Nella preview di inizio stagione, i Suns erano pronosticati per finire a ridosso della zona playoff ad ovest, se non direttamente come favoriti per uno degli ultimi posti per la post-season. Il tutto era subordinato a due premesse: Markieff Morris e Jeff Hornacek. Loro sarebbero state le variabili che potevano mandare la stagione molto più a nord o molto più a sud di quanto inizialmente previsto. A qualche mese di distanza da quel pronostico, la situazione è passata da “Che bello questo Titanic” a “Jack, non ti lascio!”, con una catastroficità cinematografica che ben si adatta alla franchigia dell’Arizona, ormai storicamente destinata ad essere una sorpresa ogni anno, in negativo o in positivo.
Il 30 novembre dell’anno solare 2015, i Phoenix Suns erano reduci dalla vittoria più convincente della stagione: un 107-102 contro i Raptors a Toronto, senza nemmeno poter schierare Tyson Chandler per tutta la gara. I Suns erano fermi ad un record di 8-9 nonostante un paio di sconfitte frustranti contro dei Pelicans rimaneggiati dagli infortuni, e davanti a loro avevano un calendario non proprio facile, con 18 partite in 30 giorni. Ma tutti erano convinti che la squadra avesse le carte in regola per terminare il mese almeno con un record al 50% e restare competitiva per tutta la stagione. A maggior ragione considerando la situazione ad Ovest, con Rockets e Grizzlies che apparivano significativamente regredite rispetto all’anno passato e con l’avversaria più accreditata ai playoff, i Jazz, che stava attraversando un periodo di raffreddamento dopo il rovente finale della scorsa stagione.
Se escludiamo il tuffo subito nella partita con gli Warriors — che dovrebbero giocare su un altro pianeta per la salute psicologica del resto della lega — i Suns avevano un Net Rating tra i primi 10 della NBA sia in attacco che in difesa (!). Con gli attesi miglioramenti di amalgama tra Tyson Chandler e Markieff Morris, il sole sembrava finalmente splendere sull’Arizona, con i Suns che potevano godersi i frutti di una Western Conference non più all’altezza degli anni passati e una felice posizione tra le migliori.
Poi è arrivato dicembre.
Cronistoria di un declino
1 dicembre
Contro i Nets (5-12 all’epoca) i Suns si fanno rimontare 9 punti nel quarto periodo con dei funambolici canestri di carneadi del calibro di Wayne Ellington e Shane Larkin. Markieff Morris inizia a far sollevare le prime sopracciglia con una roboante prestazione da 3/11 dal campo condita da ben 1 rimbalzo.
2 dicembre
I Suns affrontano per la seconda volta in stagione i Pistons: l’altro gemello Morris, spedito in Michigan in estate, tira fuori dal cilindro una prestazione da 24 punti con 10 tiri dal campo, lui che prima di quel momento stava tirando pure peggio di Markieff. I Suns, nonostante questo, tengono a bada Detroit per tutta la gara presentandosi con un vantaggio di 16 punti nel quarto periodo. Ma perché deludere qualcuno quando si può semplicemente far segnare 14 degli ultimi 17 possessi a Detroit e non far MAI fallo su Andre Drummond (12 su 46 ai liberi nelle tre partite precedenti) per motivi ignoti?
Ciò nonostante, i Suns arrivano agli ultimi secondi avanti nel punteggio, e basterebbe segnare gli ultimi liberi per portare a casa la W e finire la serata ma… no, Brandon Knight decide di buttare via la palla, in un momento in cui non aveva senso muovere la palla in ogni caso. Sconfitta finale all’overtime.
4 dicembre
Il delirio prosegue a Washington, dove Markieff Morris prima strappa dalle mani dei compagni un rimbalzo cruciale per farlo finire fuori dal campo e poi si rifiuta di allinearsi a Ryan Hollins durante un tiro libero, facendo scattare una sanzione per “Delay of the game”. Sì, Markieff vi fa scoprire sanzioni che prima di allora non sapevate nemmeno esistessero. Altra L.
6 dicembre
Nella sorpresa generale, i Suns hanno ancora le energie per tener testa ai Grizzlies, arrivando in parità a 2.1 secondi dalla fine del supplementare. Poi, per ragioni ignote al mondo, PJ Tucker decide di rimettere su un Knight che stava a malapena guardando e i Grizzlies recuperano palla con 8 decimi rimasti.
Non vi sto nemmeno a dire come è finita, giudicate da soli
14 dicembre
Finito il periodo infernale, i Suns affrontano quattro partite in casa, riuscendo a vincere contro Bulls, Magic e T’Wolves. Il gioco espresso non migliora affatto e Markieff continua a sembrare sempre meno presentabile, ma almeno si vince. Contro i Mavs, i Suns hanno l’occasione di riscattare la partita d’esordio; invece, esattamente come la prima volta, tutta la squadra ha problemi di falli nel primo tempo — e nel terzo quarto chiunque, piuttosto di rischiare un fallo, preferisce non difendere del tutto. Dallas scappa via e gli ultimi 15 minuti sono di puro garbage time.
20 dicembre
L’evaporazione del vantaggio nel quarto periodo è ormai una specialità di casa: questa volta a ringraziare la difesa stile Umarells sono Mayo, Vaughn, Carter-Williams e Middleton.
21 dicembre
L’inizio della fine (…no, sul serio, non avevate visto ancora niente). I Suns nello Utah non riescono neanche a raggiungere il 40% dal campo contro una difesa dei Jazz resa impresentabile dalla perdita di Rudy Gobert per infortunio. Markieff Morris completa la sua digievoluzione nello Sparamattoni Definitivo (9/25 nelle ultime tre partite).
23 dicembre
I Nuggets erano in back-to-back, in trasferta, dopo aver perso una partita in casa contro i Lakers. Ovviamente W per loro. Markieff decide di esprimere i suoi sentimenti attraverso l’antica arte giapponese del Lancio dell’Asciugamano.
24 dicembre
I Suns invitano cortesemente Markieff a sedersi per due partite e ricercare nuove forme artistiche per esprimere i suoi sentimenti.
26 dicembre
Phoenix ci tiene moltissimo a diventare la squadra che regala ai Philadelphia 76ers la loro seconda vittoria stagionale (prima in trasferta). Nel mentre Eric Bledsoe si infortuna al menisco e dovrà saltare tutta la stagione. Buon Natale.
28 dicembre
Il proprietario Robert Sarver e il GM Ryan McDonough indicono una riunione con i giocatori per chiedere chi deve essere licenziato (!!!). A pagare sono gli assistenti Mike Longobardi (ora ai Cavs) e Jerry Sichting. Il capo allenatore Jeff Hornacek — che è in scadenza di contratto — resta in carica per motivi ignoti.
30 dicembre
Markieff Morris, con giusto quei 6 mesi di ritardo, decide di scusarsi con i fan per la mancanza di professionalità mostrata nell’ultimo periodo. Da quel momento in poi si comporterà esattamente come prima. Markieff Morris non è stato ancora scambiato.
Come si è arrivati al crollo
Gennaio non è stato di certo stato un mese fortunato, visto che i Suns hanno perso di 30 contro Minnesota, hanno regalato un’altra vittoria ai 76ers e hanno coronato il tutto con il licenziamento di Hornacek. I fatti avvenuti però non sono una serie di sfortunate coincidenze, ma il risultato di una politica più ampia e incapace di decidere che strada seguire — con un GM più interessato a creare un nucleo giovane e un proprietario impaziente di tornare ai playoff. Dall’esterno poteva sembrare che la situazione avesse ottime basi, quando in realtà le basi si stavano sgretolando da tempo — e la struttura intera è collassata improvvisamente nel giro di pochissimo.
Le premesse di inizio stagione sembravano ottime, con una squadra costruita attorno ai pick&roll tra Chandler e le due guardie Bledsoe e Knight, con Morris pronto a giocare come facilitatore e un mix di ali esperte e giovani a giocarsi i minuti in campo. Ma le cose semplicemente non sono andate nel verso giusto e nessuno è purtroppo esente da colpe, nemmeno Hornacek. Il front office ha riempito il roster di giovani promettenti: Devin Booker è forse la miglior guardia tra i rookie e il giocatore più giovane nella lega; T.J. Warren è uno specialista funky di floater e tagli; Alex Len sembra pian piano maturare verso un ruolo da titolare. Ma dopo aver perso la scelta dei Lakers per Knight e aver ceduto Isaiah Thomas per nulla, i Suns non hanno più alcun vantaggio sullo spazio salariale — e in una eventuale trade per una stella, quando e se ne presenterà una, partirebbero comunque dietro a Celtics e Sixers nel portafoglio di asset da poter scambiare.
McDonough è riuscito in pochi mesi a ricevere due prime scelte per un giocatore in scadenza che li aveva ricattati (Goran Dragic) e a farsi prendere in seria considerazione da LaMarcus Aldridge, senza apparentemente compromettere il futuro a breve termine della franchigia. Ma il caos è venuto a riscuotere il suo compenso in ogni caso: la trade di Marcus Morris ha alienato il gemello, che è stato disfunzionale ogni volta che ha messo piede in campo; Bledsoe e Knight non sono stati così bene amalgamati come si potrebbe pensare, limitandosi a dividere il ruolo di portatore di palla e risucchiando l’attacco in una spirale di prevedibilità; Hornacek non è riuscito a costruire per loro una sinfonia come fatto nei due anni precedenti per le sue guardie (anche perché Bledsoe è enormemente migliore di Knight palla in mano: i quintetti con il solo Knight in campo non sono mai riusciti a trovare il loro equilibrio); per finire, Ronnie Price ha giocato fin troppi minuti in una squadra con due playmaker titolari.
L’analisi di Coach Nick di BballBreakdown.com
La stagnazione dell’attacco dei Suns, scandito dai turni al palleggio delle due guardie, ha portato la squadra ad essere di nuovo un disastro nei finali di partita. I Suns sono 4-11 nelle gare che arrivano con un delta di punteggio di 3 punti negli ultimi 3 minuti con un orripilante 81.8 di rating offensivo in quelle occasioni. L’anno scorso Morris era il go-to-guy nei finali di partita, ma essendo relegato in panchina questo ruolo è passato a Bledsoe — che è un buon tiratore dall’arco, ma non abbastanza per sconsigliare ai difensori di passare dietro ai blocchi sui suoi P&R. Bledsoe, invece di approfittarne, si allontana dal blocco, gioca gli 1-vs-1 contro i lunghi avversari e finisce con il lanciare preghiere verso l’alto sbattendo contro gli aiuti a centro area. Knight, di contro, si è ormai creato una fama di gaffes nei secondi finali che sono costate delle partite (cfr. 2 e 6 dicembre per i dettagli).
Tutti i problemi dei Suns
Ma al di là dei finali di partita, l’attacco dei Suns è stato comunque troppo lento e prevedibile, specie per una squadra che vuol giocare ad alti ritmi, condito da corse svogliate nelle posizioni di attacco, blocchi appena accennati e passaggi pigri. Se il primo P&R fallisce l’attacco generalmente muore con chiunque riceva la palla che inizia un isolamento con poche manciate di secondi sul cronometro.
Leuer e Teletovic sono state le ali designate per chiudere le partite — visto che Tucker e Morris hanno percentuali polari al tiro in quei minuti — ma per quanto i due siano sorprendentemente produttivi in attacco, la difesa con loro è indiscutibilmente peggiore, con una parata di lunghi avversari che rollano a canestro indisturbati per una schiacciata, senza alcun aiuto dal lato debole e il più alto numero di “Ma non dovevi aiutare tu?” per partita.
La difesa in transizione, se possibile, è pure peggio. Nel periodo tra ottobre e gennaio i Suns sono stati la quarta squadra nella lega per ricerca di rimbalzi offensivi, salvo classificarsi 23esimi come abilità di arrivare a quegli stessi rimbalzi (dati Vantage). In altre parole: la squadra si ammassava a ogni occasione per ricercare rimbalzi offensivi che non prendeva MAI, mentre gli avversari scorrazzavano in contropiede. È difficile capire quanta colpa della difesa sia degli allenatori (Hornacek e Longobardi, a lungo fido scudiero di Thibodeau) e quanto sia dei giocatori: Bledsoe potrebbe essere un difensore di primissima fascia, ma anche quest’anno seguiva la palla come un cane che insegue le auto, perdendosi continuamente sul lato debole; Chandler, pagato profumatamente in estate proprio per rappresentare la Voce della Ragione, forse sta risentendo dell’infortunio a inizio stagione e non è un titolare presentabile in questo momento; le rotazioni difensive sono semplicemente casuali.
Inoltre, Hornacek non è riuscito neppure a dare un’idea chiara su chi fossero i titolari e chi no e questo, oltre all’immobilismo dell’attacco e al peggioramento della difesa, ha contribuito al suo licenziamento — specie dopo aver rifiutato di esercitare la sua opzione sul prossimo anno di contratto per cercare un lucroso aumento. Nel periodo di logoramento tra dicembre e gennaio, sia Warren che Booker sono stati provati da titolari e, pur avendo dimostrato dei lampi in attacco, sono comprensibilmente ancora indietro come difesa rispetto ai veterani, perciò l’allenatore è tornato sui suoi passi. Per una partita Knight è stato provato dalla panchina per evitare il solito attacco a turni stile Final Fantasy X, ma non si è dimostrato in grado di guidare una second unit composta da giovani dediti all’attacco e acerbi in difesa.
La politica di spingere la squadra in più direzioni contemporaneamente ha finito per strappare un tessuto troppo debole, portando una squadra da top-10 in attacco e difesa all’ultimissimo posto per distacco in entrambe le fasi del gioco — il tutto nel giro di in una quarantina di giorni a malapena. Hornacek, nonostante gli innegabili errori, potrà trovare riscatto e successo in un’altra squadra, andando ad arricchire un parco di allenatori senza panchina composto da numerosi nomi di prestigio, tra i quali Tom Thibodeau, David Blatt, Scott Brooks, Luke Walton, Monty Williams e potenzialmente Dave Joerger, Mike D’Antoni, Jeff Van Gundy ed altri.
I Suns, invece, termineranno la stagione con Earl Watson in panchina, in posizione privilegiata per osservare i lampi dei suoi giovani mentre vengono demoliti da ogni squadra che incontreranno. Se volete rimanere aggiornati sulla squadra, potete limitarvi agli highlight di Booker.
L’unico raggio di sole in una stagione buia?
Con un po’ di fortuna in lottery, e decidendo di procedere in una direzione sola (o si ricostruisce, o si cercano i playoff), i Suns potranno comunque tornare nei radar della rilevanza in poco tempo. Con il vantaggio di poter iniziare a pensare alla prossima stagione a partire da gennaio, e non da aprile-maggio come è avvenuto negli ultimi due, deludenti anni.