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Gatto nero, gatto bianco
31 mar 2016
Da dove viene e come gioca Luka Doncic, il prossimo fenomeno del basket europeo.
(articolo)
19 min
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“Quando gioco provo le stesse emozioni di quando sogno”

[Luka Doncic]

Mosca, 7 gennaio 2016

Il Real Madrid, senza le sue stelle Sergio Llull e Rudy Fernandez, si ritrova sotto di 5 punti nel secondo quarto della gara di Top 16 di Eurolega. Il CSKA di De Colo e Teodosic è, insieme al Fenerbahce, la squadra maggiormente candidata alla vittoria finale e sembra ben avviata verso il successo anche in questa partita, dopo i primi 15 minuti di gioco. Ecco, sembra…

Coach Pablo Laso, a corto di alternative e di idee, a metà secondo quarto si volta verso la panchina indicando un bimbetto biondo e dagli occhi vispi: “Luka!”. Il ragazzo entra in campo sostituendo l’unica stella rimasta sana dei blancos, Sergio Rodriguez, ma un minuto dopo il Cska sull’ennesima palla persa madrilena agguanta il +7. Laso è infuriato e paonazzo, obbligato a chiamare un timeout rabbioso che coinvolge anche il neo–entrato: «Un cazzo di schema!! Chiamate quello che volete ma giocate un cazzo di schema!!» gli ringhia in faccia.

Mettetevi per un attimo nei panni di Luka: avete 16 anni, siete appena entrati al posto dell’ex–MVP dell’Eurolega, avete preso un cazziatone dal vostro allenatore e ricevuto palla dalla rimessa chiamando il gioco “Horns Down” per i campioni d’Europa in carica, contro l’Armata Rossa che vi aspetta dall’altra parte del campo… voi come reagireste? Il “bimbetto” di nome Luka ha fornito la seguente risposta:

Nove punti in meno di 3 minuti e il gap ridotto ad una sola lunghezza certificano l’arrivo del nuovo fenomeno del basket europeo. Ma non sono solo quelle tre triple in fila a lasciare sbalorditi. Ci sono anche rimbalzi nel traffico, passaggi ai compagni con tempistiche perfette, la maturità nel gestire da playmaker la squadra. Questo e tanto altro è Luka Doncic.

Un ragazzo speciale, vuoi per l’anno di nascita – il 1999, l’ultimo del Vecchio Millennio – vuoi per la famiglia o per il sangue serbo–sloveno che gli scorre nelle vene. Per questo Luka è “Gatto nero, gatto bianco”, titolo dell’esilarante film del geniale regista slavo Emir Kusturica, cui abbiamo affidato il compito di diluire con il classico, ironico pragmatismo balcanico il racconto di questa storia. Per una bidimensionalità naturale, presente dalla nascita e rimasta crescendo. Nel passaporto, nel suo ruolo in campo, per le scelte future e pure per le movenze felpate.

Non crei fraintendimenti il riferimento ai due colori opposti del Tao: nessun buio sembra infatti incombere sul presente di Luka, ma solo tanta luce. Godiamocelo, prima che quelli dall’altra parte dell’oceano ci rubino i migliori anni della sua vita.

Nascere a Lubiana

“Il mio Murat è un uomo così buono, che si dà ai vizi per riposarsi della sua bontà”. Così Kusturica citava sua madre in riferimento a suo padre. E se un minimo conosciamo la cultura slava, siamo certi sia una frase che tanti altri figli hanno sentito dire alle proprie madri.

Quella di Luka non dovrebbe far eccezione, pur con i dovuti aggiustamenti in chiave moderna. Papà Saša – da cui Luka, ormai due metri, ha preso sicuramente la stazza – nasce nel 1974 in un piccolo villaggio sloveno confinante con Gorizia, dove nonno Doncic – serbo, come conferma il patronimico - presta servizio alla dogana. Una famiglia serba in Slovenia quindi, in un’epoca in cui la presenza del maresciallo Tito tiene insieme quell’incredibile melting pot linguistico-culturale conosciuto come Yugoslavia.

Saša diventa presto un giocatore di interesse nazionale, gioca addirittura un europeo giovanile nel 1991 prima di dover scappare per un anno a Belgrado a causa dello scoppio del conflitto balcanico. Dopo il ritorno in Slovenia con tanto di cittadinanza, darà inizio a una carriera professionistica di tutto rispetto, culminata in una splendida stagione di Eurolega in maglia Olimpija Lubiana nel 2008 e la grande amicizia col sempiterno Jasmin Hukic, che ora è al Cibona a far da chioccia. Oggi Saša è un allenatore professionista, lavora anche per la federazione slovena e ha recentemente aperto una scuola di basket nella periferia di Lubiana, il KK Ilirija (terza divisione), ispirata, come dice lui stesso al nostro registratore, «al modello della Stella Azzurra per lo sviluppo dei giocatori e come idea di management sportivo».

Saša è un guascone, con lo sguardo vivace e il temperamento sanguigno tipico dei serbi, un’esuberanza che sicuramente facilita la conquista della signorina Mirjam Poterbin, modella, ballerina e futura madre di Luka, unanimemente riconosciuta come una delle più belle donne del paese. Ai tempi del regime di Tito i cugini comunisti cinesi si sarebbero congratulati col governo per quest’unione: il DNA incrociato di un grande giocatore di basket serbo e quello di un’affermata danzatrice non poteva che partorire un qualcosa di raro, e nel 1999 nasce infatti Luka Doncic.

Forse nemmeno la fecondazione in vitro avrebbe potuto partorire una così stupefacente fusione: il corpo di un cestista moderno, i piedi e la coordinazione di una ballerina, il talento innato per controllare il tutto in modo completamente naturale. Chiudere le penetrazioni nel traffico non è mai stato così facile, ma a noi fa impazzire più di tutti il fondamentale della virata-e-tiro a 00:36

Luka si dimostra fin da subito un bambino iperattivo, e a 2 anni non riesce a star fermo nemmeno quando siede sulle gambe di papà Saša. Come si poteva facilmente prevedere, si nota ben presto quella propensione ad ogni tipo di sport – incluso il judo – tipica dei popoli balcanici, ma il gene della pallacanestro attecchisce più di tutti gli altri, e non è difficile capirne i motivi quando si ha un padre professionista nella propria città da andare a vedere ogni domenica.

Come il piccolo Stephen Curry e papà Dell, Luka è a bordo campo già in tenera età alle partite del babbo, ed il primo a sollevare la coppa del titolo sloveno vinto dall’Olimpija nel 2008. Saša, uomo di sport dall’occhio esperto, ancora oggi è genuinamente stupito quando ci descrive le qualità del figliolo: «Fin dai primi approcci di Luka con il pallone sono rimasto impressionato dalla naturalezza con cui lo controllava, quasi accarezzandolo. Ho capito subito che si trattava di un qualcosa di speciale, Luka potrebbe giocare due giorni consecutivi senza fermarsi...».

Il talento di Doncic appare a molti come fuori dal comune già dalle elementari in Slovenia e fin dai primi passi con la storica maglia biancoverde dell’Olimpija. Spesso viene schierato contro giocatori di due anni più grandi senza risentirne – un tratto comune di tutta la sua carriera giovanile – e il suo nome inizia quindi ad apparire nei taccuini degli scout di molte squadre europee: i più veloci ad accaparrarselo nell’estate del 2012, con una firma decennale e molteplici clausule per un futuro in NBA, sono i blancos del Real Madrid, ormai da anni all’avanguardia nell’investire e reclutare giovani talenti provenienti da tutta Europa.

A 13 anni, oltre alle rare doti fisiche – ai tempi era già 1.81, a 15 anni sarà 1.90, oggi neo 17enne è 2.01 – di Luka impressionano la fluidità nei movimenti, la visione di gioco (oltre ad un altruismo quasi esasperato) e l’eccellenza dei fondamentali individuali, a cominciare dallo splendido ed efficace tiro da fuori. Un altro tratto parallelo con il suo idolo sportivo, proprio Steph Curry, e nemmeno l’ultimo: l’incredibile range da molto dietro l’arco, il follow-through prolungato, l’armonica naturalezza del gesto dalla ricezione fino alla frustata del polso, il gomito e il braccio destri allineati a ginocchio e spalla e l’abitudine a stupire sono altri segni distintivi che Doncic ha in comune con il fenomeno degli Warriors. Per non farsi mancare nulla, il 30 aprile 2015, a 16 anni e 2 mesi, esordisce così nel massimo campionato spagnolo contro Malaga…

L’evoluzione del tiro da fuori di Luka Doncic negli anni è stata minima, tanto le basi sono meravigliose già così. Aumentano però la rapidità e l’altezza della palla all’inizio del gesto tecnico, miglioramenti destinati a consolidarsi nelle prossime stagioni

Crescere a Madrid

I Bulgari dicono sempre: "Fratello, se non puoi risolvere un problema con i soldi...beh, allora risolvilo con tanti soldi!" [Dadan]

Quello che più lascia a bocca aperta di Doncic – e che lo accomuna, almeno in questo stadio embrionale, alle origini delle più precoci stelle della storia del basket europeo – è che di anno in anno sia riuscito a "trasportare" il proprio bagaglio tecnico, il proprio set di movenze, letture, tiri, utilizzo del corpo, a un livello superiore.

I primi anni di Madrid sono piuttosto esaltanti e superano ogni aspettativa. Arrivare ad agosto 2012 dall'esperienza formativa di Lubiana e da campionati dove sei sempre il più piccolo aiuta molto, ma nelle stagioni successive il processo di crescita di Luka non da comunque mai segno di arrestarsi.

Prima il dominio incontrastato a livello Under 14, coronato con la vittoria della Minicopa 2013 contro gli acerrimi rivali del Barcellona. Una competizione chiusa come primo in classifica in tutte le principali voci statistiche: 38,5 di valutazione, 24.5 punti, 13 rimbalzi, 4 assist e 6 recuperi di media. Visto di peggio…

Poi la devastante stagione cadetti spagnola 2013-14, al cui termine e nonostante il solito dislivello di età, Doncic conquista i premi di MVP stagionale e della finale, miglior realizzatore e miglior assistman, con il surreale siparietto di premiazione dove Luka fa appena in tempo a ritirare un premio che deve già correre a ritirare il successivo, con un sorriso quasi imbarazzato dipinto sul volto ancora da bambino.

Il grande istinto per qualsiasi tipo di passaggio ha reso Luka un prospetto unico nel suo genere, considerando la combinazione di altezza, fisico e pericolosità nel tiro da fuori. E l’assist a 00:40 è un qualcosa di incredibile anche per l’Eurolega...

Siamo davanti al percorso di un “predestinato” fatto e finito, che a molti in Spagna ha ricordato quello di Ricky Rubio e che inevitabilmente porta con sé anche tutti gli effetti collaterali fuori dal campo. La relazione tra Saša e Mirjam, infatti, inizia a deteriorarsi ben presto: i due hanno dei bei caratterini, il matrimonio sembra andare stretto a entrambi e l’allontanamento inizia quando Luka è ancora in Slovenia, arrivando a divorziare nel 2010. E con “el futuro del baloncesto” come figlio le cose si complicano ulteriormente, soprattutto a causa dei diversi problemi economici interni da risolvere.

La soluzione ad ogni grattacapo diventa quindi il concetto sintetizzato nella citazione di cui sopra di uno dei protagonisti di “Gatto nero, gatto bianco”, il gangster gitano Dadan. Un pensiero, quello di risolverla “con tanti soldi”, che balugina nella testa della famiglia di Luka appena dopo l’esplosione madrilena del pargolo. I Doncic stanno ascoltando da tempo le offerte di tutte le più grandi agenzie, ma più che con l’esterno è tra di loro che non riescono a trovare un accordo, mentre nel frattempo la procura rimane nelle mani di Paco Lopez della Hoops International – che tra i clienti ha anche José Calderòn – e di Alvaro Tor, buon amico di Saša. Nel 2015 però arriva l’imprevisto passaggio alla BDA del potente Kike Villa Lobos. Come potreste sospettare, è il vil denaro a condurre i giochi e, grazie a un’opera di convincimento composta da un viaggio negli USA per tutta la famiglia e un (presunto) consistente “cadeau”, molti dei problemi, magicamente, sembrano scomparire…

https://twitter.com/euroligaplus/status/657300254883078144

Attenti a Luka: in meno di due secondi capisce che l'unico modo per avere una chance di separarsi dal difensore è tirare così, alla Dirk, recuperando in un battibaleno l'equilibrio e allineando tutto il corpo con il braccio destro nel cilindro. C'è tutto Doncic: la rapidità mentale, il talento nel coordinarsi, l'IQ nel riconoscere lo scadere dei 24 secondi, la fluidità incredibile del movimento nonostante la situazione d'emergenza… e la nostra Devotion.

Nel frattempo a Madrid Luka a 15 anni è già una stella. Frequenta insieme al compagno di stanza Dino Radoncic (altro gran prospetto) il liceo internazionale dove il Real manda i giovani stranieri della sua scuderia, e grazie ai dolci lineamenti ereditati dalla madre è tra i più ambiti dell’intera scuola. Ragazzine adoranti lo attendono fuori dagli allenamenti per l’autografo o i selfie per i social sui quali Luka è attivissimo, ma nonostante gli faccia (ovvio) piacere il giovane fenomeno non sembra lasciarsi distrarre troppo dal binomio fama&donne.

È il padre che ancora una volta ne parla, riportando la seguente risposta alla più classica delle domande che un genitore possa fare al proprio figlio: «My girlfriend is basketball». Dichiarazione tanto passionale quanto sincera, che ritrae perfettamente l’idea della maturità del ragazzo, oltre che di un già ben radicato spirito competitivo, ambizioso, e di un’etica lavorativa che lo rende ancor più speciale.

Dunque Doncic possiede la testa “giusta” e una “fame” di basket ai limiti dell’ossessione - come testimoniato dai suoi stessi compagni di squadra “senior”, Felipe Reyes in primis - che lo porta ad una ripetizione di gesti quotidiana e a una ricerca dell’alienazione da qualsiasi possibile distrazione che ricordano sinistramente l’approccio al Gioco di Drazen Petrovic. Non a caso, insieme a Rubio e Mirza Delibasic, uno dei pochissimi del basket europeo ad essere stato decisivo quando ancora la maggiore età era ben lungi dall’arrivare. Non a caso, tre mammasantissima che sono stati accostati alle possibili evoluzioni di Luka.

Il lavoro in palestra paga soprattutto a livello di tecnica, a maggior ragione quando si è giovani. E questo specifico fondamentale - penetrazione con floater à-la-Tony Parker - è pura poesia cestistica e conseguenza di un lavoro, oltre che di un talento, straordinario

Esplodere a Madrid

“La mia insegnante di inglese al ginnasio ci parlò di un russo che aveva detto che se nella prima metà di un libro compare una pistola, si può star certi che nella seconda sparerà.” [Axel]

Considerando quanto fatto nella scorsa stagione (2014-2015) a livello Under 16, si può legittimamente parlare di dominio: pur essendo sempre tra i più giovani, Doncic ha comunque portato a casa l’MVP della finale juniores, il premio come miglior passatore e l’MVP dell’Adidas Tournament durante le ultime Final Four e contro un altro nostro pallino, la guardia Aleksandar Aranitovic della Stella Rossa. Ora, anche se chiaramente non possiamo già parlare di dominio in ACB e in Eurolega, è lecito chiedersi, nonostante i soli 17 anni compiuti il 28 febbraio, quale possa essere l'apice. In altre parole, dove può arrivare un’evoluzione che a oggi pare travolgere tutto?

Mentre cerchiamo di elaborare una risposta - comunque aleatoria considerata l’età e una fase di crescita fisica non ancora conclusa - forniamo una lista di alcuni dei record che Luka Doncic si sta divertendo a distruggere a livello senior:

– più giovane di sempre in ACB con almeno 15 punti e 22 di valutazione in una partita (16 anni e 9 mesi)

– più giovane di sempre in ACB a catturare 9 rimbalzi (16 anni e 11 mesi)

– più giovane a vincere una Copa del Rey (portando il suo contributo), battendo Rubio (16 anni e 11 mesi)

Una delle qualità più innate del talento di Luka e che più ci hanno fatto innamorare: il passaggio a tutto campo due-mani-petto. Millimetrico come un quarterback. A 13 anni o in Eurolega non sembra faccia molta differenza.

Da sempre Luka sembra possedere quell’innata consapevolezza di tutto quello che gli sta succedendo attorno, delle caratteristiche dei propri compagni di squadra e degli avversari. Un IQ cestistico superiore - e quella luce negli occhi difficilmente ingannerebbe - che lo porta anche contro squadre d’Eurolega ad avere un decision making da veterano, senza alcun timore o esitazione. Molto spesso la scelta fatta è la migliore per la propria squadra, così come lo spiazzante - per un teenager - cinismo nel riconoscere una situazione di potenziale vantaggio da concretizzare, meglio se con un assist. Attitudine figlia di una tecnica strepitosa e frutto sia dell’appartenere da sempre e - ancora una volta - proprio come Curry al mondo “pro” grazie alla carriera del padre, sia dei rudi, efficienti e storici tecnici dell'Olimpija Lubiana e del Real.

Una maturità tecnica che, unita al controllo del corpo e al talento, ha portato tutti i coach avuti finora a battezzarlo quasi sempre come loro playmaker di riferimento. Impossibile non farsi ingolosire da quella combinazione di altezza (a livello giovanile ancor più evidente) e visione di gioco: una strada che pure il coach campione d’Europa Pablo Laso ha voluto percorrere immediatamente, usando Doncic come cambio di Sergio Rodriguez sia in campionato che in Europa durante l'assenza di Llull.

Un utilizzo che ha fatto sorgere il più grosso dei "MA" finora registrato su Luka Doncic: quello di “playmaker” sarà il suo ruolo, ammesso e non concesso che ancora di ruoli si possa parlare nel 2016? O, meglio ancora: Luka Doncic può avere un ruolo fisso, delle mansioni prescritte, essere inquadrato in una posizione?

Un giocatore che si crea in ACB e in Eurolega un tiro in questo modo non può avere 17 anni. E invece per Luka Doncic la penetrazione con finta di passaggio è già diventata il marchio di fabbrica, e uno dei movimenti che più l’hanno immortalato negli highlights della Liga Endesa

Gatto nero, gatto bianco: Serbia o Slovenia?

“Ho cittadinanza slovena, ma io sono serbo!”

E la nazionale?! Già, bella domanda… Nonostante abbia speso tutta l’infanzia e l’adolescenza nel più mitteleuropeo dei paesi della penisola balcanica, dallo sguardo e dalle parole di papà Saša trasudano orgoglio e senso di appartenenza alla cara madre Serbia, carburanti naturali della sua fiamma competitiva. Come spiegato magnificamente da Sergio Tavcar nel suo libro sulla storia della pallacanestro jugoslava, sono proprio il gioco e la competizione la forza motrice del rapporto tra i serbi e lo sport, una spinta interiore che sembra esser stata tramandata dal padre al figlio: “In serbo-croato esiste un verbo praticamente intraducibile: "nadmudrivati", letteralmente fare a gara a chi è più saggio, in questo caso astuto, ed il "nadmudrivanje suparnika" – essere più astuto dell’avversario è l’unico scopo di qualsiasi gioco...”

Ma Luka non ha solo un padre serbo: in lui scorre anche il sangue sloveno di mamma Mirjam, incrocio biologico peculiare di alcuni dei grandi protagonisti sloveni del recente passato - come Rasho Nesterovic – e del presente – come i fratelli Dragic. Un connubio genetico-culturale quasi perfetto per l’archetipo del giocatore europeo ideale: il fuoco della competizione e l’amore per il gioco tipico dei serbi, bilanciati dalla bonaria, laboriosa tranquillità degli sloveni.

Luka, e non da oggi, è finito ovviamente nel mirino di entrambe le nazionali, con i serbi a corteggiarlo da diverso tempo contando anche sull’orgoglio paterno. Come Figaro che canta nel Barbiere di Siviglia “Tutti mi vogliono tutti mi cercano”, Luka può vantare un seguito tipico dei giocatori generazionali, in una corsa per ottenere i suoi servigi a cui si è unita senza troppe velleità anche la Spagna – caso-Mirotic docet.

Va detto che Luka - sia per l’essere nato a Lubiana, sia per l’affetto per la mamma che per i ricordi d’infanzia - finora ha sempre postato foto sul suo profilo Facebook solo con la canotta della Slovenia giocandoci anche in un torneo amichevole, in attesa della scelta definitiva che avrà un’influenza non trascurabile sulla sua carriera.

The Best Comparison: Luka Doncic

“Che senso ha vivere se qualcuno ti ha già spiegato la differenza tra una mela e una bicicletta? Se mordo una bicicletta e faccio un giro su una mela allora scoprirò la differenza.” [Axel]

Se provassimo a rispondere infine alla domanda su ruoli e futuri di Luka non sapremmo sinceramente sceglierne uno su tutti, e diffidiamo sempre di chi ha già certezze categoriche su talenti 17enni.

C’è chi, come il padre, rivede in lui le movenze di Toni Kukoc e le visioni di Bodiroga e Teodosic - un mix illegale e forse esagerato. Ad altri invece per gli istinti ricorda un Rubio con molto più tiro, ma fisicamente è molto diverso dal play dei T’Wolves e trattasi comunque di un paragone forzato: poterlo mettere nelle condizioni di creare per se stesso e per gli altri senza le incombenze tipiche del portatore di palla ci sembra la situazione ottimale per la realizzazione di tutto il suo potenziale, al netto del fattore-continuità che al solito farà la differenza tra un buon giocatore e una superstar.

Una guardia-ala con carta bianca e licenza di uccidere dunque, posizione che difficilmente gli vedremo ricoprire al Real, visto che le necessità di vittoria e i ritorni di Llull e Fernandez hanno ridotto minuti ed esperimenti tattici. In una Badalona da EuroCup, come fu per Rubio e Rudy, le libertà avrebbero potuto essere ben maggiori, dando un’idea più chiara sulla sua evoluzione e sulle sue comfort-zone, che prevede comunque un necessario e sensibile miglioramento sul piano difensivo, dove non si può certo dire Luka abbia brillato in questo primo anno da senior.

I difetti di Luka sono principalmente legati a concentrazione e adattamento a livelli di intensità, di spazi e di velocità comunque nuovi, mentre atletismo ed esplosività non mancano, pur non essendo d’elite. Preoccupano forse un po’ di più i problemi di passività sui portatori di palla e sulle linee di passaggio, ma al Real ne sono ben consci e già al lavoro per eliminarli

L'idea portante della psicologia della Gestalt è che il tutto sia superiore alla somma delle singole parti, concetto che si applica alla perfezione anche al Luka Doncic giocatore. La sua forza sta proprio nella versatilità, nella naturalezza con cui può destreggiarsi tra più ruoli, nei gesti, nei fondamentali. Cercare di dargli una collocazione porta automaticamente ad una visione limitata e limitante del suo infinito potenziale, e la sua completezza offensiva non può non far venire in mente il nome di Danilo Gallinari, da cui però Luka differisce nello chassis.

L’istinto per il passaggio e la fantasia sul campo sono troppo evidenti per non pensare a un play-guardia postmoderno - qualcuno ha sussurrato un Pete Maravich bionico del 2020, mentre Zoran Dragic ha profetizzato un futuro superiore a quello del fratello, attuale play di Miami - ma è probabile piuttosto che siamo di fronte a un caso che farà “giurisprudenza”, rinnovando regole e consuetudini del Gioco e creando termini di paragone per le nuove generazioni di cestisti.

Oppure, semplicemente, basterebbe rivedere i secondi quarti giocati da Luka fino al rientro di Llull in Eurolega in questo 2015–16, le uniche volte cioè in cui gli sia stata data l'opportunità di giocare minuti "veri" per portare il proprio reale impatto sulla partita. Ovvero essere un "game changer", uno che fa la differenza per la sua squadra quando è in campo, anche a 17 anni non ancora compiuti e al massimo livello europeo. Come quella volta in cui la rising star serbo-slovena ha riportato avanti, da assoluto padrone del parquet, i suoi blancos contro il Fenerbahce tritatutto e la difesa di Re Obradovic, partendo da un deficit di 12 punti (16-28)...

16–0 di parziale e Obradovic costretto al timeout.

In soli 5 minuti di una gara di Eurolega.

Ladies and gentlemen, remember the name: Luka Doncic.

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