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Capolavoro
05 mar 2016
Alla vigilia Spalletti diceva che alla Roma sarebbe servito un capolavoro contro la Fiorentina. Eccolo spiegato in quattro fattori.
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14 min
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Se consideriamo il campionato una piccola rappresentazione della vita, allora Roma e Fiorentina sono due vecchie amiche che si incontrano dopo tanto tempo, con ambizioni e caratteri profondamente diversi. Dopo la vittoria nella partita di andata, la Roma era addirittura capolista e sembrava avere una specie di obbligo di vittoria finale, anche in considerazione delle difficoltà della Juve; la Fiorentina dopo uno splendido avvio aveva subito due sconfitte consecutive che sembravano leggermente ridimensionarla, anche solo nelle pretese di vertice.

A distanza di un girone molto è cambiato: la Roma ha avuto una crisi di mezza età, ha divorziato dal suo allenatore Rudi Garcia, dopo un’involuzione tattica e di risultati quasi senza precedenti e che aveva determinato una stagnazione deprimente. Con Spalletti i giallorossi hanno anche cambiato mentalità: prima a ordinare la squadra era il controllo degli spazi, sia quelli da non concedere agli avversari (a volte con una linea difensiva a 6) sia quelli da attaccare tramite velocisti olimpionici. Adesso invece cerca sempre la superiorità numerica con il pallone, l’inizio azione pulito, la densità in zona centrale, la continua fluidità delle linee in base alla situazione di gioco. Cioè proprio quello che è il marchio di fabbrica della Fiorentina di Paulo Sousa, squadra ritenuta da Spalletti “un’opera d’arte”.

Non a torto, perché oltre a un gioco attraente la Fiorentina è la squadra che sembra offrire il miglior repertorio tattico del campionato. Ha la capacità di giocare su diversi registri e con una fluidità che la rendono costantemente liquida, difficile da etichettare numericamente. Dopo un mese di gennaio poco brillante (6 punti in 5 partite), la squadra di Paulo Sousa sembrava aver ritrovato intensità e pericolosità offensiva, come dimostrava la partita contro il Napoli, anche grazie ai nuovi acquisti, in particolare Tello. E proprio i nuovi arrivati a gennaio sono una delle chiavi della rinascita della Roma: El Shaarawy con la sua elettricità e i suoi gol, Perotti con la sua gestione del pallone, dei tempi e della posizione. Dopo sei vittorie consecutive, per i giallorossi quella di ieri era una sfida cruciale per capire a quale livello sono nell’apprendistato spallettiano. Prima della partita, Roma e Fiorentina sono due vecchie amiche (o nemiche, visto il caso Salah e le dichiarazioni di Paulo Sousa sulla squalifica di Zarate) che si ritrovano abbracciate al terzo posto, a 5 punti dal secondo.

Senza numeri

In una partita così densa tatticamente sembra quasi inutile parlare di moduli. La Fiorentina in possesso si schiera con il solito 3-4-2-1 e difende con il 4-4-2 (con Ilicic leggermente più arretrato), ma rimane molto fluida nel corso della partita. Senza palla, Borja Valero diventa esterno a sinistra e Bernardeschi a destra, mentre Ilicic molto spesso si mette sulla stessa linea di Kalinic per schermare centralmente l’inizio palla della Roma e spingere lo scarico sulle fasce. Paulo Sousa in mezzo al campo insieme a Vecino preferisce Tino Costa a Badelj, mentre in difesa Roncaglia è il terzo centrale a destra.

La Roma si schiera con un teorico 4-3-3, con Perotti falso centravanti che funge in realtà da catalizzatore di densità: si posiziona quasi sempre dove c’è il pallone, e questo significa giocare praticamente a tutto campo. La squadra di Spalletti a volte sembra sistemarsi con un rombo: le due ali Salah ed El Shaarawy a giocare da punte, e Keita schermo davanti alla difesa. Nel corso della partita però le posizioni cambiano molto e questa fluidità permette alla Roma di cogliere di sorpresa la Fiorentina, riuscendo quasi ad annullare le grandi qualità di cui dispone.

Il piano di gara di Spalletti è talmente ben preparato che dietro ogni gol si può individuare una chiave tattica: ci sono almeno quattro modi per spiegare perché la Roma ha vinto e la Fiorentina ha perso.

1. Aggressività

Nel corso del campionato la squadra di Paulo Sousa ci ha abituato a un pressing molto alto sull’inizio azione avversario e anche al gegenpressing: la partita contro il Napoli di lunedì scorso è un esempio di come riconquistare palla nella trequarti avversaria.

Il pressing della Roma sull’inizio azione della Fiorentina: Perotti attacca Tino Costa che prova un rischioso passaggio orizzontale, mentre Pjanic va a coprire la linea di passaggio per Roncaglia. Escludendo il portiere, c’è parità numerica: la manovra diventa difficile.

Contro la Roma, però, i “viola” sembrano impostare una gara meno intensa, quasi a voler gestire le energie lungo i 90 minuti: l’inizio azione della Roma è spesso solo schermato, con Keita in posizione centrale spesso libero di ricevere, anche grazie all’aiuto di Pjanic che si abbassa continuamente, rischiando spesso cambi di campo davanti l’area pur di velocizzare l’uscita dalla propria trequarti.

Quando i viola riescono a bloccare questo meccanismo, lasciano comunque Rudiger libero di impostare e di salire palla al piede (lo stesso approccio applicato con Koulibaly contro il Napoli): pur con tutti i suoi limiti, il centrale tedesco riesce a non commettere troppi errori (12 passaggi sbagliati ma ben 7 lanci riusciti, recordman nella sua squadra) anche grazie al continuo movimento di Perotti e di El Shaarawy a liberarsi dietro il quadrato magico viola.

Al contrario, la Roma sorprende per la sua aggressività e anche per la scelta di attaccare il primo possesso viola: uno strumento tattico che i giallorossi hanno sempre usato con grande difficoltà e che Spalletti sta provando a elaborare.

Il pressing della Roma non prevede marcature a uomo: i giallorossi coprono gli spazi e sono orientati sull’uomo solo quando entra nella rispettiva zona di competenza. L’inizio azione è disturbato schermando il centro del campo, con Keita molto alto e Perotti ad abbassarsi sulla linea dei centrocampisti, mentre le due ali si occupano di controllare i due difensori centrali esterni. Gonzalo Rodriguez si trova spesso in possesso libero, con la capacità di alzare la testa ma senza opzioni di passaggio (a parte gli inutili lanci lunghi per Kalinic): così scarica sugli esterni, dove la Roma attacca con più uomini, facendosi aiutare dalla linea laterale.

La Fiorentina così va in tilt: la manovra viola diventa incredibilmente lenta e sterile, non riesce mai ad avere due possessi consecutivi, sembra spenta e non riesce a trovare riferimenti, con Tino Costa davvero fuori contesto a causa del suo scarso dinamismo.

La scelta della Fiorentina: come contro il Napoli, il difensore meno abile viene lasciato libero di impostare, con l’obiettivo di ostruirgli tutte le linee di passaggio; ma i viola non sono compatti e si crea una linea di passaggio semplice per El Shaarawy, libero tra le linee.

Proprio sulla pressione alta su Astori, la Roma rischia di segnare il 3-0, con Perotti che approfitta dell’errore del difensore avversario ma poi solo davanti al portiere colpisce il palo.

Su questo canovaccio tattico i giallorossi riescono a vincere la partita, riconquistando ben 23 palloni nella metà campo avversaria, sovrastando la Fiorentina che (insieme al Napoli) è la migliore in questo dato. I giallorossi recuperano in totale ben 10 palloni più degli avversari, con un’altezza media del recupero davvero significativa: ben 41 metri, contro i 33 dei viola.

2. Ampiezza

Il meccanismo che permette alla Fiorentina di passare agevolmente da una linea difensiva a tre ad una a quattro si basa anche sulla capacità di avere il tempo di riorganizzarsi: per questo è fondamentale il pressing sulla trequarti. Se si riesce a superare agevolmente quella prima linea, per l’avversario si aprono ottime opportunità sulle fasce, ovviamente. Spalletti allora decide di presentare a Paulo Sousa un rompicapo: costringere a difendere in ampiezza una linea difensiva che accorcia molto sul pallone, dovendo allo stesso tempo preoccuparsi di coprire la profondità ricercata da Salah.

All’andata era stata la Roma a preoccuparsi molto dei corridoi tra centrale e terzino, stavolta tocca alla Fiorentina difendere con 6 giocatori: i tre difensori centrali coprono la zona centrale, Borja Valero si abbassa come esterno con Alonso a chiudere lo spazio intermedio, mentre dall’altra parte Bernardeschi (in posa non troppo difensiva) si deve occupare dell’ampiezza di Digne.

Per farlo l’allenatore della Roma si affida alle due ali, sempre pronte a partire dall’esterno per accentrarsi; a Perotti, in grado di muoversi continuamente tra le linee; ma soprattutto ai terzini.

In particolare a sinistra: Digne diventa una sorta di ala aggiunta, sempre molto avanzato, a calpestare la linea laterale. C’è il suo contributo sul gol del 3-0 che chiude la partita dopo appena 38 minuti. Da un lancio lungo di Szczesny Roncaglia non sa se andare a prendere il francese, che con un passaggio al volo di petto serve El Shaarawy. L’ala sinistra della Roma si ritrova così uno contro uno con Gonzalo, lo salta, guarda in area e fa una pausa per spingere Astori in scivolata, prendendolo in controtempo con un esterno destro per Perotti che non può sbagliare.

La posizione di Digne si rivela un’arma tattica utilissima per tutti i 90 minuti, tanto da costringere Paulo Sousa a uno stravolgimento tattico, con Bernardeschi da un lato e Borja dall’altro quasi costretti sulla linea dei difensori.

In questa generale incertezza su come difendere, sia El Shaarawy che Salah riescono sempre a dettare un passaggio laterale o a farsi trovare in zone più centrali di campo per provare le triangolazioni.

Nel secondo tempo la Fiorentina riesce ad attaccare con maggior ampiezza, grazie a Tello sempre larghissimo sulla destra e anche con Alonso che perde ogni remora difensiva: qui la difesa della Roma è posizionata male ma lo spagnolo non ne approfitta.

La Fiorentina invece riesce ad attaccare in ampiezza solo grazie all’ingresso di Tello dopo mezz’ora, a causa però dell’infortunio di Borja: e quello che ottiene grazie alla capacità di saltare l’uomo dello spagnolo (che si procura un rigore e riesce sempre a saltare Digne grazie alla velocità nel breve, e con due dribbling è il migliore di una squadra che ne ha solo 5, pochissimi) lo perde nella capacità di dettare il passaggio tra le linee.

Gonzalo libero di pensare il passaggio ma è bravissimo Borja Valero ad ingannare Nainggolan e farsi trovare tra le linee: il suo infortunio spegne la Fiorentina.

L’infortunio di Borja Valero è decisivo per la Fiorentina, ma almeno permette un miglior riposizionamento, con Bernardeschi in grande difficoltà che si sistema da trequartista tra le linee; poi si fa male anche Vecino e al suo posto entra Badelj, aumentando la qualità del palleggio ma riducendo il dinamismo complessivo.

3. Profondità

Durante tutta la partita la Fiorentina non riesce a capire come cercare la profondità: il movimento di Kalinic deve servire ad allungare l’avversario e poter servire gli uomini tra le linee. Invece Ilicic spesso si intestardisce nel cercare dalla destra il taglio di Kalinic: ma la Roma difende la profondità in modo perfetto, soprattutto con Manolas ma anche con Rudiger.

La partita di Kalinic diventa così un saggio di atletica leggera, con una serie continua di movimenti: stretto nella morsa dei due centrali avversari diventa quasi subito impossibile da servire e infatti toccherà il pallone solo 26 volte, meno persino di Tatarusanu (31). Ilicic si posiziona troppo lontano, isolando spesso il suo compagno: la conseguenza è che l’unico tiro nello specchio della porta è il gol su rigore, il 3-1 segnato nel recupero del primo tempo. Più in generale è proprio la presenza in area avversaria a sembrare poco incisiva, con solo 11 giocate utili contro addirittura le 25 della Roma.

Tino Costa troppo morbido permette a Pjanic di tagliare le linee e servire Salah in profondità: in quel momento c’è addirittura Borja da terzino sinistro.

Nelle sue conferenze stampa da quando è tornato a Trigoria, Spalletti ha iniziato a sottolineare l’importanza di attaccare lo spazio dietro la linea difensiva. In questo caso, si sono visti moltissimi progressi.

Ad esempio, nell’occasione del gol del vantaggio, la Roma costringe l’avversario a coprire profondità ed ampiezza. I viola tra l’altro non portano grande pressione al portatore di palla, che si chiama Pjanic e inventa un passaggio taglia linee per Salah: poi il gol è di El Shaarawy ma l’hockey pass di Pjanic è il lampo di genio che squarcia la partita. Dall’altra parte, è il movimento di Perotti ad allargare la difesa avversaria.

Astori è in grande difficoltà nel difendere Salah e d’altronde il mismatch è troppo evidente: per coprire la profondità, i viola dovrebbero attaccare gli avversari nella loro trequarti, privandoli di spazi. Invece la Fiorentina a volte accorcia in avanti ma senza portare troppa pressione al portatore: e si ritrova così con molto campo da difendere contro due velocisti, con Roncaglia costretto agli straordinari.

Nonostante tutti gli errori della Fiorentina, questa è un’opera d’arte, come direbbe Spalletti: Pjanic arretra per staccarsi da Badelj e quasi ad occhi chiusi trova Salah.

Il gol del 4-1 che al minuto 58 spegne le flebili speranze della Fiorentina di rientrare in partita è un esempio perfetto: la linea difensiva non si muove con coordinazione, mentre Badelj lascia a Pjanic la possibilità di inventare un lancio che salta due linee e manda in porta Salah, pronto a realizzare la sua doppietta.

4. Riferimenti

Spalletti dimostra di aver studiato bene la Fiorentina, anche prendendo in prestito soluzioni altrui: contro il Tottenham la squadra di Paulo Sousa aveva sofferto moltissimo le rotazioni dei 4 giocatori offensivi londinesi, con il centravanti Chadli a fare spesso spazio agli inserimenti delle tre mezzepunte.

Anche per questo in campo c’è Perotti e non Dzeko: la Roma non vuole dare alcun punto di riferimento in fase offensiva e ci riesce benissimo.

L’integrazione di Perotti nel gioco dei giallorossi è difficile da spiegare, bisogna vederlo nel corso dei 90 minuti: la sua presenza è costante su tutto il fronte d’attacco, non è mai in una posizione precisa, neppure in fase di non possesso (dove a volte scherma il passaggio centrale, a volte segue Tino Costa). Non si muove come nel manuale del falso centravanti ma neppure in quello del trequartista: è una sorta di moltiplicatore di passaggi, un giocatore che appare quando un compagno ne ha bisogno per restituire qualità alla manovra.

La continua rotazione dei giocatori della Roma priva gli avversari di punti di riferimento: qui Pjanic si è abbassato liberando completamente Keita in regia che ha varie opzioni, tra cui Perotti che si sta abbassando e su cui Borja Valero è in ritardo.

Sul secondo gol è evidente il suo ruolo di riferimento tecnico offensivo, una sorta di Pjanic avanzato di qualche metro (i due, tra l’altro, riescono a creare ben 4 occasioni da gol a testa): al di là della sfortunata deviazione di Astori sul tiro da fuori area di Salah, si nota che Perotti va sempre nella zona del pallone, per creare in questo caso una triangolazione con l’egiziano.

La Fiorentina ha invece un Kalinic un riferimento talmente chiaro da risultare costantemente bloccato: forse sarebbe stato meglio inserire un’altra punta per provare ad attaccare i due veloci centrali della Roma almeno in parità numerica.

Futuro

Alla squadra di Paulo Sousa però è sembrato mancare tutto: grinta, forma fisica e persino fortuna, in quella che è probabilmente tra le peggiori prestazioni stagionali.

Nei cinque minuti tra il 25’ e il 30’, la Fiorentina subisce due gol e rischia di prenderne un terzo (palo di Perotti) e sembra una squadra davvero alle corde, come se non ci credesse più. Le rotazioni offensive della Roma continuano almeno fino al 4-1, con le due ali a tagliare dentro il campo.

Per i “viola” un risultato che lascia molti interrogativi, anche caratteriali, sul vero livello di questa squadra: ma è vero che una partita così molle e superficiale rappresenta quasi un evento irripetibile. Rimane il fatto che, forse per la prima volta, Paulo Sousa è stato surclassato nella battaglia tattica: i suoi giocatori, quelli che poi effettivamente interpretano le situazioni in campo, non l’hanno di certo aiutato, anche a causa della stanchezza accumulata in questo ciclo di partite continue.

Per Spalletti oltre al risultato c’è la grande soddisfazione di vedere la propria squadra migliorare partita dopo partita: adesso le vittorie consecutive della Roma sono sette, e non si capisce bene se questa squadra stia già volando oltre le proprie possibilità o abbia ancora margini di miglioramento. Dalla partita contro i viola, quasi perfetta, si direbbe che è già al top: adesso c’è la sfida proibitiva al Real Madrid, ma in campionato ora la Fiorentina quarta è lontana tre punti, e il secondo posto del Napoli è, almeno temporaneamente, più vicino. Tocca a Spalletti garantire che i giocatori mantengano alta la tensione necessaria per continuare a giocare con questa intensità.

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