Quando si parla di “miedo escénico” (letteralmente: paura del palco) in riferimento all’emozione che colpisce gli avversari del Real Madrid quando devono giocare nel Bernabéu, si sta citando Jorge Valdano che la usò per spiegare l’incredibile rimonta con cui i suoi “Blancos” erano riusciti a ribaltare in casa un 3-0 subito dall’Anderlecht in Belgio, nel 1984. Più di trent’anni dopo, l’espressione non ha perso di significato.
Lo stesso Sarri alla vigilia aveva presentato la gara avvertendo la sua squadra su questo aspetto dell’affrontare il Madrid: “È indispensabile la faccia tosta. Fare una partita timorosa qui sarebbe controproducente, cerchiamo di avere la follia di giocare qui il nostro calcio”. Insomma, i giocatori erano stati avvertiti, ma trovarsi in campo contro il Real Madrid, al Bernabéu, resta un’esperienza unica per cui è impossibile avere la certezza di essere preparati.
E in parte Zidane è stato abile a sfruttare il fatto che il Napoli non avesse mai affrontato giocatori di questo livello, impostando una strategia che alla fine si è rivelata vincente. Il Real Madrid di Zidane quest’anno fa della versatilità - strategica e tattica - un’arma con cui essere imprevedibile, impedendo ai suoi avversari di poter prevedere con esattezza come e in che modo giocheranno. Questo, su una base tecnica che garantisce comunque grande tranquillità alla sua squadra.
L’aggressività del Real Madrid
Il Napoli sulla carta avrebbe dovuto avere il possesso del pallone, ma la scelta di pressare alto in caso di perdita del pallone ha spinto Zidane a inserire dal primo minuto James Rodriguez sulla fascia destra, con Ronaldo a sinistra in un 4-3-3 ortodosso. Il Madrid è andato a sfidare l’uscita del pallone del Napoli senza paura, pressando con continuità come non è sua abitudine fare.
La presenza di due giocatori alti e larghi serviva, inoltre, come valvola di sfogo contro la teorica pressione del Napoli, garantendo alla difesa del Madrid un uomo su cui poter cambiare gioco o lanciare se in difficoltà. I cambi di gioco continui in fase di possesso portavano i due terzini della squadra di Sarri a guardarsi alle spalle ogni qual volta tentassero di aiutare la pressione di squadra. Bastava un passaggio preciso per avere Ronaldo a puntare la difesa palla al piede: chi non avrebbe avuto paura al posto di Hysaj?
Zidane è uno dei pochi allenatori al mondo a poter avere totale fiducia nella superiorità dei suoi nei duelli individuali, e ha imposto a Sarri di giocare su questo aspetto la sua partita difensiva. Ogni azione del Madrid, con e senza palla, costringeva i giocatori del Napoli a confrontarsi con la superiorità individuale dei loro avversari: il Madrid girava palla contro la pressione del Napoli contando sulle qualità e la sicurezza di giocatori come Kroos, Modric, James ma anche Marcelo o Varane; la recuperava con l’aggressività di Casemiro, Carvajal, Ramos. Difficile, sul piano tecnico, ma soprattutto psicologico, affrontare duelli individuali con giocatori di questo calibro.
James dopo aver aiutato al centro torna subito verso l’esterno per mantenere il modulo simmetrico. Intanto Marcelo fa segno a Modric in possesso di aprire su di lui, mentre Hysaj è obbligato a seguire Ronaldo.
Da parte sua, Sarri non ha neanche pensato di contrastare la superiorità del Real Madrid se non con un gioco di squadra, come il suo credo gli impone.
Il Napoli ha impostato una gara diversa dal contesto a cui il Real Madrid lo costringeva, una gara che non si discosta da quello che ha portato il Napoli fino al Bernabéu: giocare la palla, farlo con combinazioni sul corto, uscendo dalla propria difesa in modo pulito, muovendo il sistema avversario per creare il varco da sfruttare.
Una strategia che, se attuata al meglio, sembra fatta apposta per avere successo contro il Real Madrid.
Il Napoli sapeva che il punto dove attaccare il Real Madrid era quella zona di campo che si apre quando Casemiro viene attirato dal pallone in pressione. La squadra di Sarri preparava quello spazio con il movimento incontro di Mertens e la sponda con un centrocampista prima della verticalizzazione per un terzo giocatore. Da un meccanismo di questo tipo nasce anche il gol di Insigne.
Ma se la strategia di Sarri ha portato al primo gol, quella di Zidane ha portato il Real Madrid a vincere la partita.
Perché per attuare al meglio quella del Napoli servono tre componenti: chiarezza di idee, esecuzione tecnica precisa e coraggio nelle scelte. E nei primi minuti, ogni qual volta queste tre componenti erano presenti il Napoli ha potuto fare la sua gara. Anche al Bernabéu. Ma con il passare del tempo la strategia del Real Madrid ha iniziato a controllare il contesto generale della partita, a cominciare dal piano psicologico. Il Real Madrid ha mostrato ogni volta che ha potuto la sua superiorità tecnica al Napoli, con aggressività e intensità (non dandola per scontata), e il Napoli ha reagito spaventandosi.
L’importanza del miedo escénico
Si può studiare con attenzione la squadra avversaria e preparare sulla carta determinate situazioni di gioco, si può sapere già, ad esempio, che Modric è in grado di toccare la palla in velocità due volte d’esterno prima di dare un filtrante in controtempo per il taglio di Ronaldo, aiutato dal movimento ad uscire di Benzema. La verità, però, è che solo giocandoci contro si possono capire i tempi di reazione e adattare il proprio corpo, solo avendoceli davanti si può imparare a giocare contro giocatori di questo livello.
E il Napoli non è abituato a giocare contro una squadra del livello del Real Madrid. Quando la squadra di Sarri ha visto con i propri occhi con quale precisione e con quanta chiarezza si muoveva il Madrid in campo, ha avuto comprensibilmente paura. La paura del Bernabéu non è una questione di architettura imponente dello stadio o di tifo, che non è in grado di avvicinarsi neanche alla bolgia a cui è abituato il Napoli al Sanpaolo nelle partite di cartello. La paura nasce dal dover affrontare quei giocatori sapendo di non poter sbagliare niente, con la consapevolezza che al minimo errore può arrivare il gol.
La paura ha portato il Napoli ad arretrare nel baricentro e a commettere errori tecnici nei gesti anche più semplici. Paradossalmente, anziché a una maggiore attenzione, ha portato a perdere il pallone in zone chiave, ha portato alla mancanza di reattività nelle palle contese. Il Napoli era letteralmente bloccato, contratto nelle sue unità, dalla paura.
E, ad esempio, giocare centralmente su Mertens in queste condizioni non è più un’opzione percorribile.
L’unico giocatore che sembra immune al contesto avverso è Diawara, che pur condividendo con i compagni qualche errore di troppo con la palla rimane sempre lucido nelle scelte e deciso nell’esecuzione. E forse non è un caso se Sergio Ramos ha scelto di esercitare su di lui il terrorismo psicologico (e fisico), allontanandosi di molto dalla sua posizione per andarsi a prendere un cartellino giallo dopo un quarto d’ora. Se volete, anche questa sensibilità fa parte del genio del difensore andaluso.
Gli altri giocatori del Napoli, però, hanno reagito da subito con timore alla dimostrazione di forza del Madrid, partito molto forte. Sbagliando il passaggio o peggio, facendolo all’indietro invece che al compagno più avanzato; provando iniziative solitarie per risolvere la situazione e sbagliando clamorosamente anche quelle, regalando spesso il pallone agli avversari.
Così nasce il gol del pareggio, con Koulibaly che sbaglia totalmente l’esecuzione di un lancio, regalando la palla al Madrid che la può far circolare senza una reale opposizione da parte del Napoli. Arrivando incontrastati (nel senso che nessun giocatore del Napoli si è fatto avanti a contrastarne uno del Madrid) al bellissimo cross di esterno di Carvajal per Benzema, anche lui fenomenale a prendere posizione alle spalle di Albiol.
I danni invisibili della passività
Senza poter recuperare il pallone una volta perso, e senza precisione nei gesti tecnici più importanti, il Napoli ha di fatto consegnato la partita al Real Madrid, che con tempi e spazi diventa impossibile arginare. Anche le fasi di possesso qualitativamente migliori da parte del Napoli finivano sempre in un mantenimento sterile del possesso stesso, il tentativo di rassicurarsi e guadagnare tempo facendo più di tre passaggi consecutivi nella trequarti avversaria.
Con la timidezza (chiamiamola così) dei due terzi della propria catena di sinistra in fase di uscita del pallone (Koulibaly e Ghoulam), che di solito è il vero motore della squadra di Sarri, il Napoli si è ritrovato a giocare molto in basso, cosa che ha portato Insigne a giocare praticamente da mezzala sinistra e Hamsik a dover necessariamente guardare al centro del campo per trovare un appoggio.
Contro un Napoli così passivo senza palla, un centrocampo con Kroos e Modric diventa praticamente autosufficiente. Le due mezzali si sono trovate talmente tanto in controllo in attacco posizionale da permettere a Zidane di lasciar stare la tattica iniziale degli esterni larghi: non serve neanche più creare un deterrente per il pressing del Napoli, tanto la palla torna ai bianchi poco dopo averla persa.
Zidane può quindi liberare Cristiano dalla fascia intorno alla mezz’ora del primo tempo, tornando alla ormai classica situazione asimmetrica del Madrid a due punte effettive, con Cristiano e Benzema a condividere il centro.
La reazione di Sarri alla partita del Napoli si ferma alla richiesta da bordocampo di essere più decisi e aggressivi. Non sappiamo in che modo abbia provato a motivare all’inizio e a fine primo tempo i suoi, ma lo stato mentale della sua squadra non è variato all’interno della partita in nessun modo.
Oltre al gol, il Napoli è arrivato a tirare nel primo tempo solo una volta, con una conclusione velleitaria di Hamsik alla mezz’ora. Mentre il Madrid ha potuto permettersi di arrivare in porta con tre passaggi senza alcuna reale opposizione e solo l’imprecisione di Benzema davanti a Reina non ha porta il punteggio sul 2-1 già prima della fine del primo tempo.
Più facile di così…
Dalla passività all’impotenza
Nel secondo tempo la musica non cambia, anche perché l’orchestra la dirige Zidane e non avrebbe ragione di cambiare ritmo o melodia. La partita cambia solo nel punteggio, con altri due gol che nascono sempre da situazioni di vantaggio tecnico, atletico e psicologico da parte del Real Madrid.
Vuoi Koulibaly che accompagna Ronaldo fino all’area tentando poi un’inutile e improbabile scivolata (su una leggerissima pausa di Cristiano che non è neanche l’abbozzo di una finta) lasciandolo libero di servire ben due compagni liberi con la fronte alla porta.
Vuoi l’ennesima perdita del pallone in uscita dalla difesa e l’incapacità di recuperarlo che porta al contrasto sporco precedente al gol di Casemiro.
Che poi, anche quando il Napoli ha provato a cambiare la situazione facendo quello che sa fare meglio è stato sfortunato nell’esecuzione del gesto: un passaggio errato, un cross sbagliato, o addirittura un rigore in movimento calciato in tribuna da Mertens nell’unica occasione in cui il pressing alto era riuscito a mettere in vera difficoltà gli avversari.
Recupero palla alto, cambio gioco alle spalle del terzino e sponda per la punta in arrivo sul dischetto. Proprio quest’azione fa capire come il Napoli giocando come fa sempre avesse nelle corde la strategia giusta per mettere in difficoltà il Real Madrid.
La distanza tra i singoli delle due squadre è netta e la partita sarebbe cambiata difficilmente, ma resta discutibile la scelta di Sarri di aspettare il più a lungo possibile prima di provare a smuovere le cose inserendo Allan per Zielinski. Un aspetto secondario della partita, visto il punteggio, ma se queste partite devono aiutare i giocatori a crescere, devono farlo anche con l’allenatore. Zielinski è stato forse il peggiore in campo esclusa la linea difensiva, ma l’entrata di Allan ha portato ancora più confusione, finendo per schiacciarsi troppo vicino a Diawara, facendo saltare ogni equilibrio in fase di possesso.
Il tocco finale alle velleità del Napoli è stato il ritorno in campo di Milik per Hamsik, con il passaggio a un 4-2-3-1 piattissimo, che ha spezzato la squadra in due blocchi distinti. Costringendo Insigne ad abbassarsi persino più di quanto faceva Hamsik da mezzala per prendere palla, diminuendo anziché aumentare i giocatori che effettivamente attaccavano il Real Madrid.
La partita del Bernabéu può essere considerata come un primo tempo di 90 minuti in cui Zidane ha azzeccato la strategia iniziale e lasciato alle paure stesse del Napoli fare il resto: il Real Madrid ha vinto con merito e autorità una gara che gli avversari non hanno fatto nulla per rendere più difficile.
Sarri ha perso lo scontro tattico con Zidane, ma il gol di Insigne può dare speranza per il ritorno in casa. La speranza è che il Napoli al ritorno sia un’altra cosa, che aver visto per la prima volta da vicino giocatori del genere in una notte di Champions sia servito a sbloccarli psicologicamente. I giocatori del Napoli al ritorno non avranno niente da perdere, speriamo che si siano quanto meno convinti di potersela giocare ad armi pari.