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Guida al Mondiale: Francia
03 giu 2014
Come la Nazionale del '98 i Bleus di Deschamps partiranno sfavoriti e dovranno riuscire a trovare fiducia strada facendo. Alla fine per vincere il titolo bastano soltanto sette partite.
(articolo)
16 min
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Un Mondiale di calcio significa, quando va bene, una serie di sette partite (almeno a cominciare dal Mondiale tedesco del 1974). Non si deve per forza giocare al proprio massimo in tutte le sette partite. L'ideale anzi sarebbe giocarle in crescendo. Un Mondiale si può vincere in due modi: giocando nettamente meglio degli altri o restando imbattuti per sette partite consecutive (anche dagli undici metri, ovviamente). Noi lo sappiamo bene dopo che nel 2006 siamo riusciti nell'impresa di vincere un Mondiale subendo solo un gol su azione (un autogol, per la precisione) ma dovrebbero saperlo anche i francesi se guardando indietro al loro ciclo dorato 1998-2000 stessero attenti ai significati calcistici invece che a quelli metaforici.

Che la Francia in quanto Paese non ami veramente il calcio è un sospetto diffuso anche tra coloro che in Francia il calcio lo amano davvero. Sembra assurdo ma per capire lo stato d'animo dei francesi nel 2014 bisogna ancora parlare del Mondiale vinto in casa più di quindici anni fa. La cultura calcistica francese più recente si riduce quasi esclusivamente al 1998 (considerando anche come è finito l'OM di Tapie) e il successo ha spinto la Francia a rispecchiarsi in buona fede nella propria Nazionale, una squadra ben affiatata resa mitica dalla vittoria; diventata la dimostrazione pratica di come si possa essere francesi anche senza dimenticare le proprie origini antillesi o nordafricane, e che le differenze interne possono essere superate e trasformate in punti di forza.

Il New York Times dell'epoca vedeva la vittoria come una risposta «ai propositi anti-immigrazione di Le Pen e del Front National che negli ultimi anni ha accresciuto la propria popolarità». I problemi sono cominciati nel 2001, poco dopo l'11 settembre, durante un Francia-Algeria sospeso per invasione di campo e preceduto dai fischi all'inno. La Nazionale ha continuato a funzionare da specchio, stavolta non delle virtù ma dei problemi del Paese, e i calciatori agli occhi dello spettatore medio francese sono diventati una versione ripulita e viziata dei coatti di periferia che incendiano macchine e cassonetti.

La Marsigliese fischiata allo Stade de France. Segue invasione di campo, Silvestre che scappa mezzo nudo, Thuram che minaccia un tifoso, gente che si ruba le bandierine del calcio d'angolo.

Gli esempi più lampanti di questo scollamento sono l'uscita di scena di Zidane nel 2006 (la trasformazione da supereroe a villain) e lo sciopero del 2010: quando la squadra capitanata da Evra, dopo l'allontanamento di Anelka che aveva insultato Domenech, si è rifiutata di scendere dall'autobus per protesta. Ma anche gli insulti ai giornalisti di Nasri durante l'Europeo del 2012, la questione della “quenelle” di Anelka (anti-sistema o anti-semita), le minacce ai giornalisti di Evra prima della partita con l'Ucraina o la distruzione simbolica dell'autobus del 2010 da parte dell'Adidas (che nel frattempo non è neanche più lo sponsor della Nazionale).

Forse ancora più significativa, perché coinvolge direttamente il gruppo del '98, la questione delle “quote” del 2010. Laurent Blanc, a quel tempo allenatore, si è espresso (registrato di nascosto) in favore dell'introduzione di quote che limitassero il numero di giocatori con doppia nazionalità nei centri di formazione nazionali (dove vengono raccolti e cresciuti i migliori talenti), per evitare di investire soldi e tempo in calciatori che poi magari scelgono di giocare per la Nazione del padre o del nonno. Anziché riflettere sulle motivazioni e sulle conseguenze di una decisione del genere il dibattito è slittato sulla questione se Blanc fosse o meno razzista. Lilian Thuram non lo ha difeso e Dugarry, consulente Canal +, è intervenuto dicendo che Thuram quando parla «sembra un giudice della Corte Suprema», che anche lui non ha la coscienza pulita dato che dopo la finale del '98 ha chiesto ai giocatori di colore dello spogliatoio di farsi una foto con la coppa solo tra di loro.

La vicenda ha macchiato retroattivamente un gruppo idealizzato, come anche la biografia di Emmanuel Petit (l'uomo del terzo gol nella finale) amara nei confronti di Zidane accusato di essere troppo vicino ai «potenti» francesi. Quando poi Deschamps è diventato allenatore della Nazionale al posto di Blanc questo non ha nascosto il rancore: «Non sono mai andato in vacanza con lui quindi da questo punto di vista non cambia niente».

Ma ancora oggi, in un clima da resa dei conti, la Francia non può fare a meno di guardare al 1998 in cerca di una soluzione. Cominciando proprio da Didier Deschamps, che nel 1998 faceva da allenatore in campo (in attesa, forse, che il simbolo più autentico del 1998, Zidane, abbia finito la gavetta al Real Madrid). Il 1998 non è solo un fardello ma anche una grande storia calcistica che potrebbe ispirare i francesi quest'estate. Anzi, li ha già ispirati per superare lo spareggio contro la durissima Ucraina (dopo l'andata sembrava piuttosto di rivivere la delusione del '94, quando la Francia di Cantona e Papin e Ginola ha saltato il Mondiale americano perdendo in casa con la Bulgaria). L'eroe dello spareggio con l'Ucraina è stato Mamadou Sakho, che come Thuram nel 1998 (contro la Croazia, in semifinale) ha segnato i suoi primi due gol in Nazionale nella stessa partita (per Thuram sono stati anche gli unici due gol in Nazionale). Ovvero: un coatto parigino, cresciuto nel quartiere a maggioranza africano della Goutte d'Or, senza il padre da quando ha tredici anni e con sette persone tra fratelli e sorelle a cui badare, che dopo la doppietta al ritorno è andato in tv e ha pianto dall'emozione.

Per una squadra che ha dato il meglio nel momento di maggiore difficoltà persino la recente vittoria di Le Pen (figlia) alle europee potrebbe fare da elemento aggregatore. La Nazionale può tornare a rappresentare la parte migliore della Francia e dimostrare sul campo la stupidità dei propositi razzisti del Front National.

Il Mondiale per la Francia è cominciato lo scorso novembre con lo spareggio contro l'Ucraina. Al ritorno nessuno fischia La Marsigliese e quelli che gridavano di più le parole erano i bambini ai piedi dei giocatori.

Questo se secondo voi una squadra di calcio può rappresentare in qualche modo lo spirito di un Paese. Ma anche se pensate che non c'è nessun legame tra il Paese reale, qualsiasi esso sia, e la sua Nazionale di calcio, il 1998 può essere una buona chiave per guardare alla Francia che andrà in Brasile tra qualche giorno. Quella del '98 era una squadra equilibrata, corta tra i reparti e con un baricentro alto per l'epoca. La Francia di Aimé Jacquet giocava con un 4-3-2-1 flessibile, con Karembeu e Petit ai lati di Deschamps sempre vicino ai centrali di difesa e Zidane e Djorkaeff alle spalle di Guivarc'h o Dugarry. Una squadra soprattutto forte fisicamente ma anche tecnica, ordinata, organizzata, che ha affrontato ogni partita pensando solo all'avversario che aveva di fronte. Ogni partita dagli ottavi in poi è stata insidiosa, hanno rischiato di venire eliminati dall'Italia con un tiro di Baggio nei supplementari, di andare ai rigori con il Paraguay e poi si sono trovati sotto 0-1 con la Croazia a inizio secondo tempo. E ogni volta hanno trovato nuove forze e nuove idee per andare avanti.

Per Deschamps allenatore sarebbe stato impossibile cercare emuli degli eroi del '98, anzi ha preferito lasciare fuori dalle convocazioni Samir Nasri: l'ultimo dei presunti eredi di Zidane (ruolo che prima è toccato a Gourcuff). Dato che trovare undici giocatori di quella qualità sarebbe impossibile anche chiudendo un occhio su disciplina e spirito di squadra (anche se la Francia è Campione del Mondo Under 20, quindi su un po' di qualità può contare), per Deschamps è stato più utile ispirarsi ai valori di fondo di quella squadra cercando di creare un gruppo completo senza scendere a compromessi con le individualità più complicate.

Così, dopo il 4-2-3-1 spento dell'andata con l'Ucraina, la Francia è passata per la partita di ritorno a un pragmatico 4-3-3. Cioè ha tolto Nasri e inserito Cabaye per invertire il triangolo al centro del campo (passando cioè da un triangolo con vertice alto a uno con vertice basso).

All'andata in Ucraina Nasri ha passato molto della sua partita a pestarsi i piedi con Ribery e Matuidi a sinistra, oppure scendendo troppo basso, dietro le linee anziché tra le linee. Magari non meritava di diventare il capro-espiatorio della sconfitta, ma di sicuro era un pesce fuor d'acqua e senza di lui la Francia è più fluida.

Quando Deschamps dice che è stato lo stesso Nasri a dichiarare che non vuole stare in panchina non sta dicendo che non avrebbe sopportato di tenere Nasri in panchina controvoglia, ma che il pericolo era che Nasri se ne andasse in giro a mettere in dubbio le sue scelte (come sembra abbia fatto in passato con Blanc) mettendogli lo spogliatoio contro. Se questo è quello che pensa di Nasri, la scelta di Deschamps non ammette repliche (anche la Francia del Mondiale brasiliano comincia da questa mossa fondamentale e anche la Francia del '98 è stata costruita cominciando dalle esclusioni eccellenti di Cantona e Ginola).

Dal punto di vista del gioco però si è privato di uno dei giocatori più tecnici e uno dei pochi che avrebbe saputo giocare tra le linee. Il che non è detto che sia un male. Anzi, ci dice due cose sulla Francia che ha in mente Deschamps: che giocherà prevalentemente con il 4-3-3 e che uno dei giocatori fondamentali è Valbuena (di fatto Nasri sarebbe partito comunque dalla panchina e al suo posto c'è Clément Grenier del Lione: più educato e all'occorrenza può giocare anche mezz'ala).

Il movimento costante di Valbuena alle spalle dei centrocampisti avversari e la qualità dei suoi passaggi sono forse più importanti dei dribbling e delle corse di Ribéry per questa Francia.

Escludendo Nasri, Deschamps si è liberato anche del problema della sua collocazione tattica: nel Manchester City parte da sinistra con compiti ridotti in fase di costruzione e in Nazionale ha dimostrato di non avere le spalle abbastanza larghe per caricarci sopra il resto della squadra. Quindi non avrebbe potuto giocare né al centro né a sinistra, dove solo i problemi alla schiena possono mettere in discussione la presenza di Ribéry [oggi ha iniziato a girare la voce che non parteciperà al Mondiale ma al momento di mettere online questo pezzo niente è ancora ufficiale ndr]; ; né meriterebbe di togliere il posto a destra a Valbuena, appunto, dato che “le petit vélo” (la “biciclettina” come lo chiamano) di origini spagnole ha fatto sempre bene con la maglia bleu. Partendo dall'esterno per inserirsi nello spazio alle spalle dei centrocampisti Valbuena libera la fascia per le discese di Debuchy e assicura quella linea in più fondamentale per collegare il centrocampo con la sola punta, costringendo al tempo stesso uno tra il terzino e il centrale difensivo avversario a uscire dalla propria linea per seguirlo. Valbuena (recordman per gli assist al tiro nel campionato francese, 2,6 a partita, in un testa a testa con il colombiano James Rodríguez del Monaco) sfrutta proprio il buco lasciato da Nasri e dà equilibrio a un sistema che senza di lui rischia di essere troppo verticale.

Oltre a Valbuena e Ribéry sembrerebbe certo anche il triangolo di centrocampo: Cabaye al centro, Matuidi a sinistra e Pogba a destra sono partiti titolari in tutte le amichevoli successive alla qualificazione (contro Olanda 2-0, Norvegia 4-0, e Paraguay 1-1). Anche in questo caso il concetto fondamentale sembra essere l'equilibrio, con Cabaye playmaker che si abbassa tra i centrali difensivi per incaricarsi del primo passaggio, Pogba che può fare quello che vuole con la palla tra i piedi e Matuidi sempre pronto ad accompagnare l'azione.

Al centro della difesa Deschamps deve scegliere tra le due coppie alternate fin qui: Sakho-Koscielny o Mangala-Varane. Deschamps, a differenza ad esempio di Prandelli, ha la fortuna di poter scegliere tra quattro centrali abituati a giocare con la difesa a quattro in squadre altamente competitive (Liverpool, Arsenal, Porto e Real Madrid). Mangala (ambidestro) è meno irruento di Sakho (mancino naturale) e altrettanto dominante in marcatura, forse sbaglia anche di meno con la palla tra i piedi ma Sakho è l'eroe della partita con l'Ucraina e in campo il suo carisma si sente. Oltretutto nel Liverpool di Rodgers si assume spesso il rischio della verticalizzazione rasoterra tra le linee, una giocata che potrebbe tornare utile nelle partite contro gli avversari più chiusi. Koscielny e Varane hanno caratteristiche diverse: Koscielny è più simile agli altri due e può essere utile contro una coppia di attaccanti; Varane è il difensore più tecnico in rosa e ha vinto la sua prima Coppa dei Campioni partendo titolare in finale. In teoria potrebbe essere utile per giocare con una linea più alta ma la “salida lavolpiana” di Cabaye rischia di rendere inutile questo aspetto.

La “salida lavolpiana” serve per ottenere la superiorità numerica sul pressing avversario. In questo caso Cabaye viene a prendersi una palla in una zona in cui non c'è bisogno di lui.

La linea di difesa troppo bassa con la palla tra i piedi è uno dei più grandi punti deboli di questa Francia. Sakho e Koscielny contro il Paraguay sono andati in difficoltà dopo neanche un minuto sul pressing avversario e per gestire il pallone con tranquillità a volte si abbassano fino a metà della propria metà campo. Le distanze lunghe da coprire mettono in difficoltà Cabaye, non abituato e forse non adatto a coprire così tanto campo (nel Psg prende spesso il posto di Verratti come secondo play in aggiunta a Thiago Motta), e frenano la spinta dei terzini. Anche proprio per non isolare i centrali di difesa e offrire una linea facile di passaggio in più Deschamps molto probabilmente preferirà Evra al giovane Lucas Digne sulla sinistra.

Una linea difensiva più alta esalterebbe il contributo di Pogba e il dinamismo di Matuidi, permettendo a Valbuena di restare più vicino alla porta avversaria e ridurrebbe al minimo i limiti fisici di Cabaye. Diminuirebbe però anche il controllo che la Francia esercita con il possesso palla, una caratteristica che sembra fondamentale più per dare sicurezza a Deschamps che per un reale bisogno della squadra.

Dalle amichevole più recenti, per colpa anche di avversari inferiori sotto tutti i punti di vista, non è venuta fuori una chiara identità di gioco. La squadra di Dechamps è sembrata dominatrice e aggressiva a tutto campo nella partita di ritorno con l'Ucraina ma poco lucida in avanti, una squadra unita e messa bene in campo ma non organizzatissima. Almeno non al livello di alcune Nazionali che al prossimo Mondiale giocheranno quasi con gli automatismi di un club. Una squadra che corre il rischio di sbilanciarsi alla ricerca di una superiorità numerica che compensi la prevedibilità dell'impostazione da dietro, con la difesa bassa lontana dal resto della squadra e il solo Cabaye a fare da tramite. Un possesso palla che le avversarie non faticano a controllare e che espone a ripartenze pericolose in caso di errore. In fase offensiva, poi, contro le squadre chiuse, la Francia dipende dalla vena creativa dei suoi uomini migliori e dalle corse di Matuidi, ma neanche nelle vittorie più larghe ha espresso un gioco davvero convincente.

Trovarsi con sette giocatori oltre la linea del pallone nella metà campo avversaria dopo tre minuti di gioco non è normale. In questo caso è una situazione giustificabile con il fatto che dovevano recuperare il 2-0 dell'andata, ma è un rischio che la Francia corre in generale. Soprattutto se i difensori centrali restano fuori dall'inquadratura.

Purtroppo Deschamps ha preferito non portare vere e proprie alternative a Cabaye, in caso di sua sostituzione nel ruolo di play ha giocato Pogba. Forse avrebbero fatto comodo ricambi più fisici come Étienne Capoue del Tottenham (ha giocato qualche partita delle qualificazioni) o Jérémy Toulalan, forse un'altra vittima della volontà di Deschamps di tagliare i ponti con il passato. Le uniche sostituzioni possibili in quel reparto sono Rio Mavuba (più adatto, sembrerebbe a rimpiazzare Matuidi) e Moussa Sissoko (entrato finora o come esterno d'attacco o come mezz'ala al posto di Pogba).

In attacco, oltre ai problemi fisici di Ribéry, l'unico dubbio riguarda chi partirà titolare tra Karim Benzema e Olivier Giroud. Il più dotato è senza dubbio Benzema, utile sia per cercare la profondità che per combinare tra le linee. Contro l'Olanda ha segnato il primo gol tagliando in diagonale e calciando di prima e ha dato il via all'azione del secondo triangolando con Matuidi e servendo sulla corsa Valbuena. Però Giroud ha giocato molto bene sia contro la Norvegia, segnando due gol abbastanza assurdi, sia contro il Paraguay, e le sue abilità aeree potrebbero tornare utili sui cross. In generale la presenza di Giroud in area di rigore è più significativa di quella di Benzema.

Anzi, Benzema è abituato a svuotare l'area per Cristiano Ronaldo e avrebbe bisogno di qualcuno capace di inserirsi con e senza palla negli spazi che crea. In questo senso più che Ribéry, che vuole comunque la palla sui piedi, potrebbero essere utili Antoine Griezmann o Loïc Rémy. Non vanno sottovalutate le chance di nessuno dei due, anche se, come detto, Valbuena e Ribéry partono davanti.

A ventitré anni Griezmann ha già giocato più di cento partite in Liga e i 17 gol segnati quest'anno testimoniano di un trequartista in grado di sostituirsi alla punta e potrebbe fare da simil-Cristiano Ronaldo per la Nazionale. Griezmann sa anche giocare tra le linee meglio di quanto non faccia Ribéry quando si accentra per ricevere la palla sui piedi, possono giocare insieme e in caso mancasse il giocatore del Bayern Monaco sarebbe il suo migliore sostituto. Rémy invece sembra più adatto a fare coppia con Giroud, partendo largo e finendo in area per un eventuale cross o sponda dell'attaccante dell'Arsenal. Disciplinato in copertura, anche se non è un grande difensore, Rémy può fare l'ala e la seconda punta al tempo stesso (ma lontano dall'area di rigore perde molto).

CONCLUSIONE

Molto dipenderà dalle scelte di Dechamps e dagli undici che scenderanno in campo. A mio avviso la Francia è inferiore a molte squadre sul piano del palleggio ma potrebbe essere un'ottima squadra da contropiede, con un baricentro basso e linee di difesa strette e un 4-1-4-1 in fase difensiva. Va detto però che una cosa di questo tipo si è vista solo contro l'Olanda, con avversari inferiori gli esterni restano abbastanza alti anche quando la palla ce l'hanno gli avversari. Addirittura potrebbe tornare utile il 4-2-3-1 (riapparso nella partita con la Norvegia), con Matuidi alzato sulla linea dei trequartisti e Pogba a fianco a Cabaye. E forse la formazione più competitiva in assoluto potrebbe essere quella con Valbuena dietro Benzema e Ribéry e Griezmann sui lati.

E qui torniamo all'inizio. Un Mondiale è composto da sette partite e per la Francia si tratterà anzitutto di superare un girone alla portata, almeno sulla carta, con solo la Svizzera a contenderle il primo posto. Se riuscisse ad arrivare prima la aspetterebbe un ottavo di finale con la seconda classificata nel girone di Argentina, Bosnia, Nigeria e Iran. Sulla carta, abbordabile anche questo. Ammesso che arrivi fino a lì, la Francia potrebbe giocarsela con tutte e anche un eventuale quarto di finale con la Germania non la vede nettamente sfavorita come invece sarebbe stata fino a un paio di anni fa. Anche la Francia del '98 non partiva favorita alla vigilia e si è trovata strada facendo. In Brasile ci saranno squadre superiori a questa Francia, alcune di molto, ma se un Mondiale è fatto di sette partite ogni partita è fatta di novanta minuti. E giocando al massimo, o in crescendo, ogni minuto di quei novanta questa Francia se la può giocare con tutte.

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