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Cosa succede all'Udinese
18 apr 2018
Dopo l'inizio scintillante ora la squadra di Oddo ha messo insieme 9 sconfitte consecutive, cosa è successo nel frattempo?
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9 min
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Foto di Dino Panato / Getty Images
(copertina) Foto di Dino Panato / Getty Images
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Nel 1995 il Brescia perse le ultime 15 partite di campionato e retrocesse conquistando in tutto appena 12 punti. Il Benevento in questa stagione ha perso le prime 14 partite, una striscia interrotta dal 2-2 contro il Milan conquistato grazie a un gol all’ultimo minuto del suo portiere, Alberto Brignoli, ed è già quasi retrocesso dopo un campionato altrettanto disastroso, in cui ha battuto, o potrebbe battere, diversi primati negativi.

L’Udinese perde senza sosta da 9 partite, un’anomalia che, a differenza del Brescia e del Benevento, non riflette però la sua inadeguatezza rispetto alle altre squadre del campionato. La classifica dei friulani non è (ancora) disperata, la rosa è buona ed è impreziosita da un paio di talenti che hanno fatto intravedere qualità non comuni: su tutti, Barak e Jankto. Il periodo nero dell’Udinese è quindi più difficile da spiegare. Dopo il 2-1 subito a Cagliari, la nona sconfitta consecutiva della sua squadra, le motivazioni di Massimo Oddo si sono concentrate sull’aspetto mentale («I ragazzi hanno paura, non ci siamo con la testa»), un tema già toccato dopo la sconfitta contro la Fiorentina.

Il problema dei calci piazzati

Secondo Oddo, la mancanza di serenità sta ingabbiando i suoi giocatori, portandoli a sbagliare le scelte e a perdere facilmente la concentrazione. A Cagliari, l’Udinese ha subito il gol del 2-1 con un colpo di testa di Ceppitelli sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Uno scenario che Oddo aveva previsto dalla panchina: «Prima del colpo di testa di Ceppitelli ero certo di subire la rete. Non marcavamo bene, in quattro erano fermi. Vedo una reazione in allenamento, poi in partita dimostrano di essere profondamente impauriti».

La frequenza con cui l’Udinese subisce gol su palla inattiva dà forza alla tesi di Oddo. Tutto è cominciato contro il Torino, la prima delle nove sconfitte, quando N’Koulou ha anticipato Nuytinck e ha girato in porta un corner di Iago Falque. Per Oddo non è una coincidenza: «Da quando sono arrivato a Udine il primo gol da palla inattiva è arrivato solo contro il Torino, non può essere un caso. Non è possibile che per 15 partite non prendi gol da palla inattiva e poi lo prendi sempre. È cambiato l'atteggiamento, bisogna pensare positivo. Se pensi ai gol che hai preso prima di un corner nelle partite passate allora aumentano le possibilità di prendere un altro gol così. Succedeva anche quando giocavo al Milan con Maldini».

Contro l’Atalanta, l’Udinese ha perso 2-0 e ha subito entrambi i gol sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Il primo in particolare è la sintesi della mancanza di concentrazione di cui si è lamentato Oddo. Masiello batte velocemente un corner da destra e sceglie la giocata corta su Gómez, che non viene seguito da de Paul e può entrare in area, controllare la situazione e la palla prima di alzarla sulla testa di Petagna, che arrivando da dietro senza marcature anticipa Nuytinck al limite dell’area piccola. L’Udinese di solito si difende con una zona mista sui calci d’angolo: la maggior parte dei giocatori controlla una zona, ma i saltatori più pericolosi della squadra avversaria sono seguiti a uomo. Non è comunque la scelta del sistema con cui difendersi a fare la differenza per Oddo: «Puoi giocare a zona o a uomo, ma se non sei concentrato il gol lo prendi», ha detto dopo la sconfitta a Cagliari.

Quando tutto girava bene

Oddo è subentrato a Luigi Delneri ormai un girone fa. La sua prima partita fu proprio contro il Napoli: perse 1-0, ma rese quasi inoffensiva la squadra di Sarri. Dalla successiva trasferta a Crotone infilò una serie di cinque vittorie consecutive, tra cui quella che aveva interrotto l’imbattibilità dell’Inter, che sembrò poter far rientrare l’Udinese nella lotta per l’Europa League («Dobbiamo vincere 9-10 partite da qui alla fine» aveva detto Oddo alla vigilia della sfida contro il Torino). Oddo sembrava aver trovato subito la formula giusta per tirare fuori il meglio dalla sua rosa, smentendo la fama di allenatore dogmatico costruita durante la sua esperienza a Pescara per disegnare un sistema su misura dei suoi giocatori. Anche dopo le 9 sconfitte consecutive, il tecnico dei friulani non ha cambiato idea: «Secondo me la squadra non ha qualità di palleggio, le nostre caratteristiche sono il fisico, le ripartenze e queste qualità ci hanno fatto vincere».

Fin dalla prima partita, Oddo ha cambiato lo stile di gioco dell’Udinese modellandolo sulle caratteristiche dei suoi giocatori più forti: è passato alla difesa a 3 e ha abbassato la squadra regalando spazio da attaccare alle mezzali e a Lasagna, i giocatori attorno a cui ha costruito la fase offensiva della sua squadra. Dopo aver consolidato il possesso con i tre difensori, la manovra passa infatti sulle fasce, avanzando grazie ai movimenti coordinati tra l’esterno e la mezzala, oppure cerca subito le combinazioni tra le due punte, che si muovono all’opposto seguendo la tradizionale divisione dei compiti: uno appoggia la manovra, l’altro attacca la profondità.

In poco tempo Oddo è riuscito a costruire una squadra capace di risalire il campo molto velocemente, micidiale soprattutto in ripartenza, anche partendo da zone basse. L’Udinese ha infatti diversi giocatori che coprono senza sforzo lunghe distanze, con o senza palla: gli esterni, che danno un riferimento in ampiezza, ma vanno anche a chiudere l’azione sul secondo palo (Widmer, ad esempio, ha segnato due gol); Jankto, che può coprire due ruoli, la mezzala d’inserimento o l’esterno, vista la naturalezza con cui si allarga a sinistra; Barak con i suoi inserimenti centrali (con 6 gol è il secondo miglior marcatore della squadra dopo Lasagna) e il suo talento in conduzione messo in mostra a Cagliari. Per esaltare la loro verticalità, Oddo ha alternato de Paul e Maxi López come riferimenti in uscita dalla difesa per guadagnare il tempo necessario a far alzare i compagni, mentre Lasagna si occupava di abbassare le difese avversarie e di finalizzare l’azione.

Il momento di massima brillantezza del calcio espresso dall’Udinese è forse l’azione che ha portato al gol di Lasagna contro il Bologna, l’ultima della serie di cinque vittorie consecutive. La squadra di Oddo costruisce dal basso con Danilo, che avanzando e quindi allargando ad Ali Adnan taglia fuori metà dei giocatori del Bologna. Aperto lo schieramento avversario, la manovra bianconera si sviluppa tutta in verticale: da Adnan a Jankto e poi a de Paul, autore dell’assist per Lasagna. L’Udinese ha risalito il campo con 4 passaggi: «Nessuno ha ricevuto il pallone tra i piedi, ma in uno spazio che aveva occupato: l’azione non era preparata, era preparata l’occupazione dello spazio», ha spiegato Oddo in un’intervista a La Repubblica.

I limiti del gioco verticale e l'importanza di Lasagna

Le cinque vittorie consecutive non hanno comunque preparato il terreno per una seconda parte di stagione più ambiziosa. Vinta la quinta partita di fila, l’Udinese ha battuto solo il Genoa nelle 14 gare successive. Il gioco brillante e verticale è presto diventato monocorde, punito da un campionato in cui la mancata evoluzione viene smascherata presto dalle contromisure degli altri allenatori. «Il gioco in verticale, in Italia, viene impedito dagli avversari», aveva detto Oddo a La Repubblica. Una volta negati gli spazi in cui avanzare, la manovra dell’Udinese si è inaridita al punto da segnare appena 8 gol nelle ultime 14 partite, due dei quali sono autoreti, oltretutto. La costruzione dal basso ha fatto sempre più fatica ad aprire gli schieramenti e a creare le condizioni per risalire il campo, soprattutto per le difficoltà in impostazione dei difensori centrali, e i movimenti preordinati su cui Oddo aveva costruito la fase offensiva sono stati presto controllati.

L’Udinese si è così rivelata vulnerabile sia alle squadre che pressavano alte sfidando i limiti in impostazione dei difensori centrali sia a quelle che puntavano a ostruire la risalita palleggiata difendendo a centrocampo o più in basso. Col tempo Oddo ha rinunciato a costruire da dietro consolidando il possesso, una fase determinante per preparare i movimenti dei giocatori più avanzati attraverso cui risalire il campo, ricorrendo sempre più spesso al lancio lungo, anche dalle rimesse dal fondo di Bizzarri. L’Udinese ha così finito per concedere oltre il 60% del possesso anche al Cagliari.

La ricerca del lancio lungo, decisiva ad esempio nell’azione che ha portato al gol di Lasagna contro la Lazio, non si è comunque accompagnata a un atteggiamento più aggressivo sul possesso avversario, che permettesse di alzare il baricentro e di recuperare la palla in zone più alte. L’Udinese ha continuato a difendersi nella propria metà campo, per crearsi gli spazi necessari a ripartire, ma anche per non snaturare le caratteristiche dei suoi difensori, a disagio con molti metri da coprire alle loro spalle. La particolare fase difensiva sviluppata da Oddo, che abbina la pressione individuale sul portatore di palla al controllo degli spazi, ha comunque educato i difensori centrali a rompere costantemente la linea per marcare i giocatori alle spalle del centrocampo, seguendoli a uomo anche piuttosto lontano dall’area. I difensori centrali, però, non si sono sempre dimostrati a loro agio nella gestione dei tempi d’uscita e nella scelta tra marcatura o copertura dello spazio (e questo spiega in parte perché Oddo non abbia tentato di organizzare un sistema di pressing per recuperare la palla nella metà campo avversaria).

Qui ad esempio Samir si stacca per marcare Dybala e si perde l’inserimento dell’argentino alle sue spalle, puntualmente servito dall’assist di Higuaín. È il gol del 2-0 della Juve.

L’infortunio di Lasagna, proprio all’inizio della tremenda striscia di sconfitte consecutive, ha reso ancora più problematica la situazione. Il suo senso per la profondità, particolarmente prezioso in una squadra che attacca in spazi ampi, e la sua abilità nel finalizzare la manovra non sono state raccolte da nessun altro attaccante a disposizione di Oddo. Maxi López è il migliore spalle alla porta ed è spesso determinante per attivare minime combinazioni nello stretto nella trequarti avversaria, che comunque non sono il metodo privilegiato per creare occasioni (l’Udinese è tra le squadre che giocano meno nell’ultimo terzo di campo), ma non può garantire i movimenti di Lasagna e in tutto il campionato ha realizzato solo una doppietta alla Sampdoria a settembre. Perica si muove di più rispetto all’argentino, ma in campionato ha segnato un solo gol. Forse non è un caso che la migliore partita in assenza di Lasagna sia stata quella contro la Samp, quando Oddo ha rinunciato agli attaccanti e ha imbottito la formazione di centrocampisti bravi a inserirsi, investendo ancora di più sull’anima verticale della sua squadra. Non bastò a evitare la sconfitta, ma l’Udinese costruì molto e colpì un palo e una traversa.

Lasagna è tornato titolare contro la Lazio e ha segnato un gol, seguito da quello a Cagliari nella giornata successiva, dimostrando nella maniera più chiara possibile quanto sia importante la sua presenza. A Cagliari ha però subito un altro infortunio, che lo costringerà a saltare la partita contro il Napoli, quella che potrebbe trasformarsi nella decima sconfitta consecutiva. La speranza di Oddo è di riuscire a recuperare Lasagna per la sfida decisiva contro il Crotone di domenica. Un girone fa la partita contro i calabresi era stato l’inizio di un periodo splendido che sembrava poter rilanciare le ambizioni dell’Udinese, oggi è uno snodo decisivo per non farsi risucchiare in zona retrocessione. I bianconeri hanno sì ben 6 squadre alle spalle, ma al contempo solo 6 punti di distanza dal Crotone terzultimo. In questi giorni si è persino parlato di un possibile ritorno di Stramaccioni in panchina: uno scenario quasi impossibile da pronosticare dopo le prime partite con Oddo.

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