La pausa di gennaio è una novità per il campionato italiano e rappresenta un’occasione per soffermarsi ad analizzare i temi che ci hanno accompagnato in questa prima parte di stagione, anche dal punto di vista dei dati. Dopo aver esaminato attraverso le statistiche come stanno andando le squadre, ora è il momento di mettere una lente di ingrandimento sui singoli calciatori.
I “super-sub” della Juventus
Per avere Douglas Costa e Federico Bernardeschi, la Juventus ha versato rispettivamente 6 milioni (+40 se vorrà riscattarlo) nelle casse del Bayern Monaco e 40 milioni in quelle della Fiorentina. Investimenti del genere si portano dietro aspettative elevate e la titolarità pressoché garantita, ma non nella Juventus di Allegri. Il tecnico livornese ci ha ormai abituato ad inserire gradualmente i nuovi arrivati, privilegiando gli equilibri tattici costruiti nelle stagioni precedenti e i due esterni arrivati in estate non hanno fatto eccezione.
Pur senza essere elementi imprescindibili dell’undici titolare, Douglas Costa e Bernardeschi hanno fin qui avuto un impatto fondamentale sulla stagione della Juventus. Oltre a dare ad Allegri la flessibilità tattica necessaria a cambiare da un sistema di gioco all’altro, i due permettono alla fase offensiva della Juventus di aumentare le marce a gara in corso: senza andare troppo lontano nel tempo, basta vedere come a pochi minuti dal suo ingresso nella gara di Cagliari, il brasiliano abbia fornito l’assist per il gol decisivo, tra l’altro segnato proprio da Bernardeschi.
Prendendo in prestito il gergo NBA, potremmo definire D. Costa e Bernardeschi due “super-sub”, giocatori di qualità tecnica superiore che però partono sistematicamente dalla panchina, pur mettendo a referto numeri spesso migliori dei giocatori in quintetto, esattamente come hanno fatto fin qui le due ali bianconere.
Nei cinque maggiori campionati europei, solo Neymar, Hazard e Messi completano più dribbling ogni 90 minuti di Douglas Costa, che in Serie A è primo per distacco con 5,1 dribbling per 90. Per farsi un’idea di quanto il dato sia significativo, nessun altro calciatore del nostro campionato arriva a 4 dribbling di media: secondi a pari merito sono Perotti e D’Alessandro con 3,7. Oltre ad essere il miglior dribblatore per volume, l’ex Bayern ha anche un’efficienza notevole, visto che completa due dribbling ogni tre tentativi (66,1%).
Ma oltre a creare superiorità numerica in maniera sistematica, il brasiliano sta offrendo anche un grande contributo creativo, come dimostra la media da 0,5 assist per 90, la più alta della Serie A tra i giocatori che hanno accumulato almeno 600 minuti, cioè un terzo del totale. Nei 725 minuti di utilizzo, Costa ha creato 2,5 occasioni su azione ogni 90 minuti, il quarto miglior dato del campionato, mentre completa 18,4 passaggi verso l’ultimo terzo di campo, più di qualsiasi altro juventino.
Il contributo di Bernardeschi non è stato certo da meno, visto che se si somma il dato sui gol (0,61) e quello sugli assist (0,4) ogni 90 minuti si nota come l’ex viola abbia generato praticamente un gol a partita. Il suo impiego è stato fin qui inferiore a quello del brasiliano (455 minuti), ma Allegri può essere soddisfatto del suo nuovo acquisto che ha medie per 90 molto positive anche nei tiri (3,6), negli xG (0,45), nei dribbling completati (3,0) e nella percentuale di successo degli stessi (75%) oltre che nei tocchi nell’area avversaria (5,7).
Il fatto di giocare nella squadra con il miglior attacco del campionato e di essere spesso entrati in campo in un momento in cui una delle due squadre è costretta a sbilanciarsi, ha gonfiato un po’ le statistiche offensive dei due, che finiranno verosimilmente per calare se si guadagnassero un posto tra i titolari, ma nel loro limitato minutaggio, entrambi hanno mostrato di poter offrire un livello di prestazione in linea con il prezzo d’acquisto.
Il devastante attacco della Lazio
Se Bernardeschi contribuisce, tra assist e reti segnate in prima persona, con un gol a partita, ma lo fa in un minutaggio esiguo, Ciro Immobile (14 gol senza rigori, 8,64 xG) sta viaggiando ad un ritmo irreale di 1,21 gol senza rigori più assist ogni 90 minuti, avendo però giocato più del triplo dei minuti dell’esterno bianconero. Si è parlato tanto dei 20 gol in 18 partite del centravanti di Inzaghi (0,81 gol senza rigori di media, solo Dybala ha fatto meglio), rischiando però di dimenticarsi quanto abbia fatto per i compagni: i 7 assist di Immobile equivalgono a 0,4 assist per 90 minuti, cioè la quarta media migliore del campionato tra i giocatori con almeno 600 minuti.
L’exploit di Immobile è soprattutto il manifesto dell’incredibile stagione offensiva che sta vivendo la Lazio che, oltre ad essere la squadra che crea le occasioni più pericolose (in media un tiro della Lazio vale 0,12 xG), dopo i 5 gol alla Spal ha praticamente raggiunto livelli di over-performance da Juventus. E il tutto senza aver impiegato Nani e soprattutto Felipe Anderson, che in due superano a malapena i 200 minuti giocati, ma che dovrebbero tornare completamente a disposizione da dopo la pausa. Se è vero che la qualità della rosa della Lazio è indiscutibile, dall’altra non si può neanche considerare fra quelle pochissime squadre in grado di scavalcare sistematicamente gli expected goals, allora c’è una ragione più tattica. Le squadre molto verticali come quella di Inzaghi possono però sfuggire all’interpretazione dei modelli di xG, un po’ come avvenuto nelle ultime due stagioni con il Leicester o il Monaco.
Proprio quello della formazione del Principato è un esempio assimilabile a quanto sta accadendo in casa biancoceleste, con tutti i giocatori offensivi che stanno vivendo una stagione quasi mai vista. Se come detto Immobile è primo, Luis Alberto è settimo in campionato per gol senza rigori più assist per 90 minuti (0,73) e ha un rapporto gol/xG del 150%, mentre Milinkovic-Savic a questo ritmo toccherà almeno quota 10 gol (finora 2,08 xG e 5 gol), cioè cinque volte le reti della passata stagione.
Il caso di Marcelo Brozovic
I centrocampisti a disposizione dell’Inter non sono propriamente ideali per il 4-2-3-1 di Spalletti e le voci sul mercato nerazzurro, vogliono Ausilio e Sabatini impegnati alla ricerca di un centrocampista offensivo. Per quanto riguarda i nomi, finora abbiamo assistito ad un vero e proprio climax discendente (dovuto alla dichiarata impossibilità di investire in questa sessione), visto che si è passati da Pastore a Rafinha, uno che non gioca dallo scorso aprile, passando per Ramires, che non è certo il primo giocatore che ci immaginiamo quando pensiamo ad un trequartista.
In questa situazione chi rischia di essere trascurato è Marcelo Brozovic, che seppur poco impiegato ha fatto vedere di poter essere, tra alti e bassi, un giocatore da valorizzare e più che una riserva per il ruolo di trequartista. Il croato, che ha segnato 3 gol, cioè 0,42 ogni 90 minuti, è decimo per occasioni create su azione tra i giocatori con almeno 600 minuti giocati (2,2 per 90) e in media ne crea il doppio di Borja Valero (1,2). Non c’è nemmeno paragone nelle conclusioni, con Brozovic che ne tenta 3,1, generando 0,22 xG ogni 90 minuti, mentre lo spagnolo non arriva ad un tentativo di media (0,7) e 0,07 xG. Se però questi ultimi dati ci confermano quello che già sappiamo, cioè che l’uno è un centrocampista più diretto e l’altro più portato allo scarico piuttosto che alla conclusione personale, ciò che è interessante è che l’Inter ha creato 1,56 xG di media nelle sette partite da titolare di Brozovic e 1,01 xG nelle altre tredici.
Una differenza di 0,55 può sembrare piccola, ma se proiettata su una stagione vuole dire avere 21 xG in più. Ora, premesso che parliamo di campioni piuttosto piccoli e che sarebbe difficile accantonare Borja Valero, l’unico elemento di ordine della squadra di Spalletti, in panchina, chissà che la soluzione ai problemi dell’Inter non sia quello di abbracciare in tutto e per tutto il progetto di una squadra diretta e verticale, decidendo quindi di schierare Brozovic sulla trequarti.
La Roma non ha sostituito Salah
Nel campionato 2016/2017, la Roma aveva 38,8 xG complessivi dopo venti partite. Quest’anno è calata a 31,7, cioè di circa il 22%, ma tanto basta per porre i giallorossi nell’élite del campionato per produzione offensiva, seconda solo a quella del Napoli, primo con 33,2 xG.
La caratteristica dell’attacco della Roma è quella di avere un centravanti che nella sua esperienza in A ha dimostrato di essere capace di generare un volume che meno del 5% degli attaccanti dei cinque maggiori campionati europei è in grado di sostenere, ma di essere al contempo un finalizzatore sotto-media: anche nella sua recente campagna da capocannoniere è andato sotto le aspettative segnando 28 gol su azione su 30,4 xG. Ecco che se è inverosimile pensare in un incremento nel volume di tiro di Dzeko, soprattutto dopo il salto definitivo compiuto nella passata stagione e senza diminuire nella “qualità” delle conclusioni, la Roma ha bisogno di uno o più finalizzatori secondari, possibilmente eccezionali, per tenere il passo.
In percentuale, i cinque elementi con più xG nella passata stagione sono stati Dzeko (38,9%), Salah (20,5%), El Shaarawy (9,6%), Nainggolan (6,9%) e Strootman (5,3%).
All’inizio di questa stagione, l’egiziano è volato in Premier al Liverpool di Klopp, mentre Nainggolan ha arretrato il proprio raggio d’azione e le percentuali sono cambiate come segue: Dzeko (31,7%), El Shaarawy (15,6%), Florenzi (6,3%), Strootman (6,0%) e Nainggolan (5,3%). Ora è evidente che se Dzeko e Salah da soli finalizzavano il 60% della mole offensiva giallorossa, quest’anno ci sarebbe dovuta essere o una crescita nella produzione di El Shaarawy, che almeno in parte c’è stata, o una più equa distribuzione delle responsabilità realizzative, cosa che invece non si è verificata, non tanto perché Nainggolan (che dei cinque è anche l’unico con un rapporto goal/xG superiore a 1) è meno presente in zona gol dopo il cambio di ruolo, ma piuttosto perché i nuovi arrivati non hanno offerto, o meglio non hanno avuto l’opportunità di offrire, quanto da loro ci si aspettava.
Dopo l’addio di Salah, ci si aspettava tanto da Patrick Schick, 2,7 tiri e 0,50 xG per 90 minuti, oltre che 131,2% di efficienza realizzativa con la Sampdoria, forse trascurando il fatto che il ceco non è un esterno. Inoltre, alle considerazioni di natura tattica, si aggiungono una serie di circostanze che hanno pesato non poco sul campionato di un attaccante che non ha ancora 21 anni: Schick ha iniziato ad allenarsi con la squadra praticamente a metà agosto, cioè quando ha ricevuto l’idoneità sportiva; a inizio ottobre si è poi infortunato ed è rientrato in campo solo a fine novembre: inutile sottolineare come non possa essere in condizioni ottimali. Altrettanto in sospeso la situazione di Under e Defrel (a sua volta vittima di più infortuni), che hanno giocato ancora meno di Schick.
La Roma e Monchi non hanno fatto mistero di fare affidamento sui dati nel reclutamento e sicuramente hanno a disposizione metriche più avanzate di quelle presentate in questo articolo. In estate si è deciso di non sostituire Salah con un giocatore in grado di fornire un apporto simile (ammesso che ce ne fosse anche solo uno disponibile sul mercato), ma di scommettere su due giovani, di cui uno con un rendimento eccezionale nella sua prima stagione in A e l’altro proveniente da un campionato diverso, oltre che un attaccante affidabile (2,6 tiri e 0,35 xG per 90 l’anno scorso al Sassuolo) ma che di fatto non si è mai visto all’opera. Aspettarsi un riscontro immediato sarebbe stato troppo ottimistico e ci si sono messi di mezzo anche gli infortuni: il giudizio sul mercato giallorosso non può essere che sospeso.
Qual è il centravanti giusto per il Milan?
Nel 4-3-3 di Gattuso, nonostante le sofferenze dell’ex presidente Berlusconi, c’è spazio per un solo centravanti, ma fin qui non c’è una gerarchia chiara tra gli attaccanti del Milan, con una parte dei tifosi che vorrebbe Kalinic, il più presente fin qui, relegato in panchina. Nelle sei gare di campionato con l’ex allenatore della Primavera in panchina, il croato è stato titolare per quattro volte, subentrando a gara in corsa contro il Crotone, partita in cui è stato titolare Cutrone, già nell’undici iniziale contro la Fiorentina ed entrato dalla panchina altre due volte. André Silva non è invece mai partito dall’inizio, ma si è alzato dalla panchina in quattro diverse occasioni.
Andando ad esaminare il contributo dei tre, il portoghese è quello con il volume di tiro più importante, visto che le sue conclusioni sono 3,5 ogni 90 minuti, decisamente più di quelle di Kalinic (2,3) e Cutrone (2,1) che praticamente si equivalgono (certo se i tuoi due attaccanti più impiegati non arrivano nemmeno a 2,5 tiri per 90, c’è un problema). Il suo dato però potrebbe essere sopravvalutato dal fatto di essere subentrato spesso. Silva è anche quello che tocca più palloni in area (6,9, un dato molto alto), con Cutrone che sfiora i 6 e Kalinic che si ferma a 4,9, dato coerente anche con il suo stile di gioco che lo porta spesso fuori dall’area di rigore.
Dal punto di vista realizzativo, Kalinic supera di poco Cutrone con 0,3 gol senza rigori per 90 contro gli 0,28 del prodotto del vivaio rossonero. Come sappiamo, invece, Andre Silva è ancora a secco di gol in campionato. Con minutaggi così limitati, come quelli dell’ex Porto (536 minuti) e dell’eroe del Derby di Coppa (636) è però più interessante esaminare gli expected goals, che li pongono pressoché alla pari: i due generano rispettivamente 0,29 e 0,28 xG per 90 minuti. La differenza nella loro produzione sta nel tipo di conclusioni: André Silva tira di più, ma la “qualità” delle sue conclusioni è stata finora piuttosto bassa (0,08 xG), mentre Cutrone ha un volume relativamente basso ma un xG medio superiore (0,13).
Ecco dunque che la titolarità di Kalinic non dovrebbe essere più di tanto in discussione, visto che l’ex viola ha la più alta produzione di xG media (0,43 per 90, comunque inferiore agli 0,55 della scorsa stagione), si prende solo tiri efficientissimi (0,18 l’xG medio dei suoi tentativi). Se riuscirà a ritrovare quella fiducia che forse gli è mancata in questa stagione, e l’obiettivo di Gattuso sembra esattamente questo, ecco che il Milan avrà finalmente il suo attaccante titolare. Fermo restando che è al contempo necessario valorizzare Cutrone e soprattutto André Silva, anche alla luce dei 38 milioni spesi in estate.
Il sorprendente impatto di Moise Kean
Il 2018 è l’anno della maggiore età per i ragazzi nati nel 2000 che si affacceranno sempre più spesso anche sui campi di Serie A. Finora sono solo tre i calciatori nati negli anni 2000 ad aver giocato almeno un minuto in questo campionato: Eddie Salcedo (9), Pietro Pellegri (279) e Moise Kean (801). Se il primo ha solo assaggiato il campo, Pellegri è salito alla ribalta segnando una doppietta alla Lazio, prima di tornare ad alternarsi tra panchina e Primavera, mentre il più “vecchio” dei tre, si sta ricavando il suo spazio nell’Hellas e ha numeri davvero interessanti.
Finora Kean ha segnato solo 2 gol, ma ha un volume di tiro da 3,0 tentativi e riesce a generare 0,46 xG ogni 90 minuti. Una cifra che suggerisce che l’attaccante avrebbe dovuto avere un bottino praticamente doppio di reti. Ciò che conta, però, è che generare quasi 1 xG ogni due partite (praticamente come Icardi, Immobile e Dzeko) per un giocatore che non ha ancora compiuto 18 anni e viene dal campionato Primavera è un dato davvero eccezionale, ancora di più se pensiamo che il Verona crea 0,93 xG per partita.
Kean finora non si è rivelato un finalizzatore efficiente (11,1% di conversione) ma, la “qualità” e la posizione delle sue conclusioni, suggeriscono che potrebbe avere quella inestimabile capacità di farsi trovare al posto al momento giusto tipica dei grandi attaccanti, che può persino farsi preferire alla tecnica di calcio in sé. Se sulla sua conversione sotto-media potrebbe aver influito la varianza oltre che la pochezza offensiva della squadra in cui gioca (quartultima per efficienza offensiva e con 5 gol su 18 segnati su rigore), il campione è troppo piccolo anche per sostenere fermamente la seconda ipotesi, ma ci sono discrete possibilità che presto non ricorderemo Kean solo per essere il primo calciatore nato nuovo millennio ad aver segnato un gol in Serie A.
Uno sguardo generale ai tiri
Il ruolo dell’attaccante è quello che si presta al meglio ad un’analisi statistica. L’attaccante ideale infatti segna, genera un volume di tiro importante ed è efficiente sia nel convertire le proprie occasioni, sia nel decidere quando e da quale posizione provare a concludere verso la porta.
Non è un caso che il giocatore con la media più alta di gol senza rigori in campionato si anche quello che tira di più ogni 90 minuti. Dybala tira 5,2 volte e tocca quasi un gol di media ogni 90 minuti (0,9). Al momento l’argentino della Juventus sta andando oltre le aspettative visto che ha accumulato solo 5,1 xG a fronte di ben 13 gol senza rigori. Se la posizione dei suoi tiri non è esattamente ideale, visto che Dybala tira spesso da fuori (3,0 tiri oltre i 16 metri di media, ma anche 5 gol fin qui), è anche vero che la sua abilità tecnica gli permette di tenere percentuali di conversione superiore alla media anche dalla distanza.
Diverso l’approccio dei due giocatori che lo precedono per il numero totale di gol segnati senza rigori (14), cioè Immobile ed Icardi. Entrambi hanno uno stile di gioco che li porta ad agire maggiormente negli ultimi 16 metri e nonostante il minor numero di tiri che provano (3,9 Immobile e 3,2 Icardi), riescono a far meglio degli 0,35 xG per 90 generati da Dybala: il centravanti di Inzaghi tocca quota 0,50 xG media, mentre il capitano nerazzurro lo tallona con 0,49 xG. Come è facile intuire, la loro finalizzazione è stato fin qui ben sopra alla media con i già menzionati 0,81 gol senza rigori di Immobile e gli 0,72 di Icardi.
I protagonisti della corsa al titolo di capocannoniere della scorsa stagione, Dzeko e Mertens, stanno invece andando al di sotto delle aspettative, seppur lievemente. Nel paragrafo dedicato alla Roma ho descritto come sia ormai appurato come il bosniaco sia un finalizzatore sotto-media: quest’anno l’attaccante giallorosso genera 0,55 xG, ma ha una media gol senza rigori da 0,50 ogni 90 minuti. Il belga del Napoli, anche in virtù del fatto che si prende una conclusione in meno (4,0 contro 4,9 di Dzeko), si ferma invece a 0,37 gol senza rigori di media, pur riuscendo ad accumulare 0,42 xG ogni 90 minuti.
Chi invece si sta finalmente affermando nel panorama degli attaccanti italiani è Kevin Lasagna, che pur avendo un volume di tiro non eccelso (2,6), tocca 0,48 xG per 90 minuti, un dato perfettamente in linea con gli 0,5 gol senza rigori segnati. Il suo bottino dipende dalle ottime scelte di tiro, visto che in media le sue conclusioni generano 0,18 xG. Lasagna arrivato in Serie A due stagioni fa col Carpi dopo un passato in Serie D, e non è l’unico attaccante che, pur venendo dalle categorie inferiori, riesce ad emergere nella classifica delle statistiche determinanti per un attaccante. Massimo Coda tira 4,8 volte ogni 90 minuti, il quarto volume più alto tra i calciatori con almeno 600 minuti. Verrebbe da chiedersi come un attaccante capace di generare questo volume di tiro non abbia giocato più di una stagione di Serie A, se non fosse che, contrariamente al ben più efficiente Lasagna, più della metà delle sue conclusioni sono tentate da fuori area: in questo campionato Coda ha accumulato 2,31 xG, per un valore medio di 0,06 xG a conclusione. Il suo impatto sul Benevento è stato però indiscutibile visto che i suoi 3 gol hanno regalato 6 punti sui 7 raccolti fin qui dalle "Streghe".