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Come si spiega il momento di forma della Fiorentina
29 ott 2024
Dopo un inizio di stagione difficile, i cambiamenti voluti da Palladino stanno dando i frutti sperati.
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IMAGO / NurPhoto
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«Quando li ho riuniti nel cerchio di centrocampo, ho detto ai ragazzi che, tra tutte le partite che ho fatto in Serie A, questa penso sia stata la più bella», ha risposto Raffaele Palladino. Il giornalista, in conferenza stampa, gli aveva fatto notare che, con la vittoria di domenica sulla Roma, era già riuscito a battere tutte le grandi del calcio italiano almeno una volta.

Un risultato notevole, visto che dall’esordio di Palladino in Serie A sono passati appena due anni e un mese. Scelto da Galliani e Berlusconi per sostituire Stroppa, Palladino si era presentato al campionato con la pelle perfettamente levigata e una t-shirt di Roberto Cavalli con il logo ben visibile: un abbigliamento buono per fare tavolo in discoteca più che per esordire in Serie A contro la Juventus. Oggi Palladino conserva un’abbronzatura e una lucentezza invidiabili, e nel frattempo i suoi outfit si sono raffinati, anche troppo. A essere cambiati rispetto a quella prima partita, però, non sono solo i suoi abiti.

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In tre stagioni di Serie A, il tecnico napoletano ha saputo mostrare facce diverse. Arrivato come discepolo di Gasperini, ha continuato a seguire il solco del suo maestro, inserendo però sempre più sfumature personali, a seconda delle esigenze e degli interpreti.

Il Monza della prima stagione era una squadra particolarmente tecnica, con Sensi e Rovella a centrocampo, e un’ala come Ciurria riconvertita a esterno. Quello del 2023/24, invece, ha avuto meno controllo sulla palla e da un certo punto della stagione in avanti si è impigrita sul gioco aereo di Milan Djurić (comunque non del tutto una cattiva idea quando si ha disposizione un giocatore del genere).

Al di là dei cambiamenti, Palladino ha convertito il Monza in una squadra di metà classifica, risultato che gli è valso la chiamata della Fiorentina. La dirigenza viola ha scelto un allenatore diverso da Vincenzo Italiano, più paziente col pallone tra i piedi e meno aggressivo in non possesso. Col suo predecessore, però, Palladino condivideva la volontà di orientare la fase difensiva sull’uomo.

Insomma, c’era una base comune da cui ripartire, ma nonostante questo Palladino ha provato da subito a metterci del suo. Intenzionato a schierare la difesa a tre proposta a Monza, il nuovo allenatore ha iniziato adattando Biraghi nella posizione di centrale sinistro e ha continuato a puntare sulle incursioni di Martínez Quarta dalle retrovie.

L’inizio, però, non è stato dei migliori. La Fiorentina ha faticato a superare i playoff di Conference League e ha pareggiato con le neopromosse Parma e Venezia, prima di raccogliere solo un punto tra Monza e Atalanta (che l'ha battuta in casa). Alla quinta giornata ha battuto la Lazio al Franchi ma senza convincere, per poi pareggiare 0-0 contro l’Empoli. Una partenza da cinque partite senza vittoria (se si esclude quella ai rigori contro la Puskas Akademy nei playoff di Conference League).

La svolta è arrivata alla settima giornata, con il 2-1 sul Milan. Da allora, in Serie A "la Viola" ha battuto il Lecce per 6-0 e la Roma per 5-1. Certo, il campione di partite è piuttosto ridotto, e visto che non siamo neanche a novembre non avrebbe senso esaltarsi per il momentaneo quarto posto. Tuttavia, le statistiche mostrano come i risultati della Fiorentina non siano casuali e come la squadra di Palladino abbia mostrato davvero un volto diverso nelle ultime uscite.

Secondo i dati StatsBomb, infatti, la Fiorentina al momento è terza in Serie A per totale di Expected Goals prodotti: 12,34 da cui ha ricavato 17 gol, rigori esclusi (in totale sono 20). Nemmeno nel caso delle statistiche difensive i numeri si discostano troppo dalla classifica reale: la Fiorentina è sesta per Expected Goals subiti (sempre esclusi i rigori), 7,44, da cui sono stati incassati 9 gol, segno di come vi siano margini di miglioramento. Il dato più incoraggiante riguarda senza dubbio la pericolosità dei tiri concessi, dove la Fiorentina lascia agli avverari 0.07 xG per tiro, terzo miglior rendimento della Serie A, superato di poco solo da due squadre eccellenti senza palla come Napoli (0.06) e Juventus (0,05).

Vista la situazione e visti i numeri viene spontaneo chiedersi come abbia fatto la Fiorentina a risalire la classifica nelle ultime partite e cosa sia cambiato rispetto all’inizio di stagione.

Una difesa meno spregiudicata

Il cambio più evidente ha riguardato l’interpretazione della fase difensiva. Dalla partita contro l’Empoli, la Fiorentina ha adottato la difesa a quattro, con Comuzzo e Ranieri coppia centrale e Dodô e Gosens terzini. Più che la linea arretrata, però, è cambiato l’atteggiamento in generale.

Avevamo imparato a conoscere la Fiorentina di Italiano come una squadra radicale in fase di non possesso, sempre votata ad un pressing alto che, in alcuni casi, le era costato errori grossolani e parecchi gol subiti. I viola lo scorso anno erano quarti in Serie A per pressioni nella metà campo avversaria e sesti per riaggressioni nella stessa zona di campo. Forse per una questione di continuità, Palladino all’inizio aveva provato a difendere in maniera aggressiva, anche se meno spregiudicata: la Fiorentina, prima della gara col Milan, era quartultima in campionato per PPDA, 9,45 (segno che concedeva poche azioni in media alla squadra avversaria). Questa era in realtà una novità per Palladino, che a Monza si era dimostrato uno dei meno aggressivi degli allenatori gasperiniani. La scorsa stagione il Monza era ultimo per pressioni e riaggressioni effettuate nella metà campo avversaria per 90 minuti (rispettivamente 46,66 e 15,71). Difendere in modo aggressivo, evidentemente, non era nelle corde del nuovo allenatore che così, pian piano, ha adottato un comportamento più mite.

Se consideriamo le ultime partite, quelle della svolta contro Milan, Lecce e Roma, i numeri sono cambiati in modo abbastanza netto. Negli ultimi tre turni di Serie A, il PPDA si è alzato a 15,53. Le pressioni esercitate nella metà campo avversaria per 90 minuti si sono ridotte da 68 a 48,67, quasi venti in meno. Le pressioni effettuate a tutto campo sono passate da 136,50 a 124,33, ma non è stata altrettanto drastica la diminuzione dei palloni conquistati pressando: dai 29,50 delle prime sette giornate si è passati ai 27,33 degli ultimi tre turni, segno quindi di una maggior efficienza se rapportata al minore numero di tentativi.

Anche le riaggressioni nella metà campo avversaria sono diminuite, dalle 19,17 per 90 minuti delle prime 7 giornate alle 15,33 delle ultime tre. Le riaggressioni lungo tutto il campo sono passate da 26,67 a 20,33, con i palloni recuperati in questa fase passati da 3,33 a 2,67.

Insomma, la Fiorentina è meno aggressiva, aspetta più bassa e ripiega un po’ di più rispetto alle prime gare. Ed è interessante osservare il modo in cui questi numeri si traducono sul campo.

La Fiorentina difende con un 4-4-2 di partenza in cui alle due punte spetta il compito di schermare i centrocampisti avversari, evitando di pressare la prima costruzione. Nonostante la scelta di non aggredire da subito, la linea difensiva rimane alta, così da tenere la squadra compatta.

In concomitanza con l’atteggiamento più prudente, anche il riferimento sull’uomo è diventato meno netto: attaccanti e centrocampisti badano un po’ di più a tenere la posizione. Come ha detto Palladino, «abbiamo modificato qualcosa a livello di principi di gioco: adesso non andiamo più uomo su uomo, stiamo coprendo un po’ di più gli spazi». Questo però non significa che alcune uscite sull'uomo non siano rimaste.

Il fatto di rimanere corti rende più agevole, per i difensori, uscire in avanti sull’avversario, che a causa della densità fa più fatica a girarsi. Chi più di tutti si è avvantaggiato di questo nuovo modo di difendere è Pietro Comuzzo, classe 2005, che a sorpresa si sta affermando come miglior centrale della Fiorentina. Comuzzo ha tempismo nelle uscite in avanti e può avvalersi di un fisico da corazziere, con cui ha limitato anche una punta della stazza di Dovbyk. La scelta di passare alla linea a quattro e di puntare su di lui e Ranieri ha permesso di rinunciare a un terzino adattato come Biraghi, poco abituato quindi ad agire da centrale, e a Martínez Quarta, tanto utile con la palla quanto fragile nella difesa pura: anche dalla scelta dei giocatori passa questo momento di maggior solidità della Fiorentina.

Non solo i centrali, comunque, hanno mantenuto il riferimento a uomo. Contro la Roma, che giocava con la difesa a tre e gli esterni a tutta fascia, i terzini Dodô e Gosens dovevano uscire sul quinto del proprio lato. Particolare è stato anche l’atteggiamento di Colpani, esterno destro del 4-4-2. Mentre contro la Roma ha mantenuto la posizione sulla seconda linea, contro Milan e Lecce che giocavano con la difesa a quattro aveva il compito di seguire il terzino che si alzava sul suo lato (Theo contro il Milan, Gallo contro il Lecce): in questo modo, contro due squadre che schieravano un terzino e un’ala, la Fiorentina passava a cinque in difesa, con Dodô che stringeva da terzo centrale e Colpani esterno basso.

Per quanto riguarda i due mediani Adli e Cataldi, invece, inizialmente il loro compito è controllare la propria zona. Man mano che il baricentro si abbassa, però, il riferimento sull’uomo diventa più forte. Nella partita contro la Roma, ad esempio, a Cataldi toccava spesso marcare Pellegrini o Dybala e quando la Fiorentina si trovava a difendere nella propria trequarti per Cataldi non era raro abbassarsi sulla linea dei difensori come un vero terzo centrale di destra.

Insomma, Palladino sembra aver trovato il giusto equilibrio con un mix tra difesa dello spazio e attenzione per l’uomo, che permetta ai difensori di uscire in maniera aggressiva sul riferimento ma che al contempo dia loro maggior sostegno grazie alle distanze corte.

Una fase offensiva piena di energia

Va da sé che un modo di difendere del genere condiziona anche la fase offensiva. Contro Milan e Roma, che cercavano il controllo della palla, aspettando più bassa la Fiorentina ha potuto attaccare in transizione. I giocatori di Palladino si stanno dimostrando a loro agio ad attaccare a campo aperto, situazione alla quale il Franchi non era più abituato dopo gli ultimi anni passati a cercare un dominio territoriale che la povertà tecnica della rosa di Italiano non era in grado di sostenere.

Oggi, se la Fiorentina recupera palla sulla trequarti, sa quali riferimenti cercare per risalire il campo. Colpani e Gudmundsson hanno lo spazio per dribblare e condurre. Kean, proponendosi spalle alla porta, tiene botta ai difensori e riesce a mandarli fuori strada coi controlli orientati, grazie ai quali si gira e ribalta il campo. Anche Beltrán, nella partita contro la Roma, ha dimostrato qualità simili, eludendo la pressione col primo tocco. Bove, Gosens e Dodô, poi, hanno il passo per accompagnare le transizioni.

Anche gli attacchi posizionali sono piuttosto diretti. Così come nelle ultime tre partite Palladino ha modificato la fase difensiva, il nuovo allenatore ha snellito anche la fase offensiva: la Fiorentina è passata dal 57% di possesso palla delle prime sette partite di Serie A al 47% delle ultime tre. Il numero di passaggi in open play si è ridotto da 447 per 90 minuti a 402,33.

Quando costruisce, questa nuova versione della Fiorentina di Palladino riduce all’osso i tentativi di giocare attraverso il pressing con passaggi rasoterra. La viola vuole attrarre l’aggressività degli avversari, ma in modo da allungarli per poi lanciare verso gli attaccanti e cercare il recupero della seconda palla. È stata questa la strategia che ha permesso di sconfiggere Milan e Roma.

A effettuare il lancio spesso era direttamente De Gea, che lo indirizzava verso la fascia sinistra, dove si spostava anche Kean per andare al duello aereo coi difensori. Su quella corsia, pronti ad aggredire il rimbalzo c’erano due giocatori energici come Bove e Gosens. Anche la seconda punta che accompagnava Kean – Gudmundsson contro il Milan e Beltrán contro la Roma – doveva girare intorno all’attaccante della Nazionale per addomesticare la seconda palla.

È una strategia che funziona, non solo perché la Fiorentina occupa con le posizioni e i tempi giusti la zona in cui cadrà la seconda palla, ma anche perché Kean è un attaccante spigoloso da affrontare per qualsiasi difensore. All’ex juventino non serve nemmeno vincere il duello aereo, gli basta piantare il corpo per rendere scomodo il colpo di testa al difensore, che finirà così per mandare la palla tra i piedi di un giocatore della Fiorentina.

Raggiunta la trequarti, la squadra di Palladino, a seconda della situazione, può andare subito in porta oppure assestare il possesso, magari cercando Colpani aperto a destra. Quando l’ex Monza riceve, di solito c’è sempre un compagno pronto a tagliare, perché Colpani è specializzato nel cercare il passaggio in diagonale dalla fascia verso il fondo del campo. È stata una situazione che la Roma ha sofferto particolarmente e che, tra le altre cose, ha portato all’espulsione di Mario Hermoso.

Se la Fiorentina prova ad occupare con più uomini la metà campo avversaria, si rivela fondamentale il lavoro di Cataldi e Adli nell’accompagnare l’azione. La nuova coppia di centrocampo è un altro dei motivi dietro i miglioramenti delle ultime giornate. L’infortunio di Mandragora, di certo, deve aver incoraggiato Palladino a puntare su due profili del genere. In maniera diversa, sia Cataldi che Adli sono centrocampisti di tocco, col primo più abituato a tenere la posizione e il secondo più portato a sganciarsi. Visto il modo in cui costruisce la Fiorentina, i mediani non sono chiamati tanto a sfidare la pressione quanto ad accorciare in avanti una volta conquistata la seconda palla, per farsi vedere e assestare il possesso.

Se poi gli avversari aspettano in maniera passiva, come è accaduto contro il Lecce e in parte contro il Milan, i due possono farsi vedere per prendere palla dai difensori e costruire con più calma. Sia Cataldi che Adli hanno il piede per verticalizzare per gli uomini tra le linee – contro il Lecce sulla trequarti stringevano Bove nel mezzo spazio di sinistra e Beltrán/Gudmundsson in quello di destra – oppure per lanciare direttamente in profondità.

Dopo un inizio a singhiozzo, la Fiorentina si è messa nelle condizioni di riaccendere, finalmente, l’entusiasmo tra i suoi tifosi. Come detto, il campione di partite su cui valutare i cambi proposti da Palladino è ridotto, ma i segnali positivi sono innegabili. Oltretutto, paiono esserci margini di miglioramento. Gudmundsson non dovrebbe rimanere fuori ancora per molto e lui dev’essere il giocatore in grado di fare la differenza col pallone tra i piedi. Vedremo se in un sistema difensivo più accorto anche Pongračić, fuori per infortunio, renderà secondo le attese, magari accompagnando Comuzzo. E chissà, forse Richardson riprenderà a brillare come aveva fatto con la maglia del Reims.

In ogni caso, saranno già le prossime partite a testare la consistenza dei viola. Non sempre la Fiorentina incontrerà squadre a cui lasciare il possesso come Milan e Roma, che le hanno permesso di ripartire in campo aperto, né un avversario passivo come il Lecce, che ha reso piuttosto facile per la squadra di Palladino attaccare in maniera posizionale.

Ciò che è più importante, però, è che le premesse per vivere un'altra stagione entusiasmante sembrano esserci tutte.

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