Roma e Napoli si sono sfidate nel primo di una serie di scontri diretti che decideranno quali squadre italiane (oltre alla Juve) parteciperanno alla prossima Champions League. La squadra di Benitez incontrerà la Fiorentina domenica prossima e la Sampdoria due settimane dopo, e chiuderà il campionato giocando contro la Lazio, che alla penultima giornata avrà già affrontato la Roma.
Garcia non aveva a disposizione gli infortunati Totti, Gervinho e Maicon (oltre al lungodegente Strootman) e ha schierato l’inconsueto tridente Iturbe–Ljajic–Florenzi. Benitez, invece, aveva a disposizione l’intera rosa, anche se le sue scelte sono state tutt’altro che scontate: Jorginho preferito a Gargano, ormai in pianta stabile nel duo di mediani davanti alla difesa; de Guzman preferito a capitan Hamsik, ormai alla terza esclusione consecutiva.
Il buon minutaggio che l’olandese ex Swansea sta trovando in questa stagione non deve sorprendere. De Guzman sa rendersi utile in entrambe le fasi e sabato, quando il Napoli attaccava, si muoveva continuamente per occupare gli spazi lasciati liberi dai tagli dei compagni o per creare spazio per altri inserimenti; quando il Napoli difendeva, scalava in marcatura sull’uomo precedentemente preso in consegna da David Lopez o Jorginho, se uno dei due era costretto ad uscire dalla propria posizione per pareggiare numericamente la Roma. In aggiunta al lavoro difensivo, de Guzman non ha fatto mancare la sua qualità: SICS ha registrato 2 assist, 4 passaggi chiave e 2 dribbling riusciti.
Jorginho segue Pjanic, finendo fuori posizione, e de Guzman va subito a prendere in consegna Nainggolan.
Un timido pressing
Entrambe le squadre si sono mostrate aggressive in fase di non possesso, provando a non abbassarsi e a disturbare l’inizio dell'azione avversaria. De Guzman e Higuain sulla stessa linea (in fase difensiva il 4-2-3-1 del Napoli scivolava in un 4-4-2) pressavano alti su Manolas, Astori e De Rossi, che come sempre si abbassava tra i due centrali difensivi. Intanto Nainggolan e Pjanic erano rincorsi da Jorginho e David Lopez anche dentro la loro metà campo.
In questo modo sia Torosidis che Holebas erano costretti a restare più bassi di quanto volessero, almeno ad inizio azione, per offrire una linea di passaggio in più ai propri compagni, con Mertens e Callejon che li seguivano comunque svolgendo un lavoro di copertura di grande sacrificio. Le marcature sulle fasce decise da entrambi gli allenatori finivano per spegnere l'intensità del pressing, che sembrava finalizzato a ostacolare la costruzione della manovra avversaria piuttosto che al recupero del pallone in zone alte del campo. I dati confermano l'impressione di un pressing che ha pagato pochi dividendi: l’altezza media dei recuperi è stata di 38 metri; e solo il 22% delle 58 palle recuperate si trovava nella metà campo avversaria. La Roma, che aveva un atteggiamento più prudente, con un baricentro più basso, ha recuperato il 18% dei palloni nella metà campo dei napoletani.
Anche per la Roma quando parliamo di pressing intendiamo un tipo di pressing finalizzato, con efficacia, a ostacolare la costruzione, costringendo spesso al lancio lungo Ghoulam (lungolinea) e Britos (a tagliare il campo in diagonale). Da una parte il palleggio romanista sembrava di qualità superiore rispetto a quello del Napoli, ma dall'altra il pressing della squadra di Garcia sembrava comunque meno organizzato. Iturbe, Florenzi e Ljajic hanno speso molto (più di quanto non spendano Totti e Gervinho quando sono nel tridente) ma una volta saltato il primo tentativo di pressing la Roma si compattava in un 4-1-4-1 piuttosto basso che, una volta recuperata palla, lasciava molto campo da percorrere per arrivare nell'area del Napoli (l’altezza media delle palle recuperate era di 34 metri: a metà della propria metà campo).
Quando la Roma attaccava era Holebas, più di Torosidis, a inserirsi con continuità e con i tempi giusti, permettendo alla Roma di creare maggiori pericoli sul lato destro della retroguardia napoletana. Parte dei meriti vanno attribuiti a Ljajic, che accentrandosi liberava la fascia. Torosidis, al di là della scarsa intesa mostrata con Florenzi, sembrava più preoccupato di contenere Mertens che di attaccare.
L’azione del gol romanista si è sviluppata comunque sul lato meno propositivo e ha messo in evidenza una debolezza ormai endemica della fase difensiva partenopea.
Il gol di Pjanic
Il Napoli subisce gol principalmente in due circostanze, la prima delle quali dipende direttamente dall’atteggiamento tattico scelto da Benitez: gli azzurri attaccano con tanti uomini sopra la linea della palla, a volte addirittura otto. I due centrali di difesa hanno le responsabilità maggiori nella costruzione della manovra e salgono molto alti, per compattare i reparti, lasciando però cinquanta metri di campo da difendere alle loro spalle. In rosa, però, ci sono Albiol, Koulibaly e Britos, fisici imponenti che soffrono se costretti a scappare all’indietro.
La seconda circostanza è una conseguenza della prima: i due mediani, nel tentativo di recuperare metri agli avversari e andare ad assistere i centrali difensivi, finiscono per schiacciarsi troppo verso il basso: lasciano così spazio per gli accorrenti centrocampisti avversari.
È successo con Muniain in Napoli-Athletic, è successo con Vazquez in Napoli-Palermo ed è successo ancora sabato: David Lopez, inizialmente su Pjanic quando Jorginho sbaglia il passaggio che concede alla Roma la ripartenza, lascia l’uomo per correre su Iturbe, che stava puntando i centrali azzurri. Florenzi è stato molto bravo a vedere e servire di prima intenzione i piedi buoni del centrocampista bosniaco.
Un’immagine significativa nella quale si vede bene il 4-1-4-1 costruito dalla Roma quando si abbassava ad aspettare il Napoli; in alto si scorge de Guzman che si è allargato a destra per assecondare il taglio verso il centro di Callejon.
Callejon e Higuain sotto tono
La risposta del Napoli, almeno nel primo tempo, si è esaurita sull’asse Higuain-Callejon: in due occasioni il centravanti argentino riesce ad anticipare l’intervento di Manolas e a lanciare di prima intenzione verso il centrocampista spagnolo sul lato debole.
In entrambe le occasioni, Callejon non è stato abbastanza lucido. In particolare nell'occasione del trentottesimo minuto è stato bravissimo a correre nello spazio lasciato da Holebas, salito in proiezione offensiva, ma una volta entrato in area anziché concludere (con De Sanctis bravo ad aspettarlo in piedi) si è lasciato recuperare da De Rossi e una volta perso il passo ha servito de Guzman che in corsa si è trovato davanti Manolas.
Manolas merita dei complimenti a parte per la partita nella partita che ha ingaggiato con Higuain. Se nel primo tempo il greco si è aggiudicato la sfida ai punti, nel secondo tempo ha completamente annullato l'argentino, sostituito poi da Zapata. Manolas è uscito vincente in 7 degli 11 duelli ingaggiati, recuperando 9 palloni. Ma va sottolineata la prova di coppia: Astori esce dal campo con una delle prestazioni migliori della sua stagione (12 palle recuperate, 5 duelli vinti su 8, un solo fallo e 3 passaggi chiave). Manolas ha annullato Higuain, ma per giocare una partita chiusa come quella della Roma nel secondo tempo si deve poter contare su una coppia centrale forte.
Una delle rare occasioni in cui Higuain ha trovato l’anticipo su Manolas ed ha avuto l’opportunità di lanciare Callejon nello spazio.
Garcia sbaglia i cambi (e non è la prima volta)
L’Indice di Pericolosità di SICS fotografa l’andamento della partita nel primo tempo: al quarantacinquesimo Napoli e Roma quasi si equivalgono, con i primi in vantaggio per 15 a 13. Poi, nell’intervallo, Garcia ha fatto due cambiamenti che hanno finito per penalizzare la prestazione della sua squadra.
Nell’azione del gol e nei minuti seguenti del primo tempo Iturbe era stato determinante al centro dell’attacco: offrendo ai compagni un punto di riferimento su cui giocare il pallone uscendo dalla difesa, creando problemi con la sua velocità ai due centrali del Napoli (sul gol di Pjanic calamita ben tre avversari su di sé). Ad inizio ripresa, però, Garcia ha invertito Iturbe con Ljajic. Forse l’allenatore francese voleva attaccare lo spazio alle spalle di Maggio, consapevole del fatto che il Napoli avrebbe alzato i terzini per recuperare il risultato.
Ma con Iturbe sulla fascia è venuto a mancare un appoggio per far uscire il pallone dalla difesa e far salire la squadra. I rapporti di forza a quel punto sono cambiati e l’Indice di Pericolosità a fine partita è passato dalla parte del Napoli (44 a 31). I giallorossi hanno iniziato a soffrire contro un Napoli sbilanciato alla ricerca del pareggio, riuscendo a respirare solo sul finire del secondo tempo quando in campo è entrato Ibarbo per Florenzi e Iturbe è stato riportato al centro. E negli ultimi 5 minuti del confronto, l’IPO giallorosso ha subito un balzo di 11 punti. La posizione di Iturbe non è l'unico fattore ad aver influito sul gioco della Roma (il Napoli sbilanciato alla ricerca del pareggio, l'entrata di Ibarbo fresco) ma forse Garcia dovrebbe tenere conto del tipo di contributo dell'argentino quando viene schierato al centro invece che in fascia.
L’altra indicazione di Garcia che ha cambiato in peggio la gara della Roma riguardava Torosidis, invitato ad essere più propositivo in attacco. La mossa ha creato qualche occasione in più per la Roma sul lato destro, subito ad inizio ripresa, ma ha avuto l'effetto collaterale di accendere Mertens, che alla fine della partita è risultato il più pericoloso dei suoi (6 dribbling riusciti, su un totale di 6 tentati, e 13 duelli vinti su 21). Anche quando Torosidis è tornato ad essere più guardingo, Mertens ha continuato a creargli problemi, costringendo il difensore greco ad inseguirlo su per il campo per poi sfidarlo in velocità nello spazio. Le 9 palle recuperate da Torosidis (8 duelli vinti su 15, più o meno la metà) segnalano anche un sovraccarico nella sua zona di campo, specie se confrontate alle 3 di Holebas.
Allora, per provare ad arginare il trequartista belga (a cui è mancato l’ossigeno per essere lucido, per lui anche 15 palle perse; e Mertens sembra perdersi sopratutto una volta arrivato a quindici metri dalla porta) Garcia ha messo a terzino destro Yanga-Mbiwa. Un cambio strano, perché ad uscire è stato Holebas, togliendo così un altro puntello alla pericolosità offensiva della Roma, e Torosidis è andato a giocare a sinistra. Mapou sarebbe stato fuori ruolo da entrambe le parti (e c'era Balzaretti in panchina) per questo il suo ingresso a destra è sembrato una reazione all'esuberanza di Mertens.
Ad aumentare il volume del gioco del Napoli ha contribuito però l'ingresso di Gabbiadini, che a destra al posto di Callejon ha stretto la posizione finendo quasi a fare la seconda punta vicino a Higuain, creando una pericolosa situazione di parità numerica per i centrali romanisti. Anche quando è stato spostato al centro dell’attacco (a dieci minuti dal termine Insigne ha sostituito de Guzman, giocando per la prima volta dopo la rottura del crociato anteriore del ginocchio destro) Gabbiadini si è mosso bene, finendo per creare più pericoli in trenta minuti di quanti ne avesse creati Higuain in settanta: 2 passaggi chiave, 1 assist e 2 tiri per l’italiano; 2 passaggi chiave, 0 assist e 0 tiri per l’argentino.
Duvan Zapata ha provato a garantire un punto di riferimento, anche per i lanci della difesa, ma non ha fatto molto meglio dell'argentino in un momento della gara in cui la Roma aveva ormai abbassato il proprio baricentro e la sua presenza non ha fatto altro che intasare ancora di più lo spazio al centro.
Benitez tutto sulle coppe, la Roma sul derby
Ormai la corsa alla Champions League ha due pretendenti più accreditate delle altre, la Roma di Garcia e la Lazio di Pioli, rispettivamente con sette e sei punti di vantaggio sulla Fiorentina di Montella. Poi c'è la Samp e solo dopo, fuori anche dalla qualificazione per l'Europa League, il Napoli.
L’ambiente napoletano sembra in crisi di fiducia, oltre che di risultati, e la piazza è divisa come mai prima sulla permanenza di Rafa Benitez, proprio ora che a livello societario sembrava più vicino l’accordo per il rinnovo. Certo il Napoli è ancora in corsa per vincere due trofei, vincerli entrambi (o anche solo l'Europa League) trasformerebbe completamente il senso di questa stagione e il ricordo di Benitez nella storia napoletana. La seconda Coppa Italia consecutiva sarebbe un ottimo premio di consolazione, ma non abbastanza, forse, da compensare i passi indietro in campionato.
La Roma invece fa ancora in tempo a raggiungere quel secondo posto che per i tifosi e per gli osservatori neutrali forse non merita più. La doppia trasferta a San Siro con Milan e Inter sembra alla portata, ma la Lazio è in grado di tenere il passo fino al derby del 24 maggio. Due anni dopo la finale di Coppa Italia decisa da Lulic, dopo investimenti importanti e cambi di allenatori alla ricerca di un gioco spettacolare, la Roma rischia di trovarsi di fronte il suo incubo peggiore: un derby che vale una stagione.
Ringraziamo per i dati SICS (che potete anche seguire su Facebook e Twitter).