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Cosa si dice di Yonghong Li
15 dic 2017
Del nuovo proprietario del Milan si parla molto anche all'estero: un punto su tutte le inchieste che lo hanno riguardato.
(articolo)
11 min
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Negli ultimi tempi la solidità economico-finanziaria del Milan e la figura ancora del suo attuale proprietario, Yonghong Li sono diventate oggetto costante delle attenzioni della stampa nazionale e internazionale, sollevando dubbi e polemiche. Nonostante le rassicurazioni ufficiali del Milan, per molti la situazione rimane poco chiara e può essere utile ripercorrere quelli che sono stati gli ultimi mesi della società rossonera dalle trattative estenuanti per la cessione all’entusiasmo per l’ultimo mercato estivo, fino ad arrivare alle ipotesi che sempre più testate stanno facendo sul futuro del club rossonero.

Dall'arrivo di Yonghong Li al mercato estivo

Le trattative per la cessione del Milan da parte della famiglia Berlusconi sono riprese nel marzo 2016, dopo la fine degli interminabili colloqui con l’affarista thailandese Mr. Bee. I nomi indicati come potenziali acquirenti del Milan sono stati molteplici: si è passati dalla cordata guidata da Salvatore Galatioto e Nicholas Gangikoof a società altisonanti come il fondo Evergrande Real Estate e Alibaba, fino alla meno nota Gold Sand River di Sonny Wu e la Fosun, grande conglomerato di Shanghai, assieme all’agente Jorge Mendes. Alla fine, però, l’unico a concretizzare il proprio interesse è stato proprio Yonghong Li, con l’aiuto del fondo di investimento Haixia Capital.

Per arrivare al cosiddetto closing con l’imprenditore cinese ci sono però voluti diversi mesi, perché la sua cordata, la Sino Europe Sports, non riusciva a trovare un istituto finanziario disposto ad affiancarsi all’operazione. Sono stati accostati molti nomi, fra cui TCL e la China Merchant Bank, ma alla fine, fra proroghe e caparre versate, l’operazione di Yonghong Li è rimasta un’azione solitaria, gestita attraverso reti offshore tra Hong Kong e il Lussemburgo, date le restrizioni del governo cinese sulla fuoriuscita di capitali (queste restrizioni hanno rallentato anche l’acquisizione del Southampton da parte della compagnia cinese Lander Sports).

Nel nuovo cda del Milan, oltre a Yonghong Li, che ha assunto la carica di presidente, hanno fatto il loro ingresso anche Paolo Scaroni, uomo di fiducia di Berlusconi e rappresentante del fondo Elliott, oltre a Lu Bo e Han Li, in rappresentanza dell’istituto finanziario Huarong e della società per infrastrutture Haixia Capital, che hanno assunto il ruolo di finanziatori.

Alla luce di un closing così travagliato, era quasi impossibile prevedere un mercato estivo aggressivo come è stato quello del Milan, nemmeno il più ottimista tra i tifosi sperava che la nuova dirigenza avrebbe speso quasi 200 milioni di euro per l’acquisto di nuovi giocatori. E invece la strategia di mercato allestita da Fassone e Mirabelli ha portato subito undici nuovi acquisti, fra cui quello clamoroso di Leonardo Bonucci. Sappiamo oggi che sul sorprendente mercato del Milan ha probabilmente influito la decisione dell’UEFA di rimandare la propria decisione sul voluntary agreement, con l’amministratore delegato del Milan che ha probabilmente deciso di concentrare in unica sessione gli investimenti sul mercato previsti nell’arco di più anni.

Queste operazioni e la rapidità con la quale sono avvenute hanno però sollevato molti dubbi, tra cui alcuni dei presidenti di altri club. Lo sfogo più eclatante è stato probabilmente quello del presidente americano della AS Roma, James Pallotta, che a luglio ha commentato così il mercato rossonero: «Non ho idea di cosa stia succedendo. Non ha senso. Non hanno i soldi in primo luogo per comprare la squadra, visto che hanno preso 300 milioni in prestito da persone che conosco a Londra, a un interesse piuttosto alto. Stanno spendendo, o almeno facendo importanti anticipi, per giocatori e pagheranno le conseguenze a un certo punto. Loro dicono che è tutto per qualificarsi alla Champions League, ma non sarà abbastanza. Quando gli stipendi saranno uguali ai ricavi, non so che diavolo succederà. Sono gli unici in Serie A che stanno perdendo la testa. Forse loro hanno un grande piano che un giorno scopriremo, ma il resto delle squadre sono in qualche modo razionali. Se potete spiegarmi il Milan, perché io non lo capisco…».

Tony Xia, presidente cinese dell’Aston Villa, su Twitter ha definito l’intera operazione un gioco d’azzardo, facendo gli auguri ai tifosi del Milan per “questa situazione”. Più drastico il giudizio di Alexander Jarvis, presidente della Blackbridge Group (fondo che ha portato società cinesi a rilevare diversi club in Europa, come ad esempio Nizza e Northampton), che ha definito Yonghong Li un uomo solo in quest’operazione e ha ipotizzato lo scenario secondo il quale Elliott diventerà il nuovo proprietario del club.

Il Milan ha risposto a queste voci con un video che espone i numeri finanziari del club, per rassicurare i tifosi e gli osservatori esterni sulla solidità del club.

Col passare dei mesi, però, anche la stessa comunicazione rossonera è diventata però più sfumata. Marco Fassone, ad esempio, in un’intervista rilasciata al Guardian ad agosto, si è posto in maniera più cauta rispetto alla comunicazione ufficiale del club e anche alle sue stesse dichiarazioni nei primi mesi: «Nel peggiore dei casi, bisogna stare tranquilli perché ad Elliott non sono dei disperati. È uno dei più grandi fondi di investimento nel mondo che potrebbe tenere il club o rivenderlo. Pagherebbero solo 300 milioni, un prezzo davvero basso, e potrebbero fare business, il loro lavoro».

Gli interrogativi attorno a Yonghong Li

Le altre perplessità riguardo la solidità del Milan nascono dalle ombre sulla reale affidabilità del suo nuovo proprietario, Yonghong Li. Dopo il closing, il Milan aveva deciso di pubblicare il suo curriculum, dato che gli organi di stampa avevano fatto molta fatica a reperire informazione sul suo passato in Cina, se non per quanto riguarda una multa che gli era stata inferta dall’ente regolatore della borsa di Shanghai per non aver dichiarato la compravendita di azioni.

Secondo questo curriculum, Yonghong Li sarebbe il proprietario al 28% di un grattacielo di 48 piani a Guangzhou, il New China Building, per un valore totale di 280 milioni di euro, avrebbe anche l’11,39% della Zhuai Zhongfu Enterpise, società attiva nel packaging delle bottiglie di Coca Cola e Pepsi. Fra le sue proprietà, poi, ci sarebbe anche un’azienda attiva nel settore minerario dei fosfati, la Guizhou Fuqian Group.

È proprio su questa azienda che si è concentrata la recente inchiesta del New York Times. Il giornale statunitense ha indagato su quanto dichiarato da Yonghong Li ed ha scoperto che il presidente del Milan in realtà non ne è il proprietario. Secondo i registri cinesi consultati, vi sarebbero anche una serie di dispute commerciali tra Yonghong Li e le autorità di regolamentazione cinesi, con i giornalisti del NYT che hanno trovato gli uffici della società vuoti e con l’affitto ancora da pagare. Il gruppo minerario che Yonghong Li ha dichiarato di controllare, ha cambiato nell’ultimo anno quattro proprietari diversi e in due casi, senza nemmeno transizione di capitali. Attualmente le miniere appartengono alla Guangdong Lion, ma non è stata riscontrata nessuna connessione fra questa società e Li.

L’inchiesta del giornale statunitense ha cercato di fare luce anche sul passato della famiglia di Yonghong Li: nel 2004, l’azienda di famiglia, la Guangdong Green River Company, si è resa protagonista di una truffa da 68 milioni di dollari ad oltre 5.000 investitori, e proprio per questo, il padre ed il fratello di Yonghong Li sono stati arrestati. Yonghong Li è stato indagato, ma non è stato condannato.

Tariq Panja, autore dell’inchiesta sul New York Times, ha parlato successivamente alla Gazzetta dello Sport dichiarando che: «La vicenda potrebbe concludersi con un imbarazzo per le autorità del calcio italiano. Il prezzo è stato molto alto e gli alti interessi con Elliott sono una bomba pronta a esplodere per la proprietà. Non vedo come il Milan potrà pagare il suo debito con il flusso di cassa attuale. Se fossi un tifoso del Milan, vorrei sapere chi possiede il club».

Quello del New York Times però non è stato l’unico articolo uscito sulla delicata situazione del Milan negli ultimi giorni. Lo scorso 21 novembre Marca ha ipotizzato che la UEFA sarebbe orientata a non concedere il Voluntary Agreement al Milan, perché il business plan presentato da Fassone non avrebbe convinto a pieno il massimo organismo europeo. Nel suo pezzo Marca ha persino prospettato la possibilità che la UEFA possa multare il Milan con l’esclusione dalle coppe europee, uno scenario forse eccessivamente pessimistico. Anche secondo la Gazzetta dello Sport, solo pochi giorni fa, la UEFA sarebbe ormai decisa a respingere il Voluntary Agreement proposto dal Milan, rimanendo però più cauta sulle possibili sanzioni in cui il club rossonero potrebbe incorrere in primavera.

In ogni caso, per fugare ogni dubbio bisognerà aspettare fino a quando arriverà la risposta della UEFA, come confermato anche dal suo presidente, Aleksander Ceferin, in un’intervista a Repubblica in cui si è detto preoccupato per la situazione che sta attraversando il club rossonero.

Anche Forbes si è recentemente interessato alla situazione del Milan, con un articolo di Mike Ozanian, che già nel marzo del 2015 aveva espresso dei dubbi sulla figura di Mr. Bee. Forbes ha sottolineato le difficoltà del club rossonero nel generare dei bilanci in positivo gettando pesanti ombre sulla sua reale capacità di ripagare il debito con Elliott. L’analisi si conclude con una considerazione molto importante e attuale per le nostre istituzioni sportive: «Dove erano le autorità calcistiche quando Li stava acquistando il club?».

Persino Silvio Berlusconi, d’altra parte, aveva tenuto un atteggiamento ambiguo nei confronti della nuova proprietà, che non ha fatto altro che sollevare ulteriori dubbi e illazioni. Al momento del closing l’ex presidente rossonero aveva dichiarato di aver lasciato il Milan in buone mani, ma lo scorso 2 novembre, durante un'ospitata da Maurizio Costanzo, ha attaccato la nuova dirigenza: «Per ora non vado nemmeno a San Siro. Sono molto deluso: gli accordi presi all’inizio per il bene della squadra erano diversi».

Dopo gli articoli del New York Times e di Forbes, però, Berlusconi è tornato nuovamente sui suoi passi, con un tweet più rassicurante: «Per cedere il Milan, Fininvest si è affidata ad advisor, studi legali e banche di livello internazionale. Gli acquirenti cinesi hanno sempre rispettato puntualmente gli impegni presi e un fondo importante come Elliott ha ritenuto di poter garantire loro un prestito rilevantissimo». Come dire: state tranquilli.

Quale futuro?

Sull’identità e sulla dimensione professionale di Yonghong Li non si è saputo ancora molto di più ad oltre un anno dalla chiusura della trattativa, e il Milan nei prossimi mesi è atteso da sfide societarie che ne decreteranno il futuro.

Il club rossonero lo scorso 13 novembre ha iniziato una trattativa esclusiva con la banca d’investimento Highbridge, al fine di trovare un istituto bancario che possa rifinanziare il debito di Elliott e concedere una scadenza più dilazionata, cioè di almeno cinque anni. Attualmente, i due istituti più gettonati, la Goldman Sachs e Merrill Lynch, non sembrano però disposti a rifinanziare il debito.

Questa trattativa avrà senz'altro ripercussioni sul futuro dell’attuale dirigenza Milan: se si giungerà finalmente al rifinanziamento del debito, Yonghong Li probabilmente rimarrà presidente del Milan; in caso contrario la società rossonera dovrà trovare metodi alternativi per ripagare il proprio debito con Elliott, che se non vedesse questo impegno rispettato potrebbe diventare il nuovo proprietario, anche se sappiamo cosa ne farebbe. Finanziariamente la situazione non è disastrosa come alcuni la dipingono anche se l'incertezza giustifica almeno in parte le lamentele.

In un futuro più immediato c’è invece la questione del Voluntary Agreement con la UEFA: in caso di mancata concessione, il Milan diventerà soggetto al Settlement Agreement e quindi probabilmente costretto a concordare delle sanzioni per il mancato rispetto del Financial Fair Play con i vertici di Nyon.

Il Settlement Agreement (al quale sono stati soggetti Manchester City e PSG, tra gli altri) pone condizioni restrittive e sanzioni per il rispetto di una gestione virtuosa ed il rientro in paletti che impongono il raggiungimento del pareggio di bilancio. Tra le condizioni imposte vi sono limiti dei giocatori iscrivibili nelle liste UEFA, rispetto obbligatorio degli equilibri tra spese e ricavi sul mercato, limitazioni sui pagamenti pluriennali, tetto sul monte ingaggi, e sul rapporto tra investimenti e fatturato. In un contesto di questo tipo, il Milan dovrebbe cercare di recuperare le perdite in poco tempo, facendo probabilmente affidamento alle plusvalenze, con la possibile cessione di alcuni dei suoi giocatori più appetibili sul mercato (con giocatori come Suso e Donnarumma).

È più difficile, infatti, che nell’immediato futuro il Milan possa aumentare esponenzialmente il proprio fatturato espandendo il proprio brand nel mercato cinese, dove pure ha un grande appeal. Negli ultimi mesi è stato creato Milan China, una struttura che avrà il compito di espandere il club rossonero nel mercato più grande del mondo, ma è difficile che possa riuscirci in pochi mesi, dato anche l’appeal minimo della Serie A in Cina e la totale assenza di un movimento di promozione internazionale del calcio italiano.

A partire dalle opacità riguardanti Yonghong Li, passando per le difficoltà più strettamente legate ai successi sportivi, il ritorno del Milan tra i più grandi club europei sembra essere più difficile e lungo di quanto non ci si potesse aspettare quest’estate, alla luce dell’incredibile mercato estivo. Le incertezze riguardo al suo futuro sono ancora tante e bisognerà aspettare i prossimi mesi per capire le reali capacità della nuova proprietà di adempiere ad una missione così difficile.

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