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Come migliora il Milan
23 gen 2017
I risultati faticano ad arrivare, ma le prestazioni sono cresciute di tono.
(articolo)
7 min
(copertina)
Foto di Karim Jaafar/Getty
(copertina) Foto di Karim Jaafar/Getty
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Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.

Da quando si è seduto sulla panchina del Milan, Vincenzo Montella sta educando i rossoneri ai princìpi del gioco di posizione, ma l’introduzione è stata morbida. Il Milan ha cominciato adattandosi allo schieramento avversario, in particolare alle prime linee, cercando di guadagnare sempre la superiorità numerica per iniziare in maniera pulita l’azione.

Contro le squadre con un solo attaccante, i due centrali difensivi si allargavano e i tre centrocampisti si smarcavano davanti a loro; contro le squadre con due attaccanti, un terzino rimaneva più vicino ai centrali di difesa mentre una mezzala si allargava per garantire l’ampiezza, lasciando due giocatori a centrocampo.

In avanti il Milan occupava in maniera statica gli spazi chiave per far avanzare il pallone: due giocatori a dare ampiezza, altri due negli spazi di mezzo, il centravanti ad allungare la difesa e ad attaccare la profondità, con i cinque giocatori offensivi che puntavano a innescare combinazioni veloci e verticali per arrivare al tiro.

Ne risultava una squadra scollegata e una manovra a due velocità: lenta e paziente nella propria metà campo, rapida una volta trovato il corridoio per arrivare sulla trequarti. Una squadra pericolosa soprattutto quando riusciva a trovare Suso, Niang o Bonaventura alle spalle del centrocampo avversario con una verticalizzazione a tagliare le linee, che in alternativa poteva affidarsi al cambio di gioco, una soluzione utilizzata soprattutto quando le vie centrali erano intasate.

A scuola di gioco di posizione

Nessuna squadra, però, sopravvive senza cambiare, specie se a guidarla è un allenatore che sta mostrando idee sempre più forti come Montella che, col tempo, ha adattato il Milan all’ideale del gioco di posizione.

I rossoneri non si alzano più in maniera meccanica sulla trequarti avversaria, ma occupano quegli spazi dinamicamente, coinvolgendo tutti i giocatori, senza posizioni fisse. Tutti devono partecipare alla costruzione della manovra, coordinandosi con i compagni per dare tante alternative al portatore di palla generando una costante superiorità alle spalle delle linee avversarie.

I princìpi sono gli stessi di inizio stagione, ma la manovra è più prolungata e coinvolge tutta la squadra. Il Milan è così riuscito a migliorare la resistenza al pressing: ha spostato in avanti di diversi metri la circolazione della palla ed equilibrato le fasi di passaggio dalla prima costruzione alla finalizzazione.

La trasformazione più grande, però, riguardava la fase di non possesso. Controllare la partita attraverso il pallone significa anche ridurre al minimo le fasi di possesso avversarie. Ecco allora che la squadra di Montella ha iniziato a difendere in maniera più aggressiva, diminuendo le fasi di difesa schierata nella propria metà campo e aumentando di conseguenza le azioni di pressing e i tentativi di recupero immediato del possesso a palla persa.

L’evoluzione del gioco del Milan ha avuto come banco di prova il Napoli, la squadra di riferimento in Italia nel gioco di posizione. I rossoneri hanno dominato il possesso palla (un dato effimero, ma di una certa importanza se si considera che il Napoli è la squadra migliore in Italia da questo punto di vista), hanno tenuto un baricentro più alto e hanno tirato di più.

Eppure hanno perso la partita.

La prova del Napoli

Il Napoli si è dimostrato più maturo e più organizzato (e, in un certo senso, è normale che sia così) adattandosi al contesto di una gara in cui per una volta non aveva il controllo del pallone, ma spazi da attaccare, passando in vantaggio grazie a un contropiede molto veloce, dopo una palla conquistata da Jorginho al limite della propria area.

Il Milan ha affrontato la situazione con troppa passività: Sosa non è uscito su Allan, Paletta si è fatto scappare Mertens alle spalle. Con a disposizione una metà campo intera, gli azzurri sono stati letali: merito soprattutto della giocata sublime di Mertens, che, memorizzata la posizione di Insigne con una rapida occhiata prima di ricevere il pallone, ha servito il compagno con un lancio al buio effettuato col corpo rivolto verso la linea laterale. Un prodigio tecnico e di coordinazione.

Poi Insigne ha bucato Donnarumma con un sinistro a incrociare.

Non è stata l’unica incertezza del Milan a palla persa. Poco dopo, infatti, un lancio forzato di Calabria è stato recuperato da Tonelli: i rossoneri non hanno scalato in avanti, Jorginho ha potuto giocare tranquillamente il pallone e lanciare ancora una volta Mertens alle spalle di Paletta.

Di nuovo, la difesa milanista ha gestito la situazione con eccessiva passività e non ha assorbito il taglio di Callejón.

2-0 e partita che si è fatta molto complicata per il Milan.

Cosa manca al Milan

I gol subiti dal Napoli sono un ottimo segnale delle difficoltà che sta incontrando il Milan in questa fase di transizione da una difesa passiva nella propria metà campo a una più aggressiva e dinamica in zone più alte - che comunque ha dato i suoi frutti con il gol segnato da Kucka, favorito dalla distanza ravvicinata tra Tonelli e Jorginho, che ha permesso a Pasalic e Kucka di isolare il difensore e recuperare la palla.

I rossoneri non sono ancora precisi e coordinati nelle uscite quando pressano e non scalano in avanti con la dovuta decisione quando perdono la palla. Oltretutto, vanno assolutamente perfezionati i movimenti del reparto difensivo, che ha avuto molti problemi a gestire gli attacchi del Napoli a campo aperto.

Quella di Sarri è probabilmente la squadra migliore in Italia a mettere in evidenza i tentativi di pressing errati e ad approfittare dei buchi che si aprono tra i reparti: gli azzurri avrebbero potuto rendere più pesante la sconfitta presentandosi per due volte con Mertens da solo davanti a Donnarumma, prima aggirando il pressing milanista, poi approfittando dell’eccessiva passività rossonera a palla persa.

In fase offensiva, nonostante i progressi fatti nel consolidare il possesso sotto pressione, resta una certa difficoltà nella transizione tra la fase di costruzione e quella di rifinitura. Gli inneschi continuano a essere soltanto Suso e Bonaventura: lo spagnolo è il giocatore che riesce con maggiore continuità a generare superiorità alle spalle del centrocampo avversario, mentre l’ex Atalanta sta giocando da esterno sinistro in pianta stabile e restando largo è un riferimento soprattutto sui cambi di gioco.

Le possibilità di accentrarsi e incidere maggiormente sulla manovra dipendono soprattutto dalla mezzala sinistra scelta da Montella: a Torino ha giocato Bertolacci, la cui presenza tra le linee ha contribuito a migliorare le combinazioni palla a terra negli ultimi 20 metri, ma che è poco incline a scambiare la posizione con Bonaventura; contro il Napoli, invece, Pasalic ha bilanciato allargandosi i movimenti a entrare dentro il campo dell’esterno sinistro del Milan.

Ma esiste anche una questione relativa alla rosa.

Contro il Napoli le assenze di Romagnoli e Locatelli si sono fatte sentire. Sosa, in particolare, ha sbagliato spesso letture, posizionamento e tempi di uscita, risultando in più di un’occasione l’anello debole delle azioni di pressing o dei tentativi di riconquista immediata del possesso. Il suo contributo in fase offensiva, a parte un paio di cambi di gioco, è stato troppo ridotto per nasconderne i limiti difensivi, piuttosto grandi per occupare con successo il ruolo di vertice basso del centrocampo.

In questo momento, nella rosa del Milan non c’è un’alternativa affidabile a Locatelli, ma il mercato ha finora regalato a Montella soltanto Gerard Deulofeu, guarda caso cresciuto nella scuola del gioco di posizione, il settore giovanile del Barcellona, che potrà aiutare il Milan a creare superiorità nella trequarti avversaria, togliendo parte di responsabilità a Suso e Bonaventura.

Per una strana coincidenza, da quando le prestazioni sono salite di livello i risultati faticano ad arrivare. I rossoneri hanno vinto solo una delle ultime cinque partite in campionato – anche se va detto che nel mezzo hanno comunque vinto la Supercoppa italiana – e sono scivolati fuori dalla zona Europa. La strada però è tracciata e Montella è un allenatore dalle idee troppo forti perché possa decidere di tornare indietro: il gioco del Milan dovrà continuare a evolversi per recuperare il terreno perso nelle ultime settimane.

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