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Cosa serve nel mercato di gennaio
05 gen 2016
Che mosse stanno preparando Juventus, Fiorentina, Napoli, Lazio, Milan, Inter e Roma.
(articolo)
28 min
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Il “mercato di riparazione” si chiude il più delle volte con un grande senso di disillusione. Difficile che le squadre riescano a fare grandi operazioni durante il mese di gennaio e, quando lo fanno, sono costrette a tirare fuori molti soldi. Eppure, in una corsa allo scudetto così combattuta e incerta, una o due mosse azzeccate potrebbero spostare gli equilibri.

Cosa stanno preparando le squadre?

Juventus

di Fabio Barcellona (@FabioBarcellona)

La Juve arriva al mercato di gennaio forte di 7 vittorie consecutive e con la sensazione che Allegri abbia trovato il giusto incastro tra i giocatori della sua rosa, profondamente rinnovata dopo l’entusiasmante stagione passata. Tra i giocatori a disposizione di Allegri nella lunga rincorsa verso la vetta non era presente l’infortunato Pereyra, arma tattica fondamentale la scorsa stagione, potendo occupare indifferentemente il ruolo di mezzala, trequartista ed esterno d’attacco in una disposizione a tre punte.

Sembrerebbe quindi che la Juventus possa essere soddisfatta del suo roster e accogliere il solo Pereyra come “rinforzo” di gennaio. Analizzando maggiormente in profondità la situazione della rosa bianconera ci si accorge però che, dopo il disastroso periodo iniziale, il reparto di centrocampo si sia sostanzialmente retto su tre uomini, Marchisio, Pogba e Sturaro, con il contributo intermittente di Khedira, spesso costretto al riposo forzato.

Apparentemente bocciati Hernanes e Lemina, ancora da verificare atleticamente Asamoah, il centrocampo bianconero potrebbe di certo beneficiare di un giocatore di qualità tale da non far calare drasticamente quella del reparto in assenza di Marchisio o Pogba e comunque di affiancarli nel centrocampo a 3, che è il punto fermo dei moduli di gioco schierati da Allegri. I rumor in effetti suggeriscono che Marotta e Paratici si stiano muovendo per un centrocampista di alto profilo, rinunciando probabilmente a un’integrazione puramente numerica del reparto che non appare necessaria.

I nomi che circolano sono quelli di Ilkay Gündogan del Borussia Dortmund, Éver Banega del Siviglia e João Moutinho del Monaco. Sebbene con caratteristiche diverse, tutti e tre i calciatori sono in grado di giocare in mezzo al campo o, più avanti, alle spalle del reparto avanzato occupando la posizione di trequartista tanto cara a Massimiliano Allegri. L’attenzione della dirigenza sembra rivolgersi verso un giocatore versatile, in grado di garantire alla Juventus la duttilità tattica necessaria per passare dal 3-5-2 al 4-3-1-2 ed eventualmente di aggiungersi a un centrocampo di estrema qualità assieme a Khedira, Marchisio e Pogba.

Gündogan e Moutinho hanno comuni origini da trequartista e nel tempo hanno arretrato la loro posizione in campo, non abbandonando però del tutto la possibilità di giocare da raccordo tra centrocampo e attacco. Banega ha per certi versi fatto il percorso inverso, iniziando la propria carriera da “volante” sudamericano che al contatto col calcio europeo ha dovuto spesso alzare la propria posizione in campo.

Una caratteristica comune dei giocatori indicati è quella di essere dei catalizzatori di gioco: Gündogan è il giocatore della Bundesliga che effettua più passaggi dopo Xabi Alonso; Moutinho, nonostante giochi al fianco o più avanti del regista Toulalan, è il giocatore che passa maggiormente il pallone nella sua squadra. Banega, giocando costantemente in posizione da trequartista, gioca meno palloni solo del mediano Krychowiak. I giocatori in questione hanno anche caratteristiche diverse: il tedesco è un centrocampista completo, capace di distribuire gioco sul corto, ma anche di spezzare le azioni con percussioni palla al piede e abilissimo a dare ritmo alla manovra; Moutinho è un giocatore più palleggiatore e tattico, mentre Banega, dei tre, è quello più abituato a cercare il key pass e la giocata decisiva.

Il livello dei calciatori è indiscutibile e se ci fosse in particolare la possibilità di prendere Gündogan (schierabile eventualmente anche contro il Bayern Monaco in Champions League) la Juventus farebbe bene a prenderlo. Probabilmente però si riproporrebbe un altro periodo di assemblaggio della squadra, che proprio nell’eccesso di giocatori che amano giocare palla al piede ha trovato la più grossa difficoltà. La qualità certa dei giocatori faciliterebbe il compito di Allegri, che però dovrebbe prendere decisioni più chiare e veloci di quelle assunte a inizio stagione.

Napoli

di Anna Trieste (@annatrieste)

Quando comincia una sessione di calciomercato, sia essa estiva o invernale, al di là dei nomi desiderati e di quelli effettivamente possibili, i tifosi del Napoli già sanno che cosa li aspetta: titoli a settemila colonne sull'ex altisonante che in questa o in quell'altra vita andrà alla Juve o all'Inter; Mancini che farà di tutto per convincere Mertens che i Navigli so' meglio di Marechiaro; De Laurentiis impossibilitato a raccogliere i messaggi d'ammore di Immobile perché troppo impegnato a trattare col Banco di Napoli l'ipoteca sul Vesuvio per comprare un giocatore del Torino e il d.s. (oggi Giuntoli, ma ieri Bigon) intento a liberarsi di qualche casatiello, dove per casatiello deve intendersi un elemento della rosa rivelatosi nel tempo difficile da digerire esattamente come il rustico napoletano tipico del periodo pasquale.

Ora, anche quest'anno, alla vigilia dell'apertura delle trattative, gli elementi del plot calciomercatale azzurro ci sono tutti. A leggere i giornali, infatti, pare che Lavezzi vaghi tra Milano e Torino con una penna in mano; Mancini sia pronto a regalarci Juan Jesus e Guarín in cambio di uno a caso tra Mertens e Gabbiadini; Giuntoli stia passando le sue giornate la mattina fuori casa di Cairo per ottenere il cartellino di Maksimovic e la sera fuori quella dei Della Valle per convincerlo a cedere Vecino e infine, vista la difficoltà nel piazzarli da qualche parte, sembra che De Laurentiis stia seriamente pensando di affidare a de Guzmán e a Zúñiga, se non la maglia da titolare, quanto meno la sceneggiatura del prossimo film di Natale. Queste le solite voci trite e ritrite e che però stavolta, almeno in parte, fotografano le reali necessità della squadra. Che cosa serve, infatti, al Napoli affinché il mercato di riparazione non si trasformi nella classica spesa di Pinocchio che scende per comprare l'abbecedario e torna a casa con Edu Vargas?

Per prima cosa bisogna far cassa e liberarsi dei casatielli di cui ante. In questo senso, se pare conclusa col Fluminense la trattativa per la cessione di Henrique, non pare per niente risolta la tragicomica situazione di Zúñiga e de Guzmán che, a quanto si apprende, non si muovono da Napoli se non li chiama il Real o al massimo il Barcellona. Poi, posto che in attacco, come dimostrano i rumor su Gabbiadini, si profila addirittura l'overbooking, servono un difensore e, soprattutto, un centrocampista.

È dalla trequarti in giù, infatti, che i titolari di Sarri necessitano di staffetta e sostituzioni. Quanto alla zona di pertinenza di Pepe Reina (che è giustappunto di Pepe Reina, per cui Rafael dovrebbe andar via, pare al Besiktas, e in quel caso come terzo portiere si fanno i nomi di Coppola, Colombo e, dopo l'autocandidatura spontanea, anche quello di Doblas) è evidente che serve un centrale pronto a dare il cambio, assieme alla rivelazione Chiriches, agli stakanovisti dell'anticipo Albiol e Koulibaly.

Da questo punto di vista, i nomi che girano a mezzo stampa sono quelli di Maksimovic, Tonelli e Barba. Difficile che arrivino proprio loro però. Nel primo caso perché dopo i rifiuti estivi di Cairo non pare acclarato che Giuntoli stia facendo al telefono il remake di "Fotoromanza" di Gianna Nannini e nel secondo caso perché, complici le recenti dichiarazioni di Tonelli, è più probabile che Sarri possa riabbracciare i suoi ex pupilli a fine stagione.

Ma chi gli farebbe posto?

Si spera dunque in un nuovo Chiriches e cioè in un nuovo colpo a sorpresa salutato dai tifosi (e forse anche da Sarri) inizialmente con un: "E chi cazz'è mo' questo?" ben presto sostituito da un unanime: "Uà ma questo è forte!". Quanto al centrocampo, è questa la vera "emergenza" del Napoli. Com'è apparso chiaro in queste ultime settimane di campionato, infatti, nonostante la buona volontà di López, quando Hamsík, e soprattutto Allan, non ci sono, gli avversari non solo ballano, ma nel giro di mezza piroetta già stanno al di là della linea d'ombra e quindi in braccio a Koulibaly.

Ormai quasi pacificamente escluso l'arrivo a gennaio di uno come Gomes o Rabiot, mentre ancora non vige alcun divieto di sogno su Herrera, è chiaro che al posto della cresta di Hamsík ci starebbero bene i ciuffi di Klaassen e Vecino mentre al posto del piede di Allan i fisici di Kramer e Xhaka. Ma si tratta di nomi impossibili, o possibili solo da giugno. Tra i primi, lecito inserire anche Soriano. Del resto fu lo stesso Giuntoli a dichiarare, dopo la tribolata trattativa sfumata ad agosto, che «il ragazzo voleva andare al Milan». Certo, potrebbe aver cambiato idea, ma se nel frattempo l'avesse cambiata anche De Laurentiis?

Lazio

di Monia Bracciali (@moniar81)

Se si potessero comprare gli stimoli, un equilibrio e idee al mercato, la Lazio potrebbe uscire sufficientemente bene già così—sì, pure in emergenza—da questa stagione partita molto male o comunque al di sotto delle aspettative. Concretamente invece, per quanto riguarda ciò che con i milioni si può comprare all'apertura della finestra invernale, servirebbe una dirigenza che metta mano al portafoglio. Dei tre reparti, non ce n'è uno, infatti, che non abbia bisogno di essere rinforzato, sia quantitativamente che qualitativamente. A partire dalla porta.

Marchetti è ormai un caso. Il contratto del giocatore scade a giugno, ma ancora non ha accettato il rinnovo fino al 2019 proposto dalla società. Non sono casi nuovi nella Lazio, e spesso sfociano in una situazione di tensione tale che, in questo caso, l'ex Cagliari potrebbe perdere il posto da titolare, a vantaggio di Berisha. L'albanese però non si è mostrato all'altezza della Serie A: imbarazzante il numero dei gol incassati sul primo palo. Il quasi acquisto di Kalinic dall'Hajduk Spalato lancia un segnale sia a Berisha che Marchetti, come a dire che la Lazio può fare a meno di loro a breve, forse anche prima di giugno. Stringendo, quindi, serve un portiere maturo. Se anche Marchetti rinnovasse, il carattere umorale non garantisce che il giocatore abbia la testa costantemente lucida per restare concentrato.

Sulla linea difensiva, Radu non ha sostituti naturali, infatti è Lulic arretrato ad aver ricoperto il ruolo. C'è bisogno quindi di un terzino sinistro, magari Erkin del Fenerbahçe: costa molto, ma ha il contratto in scadenza a giugno. Sulla destra, invece, Konko si è fatto trovare pronto al momento di sostituire un Basta, al quale quest'anno non riescono più nemmeno le sovrapposizioni, tanto necessarie al gioco.

Capitolo centrali: ci sarebbe la necessità di spendere 8-9 milioni per un altro de Vrij. Con un difensore di questo calibro, pure i modesti Mauricio e Hoedt farebbero meglio. La Lazio ha bisogno disperato di un giocatore così, anche perché la panchina è molto corta. Gentiletti ha ammesso di non reggere il ritmo e di essere ceduto. Se trova proposte, a breve lascerà Roma.

Prendendo i dati Opta, la fase difensiva ha numeri impietosi finora: 1,5 gol incassati a partita; i duelli totali vinti—sia aerei che non—arrivano a malapena al 50%. Se è davvero fatta per Bisevac del Lione, un po' di amaro in bocca c'è, perché a questo punto Ranocchia era preferibile, seppur neanche lui sia certo ai livelli dell'olandese.

Contro ogni facile ironia.

Serve quindi qualità, un po' come a centrocampo. Quando non è disponibile Biglia, alla squadra manca un playmaker, visto che Cataldi non si è dimostrato maturo per il ruolo. Avrei preso Cristante, ma pare che il Benfica lo stia cedendo al Palermo. Onazi, cioè l’unico giocatore che ha dimostrato di poter fare l’interditore in un centrocampo a tre, ha chiesto di andar via.

Le esigenze del centrocampo, però, vanno tarate sulla base dell’impiego di Milinkovic-Savic. Il tecnico lo ha finora utilizzato "alla Mauri", più trequartista che in mezzo al campo, sua collocazione naturale. Questa scelta, con i risultati finora non molto soddisfacenti, non ammette compromessi: o il serbo crescerà tatticamente in modo notevole o rischia di rimanere fermo in un equivoco tattico.

L'attacco è il reparto più confuso. Djordjevic pare fare ancora fatica ad adattarsi (!), Klose non garantisce molte partite e allora tanto dipenderà da Matri. Per la Lazio un uomo d’area è una necessità, ma se l’ex Juventus convincerà Pioli a farlo giocare di più, la punta da doppia cifra di gol è forse già in casa. Certo è che un giocatore come Gabbiadini lo vedrei di facile inserimento nel gioco di Pioli.

I pezzi più ambiti rimarranno fino a giugno: difficile che Biglia, Felipe Anderson e Candreva lascino la capitale adesso. Lotito chiede cifre tali da non consentire trattative dai tempi brevi. L'unico attaccante che verrà quasi sicuramente ceduto è Keita: giustamente ha voglia di giocare con più continuità. Il "doppione" del senegalese in rosa c'è ed è Kishna.

In ogni caso, serve che il gruppo ritrovi armonia e un certo pelo sullo stomaco per sopportare i mancati salti di qualità che la dirigenza non è disposta (mai) a fare e quindi a giocare solo e semplicemente come professionisti, a costo—doloroso per chi la segue—di sentirsi alla Lazio solo di passaggio, come palcoscenico per arrivare a club più ambiziosi.

Ciò che si augura Pioli è di essere interpellato da Tare in caso di nuovi acquisti. Quest'estate è mancato un dialogo in questo senso, tanto che il tecnico i nuovi li ha fatti giocare col contagocce, una scelta che resta il più grande segnale di dissenso verso il mercato estivo. Emblematica la solitudine di Morrison: il mister non lo considera e al momento è solo una passività nel bilancio societario.

Inter

di Francesco Lisanti (@effelisanti)

L’eredità del buon mercato estivo è un saldo vicino allo zero: l’Inter non ha necessità di vendere, ma d’altra parte deve prima vendere se poi vuole comprare. Esistono in rosa pedine sacrificabili e potenzialmente fruttifere? Forse Guarín, forse Juan Jesus, forse Santon. Anche nella fortunata ipotesi di tre cessioni, sarebbe possibile un solo grande investimento. Senza impegni europei, non c’è necessità di allungare la rosa: bisogna puntare a un solo acquisto che abbia un impatto immediato, o almeno un senso tattico (no Maniche, no Palombo, no Schelotto).

Un altro punto imprescindibile: il terzino non serve. Non riesco a ricordare l’ultima sessione di mercato in cui non sia stato accostato un terzino all’Inter, e non sarà un caso se attualmente in rosa ce ne sono sette. È un ruolo sovraesposto, perché il gioco si sviluppa unicamente con il passaggio dal centrale al terzino, che in qualche modo deve poi riuscire a verticalizzare verso Jovetic, chiamato a difendere palla con sei uomini alle spalle (è anche il motivo per cui il montenegrino sembra deludere quando non è in versione iradiddio).

D’Ambrosio-Telles è una coppia assolutamente competitiva, nonostante i due abbiano giocato insieme solamente 135 minuti contro Napoli e Genoa. D’Ambrosio eccelle nelle statistiche difensive, anche se non ha ancora a referto un dribbling né un tiro in porta (ma per passaggi chiave e occasioni create ha valori superiori a Santon e Nagatomo). Telles è sostanzialmente il playmaker della squadra insieme a Jovetic e ha un cross delizioso.

È così rilevante la differenza con Ghoulam e Hysaj? Con Alonso e Tomovic? Per giocarsi le prime posizioni è sufficiente una coppia di terzini equilibrata inserita in un contesto che abbia una vaga idea di come interpretare le due fasi di gioco. All’Inter sicuramente non manca il primo requisito, al più manca il secondo. Non riesco onestamente a spiegarmi che miglioramento potrebbe portare van der Wiel, ormai riserva di Aurier nel PSG, o addirittura Jacopo Sala.

Cerchiamo il grande investimento altrove, iniziando dal centrocampo, desolante landa priva di talento. L’identikit di base è “uno con le idee”, che nell’Inter attuale sono poche e mal eseguite. Purtroppo i nomi che farebbero la differenza (Fàbregas, Kroos) sono fuori portata, quelli intriganti (Biglia, Xhaka) lo sono al netto di pesanti cessioni, quelli in qualche modo raggiungibili (Pirlo, Lassana Diarra) preoccupano sul piano della tenuta atletica.

In questo momento l’Inter ha già un grande centrocampista difensivo (Medel) e un altro potenzialmente fenomenale (Kondogbia). Manca il giocatore da affiancare, ma tale è la responsabilità del ruolo che è difficile anche ragionare per traslazione. Il Paredes visto a Empoli giocherebbe con la stessa naturalezza in maglia nerazzurra? In definitiva, se si presentasse la possibilità di prendere un Biglia o uno Xhaka, sarebbe un sollievo per tutti. In caso contrario, meglio ripiegare su una soluzione interna e dinamica come Brozovic che su una strettamente temporanea come Pirlo.

Altri profili da seguire sono l’ala e la prima punta. Negli ultimi cinque anni l’Inter ha avuto un attaccante di riserva in rosa solo per brevissimi periodi, quest’anno però non ci sono coppe europee e Mancini ha già dimostrato di non dipendere tatticamente da Icardi. È un discorso che si può riaprire a giugno (sono pronto a innamorarmi di Calleri). Conviene virare sull’ala? Meno di quanto convenga puntare sul playmaker. Le alternative a destra ci sono già: Biabiany sta rendendo più del previsto e si sacrifica moltissimo, Ljajic apre gli spazi e facilita il possesso sempre congelato sulla trequarti.

Sul mercato ci sarebbe Lavezzi che costa poco, perché in scadenza, ma dovrebbe ridursi lo stipendio da 4 a 3 milioni e sarebbe comunque tanto. Le stesse cifre sostanzialmente andrebbero investite per arrivare a Feghouli o Candreva. Sarebbero tutte operazioni interessanti, purtroppo possibili solo al netto degli esuberi: i quadriennali offerti a Vidic e Ranocchia, per un costo combinato di circa 10 milioni lordi l’anno, gridano ancora vendetta.

Fiorentina

di Giovanni Fontana (@Distantisaluti)

A sentire le voci di mercato, la Fiorentina sta trattando i seguenti ruoli: un portiere, un terzino destro, un marcatore, un difensore rapido che possa anche fare il terzino, un terzino sinistro di spinta, un regista di centrocampo, un incontrista, un laterale puro che faccia entrambe le fasce, un esterno offensivo, una seconda punta e un jolly d’attacco molto rapido. Un undici che potrebbe quasi scendere in campo.

In realtà il cosiddetto mercato “di riparazione” della Fiorentina può essere inteso in due sensi, che spiegano anche la varietà dei profili che la società sta cercando: riparazione dei “buchi” lasciati quest’estate e riparazione di quelli che, inevitabilmente, si creeranno questo gennaio con le cessioni.

Al primo gruppo appartiene certamente il difensore centrale (o i difensori): è stata la società stessa a riconoscere che, quest’estate, si è fatta cogliere alla sprovvista dalle evoluzioni di mercato. Dopo la cessione di Savic, Basanta che chiede di tornare a casa, Richards che non viene riscattato, perfino il giovane Hegazy che viene dato via, ci si aspettava un altro innesto in difesa, che non è arrivato, lasciando la retroguardia di Sousa pesantemente sottorappresentata, tanto è vero che con quattro giocatori per tre posti (più Alonso occasionalmente schierato terzo di sinistra), il turnover è stato determinato dalle squalifiche: non prendere neppure un cartellino rosso è costato ad Astori il partire titolare in 6 partite su 6 di Europa League.

Questa è la vera emergenza alla quale si porrà rimedio: ed è curioso che, nonostante le preoccupazioni di inizio stagione sulla difficoltà di assortimento fra Gonzalo e Astori, anche il nome di cui si parla da mesi—Lisandro López del Benfica—o la sua alternativa—il vecchio Mexes—siano effettivamente più marcatori dei due, ma tutt’altro che scattisti. È probabile che per permettere a Sousa di difendere a ridosso dell’attacco avversario sia preso anche un difensore più rapido, in grado di chiudere diversi metri all’indietro—N'Koulou, ad esempio, completerebbe meglio il reparto—altrimenti la Fiorentina continuerebbe a essere condannata a giocare sempre a 3 dietro.

Lisandro Lopez.

È invece molto difficile fare ipotesi concrete sui giocatori che arriveranno a sostituire chi verrà ceduto, perché dipenderà principalmente dalla volontà (e la disponibilità a spendere) degli acquirenti: un terzino sinistro (Dodô?) se va via Pasqual, un centrocampista (Grassi?) se va via Mario Suárez, un attaccante (Théréau?) che possa fare sia il vice Kalinic che la sua spalla se va via Babacar.

C’è poi un terzo gruppo di giocatori, che non sono sostituti esatti di quelli che verranno ceduti, ma che ricalibrerebbero la squadra “riparandola” nel senso di dare a Sousa opzioni che non aveva, e quindi più duttilità: l’esempio più lampante è quello dell’esterno d’attacco che sappia saltare l’uomo che arriverebbe se partisse Giuseppe Rossi, costretto in questi mesi a fare—poco proficuamente—il trequartista per convivere con l’esplosione di Kalinic. Non avendo un giocatore capace di creare occasioni individuali nello stretto, e complice la già citata necessità della difesa a tre, Sousa si è sempre costretto a tenere gli esterni di centrocampo altissimi, in modo da allargare le difese avversarie più chiuse. Così, nel ruolo che generalmente viene interpretato da un terzino (a inizio campionato erano Alonso e Gilberto), hanno finito per giocare uomini molto offensivi: Blaszczykowski, addirittura Bernardeschi e financo Rebic.

L’innesto di un terzino destro darebbe più duttilità ed equilibrio a Sousa. Anche qui le opzioni sono varie, da un centrale che può fare anche il terzino, come Izzo, e quindi possa aiutare anche con la difesa a tre, fino a un esterno puro come Widmer, passando per Taulant Xhaka e Santon.

Si optasse davvero per un terzino destro di ruolo, allora Sousa avrebbe davvero la possibilità di giocare con un vero esterno d’attacco estroso che è probabilmente ciò che più manca alla fase offensiva viola quando gioca contro le squadre chiuse, lo “spaccadifese” che era stato prima Cuadrado e poi Salah: non è un caso che la Fiorentina abbia molta facilità ad andare subito in vantaggio, ma al tempo stesso non abbia mai vinto una partita dopo essere andata sotto. Curioso il caso di Ocampos, che la Fiorentina aveva già quasi preso lo scorso anno, per poi essere quasi costretta dal Chelsea a lasciarlo andare a Marsiglia per prendere Salah nella trattativa per la cessione di Cuadrado.

Sarebbe ingannevole pensare che a questo identikit corrisponda Bernardeschi, o che possa essere solo lui. La scelta di farlo giocare laterale altissimo del 3-5-2 nelle partite in cui serve segnare è stata particolarmente proficua, tanto da farlo confermare nel ruolo anche in situazioni tattiche più difensive. Più lontano dalla porta ha avuto anche più possibilità di saltare l’uomo: fra chi ha giocato almeno 500 minuti, è il 7° giocatore della Serie A per rapporto dribbling riusciti sui minuti giocati, con 2,69 ogni 90 minuti. Tuttavia, se a questo rapporto si sottraggono i dribbling falliti e le palle sottratte, Bernardeschi scende addirittura al 181° posto.

Bernardeschi e Blaszczykowski sono al tempo stesso giocatori simili e complementari. Sono simili perché sono più bravi nella fase offensiva, ma hanno corsa e voglia di rincorrere l’avversario diretto. Sono complementari perché l’uno tende a puntare la porta, e l’altro il fondo, offrendo l’uno-due o il cross alle punte. Certamente l’esplosione di Bernardeschi rischia di togliere spazio a Blaszczykowski e condizionare il gioco di tutta la squadra: la costante tendenza che Bernardeschi ha di accentrarsi sarebbe ben più servita nell’ottica di un 4-2-3-1/4-3-3 (modulo che Sousa alternava al 3-5-2 anche a Basilea), con un terzino che sale stabilmente per offrire la sovrapposizione.

E non è probabilmente un caso che tutti gli esterni di cui si parla—Papu Gómez, El Shaarawy e Ocampos—siano “opposti” naturali di Bernardeschi (e, all’occorrenza, di Ilicic), cioè destri di piede che giocano a sinistra. Il gioco ad ali invertite richiede inevitabilmente una spinta notevole dei terzini ed è per questo che se Sousa vorrà ancora sperimentare, anziché cullarsi della solidità della squadra che ha costruito, potrebbe—forse un po’ a sorpresa—chiedere alla società una spesa più sostanziosa per un terzino che non per il difensore centrale.

Milan

di Federico Aquè (@FedAque)

Rispondere alla domanda: "Cosa serve al Milan in questo mercato di gennaio?" è semplice e complicato allo stesso tempo. Potrei liquidare la questione dicendo che il Milan ha bisogno di aggiustamenti (se non di cambiamenti radicali) in ogni reparto. Ma proprio per questo fare una lista di priorità è difficile, specie in una sessione che viene definita di "riparazione". Di solito si ripara qualcosa se c'è un pezzo che non funziona: se è l'intero apparecchio a non funzionare la riparazione di un pezzo non risolve i problemi. La dimostrazione l'abbiamo avuta in estate, quando sono arrivati ricambi di qualità (Bacca, Bertolacci e Romagnoli su tutti), che finora però non hanno aggiustato un apparecchio che ha smesso di funzionare ormai da molto tempo.

Siamo in pratica a metà campionato e l’ottimismo che aveva accompagnato l’ultima sessione di calciomercato si è già trasformato in fischi e aperta contestazione verso la società (o meglio, verso Adriano Galliani) e i giocatori. Il Milan non è troppo distante dalla disastrosa stagione con Filippo Inzaghi in panchina: è arrivato alla sosta invernale sesto e non ottavo, ma la Champions League è lontana 7 punti, due in più rispetto all’anno scorso. Realisticamente, gli obiettivi sono il sesto posto e la Coppa Italia, che, visto il percorso verso la finale (Carpi e la vincente di Spezia – Alessandria), deve rappresentare il traguardo su cui concentrare gli sforzi.

Aumentare la qualità della rosa è la direzione che dovrebbe seguire questo mercato. I ritorni di Balotelli e Ménez sono attesi come la panacea in grado di curare i mali rossoneri: un fatto singolare se si pensa che sono stati gli uomini simbolo delle ultime due stagioni, a conti fatti tra le peggiori della storia recente milanista. Oltretutto, a meno di stravolgimenti, saranno in competizione per il posto di fianco a Bacca.

È ovvio che da soli non possono bastare per migliorare il gioco del Milan. I rossoneri sono sotto l'80% medio di precisione nei passaggi a partita: se da un lato è una scelta "di sistema", che non favorisce uno sviluppo del gioco corto e palla a terra (2,2 tiri in media a partita arrivano attraverso un lancio lungo. Solo il Torino, con 2,3, ha un dato più alto in Serie A), dall'altro è l'indizio di un tasso tecnico non elevato.

Riccardo Montolivo, tra i giocatori più fischiati, resta l'unico possibile regista del centrocampo rossonero, peraltro sacrificato dal sistema di Mihajlovic, che lo rende più utile quando il pallone ce l'hanno gli avversari. Montolivo è il giocatore che ha compiuto il maggior numero di anticipi in Serie A e, secondo le statistiche della Lega, è il miglior rubapalloni del campionato, con un distacco abissale rispetto al secondo classificato, Vives del Torino (90 palle recuperate a 59).

La maggior parte delle responsabilità creative sono quindi ricadute su Giacomo Bonaventura, 4 gol e 6 assist finora, uno dei migliori giocatori, per rendimento, di questa Serie A. L'ex Atalanta è in pratica l'unico creatore di vantaggi offensivi della rosa (domina per quanto riguarda assist al tiro per i compagni, dribbling e conclusioni) e al Milan servirebbe innanzitutto qualcuno che gli tolga parte di queste responsabilità. Magari giocando dall'altro lato del campo, visto che Mihajlovic, a stagione in corso, ha sconfessato in parte la campagna acquisti estiva decidendo di giocare con moduli che prevedono gli esterni (prima il 4-3-3 poi il 4-4-2).

La nota più positiva della prima parte di stagione.

Il punto è proprio questo: come giocherà il Milan del futuro? Mihajlovic ha un'idea chiara in testa o continuerà a sperimentare? Perché se decidesse di continuare sulla strada intrapresa nelle ultime settimane è necessario un esterno destro più affidabile di Cerci. Candreva, accostato anche ai rossoneri, sarebbe probabilmente la scelta migliore a disposizione sul mercato italiano, ma proprio per questo la trattativa è difficile.

E poi: se Montolivo è il mediano della squadra, dovrebbe essere affiancato da un giocatore di qualità in grado di collegare centrocampo e attacco. Bertolacci è il profilo più adatto a disposizione di Mihajlovic, se non altro per l'assenza di alternative credibili. Questo rende evidente la necessità di alzare il livello di qualità medio in mezzo al campo. Di concreto, però, pare esserci poco: Witsel, Fellaini, Imbula e Rabiot al momento sono suggestioni e nulla più.

In difesa, invece, dopo gli esperimenti di inizio campionato, Mihajlovic sembra aver trovato la coppia titolare: Alex-Romagnoli. Una sorta di compromesso: se potesse l'allenatore farebbe probabilmente scelte diverse, ma tra i vari centrali a disposizione è l'accoppiamento che gli dà maggiori garanzie. O almeno, è ciò che si può intuire dal percorso fatto prima di arrivare a questa soluzione, che però non può essere quella definitiva nel medio-lungo periodo. Per ora, comunque, il Milan non sembra muoversi su un difensore centrale da affiancare in pianta stabile a Romagnoli.

Gli entusiasmi che sembravano essere stati in parte riaccesi dalla campagna acquisti estiva sono spariti nel giro di pochi mesi. La situazione è ancora molto confusa, insomma, perché possa bastare una semplice riparazione per far tornare a funzionare il Milan.

Roma

di Dario Saltari (@DSaltari)

Se è vero che le uniche fonti di gioco della squadra di Rudi Garcia sono le abilità tecniche individuali (i dribbling di Gervinho, le accelerazioni di Salah, le punizioni di Pjanic, e così via) allora è anche vero che l’unico modo per migliorare una squadra del genere è acquistando calciatori dal valore tecnico talmente elevato da poter risolvere le partite con singole giocate. E trovare giocatori che possano migliorare la rosa della Roma da questo punto di vista è estremamente difficile. O meglio: estremamente costoso.

Ma andiamo con ordine. Per quanto riguarda il portiere, una questione di cui a Roma si discute molto, data la scarsa considerazione che il pubblico romanista ha sia di Szczesny che di De Sanctis, il DS Sabatini ha già fatto sapere che sarà un nodo che verrà sciolto in estate. Dove invece si potrebbe intervenire già a gennaio è in difesa.

Tralasciando per adesso l’annosa discussione sul centrale capace di impostare (il ritorno di Benatia sembra essere più una suggestione romantica e, per il resto, dubito che Sabatini voglia gettare alle ortiche l’esperimento Rüdiger dopo appena sei mesi, togliendo ulteriore spazio a Castán), una delle tante scommesse perse da Rudi Garcia è quella di riconvertire Florenzi a terzino destro di una difesa a quattro (forse con una difesa a tre le cose cambierebbero, ma questa è una sperimentazione che non vedremo mai sotto l’impero dell’allenatore francese). Il calciatore di Vitinia non ha mai convinto del tutto, mostrando insicurezze su alcuni aspetti chiave per il ruolo, come la diagonale, il fuorigioco e il cross, non avendo capacità tecniche tali da spiccare nell’anarchia tattica che vive la Roma al momento. Durante il mercato di riparazione, quindi, si potrebbe riprendere un discorso che in estate sembrava più che avviato: quello legato a Bruno Peres.

La tiritera che si sente di solito quando si tira fuori il nome del brasiliano è che Bruno Peres non garantirebbe le necessarie sicurezze difensive, un po’ perché ha sempre giocato in una difesa a tre da quando è in Italia, un po’ perché sradicare il pregiudizio del terzino brasiliano offensivo, estroso, ma anarchico sembra impossibile persino nel 2016.

Se si può discutere sulla fondatezza statistica di queste preoccupazioni (le statistiche difensive di Bruno Peres, come gli intercetti, i tiri bloccati, le spazzate e i duelli aerei vinti, sono effettivamente peggiori di quelle di Florenzi, ma va visto quanto i diversi sistemi di gioco di Torino e Roma incidano sulle suddette), quello che stupisce è che questa tiritera viene spesso accompagnata dal rimpianto per non avere più a disposizione un giocatore come Maicon. Un giocatore che, nei giorni migliori della Roma di Garcia, era individuato come uno dei principali punti di forza della squadra per la sua capacità di creare gioco nella metà campo avversaria.

Ora, non potendo più avere Maicon a livelli fisici accettabili, quale giocatore assomiglia di più oggi in Serie A al terzino ex Inter per forza fisica, corsa con la palla, dribbling e capacità di tiro di Bruno Peres? Anche statisticamente il paragone tra i due sembra reggere. Il suo dribbling a venire dentro al campo per puntare la porta o dialogare con i compagni sarebbe di grande aiuto in un sistema che non ha idea di come superare il primo pressing e creare gioco dal centrocampo in su. Bisogna ricordare, infatti, che in Serie A non esiste un giocatore che dribbla più di Bruno Peres (4,02 dribbling riusciti ogni 90 minuti), se si esclude il solo Perotti (4,19).

Proprio l’argentino del Genoa sembra essere l’obiettivo dichiarato della Roma per sostituire il partente Iturbe. Per gli stessi motivi di Bruno Peres, la scelta di Perotti sembra essere tecnicamente ineccepibile: l’argentino è uno che salta l’uomo con una facilità disarmante e sa creare gioco praticamente dal nulla, come la “filosofia” di Garcia richiede. Perotti è infatti primo in Serie A per dribbling riusciti, come già detto, e secondo per passaggi chiave (2,83 ogni 90 minuti, dietro solo a Ljajic; un dato particolarmente impressionante, questo, se si pensa che il Genoa è solo tredicesimo per tiri effettuati).

Il problema sarà, più che altro, il suo inserimento in campo, dato che la titolarità di Gervinho e Salah non sembra per adesso in discussione. In questo senso, bisognerà vedere quanto Perotti reggerà il rigido sistema gerarchico imposto dal tecnico francese, un sistema che, insieme alla fragilità fisica, ha raso al suolo tutte le certezze di un giocatore dalla psicologia debole come Iturbe. Dato che la solidità fisica e psicologica non sembra essere il punto di forza di Perotti, le premesse non possono essere le migliori.

Per il resto, né le finanze della società né il livello tecnico degli altri membri della rosa né il sistema-branco di Rudi Garcia permettono ulteriori spazi di manovra. L’unico modo potrebbe essere attraverso una prematura cessione illustre, come quella di Pjanic al Real Madrid. Ma a quel punto si ricomincerebbe a mischiare la realtà con i sogni e gli incubi.

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