Il Real Madrid di Zidane è già parte della storia del calcio per aver vinto due Champions League consecutive. Un record che sembrava inarrivabile per tutti e che nell’ultima stagione, e in particolare dall’inizio dell’anno solare 2017, è stato raggiunto da un Madrid il cui dominio su ogni singola partita è apparso schiacciante.
Pur in presenza di tilt temporanei e disconnessioni improvvise, il Real riusciva a controllare e dominare ogni aspetto del gioco (psicologico, tattico, fisico, tecnico) partendo dal pallone: era lo strumento a ordinare i compiti dei giocatori, all’interno di un sistema in cui pochi aspetti erano davvero codificati e che dipendeva molto dalla capacità anche mentale dei suoi talenti (Modric, Kroos, Isco) di mantenersi continuamente accesi.
Per questo si parlava anche di sistema invisibile, di calcio liquido o di equilibrio instabile: tutti modi per classificare una squadra inafferrabile. Senza nascondere le proprie fragilità, il Real Madrid dimostrava di poter dominare qualunque strategia di gioco avversaria, semplicemente partendo dal proprio dominio del pallone. Zidane aveva contribuito a potenziare i propri talenti passando al rombo di centrocampo, con Isco nel ruolo di moltiplicatore di passaggi, sia propri che dei compagni.
La nuova stagione era cominciata con lo stesso identico copione: ad agosto il Real ha vinto la Supercoppa Europea, contro lo United di Mourinho, e la Supercoppa di Spagna, contro il Barça di Valverde, con vittoria sia al Camp Nou che al Bernabeu. Non sembrava potessero esserci difficoltà per una squadra completamente in controllo del gioco: per gli avversari, il Real Madrid era diventato come le equazioni di Navier-Stokes (uno dei problemi irrisolti della matematica) che descrivono il comportamento dei fluidi come un continuo deformabile.
Senza soluzioni, appunto.
Poi improvvisamente, l’equilibrio instabile ha cominciato a balbettare: il fluido magico dei Blancos ha cominciato a muoversi su un piano inclinato, aiutato soprattutto dal peso degli errori dei suoi attaccanti. E così in circa tre mesi e mezzo, la squadra più forte del mondo si è trasformata in uno scombinato gruppo di talenti poco convinti: la carrozza di Zidane sembra improvvisamente essersi ritrasformata nella zucca che l’allenatore francese aveva preso in gestione da Benitez nel gennaio 2016.
Il Real Madrid è quarto in classifica, a pari punti con il Siviglia, che sfiderà sabato prossimo in una partita fondamentale per il presidio della zona Champions. Nella massima competizione europea invece, quella in cui i "Merengues" hanno banchettato incontrastati per due stagioni di fila, il Real è arrivato secondo nel girone dietro il Tottenham, esponendosi così ad enormi rischi di sorteggio per gli ottavi di finale.
La domanda è semplice: cos’è successo al Real Madrid? La risposta, invece, è complessa.
Effetto domino
I problemi del Real sono iniziati a settembre, e non è un caso: subito dopo la fine di uno strano calciomercato, la prima tessera del domino a cadere. La dirigenza madridista ha pensato di liberarsi di Morata e Danilo (oltre a Pepe e James), due riserve molto utilizzate nella passata stagione, senza sostituirli: al loro posto si è deciso di puntare sui canterani Borja Mayoral (20 anni) e Achraf Hakimi (18 anni). Due azzardi fortissimi, ben evidenti persino a mercato in corso, e che hanno creato dei buchi pesanti nella rosa: adesso il Real rimpiange persino il centravanti Mariano Díaz, ceduto in estate e autore di un ottimo inizio di stagione in Francia, con la maglia del Lione (12 gol in 16 partite).
Anche quello del portiere sembrava un tema abbastanza chiaro: Navas garantisce uno standard molto alto, ma è soggetto a cali di forma e infortuni. Proprio una lesione muscolare lo ha già tenuto fuori per ben 8 partite quest’anno, in cui il suo sostituto Kiko Casilla ha lasciato molto a desiderare.
La miopericardite di Carvajal, che ha smesso di allenarsi il 30 settembre ed è tornato in campo il 18 novembre nel derby contro l’Atletico, non era prevedibile, ma nelle ultime due stagioni il terzino madridista aveva comunque saltato il 40% delle partite in Liga. Si sapeva, insomma, che avrebbe avuto bisogno di un rincalzo affidabile: il suo problema al cuore ha invece costretto Zidane a fidarsi di Achraf, terzino destro marocchino di soli 18 anni. Un gigante europeo come il Real non può terminare il mercato con così tante incognite aperte: sebbene ci sia stato un tornado di coincidenze negative, sarebbe molto riduttivo parlare di sfortuna.
I problemi, però, sono soprattutto in campo, e partono proprio dalle fasce: il ruolo dei terzini nel 4-3-1-2 di Zidane è diventato sempre più fondamentale. Non sono solo deputati a garantire l’ampiezza offensiva, agendo da attaccanti aggiunti, e ad attaccare i mezzi spazi (soprattutto Marcelo sulla sinistra): il sistema invisibile già chiedeva loro una serie di compiti sovrumani. In fase offensiva, soprattutto con la necessità di inventare quasi sempre una giocata in 1 vs 1. In quella difensiva, con la richiesta di garantire aggressività sulle transizioni negative, ed eventualmente essere pronti a coprire tutta la fascia per evitare di esporre eccessivamente i due difensori centrali.
Carvajal è completamente solo e può soltanto crossare.
L’isolamento dei terzini però è addirittura aumentato in questa stagione, e l’assenza di Carvajal ha contributo ad esporre tutti i problemi del Real sulle fasce: in mancanza di connessioni che permettessero di attivare i compagni nei mezzi spazi, i terzini (e non solo) hanno cominciato ad esagerare con i cross al centro. E così, il Madrid si è trasformato nella squadra che crossa di più in Europa: per ora 375 cross nella Liga, contro i 185 del Valencia e i 156 del Barça.
L’inefficacia statistica dei cross è dimostrata, anche se la "Casa Blanca" ne aveva fatto un ottimo strumento nella passata stagione: il problema è che adesso si tratta di soluzioni molto forzate, e soprattutto a ricevere in area c’è spesso un solo attaccante, in palese inferiorità numerica. Cristiano Ronaldo non ha più la forza per imporsi sul primo palo e cerca spesso di ricevere sul secondo, sperando nell’errore dell’avversario: ma è una giocata con basse probabilità di riuscita.
Un cross inutile di Benzema per CR7 solo a centro area, che si va a nascondere sul secondo palo. Per segnare, dovrebbero sbagliare ben 3 difensori avversari.
Quello del Real non è un gioco di posizione stile barcellonista, non è un sistema ultra-organizzato, non è un orologio svizzero, ma è un sistema pragmatico e adattivo, che paradossalmente si realizza in campo imponendo il proprio contesto tattico all’avversario. Un enigma talmente complicato da aver reso spesso impossibile agli avversari trovare un piano gara adeguato. Ma cosa succede se il sistema instabile perde i suoi legami principali?
Come si riprende una squadra sconnessa?
In questo inizio di stagione, il Real si è fatto imporre spesso il piano di gara dall’avversario. E Zidane non è riuscito ad adattarsi, finendo invece pigramente a sbattere contro i problemi posti dagli avversari.
Gol dopo le sostituzioni: l’effetto Zidane è quasi nullo sui risultati.
Gli errori di Zidane stanno emergendo anche nella capacità di direzione di campo: le sostituzioni sono inefficaci, gli spostamenti mandano ancora più in crisi la squadra, come nel caso dell’arretramento di Casemiro tra i centrali contro il Girona e gli Spurs.
Il Real Madrid però ha problemi più grandi della scarsa vena di Zidane, e riguardano sia la poca fluidità nella propria metà campo - su pressione avversaria - che la velocità e profondità in fase offensiva.
La Casa Blanca è solita attaccare secondo tre filoni principali, e da tutti e tre sta diventando difficile estrarre l’oro, cioè i gol: uno è l’attacco dalle fasce, in particolare sul lato debole, che sta appunto funzionando meno rispetto alla seconda stagione.
Il secondo è la creazione di triangoli di possesso sulla trequarti tra Kroos, Modric e Isco: che regalavano al Real il dominio sia del pallone che dei ritmi. La continua mobilità dei tre centrocampisti permetteva anche di disordinare l’avversario, e di ordinare la propria squadra: con il possesso anche come arma difensiva.
Adesso anche la pressione alta del Girona può mandare in tilt la "Casa Blanca".
Il facilitatore del calcio liquido di Zidane è Isco, l’unico giocatore davvero libero di decidere posizione e movimenti, anche per non dare mai punti di riferimento agli avversari. Si trattava di un equilibrio molto precario: adesso, con i legami che si perdono, i compagni hanno a volte anche difficoltà a capire dove trovare il trequartista malagueño.
In particolare, Isco tende ad abbassarsi molto, fino ad aiutare i difensori, quando nota la squadra in difficoltà nell’inizio azione: in questo modo, però, isola gli attaccanti, oltre a disordinare le posizioni dei propri compagni di reparto (con il ritorno della “rimozione” di Casemiro dall’impostazione) e privarli di un’opzione di passaggio tra le linee.
A volte, però, il problema è che Isco non si posiziona da vertice alto del rombo, trasformando così l’inizio azione in un giro palla perimetrale. Infine, la sua libertà gli permette di arrivare anche in linea con gli attaccanti: e qui il problema è che Benzema si muove sempre molto, e Isco rischia di pestargli i piedi, appiattendosi nella stessa zona e riducendo le opzioni dei compagni.
Il lato oscuro della libertà posizionale assoluta di Isco: nella prima immagine, troppo basso, con Kroos sulla fascia ma soprattutto Casemiro fermo e di spalle davanti a lui, come Modric sulla linea degli attaccanti; nella seconda, la sua assenza blocca l’inizio azione; nella terza, è troppo alto e occupa la posizione di Benzema, riducendo così le opzioni per Casemiro (che lancia lungo per Ronaldo).
Il terzo filone di gioco madridista è quello che vede più coinvolti i suoi due realizzatori: il passaggio in verticale per Benzema e Cristiano Ronaldo, che però non sono più i mostruosi velocisti di una volta (quelli dell’epoca Mourinho e poi Ancelotti, per intendersi).
L’attaccante francese in particolare è al centro delle critiche: i suoi compiti di abilitatore offensivo, cioè il vero apriscatole che permetteva a Ronaldo di banchettare nell’area avversaria, si stanno lentamente affievolendo. Eppure Zidane lo ritiene indispensabile, ed ha ragione. Con il pallone, si fa trovare dietro i centrocampisti, rappresentando una sorta di sbocco naturale del sistema di dominio del pallone, e poi allunga le difese avversarie con i movimenti in profondità.
Benzema è anche un giocatore che spinge al movimento, per occupare i suoi spazi: non lascia giocare i comodi i suoi compagni, è come se fosse un pungolo. Inoltre, la sua capacità di occupare la profondità e l’area rivale, permette alla squadra di posizionarsi stabilmente una decina di metri più avanti: e difendere così più in alto, permettendo le transizioni difensive molto aggressive dei Merengues.
In questa prima parte di stagione, però, anche il legame tra Benzema e i suoi compagni sembra essersi affievolito, e anche i suoi movimenti sembrano diventati più casuali.
C’è già Isco ma Benzema si abbassa inutilmente, attraendo un avversario in zona palla: così il centrocampista "merengue" è costretto a passarla indietro. Sottotitolo di questa immagine: la solitudine di Ronaldo, che non si vede ma è completamente scollegato da tutti gli altri giocatori.
Il sacrificio di Benzema ha spesso comportato una sua maggior difficoltà realizzativa (11 gol in Liga l’anno scorso), ma quest’anno la situazione sta precipitando. Ciò che nessuno poteva immaginare, però, è che il problema offensivo più grande del Real Madrid sarebbe stato Cristiano Ronaldo: uno dei migliori realizzatori della storia del calcio.
L’enigma del gol
Prima di addentrarsi nei misteriosi problemi di realizzazione del Madrid, ecco alcuni dati assurdi sull’andamento della squadra nella Liga:
- nelle ultime tre partite giocate in trasferta, la Casa Blanca da 47 tiri ha ricavato solo un gol, e ha ottenuto solo 2 punti su 9;
- il Real ha registrato due 0-0 consecutivi in trasferta e non accadeva dal 1995;
- era dal 2008/09 che i Merengues non avevano così pochi punti (28) dopo 14 giornate. L’allenatore dell’epoca, Schuster, fu esonerato proprio in quella giornata, con soli due punti in meno;
- con il cartellino rosso di Bilbao, Sergio Ramos è il giocatore più espulso nella storia della Liga (19 cartellini rossi).
Gli xG di Cristiano Ronaldo, a sinistra la stagione 2016/17, a destra quella attuale.
Nonostante tutti i problemi di fluidità, di posizioni, di disconnessione, gli uomini di Zidane hanno comunque prodotto un notevole volume offensivo.
Il Real Madrid, infatti, è la seconda squadra ad aver prodotto più expected goals nei cinque grandi campionati europei, appena dopo il City di Guardiola. Il problema vero è che tra le prime 15 in Europa per gli xG prodotti, il Real è tra le pochissime squadre underperforming: ad aver segnato cioè meno di quanto prodotto. Molto di meno, tra l’altro: quasi 32 xG prodotti, ma solo 23 gol segnati (rigori esclusi). I Blancos sono al addirittura al 12° posto nella Liga nel rapporto tra numero di tiri e gol, pari a 10,64. L’anno scorso, invece, erano a quota 6,25, seconda miglior squadra della Liga.
Non esistono spiegazioni razionali di un fenomeno così particolare: l’unica comporterebbe la valutazione di un declino fulminante della coppia Benzema-Ronaldo. Per quanto riguarda il cinque volte Pallone d’oro, in questo momento è il peggior attaccante della Liga per percentuale di conversione: 2,98%, cioè 2 gol su 67 tiri. Fa impressione anche solo a leggerlo.
Non si può dire che i due attaccanti si stiano creando occasioni qualitativamente peggiori o stiano prendendo tiri troppo forzati: gli xG per tiro di Ronaldo sono praticamente gli stessi della scorsa stagione, quelli di Benzema sono addirittura migliorati. In totale, la percentuale di tiri in area di rigore del Real è leggermente diminuita rispetto alla passata stagione, ma non così tanto da giustificare questo crollo realizzativo. Semplicemente, gli attaccanti non segnano più: forse la perdita dell’equilibrio instabile li ha resi meno convinti, meno concentrati.
Il Real non segna, eppure dall’anno scorso è addirittura migliorato il valore degli xG per tiro: probabilmente il più grande fenomeno di underperforming nel calcio da quando esistono questi modelli.
Il tema della concentrazione diventa plausibile soprattutto considerando Cristiano Ronaldo: in Champions ha segnato in tutte e 6 le partite del girone (primo giocatore a riuscirci nella storia della competizione), realizzando ben 9 gol, con un tasso di conversione al 20%, cioè al livello di eccellenza che gli spetta (anche se CR7 è uno sparapalloni e il suo tasso dell’anno scorso era il 12%). Il portoghese ha fatto della forza mentale uno dei pilastri della sua carriera: forse in una fase di inevitabile declino fisico, Ronaldo ha bisogno di essere davvero a un livello mentale elevatissimo per dare il meglio. E nella sua gestione delle risorse psico-fische probabilmente la Champions occupa il primo posto incontrastato.
Ormai smarcamenti e movimenti larghi non sono più frequenti nel suo repertorio, e si sta trasformando semplicemente nel miglior realizzatore del mondo. In questo, però, è diventato molto più dipendente dal gioco della squadra: alla fine dà quanto riceve, mentre prima trascinava.
L’ipotesi più probabile, però, è ancora un’altra: CR7 sta solo carburando con lentezza, anche per una preparazione atletica specifica, e fra poco comincerà a segnare a ripetizione. In fondo si era già trovato in una situazione simile nella prima parte della stagione 2015-16: underperforming rispetto ai suoi xG, criticato perché non segnava in trasferta, da febbraio in poi Ronaldo portò di peso il Real Madrid alla vittoria della Champions e poi contribuì alla vittoria dell’Europeo con il Portogallo.
I due attaccanti del Real si calpestano i piedi.
Aspettando che il Real torni se stesso
Oltre ai numeri, è chiaro che in campo qualcosa sembra essersi inceppato nella dinamica associativa tra Benzema e Ronaldo. Si cercano pochissimo, addirittura nessun passaggio dall’uno all’altro nel primo tempo di Bilbao, si posizionano spesso piatti sulla stessa zona di campo. Anche in questo aspetto può influire il percorso fisico di Ronaldo, che era abituato a partire largo per attaccare lo spazio in profondità, aperto da un movimento di Benzema. Adesso invece Ronaldo occupa già l’area, con un set di movimenti ridotto, rendendo più complicato anche associarsi all’attaccante francese.
In attesa che i suoi attaccanti in qualche modo si sblocchino, Zidane è tornato al classico 4-3-3 (usato 5 volte nelle ultime 7 partite), sia con Isco mezzala (vs Las Palmas e Dortmund) che da esterno posizionale (vs Athletic). Il 4-3-1-2 probabilmente si basa troppo sulle capacità di alcuni giocatori e meno sull’intelligenza collettiva: in questo momento di scarsa fiducia dei giocatori, l’allenatore vuole offrire soluzioni più semplici ma sistematiche.
Nel ritorno alla routine del 4-3-3, Zidane avrebbe bisogno di un giocatore fondamentale, capace di apportare soluzioni individuali: Gareth Bale, che nell’anno solare 2017 ha giocato solo 1372 minuti nel Real Madrid, corrispondenti all’incirca a 15 partite. Praticamente il gallese non si può considerare un giocatore a disposizione, tranne che per alcune comparsate che non possono essere decisive.
I problemi associativi di Ronaldo e Benzema: per tutto il primo tempo di Bilbao, zero passaggi tra l’uno e l’altro. A fine partita, CR7 registra solo 9 tocchi in area avversaria.
Piano piano stanno tornando a disposizione tutti i giocatori: nell’ultima partita in Liga, quella di Bilbao, Zidane ha potuto schierare di nuovo la stessa formazione che vinse la Champions nella finale di Cardiff, addirittura 182 giorni dopo.
Quella squadra, però, è sembrata davvero il “sottosopra” di quella magnifica che sconfisse la Juve: lenta, poco convinta anche contro i baschi in crisi, a dimostrazione che il sistema si reggeva inevitabilmente sulla forma dei suoi migliori talenti.
Zidane d’altronde non sembra avere molte soluzioni, e forse neppure ci crede troppo (“sono tranquillo perché so che, prima o dopo, le cose cambieranno”), al di là di qualche aggiustamento di modulo: forse perché l’equilibrio instabile si basava molto sulle soluzioni individuali, adesso l’allenatore francese non riesce a invertire il trend negativo dei suoi talenti, e neppure gli offre particolari alternative tattiche.
Sembra una squadra avvolta in una bizzarra crisi, questo Real Madrid, ma il sistema di equazioni non è stato ancora pienamente risolto - anche nei loro errori i Merengues sembrano imprevedibili: e quello della Casa Blanca sembra un fluido capace di esaltarsi durante i momenti decisivi della stagione.
Proprio dicembre può essere un mese fondamentale per invertire la rotta: il Mondiale per club la prossima settimana, il Clásico prima di Natale. In ogni caso, mai dare per perso il Real Madrid: anche l’anno scorso, ad esempio, arrivò secondo nel girone di Champions League.
La primavera blanca è dietro l’angolo, e il sistema invisibile potrebbe tornare più forte che mai: il realismo magico di Zidane può ancora tramutare un potenziale disastro in un’epica cavalcata.