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Guida al Mondiale: Portogallo
30 mag 2014
Con la stessa formazione da più di due anni, la Nazionale sembra affidarsi ancora una volta alle giocate di C. Ronaldo. Riuscirà il c.t. Paulo Bento a rendere la sua squadra meno prevedibile?
(articolo)
13 min
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LA DIFFICOLTÀ DEL SUPEREROE IN UNA SQUADRA NORMALE E IL SOGNO PROIBITO DI UNA FINALE TRA SELEÇÃO.

Nel 1500 una flotta portoghese è arrivata sull'altra sponda dell'oceano, forse per caso, guidata da tale Pedro Álvares Cabral (ma c’è chi dice che arrivò per secondo). Non avevano la più pallida idea di dove si trovassero, ma qualche anno più tardi alcuni loro connazionali decisero di rinominare quei territori con il nome di un albero, dalla resina di un colore rosso brace (brasa in portoghese), molto diffuso nelle regioni litoranee. Brasil. Quando, 513 anni dopo, le magiche palline dei sorteggi FIFA hanno rivelato che il Portogallo avrebbe dovuto affrontare la Svezia di Ibrahimović, forse il rivale più forte negli spareggi per il Mondiale, un brivido profondo ha attraversato tutti i lusitani: il Portogallo rischiava di non andare in Brasile, un paradosso storico talmente grande da aprire pensieri su universi paralleli.

La tripletta di Cristiano Ronaldo in Svezia ha chiuso tutte le possibilità del multiverso: il Portogallo andrà in Brasile, com’è naturale che sia. Oltre agli infiniti legami culturali tra i due Paesi, anche le due Nazionali sono molto legate, e molti sognano una finale Seleção contro Seleção. Pepe, difensore centrale del Real Madrid, è nato e cresciuto in Brasile, ma gioca per la Nazionale portoghese. Scolari, l’attuale allenatore del Brasile, ha allenato per ben sei anni il Portogallo, raggiungendo i migliori risultati nella storia di quella Nazionale (ad eccezione del terzo posto del 1966, la vetta più alta in assoluto). Infine, c’è un episodio che inquieta entrambi: nel 2004, gli Europei si giocarono in Portogallo e la squadra allenata da Felipão arrivò in finale, da favorita, contro la modesta Nazionale greca, e perse. Per i portoghesi, un brutto ricordo; per i brasiliani, ma soprattutto per il loro allenatore, un cattivo presagio da allontanare al più presto.

Per la pubblicità di una nota birra portoghese, Paulo Bento raccomanda di non dubitare mai della formazione iniziale. In effetti, lui non ha dubbi: è la stessa da più di due anni.

THE NORMAL ONE

Il Portogallo vive una fase di profondo shock calcistico. Un giorno si è svegliato ed ha scoperto che il vicino di casa era diventato il padrone del quartiere, rispettato e invidiato da tutti, e persino emulato. Quel vicino è la Spagna, che dopo una vita passata a non vincere niente o quasi, ha cominciato a vincere tutto. Il Portogallo invece prosegue imperterrito sull’antico sentiero.

Tutto ciò nonostante l’evoluzione significativa del movimento calcistico portoghese nell’ultima decade: 2 Europa League, 1 Champions League, 1 Coppa Intercontinentale, forse il miglior allenatore del mondo (Mourinho) e l'attuale Pallone d'oro (C. Ronaldo). Il campionato è il quinto più importante in Europa, dietro alla Serie A e davanti alla Lega francese; il Benfica e il Porto sono costantemente tra le prime dieci del ranking UEFA. Non basta: serve una vittoria della Nazionale per rendere il movimento calcistico portoghese protagonista a livello mondiale.

Fino a quattro anni fa sembrava un obiettivo irraggiungibile: la squadra era allenata da Carlos Queiroz, con scarsi risultati, e sembrava un naufrago alla deriva. La Federazione decise di cambiare guida tecnica, ma ci vollero più di 10 giorni per arrivare a una decisione: nel frattempo, si era pensato persino a una soluzione ponte con Mourinho allenatore part-time, ma Florentino Pérez disse di no.

A quel punto, qualcuno immaginò che un giovane allenatore, Paulo Bento, 35 presenze in Nazionale da giocatore, ex coach del miglior Sporting Lisbona degli ultimi anni, potesse essere l’uomo giusto al posto giusto. In effetti, la scelta diede ottimi risultati: il Portogallo, nonostante le disastrose prime partite di Queiroz, riuscì a qualificarsi per l’Europeo del 2012. Senza la bacchetta magica, ma semplicemente applicando il buon senso, Paulo Bento decise di costruire una squadra solida, puntando sulle poche eccellenze a sua disposizione, ed in particolare sulla stella della squadra, Cristiano Ronaldo, che conosce molto bene. L’attuale allenatore era ormai a fine carriera nello Sporting quando Cristiano si affacciò in prima squadra: insieme giocarono per una sola stagione (2002-2003). Queiroz aveva pensato di sopperire all’eterna carenza di centravanti schierando Ronaldo da prima punta, ruolo che a lui non piaceva. La prima cosa che fece Bento fu proprio spostare Ronaldo nella sua posizione preferita: leggermente defilato sulla sinistra, per permettergli micidiali diagonali e aprire l’angolo di tiro sul piede preferito. Piano piano, CR7 si è caricato la Nazionale sulle spalle, fino a diventarne capitano e leader indiscusso.

Della partita contro la Svezia, non so se mi entusiasma di più la splendida tripletta di Ronaldo o la commovente cronaca di Nuno Matos. Il tutto con sottofondo di navicelle spaziali, o qualunque cosa rappresentino quegli strani rumori.

CALCIO-TENNIS

Tra i due grandi duellanti del calcio mondiale, Messi e Ronaldo, c’è qualcosa in comune: il loro difficile rapporto con le rispettive Nazionali. In entrambi i casi, infatti, ci si aspettava di vedere gli stessi fuoriclasse della Liga o della Champions League. Non è ancora accaduto; ma adesso, grazie ad allenatori più abili e pazienti, stanno lentamente aumentando il livello delle loro prestazioni in Nazionale.

Sotto la direzione di Queiroz, infatti, Cristiano Ronaldo ha segnato solo 3 gol in 18 partite, una miseria; con Paulo Bento, ne ha segnati 24 in 32 partite, diventando il capocannoniere storico della Nazionale con 49 gol totali. Persino António Simões, compagno di Eusebio ai tempi del grande Benfica, sostiene che Ronaldo è ormai il più forte giocatore della storia del calcio portoghese, sottolineandone però la natura egoistica, rispetto al campione nato in Mozambico e scomparso proprio a inizio 2014. In questa stagione, Ronaldo ha dato probabilmente il meglio di sé, vincendo la Coppa del Re e la Champions League; la Scarpa d’oro e il Pallone d’oro; il titolo di capocannoniere sia della Liga che della Champions League (record storico con 17 gol). In totale, 58 gol nella stagione 2013/2014. Ha vinto "la Decima" con il Real Madrid proprio a Lisbona, diventando, grazie ad un rigore al 120’, protagonista mediatico di una partita in cui era stato sostanzialmente anonimo.

Il problema è che il resto della squadra non è affatto al suo livello, e per quanto Paulo Bento possa aver lavorato bene, c’è sempre l’impressione che lo spartito di Ronaldo sia troppo difficile da comprendere per i suoi compagni.

Le due partite di spareggio contro la Svezia hanno rafforzato quest’idea, oltre a fornire un’impressione particolare sull’evoluzione del gioco del calcio. Mai uno scontro tra due squadre è sembrato ridursi davvero a un confronto tra due calciatori: da una parte C. Ronaldo, dall’altra Ibrahimović. Quasi un grande match di tennis, con un continuo scambio di colpi, alla fine (tra andata e ritorno) il portoghese ha battuto lo svedese per 4-2. Oltre a sottolineare l’incredibile talento dei due grandi solisti, quelle due partite hanno anche evidenziato come una squadra normale finisca per essere soggiogata dalla presenza di un fuoriclasse: troppo diverso da tutti gli altri, troppo più forte. In definitiva, una soluzione troppo facile per tutti i problemi: palla a Ronaldo.

La formazione del Portogallo è sempre la stessa dal 2011: la catena laterale sinistra è quella decisiva, con Coentrão che attacca gli spazi aperti da CR7. Nani preferisce arrivare sul fondo; Moutinho è l’uomo decisivo per equilibrare fase difensiva ed offensiva.

QUASI UN CLUB

Per sopperire a questo problema e per non rendere la squadra troppo dipendente da un solo giocatore, Paulo Bento ha pensato bene di trasformare la Nazionale in una squadra di club. In quattro anni di gestione, solo 51 giocatori convocati; ma soprattutto, un undici di base molto solido, tant’è che i giocatori dell’esordio mondiale contro la Germania dovrebbero essere esattamente gli stessi dei playoff di qualificazione agli Europei, giocati contro la Bosnia nel novembre del 2011. Non solo non esiste altra Nazionale con tale continuità, ma neppure una squadra di club è in grado di mantenere la stessa formazione di partenza a distanza di più di due anni e mezzo. L’importanza del gruppo è testimoniata anche dal taglio di Quaresma, lasciato fuori dalla lista dei 23 nonostante un’ottima stagione. In rosa non c’è un’alternativa migliore per sostituire i due intoccabili attaccanti esterni, ma l’ex interista non è famoso per le sue capacità di fare gruppo, e così si spiega la sua esclusione.

I risultati sembrano dalla parte dell’allenatore portoghese. Nel 2012, il cammino della Nazionale portoghese si è interrotto in semifinale, ai rigori contro la Spagna, dopo una partita in gran parte dominata (ma praticamente senza tiri in porta).

È una Nazionale da grandi partite, che soffre un po’ contro avversari mediocri. Infatti, il Portogallo si è qualificato ai Mondiali dopo aver molto sofferto. Nel girone è arrivato dietro la Russia per un punto, a causa di risultati deludenti contro squadre modeste (due pareggi contro Israele, un pareggio in casa contro l'Irlanda del Nord). Paradossalmente potrebbe essere meglio che il Portogallo sia finito nel "girone della morte" con Germania, Usa e Ghana.

Il Portogallo gioca un 4-3-3 piuttosto elastico: spesso in fase difensiva si trasforma in un 4-1-4-1, con Veloso a schermo davanti alla difesa e Ronaldo-Nani a coprire sulle fasce. A volte, Bento ricorre al 4-2-3-1, con Meireles secondo centrocampista difensivo, soprattutto contro squadre che passano molto per le vie centrali, e Moutinho nel ruolo di incursore dietro la punta Hélder Postiga.

In fase offensiva, i due terzini spingono molto, soprattutto Coentrão. La sua posizione alta sul terreno di gioco permette a Cristiano Ronaldo di affiancarsi all’unica punta, così da dialogare con scambi veloci e triangolazioni, e avvicinarlo alla porta avversaria.

Il Portogallo prova ad attaccare sia con il controllo nella metà campo avversaria, sia con contropiede rapidi, con risultati profondamente diversi.

Nel primo caso, infatti, la circolazione di palla è spesso troppo lenta: sia nell’uscita iniziale dalla difesa, con Pepe ed Alves non proprio a loro agio nell’impostazione; poi con Veloso, molto abile nei lanci lunghi ma più in difficoltà nei passaggi di breve distanza; sulla trequarti poi manca un vero numero 10 in grado di velocizzare il gioco, che infatti tende a ristagnare. Il punto forte della squadra di Paulo Bento è la transizione offensiva rapida: una volta recuperato il pallone nella propria trequarti (la fase difensiva tende ad essere bassa), Veloso (o ancora meglio, Moutinho) lancia in velocità per C. Ronaldo o per Nani, che si sistemano molto larghi sulle fasce per dettare il movimento verso l’interno.

Le due partite contro la Svezia rappresentano pienamente questo dualismo: nella partita di andata, i portoghesi erano costretti a fare gioco, con risultati pessimi. La Svezia, sistemata con un ordinato 4-4-2, aspettava molto bassa, concedendo il controllo della palla agli avversari, che però non sapevano bene cosa farne. L’unica idea portoghese sembrava essere il cross verso l’area (ben 63 in tutta la partita!), non proprio la migliore strategia contro i due centrali svedesi. Alla fine, il gol di Ronaldo è arrivato proprio su un cross dalla sinistra, di testa, ma quasi rasoterra, a pochi minuti dalla fine.

Al ritorno, invece, la Svezia, dopo un primo tempo giocato con grande attenzione per non lasciare spazio dietro la linea difensiva, si è lentamente aperta ed ha concesso campo, nel quale il tridente di Bento si è scatenato. Cristiano Ronaldo ha segnato in tutti i modi: tagliando da destra verso il centro, su assist di Moutinho; attaccando la profondità sulla sinistra; tagliando in diagonale da sinistra verso destra. Non era mai nella stessa posizione, e così ha mandato in tilt i centrali svedesi.

Il 4-1-4-1 del Portogallo (maglia rossa) in fase difensiva: c’è troppo spazio tra le due linee (guardate la distanza tra Nani e Pereira sulla fascia destra). Un consiglio agli avversari: mettere un trequartista, o un incursore rapido, tra le linee. Un consiglio per Paulo Bento: meglio Carvalho davanti alla difesa, perché Veloso è troppo lento.

LE SCELTE DI BENTO

Contro la Svezia si sono visti anche alcuni difetti della Nazionale portoghese: in particolare, i difensori centrali statici con difficoltà nel salire e accompagnare la squadra. In questo modo, lasciando troppo spazio tra le due linee, rendono molto pericolose le azioni degli avversari, ritrovandosi spesso 1 contro 1.

Il problema nasce anche dal ruolo difensivo di Veloso: quando la squadra difende non riesce a proteggere la difesa. Ibrahimović ha capito subito il problema, e dopo pochi minuti si è sistemato proprio lì, tra le linee, creando molti problemi al Portogallo. A quel punto, Meireles ha dovuto abbassarsi spesso per aiutare il proprio compagno, dando luogo a una sorta di doble pivote, lasciando Moutinho più avanzato con il compito (svolto con grande qualità) di servire le ripartenze di Ronaldo. Paulo Bento ha poi corretto ancora il centrocampo, inserendo William Carvalho, giovane centrocampista dello Sporting, al posto di Meireles, non granché a suo agio a protezione della difesa. Il cambio ha avuto gli effetti sperati, e in parte ha aperto anche una domanda sulla titolarità di Veloso, che appare l’anello debole della squadra, mentre Carvalho sembra perfetto in quella posizione: più abile nel difendere, ma anche molto più veloce nella circolazione del pallone e nell’impostazione iniziale.

Inoltre, c’è un grande problema di transizioni difensive: con Nani e Ronaldo esterni e Postiga centravanti, una volta perso il possesso nessuno dei 3 ritorna in modo continuativo, rendendo troppo facile per gli avversari arrivare in zona pericolosa. L'idea di giocare in ampiezza e di mantenere il possesso palla dovrebbe comportare la “riduzione” del campo, cioè la linea di difesa dovrebbe salire, cosa che invece non fa.

Per finire, il Portogallo soffre ancora della sindrome del principe azzurro, cioè il centravanti, che non arriva mai. Anche in questa edizione del Mondiale, i portoghesi non hanno un numero 9 decente: considerate che Hélder Postiga ha giocato 139 minuti nella Lazio senza che qualcuno se ne sia accorto; e in tutta la stagione ha segnato 4 gol in 28 partite, condite da vari infortuni. La sua riserva, Hugo Almeida, gioca nel Besiktas, ha segnato in tutto 15 gol, e almeno sembra sano (oltre ad aver giocato bene in Svezia come spalla di Ronaldo). Si alterneranno spesso durante il Mondiale, ma forse neppure ce ne accorgeremo. Ogni altro tentativo di sistemare vari giocatori nella posizione di prima punta, vedi Ronaldo con Queiroz, è naufragato. Prima o poi nascerà un grande centravanti portoghese, me lo sento. Nel frattempo, bisogna arrangiarsi.

CONCLUSIONI

Un grande campione costretto a giocare in una squadra normale è come un supereroe nascosto tra le persone normali, non come Superman ma come Clark Kent: impacciato e remissivo. Al Portogallo capita spesso di avere grandissimi solisti poco accompagnati dal resto della squadra: da Eusebio a Futre, da Rui Costa a Figo, tutti hanno dovuto convivere con giocatori impresentabili tipo Abel Xavier o Cadete.

Decenni di grandissimi campioni, e persino un Europeo disputato in casa, non sono bastati per portare a casa un trofeo internazionale. Nonostante un notevole sforzo di immaginazione e di studio del calendario, non riesco a capire come potrebbe il Portogallo riuscire nel grande colpo proprio ai Mondiali brasiliani. Non significa che sarà in Brasile solo per divertirsi: la squadra si conosce a memoria, e superare il girone darebbe una maggiore fiducia nei propri mezzi. Nelle grandi partite, inoltre, i portoghesi sembrano esaltarsi; e quando hai il Pallone d’oro in squadra, le sfide a eliminazione diretta possono riservarti anche sorprese positive.

Una serie di interrogativi aperti lascia spazio anche a grandi preoccupazioni. Nell’ultimo periodo proprio Cristiano Ronaldo ha avuto una serie di guai muscolari che ne hanno condizionato il rendimento e che forse lo condizioneranno anche in Brasile. Tutto il Portogallo si augura di no, ma è una possibilità. Sull’altra fascia, Nani, uno dei più grandi talenti meno espressi del calcio internazionale, da due stagioni è un fantasma nel Manchester United, e non solo per gli infortuni.

Inoltre, è vero che la squadra è ormai talmente amalgamata da sembrare un club, ma c’è il rovescio della medaglia: il Portogallo è troppo prevedibile, e forse il gruppo è anche un po’ logorato da un ciclo molto lungo, che avrebbe dovuto essere alimentato con nuovi giocatori, possibilmente giovani. Non rimane che affidarsi a Superman Ronaldo.

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