Francesco Costa (@francescocosta):
C'è un dilemma che secondo me va avanti dal ritorno del Parma in Serie A, nel 2009, in quella stagione che forse si può definire il vero inizio dell'era Ghirardi: dove va il Parma? Vuole soltanto restare comodamente in Serie A o spera in qualcosa in più? Quella bella stagione 2009-2010 si concluse con un ottavo posto: in panchina c'era Guidolin, che non fu confermato dopo mesi di discussioni riguardo un suo presunto cattivo rapporto con la società. Quello che per il Parma sembrava un nuovo inizio si interruppe subito, anche perché a quella bella stagione ne seguì un'altra meno buona, cominciata con Marino e finita con Colomba. Poi un'altra, iniziata con Colomba e finita con Donadoni. Ora: Donadoni è indubbiamente l'allenatore del miglior Parma degli ultimi anni, ma il modo in cui è arrivato mi sembra piuttosto casuale: ho spesso questa sensazione quando guardo al Parma. Sembra che le cose cose semplicemente gli capitino, gli succedano per caso: a volte vanno bene e a volte no. Per esempio accade che quel Donadoni arrivato all'improvviso dopo Colomba – che era arrivato all'improvviso dopo Marino, che era arrivato all'improvviso dopo Guidolin – trova il modo di far girare bene la squadra e arriva una volta ottavo, una volta decimo e un'altra addirittura sesto. Però non riesce ad andare in UEFA per un'imbarazzante stupidaggine burocratica: è capitato. Ghirardi prima si dimette, poi ci ripensa e torna presidente: è capitato. La squadra del sesto posto in questo momento si ritrova ultima. Dove va il Parma?
Alfredo Giacobbe (@la_maledetta):
Parma, la città a misura d'uomo. Parma, la città verdiana. Parma, la piazza tranquilla dove si può fare grande calcio. Da oggi, anche a Parma, c’è qualcosa di stonato. C'è una squadra che è ultima in classifica e che una stagione fa, grazie a una striscia di diciassette risultati utili consecutivi, si issava al sesto posto. Del calcio offensivo mostrato al Tardini, quello con i terzini alti come attaccanti, quello con sette uomini ad assediare l’area avversaria, non c'è più neanche l’ombra. L’autorevolezza della dirigenza del patron Ghirardi e del plenipotenziario Leonardi, già messa in dubbio questa estate per l’affaire Europa League, è stata minata se non abbattuta dai fattacci di Bergamo – tifosi che contestano, parmensi, really?
L’isola felice rischia di diventare l’isola che non c’è. Sono tanti gli esempi di squadre partite per fare tutt’altro campionato e che poi si sono ritrovate invischiate nelle sabbie mobili della lotta per la salvezza, senza saperne uscire. Due esempi su tutti: la Fiorentina nel 1992-93 fu capace di sfiorare il secondo posto nel girone d’andata, salvo poi piombare in una crisi irreversibile, finendo retrocessa; la Sampdoria, stagione di grazia 2010-11, a Settembre giocò e perse il preliminare di Champions League col Werder Brema e a Maggio si ritrovò ricacciata in B.
L’uscita di scena, poi ritrattata, del proprietario del club ha scombussolato i piani tecnici. Soprattutto in sede di mercato estivo, dove il programma degli operatori parmensi sembrava più di dismissione che di investimento (non mi soffermo per ora sul caso Biabiany). Donadoni si è ritrovato ad affrontare la stagione con un gruppo indebolito, con un ambiente demoralizzato e con una vacanza di potere in società. Tirare fuori la squadra dalle secche della zona retrocessione, dati i presupposti, sarà un’impresa complicatissima.
Francesco Costa:
Cosa mi hai ricordato. Quella Sampdoria arrivò a giocarsi il preliminare di Champions League grazie a quella partita che vinse all'Olimpico contro la Roma a quattro giornate dalla fine: contro la miglior Roma della stagione, prima in classifica da sola, che nel poteva segnare cinque gol e invece perse 1-2. L'Inter vinse lo scudetto, la Sampdoria arrivò terza – e l'anno seguente si sbriciolò. Perse in modo davvero balordo il preliminare di Champions contro il Werder Brema, poi perse il direttore generale appena subentrato a Marotta, poi perse Cassano che insultò il presidente e si fece cacciare, poi perse Pazzini, poi perse una montagna di partite tra cui un derby al novantasettesimo e finì in Serie B. Una di quelle stagioni in cui semplicemente va tutto storto. Tifo per la Roma e una parte di me desiderava che tutta quella sfortuna per la Sampdoria fosse una specie di maledizione contratta in quella partita lì. Ma la verità più banale è che arrivare inaspettatamente così in alto può creare grossi problemi a una squadra di metà classifica: può scombinare i piani e le casse, può spiazzare i dirigenti, confondere l'ambiente e creare conflitti e malumori tra i giocatori.
Rispetto all'anno scorso il Parma ha perso i titolari Amauri, Parolo, Molinaro, Gargano, Schelotto e Marchionni, più i rincalzi Rosi e Munari. Cassani si è fatto male alla schiena e ne avrà per altri due mesi almeno, Paletta è stato operato, Biabiany ha un'aritmia cardiaca e non si sa se e quando tornerà a giocare. Insomma il Parma dell'anno scorso non esiste più. La società quest'estate ha preso De Ceglie, Costa, Jorquera, Lodi e poi un po' di giovani dalle serie minori: scommesse. Donadoni ha cominciato la stagione col 4-3-3 e Belfodil al centro dell'attacco; poi è passato al 4-4-2, togliendo Belfodil e mettendo in attacco Massimo Coda, ultima stagione al Gorica in Slovenia. Ora sembra voglia passare di nuovo al 3-5-2. Ho letto recentemente che il Parma è la squadra che usato più giocatori diversi in questa stagione di Serie A: già 26. E siamo ancora alla settima giornata; e al Parma senza coppe non servirebbe fare turn over. L'impressione è che Donadoni non abbia ancora capito come fare giocare la squadra. Tutti i meccanismi che funzionavano bene l'anno scorso – Marchionni vertice basso a centrocampo, Cassano falso nove per favorire gli esterni Biabiany e Schelotto, i terzini alti in fase di possesso palla – sono impraticabili. Poi c'è un po' di sfortuna: il Parma ha perso contro la Roma per via di quella cosa incredibile di Pjanic all'ottantottesimo, ha perso contro il Genoa al novantatreesimo, ha perso contro l'Atalanta al novantesimo a causa di un errore di Mirante. Una di quelle stagioni in cui semplicemente va tutto storto. Almeno finora.
Alfredo Giacobbe:
Io vorrei parlare di mercato, non di quello povero della scorsa estate, ma di quello bulimico dell’anno prima. Nella sessione estiva 2013, il Parma mise a segno più di 300 operazioni di compravendita, stabilendo un record europeo. Una miriade di operazioni portate a termine con squadre italiane di ogni serie e con un paio di succursali straniere. Un’ipercinesia di mercato compiuta in nome della Dea Plusvalenza: la società ducale chiuse quella sessione con un attivo di 11 milioni. Questa pratica ha radici lontane in realtà perché fu messa a punto da Luca Baraldi, chiamato da Enrico Bondi a governare il primo Parma dell’era post-Tanzi. I complottisti – ce ne sono in ogni piazza – sostengono che i vertici UEFA hanno effettuato controlli fin troppo pedanti nei conti della società proprio perché indispettiti dalla spregiudicatezza di certe operazioni sul mercato. A un anno di distanza, il ritardo nel pagamento di un tributo ha estromesso il Parma da una competizione europea.
Dalle dimissioni di Ghirardi, il cambio di rotta è stato netto: Leonardi ha lavorato per tutta l’estate al dimagrimento dell’enorme parco giocatori, reintegrando in rosa alcuni di quelli che erano in prestito altrove e cedendo i pezzi pregiati. Operazioni dovute, quest’ultime, al raggiungimento degli obiettivi economici, stavolta complicato dal numero esiguo di operazioni. Si pensi poi a tutto ilbailamme mediatico intorno a Jonathan Biabiany, ceduto per due volte e reintegrato in rosa in entrambi i casi. Lo scorso Gennaio il giocatore ha rifiutato il trasferimento ai cinesi del Guanzhong, che poi si sono buttati su Alino Diamanti. Il 1 Settembre il Milan concluse il trasferimento dell’ala francese facendogli sostenere le visite mediche e distribuendo cartelle stampa con le foto ufficiali. Se il trasferimento sia saltato a causa di Zaccardo, che avrebbe rifiutato di fare il percorso inverso, oppure per uno scontro di potere all’interno della dirigenza rossonera a due teste, non è dato sapere. Un'altra cosa che non sapremo mai è se il Milan aveva scoperto, durante le visite, il problema cardiaco che a tutt’oggi tiene fermo Biabiany. Il vortice innestato da questa operazione ha avuto i suoi riflessi su Amauri, ceduto in fretta al Torino di Cairo e Ventura per recuperare parte della liquidità persa dalla mancata cessione dell’ala francese. Insomma, non si può pretendere una continuità del risultato sportivo dove, apparentemente, c’è una mancanza di programmazione della gestione societaria.
Francesco Costa:
Dici bene: il miracoloso sesto posto della scorsa stagione è arrivato nonostante la mancanza di programmazione; l'improvvisazione è stata aggravata ma non innescata dal guaio dell'Europa League. La cosa consolante è che Roberto Donadoni fa i conti con questa cosa da un po' ed è abituato a partire piano e far quadrare le cose strada facendo. Due stagioni fa il Parma si risollevò nel girone di ritorno passando alla difesa a tre. Una stagione fa accadde il contrario: la svolta fu il ritorno al 4-3-3, reso praticabile soprattutto dall’ottima condizione di Mattia Cassani, dalla sorprendente solidità di Marchionni come playmaker e dall’acquisto di Schelotto a gennaio, perfetto come opposto di Biabiany nel tridente con Cassano falso nove. Siccome quest’anno il Parma è un’altra squadra, gli serve un’altra strada. Contro l’Atalanta si è rivista la difesa a tre e la difesa ha funzionato meglio; ma mi sembra che il centrocampo abbia poca qualità e Cassano abbia bisogno di un compagno di reparto alla sua altezza. Il recente infortunio di Jorquera ora renderà necessario mettere Lodi al centro del campo: e Donadoni ha detto di lui che «deve migliorare sotto l’aspetto caratteriale», che non è una bella cosa da dire a un trentenne.
Morale, secondo me: se Donadoni dovesse trovare la strada per evitare altre sconfitte di quelle che squagliano i calciatori, come quelle contro l'Atalanta o il Genoa, o altre imbarcate di gol come quelle contro Udinese e Milan – se insomma il Parma riuscisse ad arrivare vivo a gennaio, attaccato al gruppone di coda, la permanenza in Serie A diventerebbe un obiettivo impegnativo ma praticabile. A gennaio torneranno Cassani e Paletta, il mercato di riparazione potrebbe portare la mezzala e l'attaccante che servono: e d'altra parte nella mestizia generale della parte bassa della classifica non si vedono squadre così più forti e attrezzate del Parma. Il punto è che non tutti i pastrocchi si possono raddrizzare in corso d'opera, neppure con tutto il mestiere del mondo, e comunque non ogni anno: prima o poi arriva la stagione che non si fa improvvisare e questa al momento lo sembra. E Donadoni, che dopo la Nazionale ci ha messo parecchio per tornare a far parlar bene di sé, quanta voglia ha di lottare per restare in Serie A e magari uscirne male o farsi cacciare, il tutto per colpe in ultima istanza non sue?
Alfredo Giacobbe:
Il tentativo di passare al 3-5-2, a mio modo di vedere, è fondato su due ragioni, la prima delle quali è l’interpretazione del ruolo da parte di Ciccio Lodi. L’ex centrocampista di Catania e Genoa ha movimenti radicalmente diversi da quelli di Marchionni, sia in fase offensiva che in fase di non possesso. Marchionni si abbassava tra i due centrali di difesa, permetteva a questi di allargarsi ed ai terzini di alzarsi di conseguenza. Lodi invece aspetta la palla qualche metro più in avanti, ricevendola spesso spalle alla porta e già pressato dagli avversari, costretto poi ad appoggiarla ancora all’indietro in gran parte dei casi. Il passaggio alla difesa a tre è teso a migliorare la circolazione di palla a inizio azione. Non solo, nel 4-1-4-1 disegnato da Donadoni, Marchionni agiva da perfetto battitore libero davanti alla difesa; Lodi invece tende ad essere attratto dal pallone e prova spesso a pressare il portatore di palla, lasciando di conseguenza spazi enormi che gli avversari attaccano con efficacia. La seconda delle ragioni a cui accennavo è l’assenza di un incursore come Marco Parolo. Il gioco di Cassano era efficace proprio per la presenza del centrocampista: quando il barese usciva dalla marcatura per prendere palla, Parolo attaccava la linea. Delle due l’una: o i difensori seguivano Cassano, lasciando un buco per la percussione centrale che puntualmente arrivava; oppure restavano bassi, lasciando gli spazi che permettevano a Cassano di prendere palla e scegliere il suo ricevitore. Jorquera, Mauri e Galloppa si sono alternati nel ruolo d’interno sinistro ma nessuno ha le stesse caratteristiche del centrocampista passato alla Lazio. Nel nuovo modulo la cooperazione tra le due punte può supplire a questo aspetto: pensate alle squadre di Ventura schierate col 3-5-2, dove uno degli attaccanti attacca la profondità e l’altro viene incontro al portatore di palla.
In definitiva, Donadoni è un allenatore capace ma che mal gestisce le pressioni, le esperienze di Napoli e della Nazionale lo dimostrano. Resta da vedere se la piazza e la dirigenza gli concederà del tempo per risolvere il suo busillis tattico. Alla riapertura del mercato di riparazione mancano tanti giorni, e tanti punti sono ancora in palio.