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Il bello del giovedi sera 2025 vol 3
25 ott 2024
Il meglio del meglio da due competizioni competenti.
(articolo)
26 min
(copertina)
IMAGO / Seskim Photo TR
(copertina) IMAGO / Seskim Photo TR
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Conosci la tua squadra di Europa League: FC Noah

La prima partita è stata un pareggio zero a zero contro una squadra chiamata Banants. Un pareggio senza reti tra una squadra chiamata Banants e una squadra chiamata Artsakh. L’Artsakh non esisteva prima di quel giorno, e da quel giorno aveva lo scopo di diventare la squadra di calcio di Armavir.

Che cos’è un nome? Un insieme di suoni che convenzionalmente associamo a un fenomeno del mondo. Se quello cambia, ontologicamente o solo ai nostri occhi, cambia anche il nome. E l’Artsakh ha poi cambiato nome e si è chiamato Noah, in onore di Noè, l’ultimo patriarca d’epoca anti-diluviana. È sul monte Ararat che si incagliò l’arca costruita per mettere in salvo il regno animale, durante il diluvio universale che allagò il mondo. Il monte Ararat, con la sua caratteristica cima metafisica, si vede sullo sfondo di Erevan. Allora non so che dirvi. Forse il presidente che ha deciso di cambiare il nome era particolarmente in fissa con questo profeta che del resto è un grande: un uomo incaricato da Dio di costruire una barca in cui salvare tutte le specie animali. Io ho l’ansia pure quando devo cambiare la busta dell’umido nel secchio.

Oggi la regione è celebre soprattutto per il suo vino.

Il Noah si è qualificato per la prima volta quest’anno per le coppe europee. Ce l’ha fatta superando ai playoff varie squadre tra l’inventato e il leggendario. Alcune delle quali sono stato ospiti di questa rubrica: KuPS, Shkendija, Sliema Wanderers e, incredibilmente, AEK Atene. In casa, nel proprio stadio incredibile, circondato da palazzi brutalisti e da strane chiese, con un muro di cemento al posto di una curva, in un luce sciropposa, ha vinto 3-1. Dopo essere andata in svantaggio. Con un gol del portiere Cancarevic. Non un gol del portiere con disperazione da calcio d’angolo. Un gol del portiere su rimessa dal fondo, col pallone che prende una traiettoria volatile col vento dell’Ararat, il vento di Noe. In porta nell’AEK c’è Thomas Strakosha. Se ti qualifichi con un gol del genere Dio ti vuole in Conference League. Il terzo gol è strano quasi allo stesso livello e nasce sempre da un rilancio di Cancarevic fatto schizzare dal vento, diventato in aria un hockey pass. Quindi gol e assist per il portiere Cancarevic, nato in Serbia ma diventato portiere della Nazionale armena.

Con questa impresa il Noah è diventato il primo club della storia a entrare nel tabellone principale dopo aver superato tutti i turni di qualificazione. Al ritorno gli è bastato perdere solo 1-0, e pregare. Il Noah è riuscito a vincere anche al suo esordio in Conference, contro i cechi del Mlada Boleslav. In gol la stella Virgile Pinson.

Il Noah è formato da scarti e residui di grandi movimenti calcistici come quello francese, portoghese o brasiliano. In attacco il club può schierare Matheus Aias, ex Udinese che da giovane, appena arrivato in Italia, veniva paragonato a Luis Muriel. Giocatori che hanno davvero seguito tutta la parabola infernale che appartiene ai calciatori di alto ma non altissimo livello, e che probabilmente non sanno nemmeno come sono finiti in Armenia (la maggior parte di loro è passata per la Grecia, in una rotta a oriente seicentesca) - tipo il terzino islandese Thorarainsson.

Che giocatore del Vikingur sei

Pablo Punyed

Nella tasca della giacca Schott infili il suo foulard azzurro. È stato quello che vi ha fatto conoscere. Lo hai raccolto mentre passeggiavi ai Giardini di Lussemburgo sovrappensiero e pensavi di andar via da Parigi. Il soggiorno coi soldi dell’appartamento a Milano stava diventando imbarazzante, e non avevi nulla da fare, a parte immaginarti in un film. Hai raccolto il foulard, l’hai rincorsa e quando lei si è girata hai capito che era la co-protagonista perfetta.

In mano stringi un’ultima volta l’ametista che ti ha regalato per alleviare lo stress e la tensione, quando tua madre non faceva che chiamarti e ricordarti i tuoi doveri al negozio di ferramenta.

Leggi un’ultima volta i versi di Majakovsky che ti sei tatuato sull’avambraccio e che lei si era tatuata sull’avambraccio nel weekend d’amore e droga a Berlino.

Poi uscirò di corsa,
e lancerò il mio corpo per la strada.
Fuggito da tutti,
folle diventerò,
consunto dalla disperazione.

Non risponde alle tue telefonate e ai tuoi messaggi da tre mesi. Sei tornato alla ferramenta di famiglia. I soldi dell’affitto della casa a Milano li stai mettendo da parte, i tuoi ti dicono di farci un altro investimento immobiliare. Non risponde nemmeno ai tuoi messaggi, non una parola per capire il suo addio. Ora sei in palestra, ti sei già fatto la tua dose di testosterone; hai già proceduto col deca durabolin e col trembolone. Stai diventando un animale. Senti i muscoli del tuo corpo tirare. Stringi il foulard nella tasca della giacca. Vuoi lanciare il tuo corpo per la strada, folle diventerai.

Poco prima di entrare allo stadio darai una botta di cocaina, berrai tre Ceres e una volta entrato sarai un cane, tipo sai i cani quelli della Malesia.

Vladimar Ingamudarsson

Per alcuni mesi non potevi tornare a casa col cuore leggero. Infilavi la chiave nel portone del palazzo e già lanciavi uno sguardo furtivo verso la cassetta della posta. Un giorno sì e uno no ci trovavi la giacenza di una raccomandata. Era sempre la stessa cosa: la lettera di un avvocato vuota, con scritto niente. Qualcuno aveva voluto farti questo scherzo. Inviarti ogni due giorni una raccomandata con niente dentro. All’inizio ti eri preoccupato, poi non più. Poi ti eri preoccupato di nuovo. Chi è che può immaginare di imbarcarsi in un progetto così vacuo e malato? Hai cominciato a prenderti dei giorni al lavoro per prendere la raccomandata ed evitare il giro di andare alla posta a ritirarla. Poi ti era arrivata una busta verde dell’Agenzia delle Entrate, poi il nuovo bancomat, e quando non arrivava la raccomandata dell’avvocata si creava una variazione al sistema piuttosto disturbante. Non riuscivi più a dormire come prima.

Da un anno a questa parte hai un solo hobby: moderatore della pagina Facebook “codici raccomandate”. Le raccomandate sono cessate, anche se non del tutto. Ne arriva una a settimana. Nel frattempo hai sviluppato una conoscenza enciclopedica dei codici delle raccomandate. Sai distinguere una lettera di un avvocato da una multa, una nuova carta d’identità da un controllo dell’agenzia delle entrate. Dalla postazione del tuo ufficio curi questo gruppo che aiuta le persone a orientarsi nel fango burocratico delle raccomandate in giacenza, che rilasciano codici e colori diversi, a volte indicano il mittente e altre volte no. Tu conoscevi il codice generale, il linguaggio ermetico di quegli scontrini piene di ansia. Permettervi alle persone di non rodersi nell’attesa, li aiutavi, ti sentivi utile.

Un po’ della magia di questa coppa
Ieri, a un certo punto, intorno alle 19:07, la Conference League è diventata una valanga, una valanga di gol. Eccone una riproduzione in due dimensioni.

Nel giro di un minuto, o giù di lì, con quel concetto di minuto che nel calcio è piuttosto slabbrato, sono stati segnati 6 gol, che magari non vi sembrano tanti sul totale dei gol che si segnano in questa competizione maledetta, ma dovete immaginarli - appunto - nell’arco di un minuto e di 11 partite. Per dire, nello stesso lasso di tempo, sui 90’, in tutte e 18 le partite di Europa League è stato segnato appena un gol, il rigore di Dovbyk.

Purtroppo nella nostra società la contemporaneità perfetta ancora non esiste e quindi ora che li ho messi in fila con il minutaggio, non è così assurdo come è stato in diretta, ma ormai avevo iniziato a scrivere, e quindi ve li beccate srotolati in maniera cronologica, così per provare a restituire un po’ della magia di questa coppa.

21’56 - Joao Felix in Chelsea-Panathinaikos

Questa è la vita: il tuo cartellino ha spostato più soldi di una piccola multinazionale, e comunque finisci a essere il primo di una serie di marcatori improbabili in un giovedì sera qualunque. Dove ha sbagliato Joao?

22’18 - Felix Mambimbi in San Gallo-Fiorentina

Un altro Felix - dal latino, che vuol dire fortunato", "che ha successo", "fruttifero", sia, per estensione "felice", "contento" - uno dei tanti esseri umani che potrà raccontare ai nipotini di aver segnato alla Fiorentina in Conference League.

22’49 - Blair Spittal in Hearts-Omonia Nicosia

Blair Spittal, faccia da scozzese, fisico da scozzese, riceve un cross basso e di prima, di destro, lo spedisce sotto l’incrocio. È il suo terzo gol consecutivo in tre partite.

23’02 - Johnny Kenny in Larne-Shamrock Rovers

OH MIO DIO, HANNO AMMAZZATO KENNY! BRUTTI BASTARDI!

23’23 - Radosav Petrović in Apoel Nicosia-Borac Banja Luka (poi annullato dal VAR)

Ora lo dico: il VAR sta rovinando il giovedì sera. Ieri sono stati annullati 100 gol, poteva essere una serata molto più pazza. Qui non ho neanche capito perché è stato annullato e sinceramente non voglio capirlo.

23’29 - Noah Fadiga in Gent-Molde

Se siete abbastanza vecchi, tenetevi forte: Noah Fadiga è il figlio di Khalilou Fadiga, quello del Senegal ai Mondiali 2002, quello passato anche dall’Inter (invece giustamente non c’entra nulla

Il gol più giovedì sera

golpiu

Virilità: 8
Assurdità: 9
Anti-epicità: 10
Paura della morte: 11

Diceva Manzoni per descrivere la parabola di Napoleone: “due volte nella polvere, due volte sull’altar”. Ora, non dico che Ognjen Cancarevic sia il Napoleone della Conference League, anche perché quello al massimo è Stefano Napoleoni, però… prendete questi fatti:

altare 1: gol e assist nella partita decisiva per qualificarsi in Conference League (praticamente il corrispettivo sportivo della battaglia di Austerlitz).

polvere 1: prima respinta a cazzo di cane sul calcio d’angolo del Rapid Vienna. Avesse respinto bene, niente di tutto ciò sarebbe successo (la scelta di Napoleone di entrare a Mosca?)

altare 2: il miracolo assurdo sul colpo di testa di Cvetkovic, andando praticamente a togliere il pallone dentro la porta (fuga dall’Isola d’Elba e ritorno sul trono)

polvere 2: il liscio pazzesco che porta - finalmente al gol del Rapid Vienna (Vienna=restaurazione), che è la personale Waterloo di Cancarevic.

Tutto torna, no? C’è una lezione qui però: come Napoleone non ha vinto e perso da solo, qui tutti i giocatori in campo hanno collaborato e cooperato - nel bene e nel male - per trasformare un’azione caotica in un gol decisivo. Avrei potuto descrivere il caos-che-danza, prendere le storie minori come quella di Serge-Philippe Raux-Yao (nome da soldato delle guerre napoleoniche), il numero 6 del Rapid che a un certo punto viene calpestato, ma - scusate - penso di aver scritto all’incirca un centinaio di gol del giovedì sera e se ogni tanto non provo delle improbabili metafore con Napoleone questa rubrica non va avanti. Io non vado avanti.

Storia del macchinario dietro la porta di Vikingur Reykjavik-Cercle Brugge

Lo avevamo già scritto nell’ultima puntata, o forse in quella prima, ma tocca ripeterci ancora: i macchinari da lavoro dietro le porte sono una delle caratteristiche principali del giovedì sera. Qui abbiamo in bella vista una solidissima piattaforma di lavoro aereo a pantografo (più comunemente chiamata “a forbice”).

Sono state sviluppate negli anni ‘70, un decennio che magari sarà stato importante per la società dei costumi, ma è stato addirittura cruciale per il settore delle attrezzature di accesso in quota. Il design a pantografo è particolarmente utile per sollevare in sicurezza persone e oggetti mantenendo una solida base. Fu una rivoluzione: in un mondo che aveva bisogno di strutture fisse o ponteggi per i lavori aerei, la piattaforma di lavoro a pantografo ha reso tutto meno ingombrante e più rapido. Insomma, onore a te piattaforma di lavoro a pantografo.

(Comunque il Vikingur ha vinto la prima partita della sua storia in una fase finale di una competizione europea, e tra qualche giorno si gioca lo scudetto islandese nello scontro diretto con il Breiðablik, che tra l’altro è la squadra che gioca in questo stadio, ma insomma - capirete - era tutto meno importante della storia della piattaforma di lavoro aereo a pantografo).

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Cosa ha detto Marco Baroni dopo l’errore di Pellegrini

baroni

«Porco Due, da lì devi fare gol…»

«Ah ma scusa, noi c’abbiamo Luca Pellegrini, non Lucas Pellegrini, difensore centrale del Nancy»

«Non vedo l’ora di leggere cosa scriveranno di questo momento sul bello del giovedì»

«Traversa non è gol»

«Questa libertà con cui i giornalisti inventano i virgolettati come esca clickbait è uno dei tanti mali di questa professione. Però è anche vero che il giornalismo è diventato una guerra per avere l’attenzione dei lettori, sempre più appiattita verso il basso dalla nostra società».

Afimico Pululu, o di Hernan Crespo reincarnato

Ero sicuro di aver già scritto di Afimico Pululu per il nome, o - come si dice - per il LOL. Su Ultimo Uomo però non trovo nulla e allora sono contento di poterne scrivere perché ha avuto una grande serata. Una di quei giovedì in cui un nome ti rimane attaccato addosso per sempre a creare la grande leggenda dei centravanti del giovedì sera. Già nell’ultimo turno aveva segnato di tacco, contro il Copenaghen, ma allora poteva sembrare un caso, la fortuna che aiuta gli audaci. Ma Pululu si è ripetuto anche ieri, sempre di tacco, sempre con quel misto tra coordinazione, astuzia, genialità.

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Si può segnare di tacco in tanti modi, acrobatici alla Ibrahimovic, impensabili alla Quagliarella, ma questi sono i gol di tacco alla Crespo, gol dove il tacco diventa una parte del corpo come un’altra, un modo semplice per risolvere il problema complesso del gol. Pululu non si inventa niente, capisce, è geometria euclidea non astrofisica.

Dopo questo gol, segnerà di nuovo, pochi minuti dopo. Sempre un gol da centravanti geometrico, calciando fortissimo sotto la traversa. È il terzo gol in Conference, su quattro di squadra. Lo Jagiellonia è a punteggio pieno nel girone, l’anno scorso ha vinto per la prima volta il campionato polacco. Insomma, la vita è bella a Białystok.

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Gli ultimi, drammatici, strani minuti di HJK-Dinamo Minsk

Inizia tutto all’79', quando per la Dinamo Minsk entra Trofim Melnichenko, attaccante centrale classe 2006 con il classico tatuaggio del bacio sul collo.

Neanche due minuti dopo Melnichenko viene espulso, per aver respinto sulla linea il pallone con la mano. Una parata che è difficile decidere se sia casuale, istintiva o geniale, ma che in ogni caso merita di essere vista.

parata

Melnichenko è tipo quei personaggi che hanno un ruolo molto minore, ma in una battuta cambiano la trama, invertono la storia. L’HJK, che stava controllando il suo vantaggio, sbaglia il rigore (vedi sotto).

Poi c’è questo momento qui:

colpo

Poi quest’altro:

giro

ìPoi entra Brooklyn:

Tutto per arrivare al climax: e cioè il portiere della Dinamo Minsk che fa assist al 94’ per il pareggio:

portiere

Poi arriva il VAR che annulla il gol e rovina il sacrificio di Melnichenko.

C’è un Piano B a Lugano

Dove B sta per Bitcoin. Sulla maglia del Lugano lo sponsor è infatti il Lugano’s Plan ₿. Ma di cosa si tratta? Leggo dal loro sito: “è un’iniziativa congiunta tra la Città di Lugano e Tether per accelerare l’uso della tecnologia bitcoin e sfruttarla come base per trasformare l’infrastruttura finanziaria della città”. Il CTO di Tether, Paolo Ardoino ha commentato questa partnership così: «Tether, come parte attiva di Plan ₿, è entusiasta di unirsi al club bianconero in un viaggio che combina la passione per il calcio con l'innovazione delle tecnologie blockchain e P2P».

Ora, io sarò stupido, anzi: sono stupido, però è incredibile come ogni frase scritta sui bitcoin sembra sempre che ti stanno, in qualche modo, fregando o che comunque vogliono fregarti. In ogni caso, se volete approfondire questo Piano ₿, qui trovate un documentario del RSI su questa storia. Per noi l’unico Piano B valido rimane quello di aprire un chiringuito davanti allo stadio del Mladá Boleslav.

Il nuovo Bufalo Morelos

Se anche voi cercate il Bufalo Morelos nelle strofe delle canzoni, nei volti sfocati di un bar, ogni volta che gira a ogni angolo che svoltate, ecco tre possibili rimpiazzi (non che si possa rimpiazzare il Bufalo, ma insomma sapete come funziona con l’amore).

Hamza Igamane

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Su Wikipedia c’è scritto che è stato paragonato a Kylian Mbappé, noi però alziamo ancora di più la posta. Ieri ha segnato il primo gol per i Glasgow Rangers, e questa è una similitudine. Di Morelos ha la stessa fresca strafottenza da coatto: un doppio taglio appena fatto, i calzettoni bassi, una certa claudicanza. Gli manca un po’ di tonnellaggio. È il mio preferito.

Erik Botheim

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Lo so, Erik Botheim è uno di quei centravanti che non segnano quasi mai, ma non so perché ha qualcosa del Bufalo Morelos. Uno che a 12 anni faceva i video rap con Haaland, che settimana scorsa ha segnato al volo di tacco, con la fascetta ignorante e la mascella gigante, che su Instagram mette le foto di lui a petto nudo in barca. Insomma, se guardate bene non potete non vederlo.

Brian Brobbey

Brian Brobbey è una somiglianza più animalesca, bufalina. Polpacci giganti, fisico straripante, presenza in area di rigore. Gli manca però quell’allure da stronzo, da quello che venderebbe la madre per segnare un gol, che può mettere sottosopra un campo da calcio solo con un gesto.

Eduardo Guerrero

Nato a Panama, fisico possente, faccia strafottente. La somiglianza qui sembra più quella di un disegno a ricopiare venuto male.

Lo scontro tra i campioni della Irish Premiership e i campioni della League of Ireland

Ieri a Belfast si è giocata Larne-Shamrock Rovers. Era la prima volta che si affrontavano in una fase finale di una competizione europea una squadra irlandese e una nordirlandese. Solo 1600 tifosi dello Shamrock (la squadra irlandese) hanno potuto partecipare alla partita e con molta polizia a tenerli sott’occhio. Si sono presentati con dei passamontagna coi colori della bandiera irlandese e hanno intonato qualche canto non proprio gentile verso i rivali/nemici, ma tutto sommato, guardando alla storia, si può dire che sia andata bene.

Tiago Djalo è vivo* e lotta insieme a noi

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Forse vi ricordate di Tiago Djalo per la sua impossibilità di giocare con la Juventus, o per la sua telenovela estiva che si è conclusa con un viaggio a vuoto a Roma e una giornata passata in hotel ad aspettare che i giallorossi fallissero in altre trattative, prima di scegliere di buttarsi sui parametro zero. Insomma, respinto dal calcio italiano Djalo è tornato in Portogallo, al Porto e ieri ha segnato contro l’Hoffenaim, dopo aver già segnato nell’ultimo turno di campionato.

*Ma comunque poi è uscito infortunato.

Ikoné ha segnato non uno ma ben due gol

Ora vi dò una notizia: prima di ieri Ikoné non aveva mai segnato una doppietta, almeno da professionista. Ok, forse non è così assurdo, se lo avete visto giocare, ma è comunque un attaccante da oltre 300 partite giocate in carriera, con addirittura 4 presenze nella Nazionale francese. Anche per sbaglio, con un gol normale e uno di pura fortuna, sarebbe dovuto accadere, anche solo statisticamente. Comunque, ieri ha interrotto questa sorta di maledizione, che più che maledizione è un segno dei limiti di Ikoné, e non a caso meno di un anno fa scrivevamo dei suoi migliori gol sbagliati.

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Certo, il San Gallo non è la miglior difesa del mondo, e anzi due settimane fa avevano preso 6 gol dal Cercle Brugge che ieri ha perso contro una squadra islandese, ma la Fiorentina era andata sotto e la doppietta di Ikoné ha permesso di ribaltare la partita e non vivere un altro psicodramma viola. A fine partita il francese si è schernito: «Potevo fare il terzo gol ma ho sbagliato» ed effettivamente, se fosse stato ancora un po’ meno sé stesso, aveva sul destro il pallone della tripletta, che sarebbe stata la prima tripletta della sua vita, senza mai fare doppietta. Sarebbe stato effettivamente troppo strano. In ogni caso, chissà, magari era davvero una maledizione e ora Ikoné si è sbloccato. Oppure era quella storia dei grandi numeri. Chissà, staremo a vedere.

Prova a vincere a Scarabeo con le squadre acronimi del giovedì sera

Non sappiamo se diventerà una nuova rubrica, o il vostro gioco preferito, ma noi siamo qui per provarci. Si inizia con questa tavola già parzialmente completata con il nome del portiere dell’AZ Alkmaar. Poi, come prevedono le regole dello Scarabeo, ogni giocatore pesca sette o otto tessere, ma in questo caso, invece di essere casuale, la prima manciata sarà composta dalle squadre acronimi del giovedì sera. Si può giocare, proprio come a Scarabeo, massimo in quattro giocatori.

Giocatore 1: P, A, O, K, T, S, C

Giocatore 2: A, P, O, E, L, F, C, S, B

Giocatore 3: L, A, S, K, R, F, S

Giocatore 4: T, N, S, H, J, K, A, Z

Visto che il giocatore 1 e il giocatore 3 sono costretti dalle regole a pescare una lettera in meno al primo turno, al secondo ne potranno pescare una in più tra queste tre: U, S, G; fino ad averne otto come gli altri due giocatori.

Buon divertimento.

I migliori rigori sbagliati del giovedì sera

Ieri in poco più di un tempo, cioè il secondo del turno delle 21 (più gli ultimi scampoli del primo della partita in casa del Vikingur), si sono sbagliati quattro rigori su quattro. Cinuqe, se contiamo che uno è stato ribattuto e sbagliato nuovamente. Un record? E chi lo sa, non siamo mica Giuseppe Pastore. Comunque eccoveli messi in classifica, dal peggiore al migliore.

El Kaabi contro il Malmö

Un rigore sbagliato come tanti altri per l’eroe della Conference League, Ayoub El Kaabi. Portiere spiazzato, palla fuori, tifosi che sfogano le proprie più oscure maledizioni nell’aria. L’Olympiakos tra l’altro ha vinto la partita, proprio con gol decisivo di El Kaabi. Nulla da vedere qui, procedere oltre.

Danijel Dejan Djuric contro il Cercle Brugge

Ci sono almeno sei motivi per cui questo rigore sbagliato risalta nel mare di rigori sbagliati che hanno scandito le nostre vite senza acuti, e che quindi lo fa ergere al di sopra di quello di El Kaabi. Li elenco di seguito:

  • I capelli platinati di Djuric;
  • La sua doppia omonimia con due dei migliori giocatori balcanici della storia della Serie A;
  • La rincorsa interminabile da talento brasiliano che prenderesti a schiaffi;
  • Il rimbalzo verticale della traversa che viene lisciato dal suo compagno;
  • La concessionaria sullo sfondo;
  • L’uomo che si gode lo spettacolo facendo jogging davanti alle macchine.

Patrik Vydra contro il Lugano

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Quello di Vydra contro il Lugano è il rigore sbagliato che ha fatto entrare il giovedì sera in un’altra dimensione, che ha schiuso il frattale delle possibilità che possono avvenire sul dischetto. Il giocatore ceco si fa parare una prima volta il tiro basso alla sinistra del portiere e a questo punto la diretta già non riesce più a stare dietro a tutti i rigori assegnati in giro per l’Europa. Nel frattempo El Kaabi sbaglia il suo rigore e Vydra ha un’altra chance: il portiere del Lugano non ha tenuto entrambi i piedi sulla linea sullo stacco. Vydra torna sul dischetto e nel frattempo un battito di ali di una farfalla ha provocato un altro rigore in Finlandia. Quando torniamo in Repubblica Ceca abbiamo un dejavù: Vydra ha tirato allo stesso angolo sbagliando di nuovo.

Luke Plange contro la Dinamo Minsk

Rieccoci alla consueta rubrica sulla storia che si ripete come farsa. Ricordate Luis Suarez e Asamoah Gyan ai Mondiali del 2010? Eccovela rimessa in scena con Luke Plange (nome francamente incredibile) e Trofim Melnichenko. All’81’ la squadra di Helsinki riesce a creare scompiglio nell’area di rigore avversaria con un calcio d’angolo. Una parata del portiere praticamente la aggiusta sul destro di Plange che da dentro l’area piccola va di collo, a botta sicura, se non fosse che Melnichenko fa una parata che sarebbe incredibile persino per un portiere. Melnichenko espulso, sul dischetto si presenta proprio il povero Plange, che però si fa addirittura bloccare il rigore dal portiere della squadra bielorussa. Sia Plange che Melnichenko erano entrati in campo da nemmeno tre minuti: abbiamo la risposta a chi si chiedeva quale fosse il contrario dei cambi che spaccano la partita.

Abbiamo trovato il Foden dell’Europa League

Nella conferenza post-partita, dopo la vittoria contro l’AZ Alkmaar, hanno chiesto ad Ange Postecoglou se fosse d’accordo con James Maddison, secondo cui nel secondo tempo sembrava che il Tottenham sulla sinistra avesse Neymar. Questo è, se ve lo stavate chiedendo, il livello a cui sono arrivate le aspettative intorno a Mikey Moore dopo la partita di ieri. L’allenatore del Tottenham ha provato a spegnere il fuoco, ha detto che «deve migliorare sul tiro» e che non è ancora «the complete product», insomma che deve ancora maturare molto, ma dopo la prestazione contro l’AZ Alkmaar, effettivamente, era difficile nascondersi.

Mikey Moore ha tentato tre tiri e quattro dribbling, e una volta ha mandato un compagno al tiro. Questa sarebbe la cruda rappresentazione statistica della sua partita, che però si perde un sacco di cose: l’elettricità nell’aria che riescono a creare certi giocatori, la sensazione che le possibilità si moltiplichino quando entrano in possesso del pallone, la paura negli occhi dei diretti marcatori. In questo caso il povero Maikuma, che dall’inizio del secondo tempo, cioè da quando Moore è stato spostato a sinistra (dove secondo lo stesso Postecoglou rende meglio), se l’è ritrovato davanti.

Moore ha il baricentro basso, e le gambe tozze e possenti su un corpo di cui non sembrano essere le estremità naturali, come quel meme del disegno del cavallo che inizia super realistico e finisce con poche linee rudimentali, ma al contrario. Da questo punto di vista assomiglia molto a Graelish, di cui a volte sembra ricalcare le movenze al centimetro. La palla scoperta attaccata al destro, l’incertezza del diretto marcatore se proseguirà la corsa lungo linea o se metterà bruscamente in pausa il suo gioco rientrando dentro al campo. Ieri la sua prima giocata del secondo tempo è stata questa cosa qua, con cui a momenti faceva segnare Brennan Johnson.

moore

Che dire, vedremo come andrà a finire. Mikey Moore ha 17 anni e tutto il tempo per diventare il nuovo giocatore inglese cool che firma un contratto da decine di milioni di euro con Gucci ma nel frattempo, con quelle guance rosate e quel taglio di capelli da giovane raverino, possiamo dire di aver trovato il Foden dell’Europa League.

Un monologo scritto da Charlie Kaufman per questa traversa di Mikkel Kaufmann

kaufmann

Beh, cos’è quella faccia? Non vi sembra niente di che? La solita traversa con una sfumatura solo vagamente ridicola? La traversa tipica del giovedì sera, vero? Pensate di averne viste molte. Che non ci sia niente di speciale, in questa traversa, che non ci sia nulla da scrivere. Beh, vaffanculo: Brian Cox ha qualcosa da dirvi.

La passione di Manu Koné per i lupi gigachad

Ieri sera un’altra partita da titolare. Manu Koné torna a casa, si tocca i muscoli leggermente indolenziti, si stiracchia. Si siede sul divano, pensa che tutto sommato la sua esperienza a Roma è cominciata bene. Tira fuori il cellulare, la solita pioggia di notifiche. C’è anche l’usuale cartella di foto dal suo social media manager: Manu Koné che porta palla, Manu Koné di spalle accanto a capitan Ndicka, Manu Koné che resiste alla carica di un avversario. Niente male. Manca qualcosa però, un tocco personale. Un’immagine che sappia restituire forza e aggressività in un momento in cui la squadra sembra debole, indifesa. Ma cosa? Magari una foto di un lupo? Manu Koné ci pensa mentre scrolla Instagram senza guardare davvero. A un certo punto gli viene in mente: ma certo! “Una figura umanoide seduta su un trono o una sedia di grandi dimensioni in posizione autoritaria”, “una creatura che ha il corpo di un essere umano muscoloso e possente, ma con la testa di un lupo” con uno sguardo dai dettagli “realistici e inquietanti, con occhi luminosi e intensi, orecchie appuntite e un pelo folto che si fonde con il collo e le spalle umane”, e che indossi “dei pantaloni scuri e con un pezzo di stoffa tra le mani”.

(un ringraziamento a ChatGPT per averci aiutato a decifrare i pensieri di Manu Koné)

José Mourinho, ma ad ogni foto diventa più indignato

Quattro anni fa avevamo scritto un pezzo che si intitolava: Date un oscar a José Mourinho. Era sulla serie di Prime Video All or Nothing dedicata al Tottenham e Mourinho stava per entrare nella sua fase crepuscolare, sia come allenatore che, magari allora si poteva pensare, come attore. Adesso che allena il Fenerbahce sulla sua carriera da allenatore si può discutere mentre su quella da attore penso possiamo essere tutti d’accordo: se di fase crepuscolare si tratta allora parliamo di quella in cui Marlon Brando con cento chili addosso e inquadrato praticamente al buio riesce ancora a rubare la scena. Insomma, ieri José Mourinho, contro il Manchester United, ha fatto il suo show. Si è lamentato con l’arbitro, ha messo in scena tutte le sfumature emotive del genere umano, ha abbracciato un raccattapalle, si è fatto espellere, poi è andato ai microfoni e ha rilasciato una di quelle interviste post-partita che tra qualche anno rivedremo con nostalgia. «A 100 chilometri orari l’arbitro aveva un occhio all’area di rigore e un occhio alla mia panchina», ha detto Mourinho con la stessa intensità emotiva di Robert De Niro che parla allo specchio in Taxi Driver «Questo è il motivo per cui è uno dei migliori al mondo». Se un oscar vi sembra riduttivo per un attore del suo calibro, se pensate che sia troppo commerciale e ormai serva qualcosa in grado di fare giustizia al suo spessore artistico, allora diamogli un premio europeo più raffinato. Che so, la Palma d’Oro.

Mattia Croci-Torti, la leggenda del Ticino

Mattia Croci-Torti è nato a Mendrisio e cresciuto a Vacallo, manco trenta chilometri a sud di Lugano. Da calciatore non è mai andato oltre Zurigo, e da allenatore, come si legge in questo pezzo realizzato dal Corriere del Ticino, “ha allenato soltanto club ticinesi, sottocenerini addirittura”, cioè della regione a sud del Monte Ceneri che per l’appunto è chiamata Sottoceneri. Croci-Torti è un cliente abituale dell’Osteria Mazzola, a Balerna (esattamente a metà tra Vacallo e Mendrisio), e lì tutti lo chiamano “il Crus”. Da ragazzo “organizzava i tornei di Playstation al pub di Corteglia”, che come ormai avrete capito è proprio lì, a due passi da Mendrisio. Quando esce per fare la spesa c’è sempre qualcuno che lo saluta e se non si ricorda il nome lui risponde: «Ciao Boss».

Dopo aver chiuso la carriera da calciatore, Croci-Torti ha avuto un lungo flirt con quella da allenatore. Qualche esperienza da vice (anche di Gianluca Zambrotta, al Chiasso), qualche altro lavoro saltuario (come rappresentante di una società di parquet), infine l’approdo al Lugano, prima come vice e poi come allenatore della prima squadra. Da allora - era il primo settembre del 2021 - i risultati sono stati straordinari. Tre finali di coppa nazionale (di cui una vinta, la prima per il club dopo 29 anni), un secondo posto in campionato che gli ha permesso di qualificarsi alle coppe europee (arrivando in Conference League dopo aver fatto tremare il Fenerbahce di Mourinho ed aver eliminato il Partizan), un’affermazione senza precedenti per il club nel campionato svizzero. Da un po’ di tempo, proprio alla luce di questi risultati, di lui si parla anche in ottica Serie A, ma chissà se riuscirà mai ad allontanarsi dal Ticino. Ieri, contro il Mlada Boleslav, intanto è arrivata la panchina numero 150 da allenatore del Lugano. Un'altra vittoria. Che dire: congratulazioni.

Cose che accadono solo qui

La meta rubrica che fondamentalmente è 4 frammenti a caso presi da quello che è successo ieri sera, e sì forse il titolo potrebbe essere cambiato a un certo punto, ma non mi va di controllare.

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Care cose e alla prossima.

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