ha contraddistinto a inizio carriera, e sta affinando sempre di più la sua capacità di muoversi in area di rigore avversaria, alle spalle o davanti i difensori.
I margini di miglioramento di Morata rimangono quelli di sempre: la gestione dei duelli corpo a corpo, le qualità delle sue scelte di gioco e la capacità di associarsi coi compagni di squadra, specie in fase di attacco posizionale. Se la gestione dei duelli fisici coi difensori rimane una questione di attualità per il centravanti di una squadra di Premier League, l’evoluzione in centravanti puro e l’habitat tattico del Chelsea di Conte e del campionato inglese, rende meno pressante l’esigenza di fare progressi negli altri due aspetti. Come ogni processo di specializzazione, quella dello spagnolo trascura alcune alcune caratteristiche per concentrarsi sul miglioramento di quelli che sono già i punti di forza. Chissà che, abbandonando l’esigenza di diventare un attaccante totale, Morata non abbia trovato la giusta strada per il suo futuro, trasformandosi in un moderno centravanti d’area.