Il 19 novembre 2017, ormai più di 2 mesi fa, la Juventus perdeva 3-2 a Genova contro la Sampdoria, subendo 3 reti in 25 minuti ed andando sotto per 3-0 prima di trovare 2 gol nel tempo di recupero della partita. Oltre a condannare la Juventus alla seconda sconfitta in campionato, le 3 reti subite portavano a 14 il totale di gol incassati dai bianconeri nelle 13 partite di campionato disputate sino a quel momento: una media di più di 1 gol a partita, davvero eccessiva per una squadra che ha basato gran parte dei successi degli ultimi anni sulla solidità della propria fase difensiva.
Nelle dichiarazioni successive al match con la Sampdoria, Allegri evidenziava che per la Juventus i gol subiti erano davvero troppi e che il suo obiettivo da lì in avanti sarebbe stato quello di incassare meno reti. Il tecnico bianconero non accusava il modulo di gioco adottato, ma l’equilibrio tra la fase offensiva e quella difensiva e la capacità di sacrificio dei propri giocatori. Da allora, la Juventus ha giocato 14 partite ufficiali, di cui 2 in Champions League e 3 in Coppa Italia, subendo solamente 1 gol - ininfluente ai fini del risultato - nella vittoria per 3-1 a Verona contro l’Hellas.
Cosa è cambiato nella fase difensiva dei bianconeri?
Non c'è un modulo migliore di un altro, per la Juve
Fino alla partita con la Sampdoria, pur all’interno della fluidità posizionale che contraddistingue l’esperienza di Allegri sulla panchina della Juventus, i bianconeri avevano giocato con il modulo 4-2-3-1, fatta eccezione per le partite interne contro Chievo e Lazio, affrontate con il 4-3-3 (che però non erano state ben giocate e, contro la Lazio, la Juventus aveva perso la sua prima partita stagionale in campionato). Per le due partite successive alla sconfitta con la Sampdoria, Allegri aveva scelto il modulo 3-4-3, ottenendo un pareggio interno a reti bianche contro il Barcellona in Champions League e un comodo 3-0 interno contro il Crotone in campionato.
Ma già dalla partita successiva, in trasferta a Napoli, probabilmente per adattarsi al 4-3-3 avversario, la Juventus è tornata al 4-2-3-1 con Matuidi schierato come esterno sinistro di centrocampo. Da allora, nelle rimanenti 11 partite, la Juventus ha adottato il 4-3-3 puro in 6 occasioni; se contro l’Olympiakos in Champions Allegri è tornato al 4-2-3-1, a Cagliari lo schieramento in fase di possesso palla era chiaramente un 3-5-2, con Barzagli sulla stessa linea di Benatia e Chiellini, e Bernardeschi e Alex Sandro sugli esterni. In fase di non possesso i bianconeri ripiegavano in un canonico 4-4-2, con Alex Sandro che scalava sulla linea dei difensori.
Il 3-5-2 offensivo della Juventus contro il Cagliari.
Contro il Verona, poi, Dybala ha stretto la sua teorica posizione di punta esterna di destra, e Khedira si è aperto in fascia disegnando un 4-2-3-1; mentre con il Chievo, nell’ultima giornata di campionato, Mandzukic ha iniziato presto ad affiancarsi ad Higuain al centro dell’attacco, con Sturaro che da mezzala è stato dirottato sulla fascia, per disegnare un 4-4-2.
È interessante notare che il 4-3-3 puro, con Dybala tra gli XI titolari, è stato schierato solo una volta, in Coppa Italia contro il Genoa, con la "Joya" schierata come centravanti puro. Ciò testimonia delle difficoltà di inserire il fuoriclasse argentino all’interno del 4-3-3, anche immaginando un modulo fluido che muti lo schieramento posizionale nelle due fasi principali di gioco.
Ma, le sole 6 partite giocate con il 4-3-3 ortodosso tra le 14 successive alla sconfitta con la Sampdoria, mostrano che per Allegri il modulo di gioco è solo un abito che deve essere disegnato al meglio sulle forme degli avversari e degli XI titolari scelti di volta in volta, e proprio per questo non è il principale segreto della ritrovata invulnerabilità della difesa bianconera.
Il 4-4-2 con Khedira esterno destro visto nel primo tempo della partita di Verona contro l’Hellas.
Come sono migliorati i numeri difensivi
I dati più macroscopici evidenziano un deciso cambio di marcia della fase difensiva della Juventus. Se nei primi 18 impegni ufficiali i bianconeri avevano subito 22 gol, nei successivi 14 hanno incassato una sola rete. Limitandosi al campionato, le statistiche più avanzate certificano il netto miglioramento della difesa della Juve: nelle prime 13 giornate della serie A i bianconeri occupavano il quinto posto nella classifica degli Expected Goals subiti, con un dato di 0.9 xGa per partita. Nelle successive 9 hanno dimezzato gli xG subiti, scendendo a 0.46 xGa per partita, il miglior dato della serie A nella serie di match considerati.
Anche il numero medio di tiri subiti per partita si è ridotto, passando da 8.7 a 7.4, ma a fare la differenza è stata la diversa qualità delle occasioni concesse. Nelle prime 13 giornate di campionato la Juventus era tra le squadre di serie A con il rapporto tra xG subiti e tiri più alto: tale rapporto, che è un indice della probabilità che un singolo tiro subito si tramuti in gol, si è drasticamente abbassato, riducendosi di circa il 40% e passando da 0.1 delle prime 13 giornate a 0.06 delle ultime 9. In parole povere: la Juve non solo subisce meno tiri, ma, soprattutto, i tiri concessi sono di qualità nettamente peggiore per gli avversari.
Contemporaneamente, a testimonianza della crescita della squadra, gli xG prodotti sono rimasti pressoché invariati, passando da 1.55 a 1.42.
L’andamento degli Xg subiti. La linea rossa indica la partita con la Sampdoria.
I cattivi numeri difensivi della Juventus di inizio anno nascevano essenzialmente da imprecisioni in varie fasi del gioco. L’elevata qualità dei tiri concessa era attribuibile alle troppe occasioni nate da palloni persi in fase di costruzione bassa, che generavano pertanto occasioni contro la difesa aperta bianconera, mediamente a più alta probabilità di segnatura.
Oltre che da errori in fase offensiva, la fragilità bianconera aveva origine, più direttamente, da scompensi in fase difensiva, dove talvolta la squadra apriva varchi per gli avversari durante fasi imprecise di pressing aggressivo e con errori di posizionamento della linea difensiva.
Infine, come spesso capita nel calcio, uno sport a basso punteggio in cui l’attenzione costante in ogni singola azione è pertanto fondamentale, troppo frequentemente la Juventus aveva concesso spazi ed occasioni da gol agli avversari, trascurando dettagli e sbagliando facili letture difensive.
Il passaggio, per 2 partite di fila, al 3-4-3, con la rete protettiva di 3 uomini arretrati in fase di costruzione bassa, sembrava proprio andare incontro alla necessità di Allegri di blindare le fasi iniziali della manovra offensiva e costruire una rete di protezione contro le eventuali palle perse. I successivi cambi di modulo, che hanno risposto all’esigenza di adattarsi all’avversario e agli XI di volta in volta scelti, rivelano che per comprendere in fondo i cambiamenti della Juventus è necessario, in accordo con la filosofia del suo tecnico, non fossilizzarsi sui moduli di gioco, peraltro sempre molto fluidi, ma cercare di guardare concretamente a ciò che accade in campo e al contributo che i singoli giocatori possono fornire alla causa della squadra.
Blaise Matuidi ripara i buchi in mezzo al campo
Una cosa che balza immediatamente all’occhio è la presenza di Blaise Matuidi nell’XI titolare per tutte le partite di campionato successive a quella con la Sampdoria, fatta eccezione per l’ultimo match di campionato contro il Chievo. Il francese è stato impiegato nel suo ruolo naturale di mezzala sinistra nel centrocampo a 3, ha occupato la posizione di interno nel 4-4-2 e nel 3-4-3, ed è anche stato schierato come esterno sinistro puro di nel 4-4-2 della partita di Napoli. Al di là del ruolo ricoperto in campo, la presenza di Matuidi ha svolto il compito di equilibratore dello schieramento juventino.
Come Khedira, il centrocampista francese ama pressare in avanti, ma, a differenza del suo compagno di reparto, le sue doti aerobiche e dinamiche gli consentono una enorme mobilità laterale e velocità nel ritrovare la posizione in ripiegamento da fasi di pressione avanzata. Con Matuidi la Juventus ha ritrovato la possibilità di aggredire i portatori di palla, sia avanzando che in fase puramente posizionale. Nel primo caso, l’efficacia del francese nel tornare in posizione e, specialità della casa, nel pressare gli avversari arrivandogli alle spalle, garantisce alla Juve equilibrio anche alle spalle della linea avanzata di pressione. Nel caso di difesa statica, la capacità di Matuidi di coprire gli spazi e di essere aggressivo sul pallone anche su brevi distanze e muovendosi in ogni direzione, cementa ogni possibile spazio vuoto nello schieramento posizionale dei bianconeri.
Khedira è alto in pressione, ma viene sorpassato dal pallone e costringe Pjanic a muoversi verso la zona di destra del centrocampo bianconero. Su Brozovic, che riceve alle spalle di Khedira, si avventa, arrivando dal lato opposto Matuidi, che pressa da dietro il centrocampista avversario.
Persino da esterno offensivo, la sua instancabilità nel comprimere lo spazio schiacciandosi al fianco dell’interno sul lato debole, unita alla rapidità di scivolamento verso l’esterno sui cambi di gioco avversari, si è rivelata preziosa per la congestione degli spazi offensivi degli avversari.
Matuidi tenta mediamente più del doppio dei tackle in 90 minuti di Khedira (3 il francese, 1.3 il tedesco) riconquistando il pallone in contrasto 4 volte più frequentemente del compagno di reparto (1.9 volte Matuidi, 0.5Khedira). Il suo fondamentale contributo alla fase difensiva della squadra garantisce equilibrio, interdizione e dinamicità al centrocampo. La presenza del francese e della sua capacità di rammendare col dinamismo i buchi dello schieramento difensivo, ha risolto buona parte dei problemi di compattezza mostrati dalla Juventus nella prima parte della stagione.
Matuidi, da quarto di sinistra di centrocampo, stringe tantissimo al fianco degli interni sul lato debole.
Due secondi dopo è già a contrastare Hysaj sulla sua fascia di competenza.
Medhi Benatia ripara i buchi in difesa
Un altro giocatore che dopo la partita con la Sampdoria si è preso con forza una maglia da titolare è Medhi Benatia. Prima di allora il marocchino aveva giocato da titolare solamente 5 partite, di cui 3 in campionato. Dopo i 3 gol presi a Genova Benatia è stato schierato nell’XI iniziale in tutte le partite di serie A e di Champions League, venendo risparmiato solamente in occasione degli ottavi e dei quarti di finale di Coppa Italia contro Genoa e Torino.
Nella sua esperienza alla Juventus, il marocchino aveva mostrato gli stessi pregi e difetti che avevano caratterizzato il resto della sua carriera: a un atletismo debordante, che unisce velocità, reattività negli anticipi, forza nella gestione dei “corpo a corpo” e notevole stacco aereo, si univa una tendenza all’errore non forzato, una capacità di lettura delle situazioni di gioco non sempre perfetta per un difensore e una condizione generale minata da infortuni troppo frequenti.
Da quando però ha trovato continuità tra i titolari e gli infortuni lo hanno risparmiato, Benatia ha messo in fila prestazioni eccezionali che hanno ridato solidità a una linea difensiva che troppo spesso era sembrata imprecisa ad inizio stagione. La partenza di Leonardo Bonucci aveva lasciato un vuoto in fase puramente difensiva: le capacità di lettura dell’attuale difensore milanista garantivano una copertura degli spazi lasciati sguarniti dall’interpretazione più aggressiva data alle marcature dai suoi compagni di reparto.
Con 2.6 passaggi intercettati ogni 90 minuti, Benatia è il sesto difensore centrale della serie A tra quelli che hanno giocato almeno un terzo dei minuti a disposizione nel campionato. Se si prendono però i valori “aggiustati” per il possesso palla della squadra, che tengono in conto il fatto che se aumenta il tempo concesso al possesso palla avversario si hanno più opportunità di effettuare un intervento difensivo, Benatia è il difensore che intercetta più passaggi di tutto il campionato. Ciò rivela che il marocchino continua a giocare con estrema efficacia sulle linee d’anticipo, fornendo un contributo di aggressività alla zona parecchio adattata sull’uomo della linea difensiva della Juventus.
Dal confronto coi dati numerici di Rugani e Barzagli, emergono le differenze nell’interpretazione del ruolo di centrale tra le 3 possibili scelte di Allegri per il compagno di reparto di Chiellini. Rugani effettua la metà del tackle tentati dai suoi 2 compagni e meno di un terzo degli intercetti di Benatia che, in questo fondamentale difensivo sovrasta anche Barzagli che ne mette a segno 1.4 ogni 90 minuti. Benatia è inoltre il difensore della Juventus che vince più duelli aerei, persino più di Giorgio Chiellini.
In definitiva, Allegri sembra avere trovato il migliore sostituto possibile di Bonucci nel suo difensore più aggressivo e fisicamente dominante, dalle caratteristiche diverse da quelle del suo predecessore, ma che riesce finalmente a interpretare bene ogni fase del gioco difensivo. Nelle fasi di transizione difensiva giocate con la volontà di riconquistare precocemente il pallone, l’aggressività e le doti di anticipo di Benatia si rivelano fondamentali per tenere corta la squadra e rendere efficaci le marcature preventive predisposte dal tecnico. Inoltre, la sua velocità è utile per gestire eventuali situazioni di difesa in campo aperto; mentre in fase di difesa posizionale riesce a dare pressione agli avversari e, al contempo, garantisce una eccellente protezione dell’area di rigore nelle occasioni – non troppo infrequenti – in cui la Juventus accetta di difendere dentro negli ultimi 16 metri, proteggendo la porta dai cross avversari.
La perfetta protezione della porta della difesa della Juventus.
In campionato, in ben 10 delle 12 occasioni in cui Benatia è sceso in campo, la Juventus non ha subito gol. Allegri, che pare avere finalmente trovato la coppia di centrali titolare, non deve fare altro che augurarsi che il difensore marocchino sia in grado di mantenere costante la concentrazione e la condizione fisica, per dimenticare le indecisioni della propria linea difensiva viste nella prima parte della stagione.
Un nuovo (vecchio) atteggiamento
Proprio Benatia, in un’intervista ai microfoni di Sky, ha fornito un altro tassello della costruzione della ritrovata solidità difensiva bianconera. «Il problema ad inizio stagione era l'atteggiamento di squadra: Allegri ha saputo trovare le parole giuste per farci tornare forti”. “L'anno scorso abbiamo vinto quasi tutto, è stata una stagione spettacolare e dopo è difficile ripartire, basta vedere cosa sta succedendo al Real Madrid. Magari c'è meno voglia di sudare insieme, di fare meno fatica: in Italia non puoi permetterti di difendere in quattro o cinque, deve essere tutta la squadra a farlo con la giusta mentalità».
Le parole di Benatia sembrano essere la naturale prosecuzione di quelle pronunciate di Allegri dopo i 3 gol subiti dalla Samp e confermano che la Juventus, da metà novembre in poi, sembra davvero avere posto al centro delle proprie preoccupazioni l’attenzione alla propria fase difensiva. Il rinnovato atteggiamento mentale ha consentito di azzerare le distrazioni e a mostrare, ancora una volta, l’attenzione ai dettagli che può fare la differenza tra una buona e una cattiva difesa. La centralità della fase difensiva nel progetto di Allegri è stata evidente nei 3 big match affrontati a dicembre, contro Napoli, Roma e Inter. Nelle 3 gare la Juventus ha mantenuto inviolata la propria porta, ma, soprattutto, ha impostato un piano gara orientato principalmente a sterilizzare le principali fonti di pericolo avversarie. Specie contro Napoli e Roma, complice forse anche il precoce vantaggio ottenuto, la Juventus ha giocato negando agli avversari le direttrici di gioco preferenziali e più efficaci. I bianconeri sono stati disposti a lasciare il dominio del pallone agli avversari per privilegiare il controllo degli spazi e una difesa posizionale che si è rivelata imperforabile.
Le scelte tattiche di Allegri vanno tutte nella direzione di una maggiore attenzione agli equilibri della squadra e alla solidità difensiva. La Juventus ha sempre mescolato dosi variabili di pressing e difesa statica, ma nella seconda parte della stagione l’equilibrio si è spostato maggiormente verso un contenimento posizionale dei pericoli.
Un indice che viene utilizzato per misurare l’intensità del pressing è il PPDA, che misura il rapporto tra i passaggi effettuati dagli avversari in una determinata zona di campo (ad esempio nella metà campo opposta) e le azioni difensive vincenti effettuate da chi pressa nella stessa zona di campo. Più basso è il valore di questo indice, maggiore è la pressione applicata dalla squadra - più basso è il valore PPDA meno passaggi la squadra avversaria effettua prima di un'intervento difensivo. Prima della partita contro il Chievo, di difficile interpretazione statistica per la doppia superiorità numerica creatasi, il valore di PPDA della Juventus si era innalzato di circa un’unità dopo la partita con la Sampdoria, a testimonianza di fasi di pressing meno frequenti ed effettuati in occasioni specifiche e limitate. Ovvero, la difesa posizionale è tornata ad essere la scelta privilegiata di Allegri e la possibilità di schierare un uomo in più in mezzo al campo, passando dal precedente 4-4-2 al 4-5-1, ha reso ancora più angusti gli spazi per gli avversari.
L’impenetrabile 4-5-1 difensivo che ha concesso solo 0.3 Xg all’Inter.
Anche con disposizioni posizionali diverse, l’ingresso in squadra di Matuidi con la contemporanea presenza di altri due centrocampisti di ruolo, rende per caratteristiche individuali, la Juventus maggiormente solida rispetto allo schieramento con 4 giocatori offensivi tipico del 4-2-3-1.
Considerazioni analoghe possono essere fatte per la fase di possesso palla. Se il 4-2-3-1 puro di inizio stagione richiedeva spesso rischiosi passaggi tra la linea difensiva e i 4 giocatori offensivi, tagliando fuori il reparto di centrocampo, la transizione al 4-3-3, o comunque le diverse caratteristiche degli interpreti, ha reso la circolazione di palla, forse meno brillante, ma probabilmente più cauta. Il 4-3-3 regala un uomo in più in mezzo al campo e linee di passaggio più fitte e sicure, pagando forse qualcosa nella fase di rifinitura e finalizzazione nell’ultimo terzo di campo. Ma la riduzione a 3 soli giocatori con caratteristiche offensive in campo, cambia in ogni caso il set di movimenti anche con strutture posizionali diverse, diminuendo i rischi e aumentando lo spirito conservativo della squadra.
I triangoli formati naturalmente dallo scaglionamento in campo del 4-3-3.
Per un allenatore anti—dogmatico come Allegri, la ricetta della solidità difensiva non poteva che comprendere vari ingredienti, tra i quali il modulo di gioco era solo uno e forse nemmeno il più importante. Le caratteristiche degli uomini in campo, per il tecnico bianconero, disegnano lo stesso modulo di gioco e in maniera ancora più profonda, il carattere tattico della squadra.
L’infortunio di Dybala ha probabilmente rimandato la questione, ma l’inserimento del fuoriclasse argentino nella Juventus vista nella seconda parte della stagione, rimane la nuova sfida per le capacità alchemiche di Massimiliano Allegri. La difesa, almeno per ora, è sistemata.