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Amatelo per quello che è
20 dic 2016
Ricercato da mezza Europa, Sardar Azmoun è la nuova stella del calcio iraniano.
(articolo)
8 min
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Uno dei più rodati e fuorvianti automatismi diffusi tra chi non ha dimestichezza con la porzione di mondo conosciuta come Medioriente, è quello di confondere l'Iran con l'Iraq, e di pensare quindi che il primo sia un paese arabo come il secondo. Basta in realtà una conoscenza superficiale per dire che no, l'Iran non è un paese arabo bensì persiano.

Tuttavia, anche quest’affermazione rischia di sacrificare una parte di realtà: dei settantacinque milioni di abitanti in Iran, solo il 55% è di etnia persiana. L'Iran è un paese estremamente eterogeneo dal punto di vista etnico: oltre ai persiani ci sono gli azeri – è azera anche la Guida Suprema, l'ayatollah Khamene'i –, i curdi (come il sindaco di Teheran, Qalibaf), i luri, i baluchi sopratutto a sud est, gli arabi sopratutto a sud ovest, e i turkmeni, sopratutto nelle regioni a est del Mar caspio. Ethnologue, una pubblicazione redatta dall'organizzazione non governativa cristiana evangelica SIL, valuta in 8 milioni il numero dei turkmeni nel mondo, disseminati tra Turkmenistan, Russia, Uzbekistan, Afghanistan e Iran, dove se ne contano circa un milione e mezzo.

Sardar Azmoun, la stella nascente del calcio iraniano, è turkmeno, ed in è in lingua turkmena che comunica col suo allenatore al Rostov, Kurban Berdyev, nativo di Ashgabat, capitale del Turkmenistan. La cosa ha sicuramente aiutato Azmoun ad imporsi come uno dei migliori attaccanti del campionato russo e a puntare, come dice il suo agente Mehdi Hagitali, a diventarne il più forte in assoluto. Sardar, ovviamente, ci ha messo molto del suo, mantenendo l'umiltà tipica degli stessi turkmeni, molto diversi – tranne che il profondo senso di ospitalità, valore fondante della cultura turkmena, condiviso dal resto degli iraniani – dai rumorosi azeri o dagli orgogliosi persiani.

Strani paragoni

Nell'epoca di YouTube i paragoni evocativi e forzati tra giocatori emergenti e stelle affermate sono ormai prassi consolidata. In gran parte degli articoli e dei video su Azmoun, sia in Iran che in Europa, il ventunenne del Rostov è inopinatamente soprannominato “il Messi iraniano”. Non si capisce il perché: Azmoun è destro di piede, ha un fisico longilineo, filiforme ed elastico, è alto circa venti centimetri in più rispetto a Lionel e sembra essere quanto di più lontano si possa trovare dal punto di vista tecnico, tattico e atletico rispetto al giocatore argentino su un campo di calcio. Il tatuaggio che Azmoun ha sull'avambraccio sinistro sembra alludere ad una certa insofferenza rispetto a questo assurdo accostamento: “Amatemi per quello che sono”, si legge scritto in inglese.

Sardar Azmoun nasce il 1 gennaio 1995 a Gonbad-e Kavus, una quieta cittadina iraniana di circa centocinquantamila abitanti nella regione del Golestan, a pochi chilometri sia dal Mar Caspio che dal confine col Turkmenistan. Gonbad è famosa per il fatto di ospitare una bizzarra torre, fatta costruire attorno all'anno mille dal sovrano della dinastia Ziyaride, Abol-Hasan Qābūs ibn Wušmagīr. La torre, patrimonio dell'Unesco, è alta circa settanta metri, ha una forma decagonale e un tetto conico, come il cappello di un mago. Come racconta in Road to Oxiana l'esploratore britannico Robert Byron, la visione di una fotografia raffigurante la torre fu il principale motivo a spingerlo a visitare la Persia. Dopo averla vista dal vivo, Byron scrisse addirittura che la torre di Gonbad se la giocava in quanto a bellezza con i più grandi edifici al mondo. Se non ci fosse la torre, Gonbad-e Kavus sarebbe una cittadina abbastanza anonima, come tante di quelle che si incontrano nella mite regione del Golestan. E anche Azmoun, l'altro motivo di vanto di Gonbad-e Kavus, assieme al poeta turkmeno del diciannovesimo secolo, Magtymguly Pyragy, potrebbe sembrare a prima vista un giocatore anonimo, che non ruba l'occhio. Sul sito WhoScored ad esempio si legge “non ha punti di forza significativi”. Se non fosse per alcune sue caratteristiche peculiari, che non risaltano immediatamente e che sono forse eredità del suo codice genetico.

Il padre di Azmoun, Khalil, è stato un giocatore della nazionale iraniana di pallavolo. Quello del pallavolista sembrava essere anche il destino di Azmoun, che a 11 anni rifiutò la convocazione nella nazionale di calcio U-12, smise di giocare e si dedicò al volley. Ma fu proprio il padre Khalil, guidato da un certo pragmatismo, a spingerlo un paio di anni dopo a tornare sui suoi passi, anche perché, giocando nel ruolo di opposto, Sardar (che è alto 1,85) era forse, in prospettiva, un po' basso rispetto alla media. Tornato al calcio, nelle giovanili dell'Etka Gorgan, Azmoun fece tutta la trafila delle giovanili a partire dall'Under 17.

Azmoun è un giocatore complesso, che può destare impressioni diverse a seconda della partita in cui lo si vede all'opera. Nonostante l'altezza, la capacità di giocare di sponda, un senso del gol e un tempismo (qui e qui due gol quasi identici, con l'esterno in spaccata e in anticipo, uno di destro e uno di sinistro) affatto banali. L'iraniano gioca spesso muovendosi da seconda punta, allargandosi sulla fascia sinistra, partendo da lontano, anche perché il suo Rostov difende tendenzialmente con un blocco basso. Questa tendenza, chissà quanto frutto di una inconscia istigazione a dimostrarsi davvero simile a Messi, ha evidenziato alcuni suoi limiti tecnici nel controllo e nella protezione di palla in corsa, oltre a non valorizzarlo al massimo nel gioco in campo aperto, dove in allungo è tutt'altro che un giocatore lento.

Azmoun a volte sembra volersi intestardire, da vero iraniano, provando giocate che non sembrano appartenergli: perden palloni banali a causa di dribbling forzati, minimizza la propria presenza in area e tira ancora poco (1,5 a partita medi). Nonostante un fisico che deve irrobustirsi (perde ancora troppi contrasti), Azmoun sembra potenzialmente una prima punta moderna: lo si nota anche dal genere di gol che realizza, quasi tutti dentro l'area, spesso rubando il tempo ai difensori, o salendo in cielo come la torre di Gonbad-e Kavus.

Con un po’ di attenzione, è facile capire a cosa si allude quando si parla di eredità genetica in Sardar Azmoun: la caratteristica che lo rende riconoscibile, e ben sopra la media, è infatti l'impressionante elevazione, che gli permette di rimanere sospeso in aria, a sessanta centimetri dal suolo, per un paio di secondi, stimolando il sospetto che difensori più alti di lui abbiano delle ancore ai piedi. Se gli utenti di Youtube avessero voluto esagerare con le iperboli, anziché “the iranian Messi”, avrebbero potuto indulgere con un soprannome tipo Air Azmoun. Sono preziose le sue spizzate – quasi mai frutto di duelli aerei ma proprio di una manifesta capacità di salire più in alto di chiunque – e sono notevoli alcuni suoi gol di testa.

Air Azmoun in terzo tempo.

In questi due anni al Rostov, sotto la guida del suo mentore Berdyev, che descrive come un secondo padre, Azmoun è sembrato voler andare oltre i propri limiti: misurare le dimensioni del proprio talento e capire in prima persona ciò che ancora non appare del tutto chiaro, ovvero che tipo di giocatore sia.

Sarà che la parola Azmoun, in farsi, significa “collaudo”. Nonostante questa intermittente propensione a sopravvalutarsi, Azmoun è un giocatore tatticamente maturo, intelligente, capace di abbinare il fiuto di attaccanti che giocano con l'ossessione del gol ad una certa propensione associativa, oltre a un incessante movimento senza palla.

Una caratteristica che lo rende da questo punto di vista già un giocatore maturo è la predisposizione al pressing, senz'altro migliorata da quando è a Rostov. Contro l'Atletico Madrid, quest'anno in Champions, lo si è visto più volte andare a sporcare le traiettorie dei difensori in fase di impostazione, correndo come un ossesso e togliendosi peraltro la soddisfazione di segnare il gol del momentaneo pareggio al Calderon. Soddisfazione che si è tolto anche contro il Bayern Monaco, quando ha messo a sedere nientemeno che Jerome Boateng, segnando anche in quella occasione il gol del momentaneo pareggio, davanti ai circa 20000 spettatori in visibilio dello stadio Olimp-2. Sia con l'Atletico che col Bayern Monaco – la prima persa 2-1 al Calderon, la seconda vinta in casa 3-2 – Azmoun è stato protagonista di prestazioni complete, intelligenti.

A 21 anni Sardar Azmoun ha già segnato 16 gol in 22 partite con la nazionale (anche una tripletta contro la Macedonia), di cui è già leader tecnico, e in questo articolo di Espn già ci si chiede, forse un po' prematuramente, se non possa ambire a superare il record di gol di Ali Daei (attualmente il giocatore che ha segnato più gol con la propria Nazionale nella storia del calcio), che si è fermato a 109 in 149 partite. Ali Daei esordì a 23 anni suonati in Nazionale, Azmoun è invece a 16 gol prima ancora di averne compiuti 22.

A differenza dei due principali totem del calcio iraniano, Ali Daei e Ali Karimi, Sardar Azmoun non ha mai esordito nella massima serie iraniana, perché dopo un torneo giovanile è stato acquistato dal Rubin Kazan a 18 anni, con cui ha totalizzato 27 presenze e 5 gol (col numero 69 sulle spalle, indossato in “onore” del numero di targa identificativo delle macchine immatricolate nella regione in cui è nato, il Golestan), prima di trasferirsi sulle rive del fiume Don.

Sopratutto dopo le prestazioni nel girone di Champion's, sirene inglesi (le due squadre di Liverpool) sembrano aver già iniziato a suonare, anche se non sembra che Azmoun possa lasciare il Rostov a gennaio. A vederlo giocare, però, il suo campionato ideale potrebbe essere proprio quello italiano più che la Premier League, in cui rischia di non avere ancora né la tecnica in velocità sufficiente per giocare da seconda punta – ancor meno nelle squadre di Klopp – né la fisicità necessaria a reggere l'urto dei difensori giocando da terminale offensivo, per quanto mobile. Con 7-8 milioni, che potrebbero diventare una decina a fine anno, si può prendere. Amatelo per quello che è, o al massimo per quello che potrebbe diventare.

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