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Guida ufficiosa alla Champions League I p.te
15 set 2015
La presentazione dei primi 4 gironi, in partenza stasera.
(articolo)
24 min
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Gruppo A

Emiliano Battazzi (@e_batta)

Se c’è una squadra che può insegnarci qualcosa che va al di là del calcio, è lo Shakhtar Donetsk: come ricominciare ogni volta da capo, cercando di mantenere un equilibrio e di raggiungere degli obiettivi. Anche quest’anno, e forse anche più di altre volte, gli ucraini hanno venduto i loro pezzi pregiati: Douglas Costa al Bayern, Luiz Adriano al Milan e Fernando alla Sampdoria. In più, vista la situazione ancora molto difficile in Ucraina, sta diventando quasi proibitivo attrarre giocatori stranieri. Infatti, lo Shakhtar non può giocare in casa, nella splendida Donbass Arena, bensì a Lviv (Leopoli).

La qualificazione è arrivata con sofferenza nella doppia sfida contro il Rapid Vienna: a brillare è stata l’ala Marlos. Può essere lui l’ennesimo brasiliano che spinge gli uomini di Lucescu (in panchina dal 2004) a passare il gruppo? È vero che sembra assurdo parlarne, ma nelle ultime 5 stagioni lo Shakhtar ha raggiunto due volte gli ottavi e una volta i quarti. È la vita che ricomincia sempre, è lo Shakhtar che torna sempre forte.

https://www.dailymotion.com/video/x333r73_shakhtar-donetsk-vs-rapid-2-2-all-goals-highlights-25-08-2015_sport

Fabio Barcellona (@FabioBarcellona)

Io lo Shakhtar, invece, lo vedo male. Nella pausa dei campionati nazionali per le partite di qualificazione agli Europei di Francia di quest’estate, lo Shakhtar è venuto a giocare un paio di amichevoli in Italia, perdendo a Carpi e vincendo contro l’Atalanta. A Carpi Mircea Lucescu, a seguito dell’espulsione di Fred ha minacciato di ritirare la squadra dal campo, tornando indietro dalle sua minacciose intenzioni solo quando l’arbitro ha acconsentito di sostituire il giocatore espulso con un altro, come nei tornei parrocchiali.

Nervi tesi per Lucescu ed è difficile dargli torto. Come ha evidenziato Emiliano, si è passati dai 40000 spettatori di media della Donbass Arena ai circa 5000 di media all’Arena Lviv. In queste condizioni i calciatori brasiliani, linfa del progetto di Lucescu, non vengono più allo Shakhtar e la squadra e l’entusiasmo sono fiaccati dalla situazione. Dopo 5 titoli nazionali consecutivi, la squadra di Lucescu ha lasciato il campionato alla Dinamo Kiev che guida anche il torneo in corso.

Anche per questo Real Madrid e PSG avranno vita facile. Sarà bello vedere Ibra giocare contro le proprie origini: dopo il sorteggio il sito del Malmö è immediatamente andato in crash per l’eccessivo afflusso di visitatori a caccia dei biglietti per vedere Zlatan nuovamente sul campo di casa.

Daniele V. Morrone (@DanVMor)

Se il PSG vuole Ronaldo basta che paghi la clausola di rescissione di un miliardo di euro, ha detto Florentino Pérez in risposta ai rumors di un interessamento dei parigini per la stella della squadra. Se serviva quindi del pepe da aggiungere alla sfida per il primato nel girone eccolo servito. In un girone che sembra segnato, sarà la doppia sfida tra le due squadre l’unico vero punto d’interesse. Vedremo il turnover scientifico di Benítez all’opera in questa Champions, con minuti in campo per Jesé, Casemiro (il cui borsino a quanto pare è in salita) o Kovacic.

Verosimilmente Benítez utilizzerà le gare in cui non affronterà i parigini per portarsi avanti nel lavoro di definizione della squadra, ancora indietro rispetto alla tabella di marcia (nonostante le due recenti goleade possano far pensare il contrario). Sono soprattutto due le domande che speriamo trovino risposta con questo girone: Bale al centro della trequarti lo vedremo anche nello scontro diretto per la testa del girone, certificandone il ruolo secondo Benítez? Con l’infortunio di James—che lo terrà fuori per almeno un mese e mezzo—potrebbe essere la volta buona che Isco si piazzi titolare?

Fabrizio Gabrielli (@conversedijulio)

La prima volta che ho usato l’acronimo FDCP (Fanalino Di Coda Presunto, ma si può anagrammare in FDPC, Favori Del Pronostico Contro) l’ho fatto due righe prima di nominare il Malmö FF, nella Guida alla Champions League de L’Ultimo Uomo dell’anno scorso. Quant’è strana la vita, no? Ed è, né cangia stile, direbbe il poeta.

Nel lavoro che faccio mi capita di incontrare un sacco di scandinavi, tra di loro molti svedesi: quasi tutti gli svedesi con cui chiacchiero ogni settimana sono di Göteborg o di Malmö, e nessuno tifa per il Malmö. Molti non sanno neppure che giocherà la Champions League. Quando gli faccio presente che sono inseriti nello stesso girone di PSG e Real mi dicono che allora sì, certo che vorrebbero andare allo stadio, ma per vedere CR7 o Ibra. Che poi il momento del ritorno a casa di Zlatan sarà una delle epifanie più commoventi di questa CL.

Ma il punto è un altro, e cioè che sono questi piccoli dettagli, tipo il fatto che non ti considerino di striscio neppure i tuoi concittadini, a rendere il Malmö un FDCP bell’e compiuto.

Alfredo Giacobbe (@la_maledetta)

Quella che si è appena conclusa è stata una sessione di mercato atipica sia per il Real Madrid che per il PSG. I blancos non hanno avuto la necessità mediatica di inseguire colpo su colpo il Barcellona, che aveva le mani legate dalle sanzioni FIFA e, per una volta, le uscite hanno fatto più rumore degli innesti. Casillas, Khedira, Coentrão e Illarramendi hanno fatto, nel bene e nel male, la storia recente del Madrid; Danilo e Kovacic, che sono arrivati in fasi diversissime del mercato, tanto da poter dire che il primo è stato scelto da Ancelotti e il secondo da Benítez, hanno ancora tutto da dimostrare in un club di livello mondiale.

Il PSG non ha commesso la solita razzia di mercato, à-la-Manchester City per intenderci. È andato su obiettivi mirati, chiudendo in fretta il colpo a effetto Di María, in una trattativa complessa per i numeri in ballo e, per quello che abbiamo visto nel caso de Gea, per il tipo di interlocutore. Poi è andata a prendere giocatori di prospettiva, ma che torneranno utili nelle rotazioni già quest’anno: Kurzawa, Stambouli, il portiere Trapp su cui ha puntato fortissimo Blanc (ma che ha già dimostrato di soffrire il dualismo con Sirigu). E poi c’è Ibra, che ha occhieggiato al Milan solo per guadagnarsi un rinnovo di contratto, ma che sarà un fattore anche a 34 anni.

Emanuele Atturo (@Perelaa)

Quello di quest’anno è già per tutti “il Real di Rafa”, molto più di quanto consideravamo il Real dello scorso anno la squadra “di Ancelotti”. Questa identità marcata ha privato i blancos di quell’aura accelerazionista e post-umana che li aveva caratterizzati negli ultimi anni, quelli del tridente CR7-Bale-Benzema per intenderci. L’incrocio tra l’irriducibile umanità di Benítez e l’iper-modernismo del brand Real rappresenta uno degli ibridi più indecifrabili di questa stagione europea. Il PSG rimane invece una squadra senz’anima, che priva in parte delle consuete ritinteggiature di mercato appare sempre più grigia, anno dopo anno. Lo Shakhtar, a sua volta, pare una squadra sbiadita, sulle cui sorti condivido le opinioni di Fabio più di quelle di Emiliano. Il Malmö, o almeno “l’idea del Malmö”, mi piaceva, poi ho letto il pallore che ci ha steso sopra Gabrielli e mi sono intristito. Questo girone A mi pare quello della decadenza, degli ibridi, delle squadre sulla cui stagione non mi sentirei pronto a scommettere. L’interesse del girone sarà spostato allora dalle partite ai giocatori, tra tutti: Di María, Verratti, Ibra, Kovacic.

Gruppo B

Emiliano

Il calcio olandese è davvero tutto da buttare, come ormai si sente spesso, a causa delle pessime prestazioni della Nazionale e dei club? Stranamente, è questa la domanda che attende il gruppo B, e non solo per la presenza del PSV, ma anche per quella del Manchester United.

I campioni d’Olanda allenati da Cocu non sembrano messi in buona posizione per riscattare l’orgoglio nazionale: sono stati ceduti Memphis Depay e Georginio Wijnaldum, riducendo così drasticamente la qualità offensiva. Eppure, proprio per questo motivo, si candidano ad outsider del girone, e sono chiamati a dimostrare quello che c’è di buono nel calcio nazionale: l’organizzazione tattica, la capacità di crescere i giovani, la ricerca di uno stile di gioco sempre propositivo.

Tre caratteristiche che da sempre fanno parte dell’identità di van Gaal, ma che sembrano sfumarsi in questo suo passaggio al Manchester United: sta diventando sempre più un allenatore pragmatico, oppure si adegua alle risorse disponibili? In ogni caso, nei Red Devils ci sono anche grandi giocatori olandesi, come Depay e Blind: toccherà anche a loro dimostrare che il movimento calcistico olandese è ancora vivo.

Fabio

L’ultima notizia in ordine di tempo è che i giocatori del Manchester United non sono contenti dei metodi di lavoro di Louis van Gaal e che una delegazione guidata da Wayne Rooney e Micheal Carrick è andata a lamentarsi con l’allenatore per la ripetitività degli allenamenti, le lunghe sessioni video, i metodi rudi e la troppo rigidità tattica richiesta in campo. Niente che non si sia già visto o sentito con Louis van Gaal. Si racconta che nel report di scouting di un osservatore di una squadra di Premier League fosse annotato che il problema dello United non era né tattico né tecnico, bensì che i giocatori in campo sembravano infelici di fare il loro lavoro.

Di certo l’inizio di stagione del Manchester United non è stato entusiasmante e la squadra, nonostante i soldi spesi e un anno di lavoro alle spalle, sembra ancora in via di costruzione tattica. Van Gaal non convince, Hiddink ha clamorosamente fallito la sua avventura in Nazionale, gli Oranje, dopo il terzo posto ai Mondiali, sono un disastro. La scuola olandese sembra in effetti in crisi: alle spalle della generazione dei Robben, van Persie, Sneijder, Huntelaar c’è davvero poco mentre gli (ex) cugini poveri del Belgio continuano a sfornare talenti in serie. A invertire la rotta non sembra possa essere il PSV, che ha venduto i suoi due migliori giocatori e in campionato è già 2 punti dietro l’Ajax.

Con il Wolfsburg privo di De Bruyne ed esperienza internazionale, non mi sorprenderei di vedere Doumbia battagliare per un posto agli ottavi.

Fabrizio

I buoni propositi di Fabio sono davvero commoventi. Io penso piuttosto che nel girone del Manchester United e del PSV (ma quant’è il crudele il destino che ha messo Memphis sulla strada di Eindhoven con tutta questa prèscia?), che è però anche quello del Wolfsburg (sarà interessante testare la resilienza di un ecosistema orfano praticamente di tutti i suoi riferimenti più importanti, perché De Bruyne e Perisic erano importanti tipo a livello fondamentali), l’inglorioso scettro del FDCP, dai legni nodosi e le schegge che ti entrano nelle dita, sarà appannaggio sempre e comunque del CSKA.

Devo dire che per una naturale predisposizione al caritatevole sono uno di quelli che tendono a simpatizzare per i FDCP, a supportarli segretamente affinché possano sovvertire i pronostici, prendersi una piccola rivincita, abbattere Golia coi loro piccolini sassolini davidini.

I russi, però, hanno dalla loro il demerito di essersi qualificati sbattendo la porta in faccia allo Sporting Lisbona di Bryan Ruiz e Téo: ci hanno privati della meraviglia. Neppure il senso di colpa per come abbiamo trattato a Roma il centravanti passato per il calcio italiano con il peso specifico di un fiocco di neve su Prospektiva Nevskij mi farà desistere dall’augurargli il più infimo dei risultati possibili. Buona sfortuna, zésca! (Comunque amici di Mosca non fraintendetemi, eh, non ce l’ho con voi).

Daniele V.

Occhio a sottovalutare il CSKA. Prima in campionato a cinque punti dalla seconda, con l’allenatore Slutskiy che non risente minimamente del doppio impegno con la Nazionale, il talento Dzagoev che sta giocando come mai in carriera e Doumbia che è tornato a segnare. Il limite agli stranieri continua a essere un freno per lo sviluppo della squadra che, tolto l’interessante terzino destro brasiliano Mário Fernandes, ha tutto il reparto difensivo russo identico da anni ormai, con i difetti di concentrazione e mobilità sempre più marcati con l’avanzare dell’età degli interpreti (i gemelli Berezutski segnano 33 e Ignashevich 36). Il mercato poi, tolto il ritorno di Doumbia, ha portato solo il ritorno in Russia del centrocampista diciannovenne Amir Natkho dal Barcellona B (cugino del centrocampista ventisettenne Bibras Natkho già in rosa). Il CSKA è quindi praticamente la stessa squadra che ha affrontato la scorsa Champions, ma pare in uno stato di forma migliore, e in un girone meno arduo dello scorso anno potrebbe portare sorprese.

Alfredo

Questo è per me il girone più ostico da pronosticare. Il Manchester United è in una nuova, complessa fase di trasformazione tattica. Ed Woodward, l’uomo che ha le chiavi della cassa allo United, è stato protagonista di un mercato pazzo per numero di giocatori e volume d’affari: ora sta a van Gaal l’integrazione dei tanti volti nuovi nel più breve tempo possibile. I migliori anni di Wayne Rooney, al di là del doppio inseguimento ai record di reti di Bobby Charlton (centrato in Nazionale, alla portata in maglia United), sembrano essere ormai alle sue spalle. Depay, Schneiderlin, Shaw, Martial sono il futuro del Manchester United, ma sono molto lontani dal loro picco. Januzaj, in predicato di diventare il nuovo Giggs, per ora è stato mandato a farsi le ossa alla corte di Tuchel, in quel di Dortmund.

Almeno in Champions League, il CSKA non avrà le briglie della nuova regolamentazione pro-russi, imposta dalla loro federazione in campionato. E questo potrebbe essere sia un vantaggio che uno svantaggio, a seconda della reazione dello spogliatoio alle scelte di Slutskiy.

Il Wolfsburg, dato per spacciato dopo le partenze di Perisic e De Bruyne, in realtà ha iniziato la sua stagione con una vittoria rocambolesca in Supercoppa sul Bayern e un percorso netto in campionato in perfetta media inglese. Schürrle, e soprattutto Draxler, sono chiamati alla consacrazione definitiva.

Solo il PSV sembra un passo indietro rispetto alle tre, ma Phillip Cocu è un allenatore intelligente, tanto quanto il calciatore che è stato. Inoltre, la base su cui ricostruire sembra già solida, perché Guardado-Pröpper è un coppia di centrocampo davvero interessante.

Emanuele

In Inghilterra si domandano fino a dove l’ossessione per il possesso palla di van Gaal rappresenti un problema per lo United. Il tecnico olandese è arrivato a dire che la sua principale preoccupazione è quella di «dominare l’avversario», in termini di presenza territoriale e quantità di possesso, come se poi la produzione percentuale di calcio prima o poi debba produrre risultati. Lo United di inizio stagione sembra rispecchiare questa distopia nazionalsocialistica: sembra di stare in uno di quei libri di Dick nei quali l’incubo peggiore sta nel cuore delle persone che fanno le cose senza sapere il perché. I Red Devils in certi momenti sembrano giocare per inerzia, come obbedendo al chip che gli è stato installato nel cervello. Troppo prevedibili per creare reali problemi ai loro avversari.

Sono d’accordo che il Wolfsburg nel passaggio Perisic/De Bruyne-Shürrle/Draxler abbia impercettibilmente perso qualcosa. Alla fine la penso come Daniele, dalle retrovie potrebbe spuntare il CSKA a prendersi un posto che vale la qualificazione.

Gruppo C

Emiliano

Nelle ultime 6 stagioni, quelle con Jorge Jesus alla guida della squadra, il Benfica è stata una delle migliori squadre d’Europa e probabilmente la più sottovalutata: tant’è che nel ranking UEFA è sesta, ma in pochi se ne sono accorti. Il problema è che in questo periodo, le aquile di Lisbona non hanno vinto il tanto desiderato titolo europeo (e lasciamo stare le maledizioni), ma soprattutto hanno sempre avuto difficoltà a superare il girone di Champions League: solo una volta su cinque partecipazioni.

In questa occasione, il sorteggio si pensava potesse essere benevolo, visto il cambiamento delle fasce: il Benfica campione di Portogallo era nell’urna 1. Non è andato poi benissimo, ma neppure ci si può lamentare: la lotta per il secondo posto con il Galatasaray è molto aperta. La vera questione però è un’altra: dopo l’addio di Jesus, qual è l’identità del Benfica? Il nuovo allenatore ha un nome promettente, Rui Vitória, ma ha già perso due partite su cinque, tra cui il derby in Supercoppa contro lo Sporting di Jesus, appunto. Chissà se il Benfica riuscirà a ricordarsi di essere una grande d’Europa, o anche questa volta “retrocederà” in Europa League a inseguire il sogno di un trofeo che non arriva mai.

Daniele V.

Nel 2013, durante la stagione dello storico titolo, a microfoni spenti i giocatori di Simeone si dichiaravano scettici all’idea di riuscire veramente ad arrivare fino in fondo in Liga. Troppi punti da dover raggiungere per arrivare a superare i due giganti e una rosa corta che rischiava di non reggere tanti mesi di competizione senza poter sbagliare un colpo. Tutti erano convinti invece che la squadra costruita e il modo di preparare le partite del Cholo fossero perfetti per la Champions: le partite da giocare sono poche e il tempo per prepararle è abbastanza da poter essere sicuri di avere un piano per ogni avversario. Alla fine le previsioni ovviamente si rivelarono sbagliate, ma perché l’Atleti non solo arrivò in fondo alla Champions, ma anche in campionato. Quest’anno la rosa è ampissima (in attacco uno tra Vietto, Torres e Correa rischia in ogni partita la tribuna) e il livello medio è decisamente superiore a quella arrivata in finale a Lisbona. A ragione c’è tanto hype intorno a questa versione della squadra di Simeone e un girone totalmente alla portata potrebbe aumentare anche la fiducia di poter arrivare anche questa volta fino in fondo.

Fabio

L’Atlético Madrid è una gran squadra. Più forte dell’anno scorso. Dietro ha perso Miranda, ma già l’anno scorso Giménez non aveva fatto di certo rimpiangere il brasiliano. Hanno perso Arda Turan, ma l’impressione è che il turco avesse fatto il suo tempo sotto Simeone e Óliver Torres mi pare un sostituto perfetto. Con Óliver Torres, Koke, Griezmann e il ritorno del figliol prodigo Filipe Luís, Simeone ha a disposizione piedi, cervello e attitudini a sufficienza per desiderare più frequentemente di avere il pallone fra i piedi dei suoi giocatori. In avanti Jackson Martínez è, per l’Atlético, un upgrade di Mandzukic e Ferreira Carrasco e Vietto danno profondità e qualità alla rosa. Il primo posto del girone è cosa loro.

Di certo non potranno impensierirli i kazaki dell’Astana. Al momento dell’indipendenza dall’ex Unione Sovietica, la federazione kazaka optò per l’affiliazione alla AFC, la Federazione Asiatica. L’idea era probabilmente quella di trovare successi più agevoli, ma non arrivarono e dieci anni dopo, con l’intenzione di innalzare il livello del calcio nazionale, si chiese e si ottenne l’affiliazione alla UEFA. Lo sport, come veicolo di promozione del paese, sta particolarmente a cuore al presidente-padrone Nazarbayev che spinge per migliorare prestazioni e risultati. Fabio Aru che ha vinto la Vuelta corre per l’Astana. Per non andare troppo lontani, la Champions League di Calcio a 5 è stata vinta nel 2015 dal Kairat Almaty, che la aveva vinta anche due anni prima. Nel calcio si è cominciato a investire parecchio sulla formazione di giovani calciatori e i soldi non mancano. Aspettiamoci più spesso squadre kazake nelle fasi a gironi dei tornei europei. L’anno scorso lo Shakhter Karagandy è arrivato a un gol dal partecipare, un anno prima dell’Astana, alla fase a giorni della Champions League e quest’anno in Europa League il Kayrat (sì, la stessa società del calcio a 5), dopo avere eliminato Stella Rossa e Aberdeen, è stato eliminato agli spareggi dal Bordeaux solo per la regola dei gol in trasferta, dopo avere perso 1-0 in Francia e vinto 2-1 ad Almaty.

Fabrizio

Lisbona dista da Astana, la capitale del Kazakistan (sì, anch’io avrei giurato che fosse Alma-Ata), 6164 km: più o meno lo stesso numero di chilometri che la separa da Miami. Solo che Miami è in Florida, la Florida negli Stati Uniti e gli USA non fanno parte della UEFA, mentre il Kazakistan, seppure soltanto da poco più di tredici anni, sì.

Se Platini si fosse spremuto le meningi per ideare un claim avvincente capace di sottolineare l’ecumenicità della Champions League, forse non gli sarebbe potuto venir fuori meglio: nel gruppo C si sfideranno due squadre provenienti dalle propaggini opposte d’Europa, la più occidentale (il Benfica di Lisbona) contro la più orientale (l’Astana di, appunto, Astana), ma che più orientale davvero è complicato, bisognerebbe scollinare in Cina. Nello stesso gruppo c’è anche il Galatasaray: quanto sembrano lontani i tempi in cui una trasferta a Istanbul sembrava esotica?

Forse i giallocelesti nati come Lokomotiv neppure dieci anni fa sono quest’anno l’incarnazione più cristallina dell’anima pulsante della fanalinodicoditudine: non è tanto questione di darli per spacciati—ma proprio di concepirne l’esistenza. Sono qualcosa a metà strada tra il calembour, l’installazione dadaista e il parco giochi di Banksy: esisteranno davvero? E se stadio, giocatori, squadra fossero solo un grande inganno?

Dicono che il centrafricano Foxi Kéthévoama, soprannominato La Perla Nera, sia il giocatore di maggior talento (oltre che capitano) dell’Astana. Aspetti che mi fanno venire il dubbio sulla sua esistenza: assenza di musica da discoteca come sottofondo alle sue giocate; assenza di pubblico sugli spalti; visuale assurda delle riprese.

Comunque io ad Astana ci andrei anche solo per godermi questo skyline.

Alfredo

Qui invece ho meno dubbi: il Benfica non ha chance per il passaggio del turno. Troppo forte l’Atlético di Madrid, che ha aggiunto quest’estate talento al talento e la cui carica agonistica non è mai scemata sotto Simeone. Troppo forte anche il Galatasaray, che è il solito mix di giovani talenti turchi e vecchie volpi del calcio europeo e che però hanno la loro migliore arma nel dodicesimo uomo della Türk Telecom Arena. La partenza di Jorge Jesus, vero deus ex machina dei successi dei portoghesi negli ultimi anni, è più importante di quanto si creda e lo si intuisce anche dalla veemenza degli attacchi della dirigenza verso il loro ex allenatore, andati avanti a mezzo stampa per tutta l’estate. Prima o poi riusciranno a battere la loro maledizione europea, ma se vorranno farlo quest’anno dovranno puntare all’Europa League, attraverso il purgatorio delle ripescate.

Emanuele

Persino lo scorso anno, dopo una finale di Champions, Simeone riusciva a far passare il proprio Atlético come la squadra underdog. Sarà quindi interessante stare a osservare questa versione dei Colchoneros che, come dite giustamente, ha l’aria di una formazione che può stare tra le prime 4. Cose da tenere d’occhio in questo girone: la versione mitteleuropea dell’attacco del Galatasaray, con Sneijder e Podolski (e poi anche Grosskreutz da gennaio). La solita violenza tamarra di Kostas Mitroglou, che toglierà un po’ di patina alla Champions.

Lo chiamano nei film per interpretare sé stesso.

Il talento di Anderson Talisca, su cui Jorge Jesus ha dichiarato: «Quanto l’ho visto giocare ho pensato subito a Rivaldo».

Gruppo D

Emiliano

Per assurdo, c’è un caso ancora peggiore rispetto a quello del Benfica: è il Siviglia, una squadra che nelle ultime 10 stagioni ha vinto 4 volte l’Europa League, ma ha partecipato solo in due occasioni alla Champions League. E questa volta ci arriva, appunto, solo grazie alla vittoria della coppa “minore”: altrimenti, da quinta classificata nella Liga, non ce l’avrebbe fatta di nuovo. In preda all’ennesima rivoluzione tecnica, con le cessioni di Bacca e Vidal, e l’arrivo di Immobile, Llorente e Konoplyanka, gli andalusi devono trovare un nuovo equilibrio.

Difficile ci riescano nel girone di Champions, perché il Siviglia è una squadra da turno eliminatorio, da doppia sfida secca: nella scorsa stagione non vinse neppure il girone di Europa League (arrivò dietro al Feyenoord). Ma se c’è una squadra “Die Hard” in Europa, quella è il Siviglia: con il DS Monchi nella parte di Bruce Willis e l’allenatore Emery in quella di Samuel L. Jackson.

Fabio

Questo è un grandissimo girone con quattro squadre dei quattro principali campionati europei. La Juventus l’anno scorso ha continuato a faticare nella fase a gironi, mentre è stata praticamente perfetta negli scontri a eliminazione diretta. La squadra è parecchio diversa, ma chissà che le difficoltà del girone, con ogni partita che può essere decisiva, non favorisca l’attenzione e la determinazione che spesso sono mancate nelle fasi iniziali del torneo. Per i bianconeri la chiave del girone sono le due partite, alla terza e quarta giornata, contro il Borussia M’bach che sembra la più debole delle quattro. Se non combina disastri nei primi due match, vincere a metà del girone queste due partite metterebbe di certo la Juventus in una buona posizione prima degli ultimi due turni.

Interessante è che a Siviglia ci siano due ex-centravanti bianconeri. Spiace per Immobile, ma l’acquisto alla fine del calciomercato di Llorente, assieme alla presenza in rosa di Gameiro, mi sa tanto di precoce bocciatura. Emery è un grande tattico, fa giocare bene la propria squadra, Krychowiak è il muro di centrocampo più impenetrabile d’Europa, ma alla fine penso che passeranno Juventus e Manchester City, anche perché il Siviglia, pur cambiando parecchio la squadra, non ha deciso di acquistare un portiere. Di certo ci saranno tante belle partite.

Fabrizio

L’infamante sequenza di lettere scarlatte FDCP, spesso, te la trovi appiccicata sui vestiti anche se non pensi di meritartela affatto. Dev’essere questa la sensazione dominante in casa dei puledri del Borussia Mönchengladbach: ci metti un trentennio abbondante per risalire la china del burrone nel quale sei sprofondato sul finire degli anni ’70 (nel ’77 arrivi anche a giocarti la finale della Coppa Campioni, sconfitto solo dal Liverpool), giochi un calcio magari non bellissimo ma efficace, ti qualifichi per la Champions League senza dover disputare i play-off e poi capiti nel girone con i finalisti dell’edizione precedente, i campioni in carica dell’Europa League e una delle nuove potenze continentali-ma-che-dico-continentali-Mondiali. Il puledro, per indole, è recalcitrante e volenteroso, pieno di quei buoni propositi d’onnipotenza giovanile, ma gli anagrammi sanno anche essere impietosi: Fine Della Corsa, Puledri. Sempre sulla carta, s’intende.

Alfredo

Fabrizio ha avuto vita facile col Gladbach, che nel weekend ha perso la quarta partita su quattro di campionato: fa di loro la squadra che entra nella fase a gironi coi peggiori auspici.

Volendo ribaltare l’esito del sorteggio, come si fa in matematica con la tesi in una dimostrazione per assurdo, è stato un bene per la Juventus avere un girone di ferro e la prima partita della nuova avventura europea contro la prima della classe, per di più in trasferta. Per quello che sta accadendo alla Vecchia Signora in campionato, essere convincenti in una sfida stellare darebbe un’immediata, nuova iniezione di autostima. Nella storia della Juventus in Champions League, i bianconeri hanno fatto meglio quando le proprie chance di qualificazione erano in bilico: nel 2012 finì prima, davanti alle più quotate Chelsea e Shakhtar, mentre nel 2009 e 2013 arrivò dietro a squadre più che alla portata come Bordeaux e Galatasaray.

Paura.

Daniele V.

Quindi ricapitolando: in quello che è il girone della morte il Gladbach è ultimo in Bundesliga con 0 punti in 4 partite, la Juventus è a un punto in 3 partite e il Siviglia a 2 punti in 3 partite. Il City è a punteggio pieno dopo cinque partite. Se non fosse che il girone dura fino a dicembre potremmo già definire chi lo vincerà e lasciare la lotta solo per il secondo posto. Per fortuna lo stato di forma dovrebbe migliorare (sperando che Marchisio torni presto e che la piaga di infortuni in difesa per il Siviglia si fermi prima di azzoppare metà rosa) e la definizione delle tre squadre altrettanto.

Poiché Emery e Allegri sono due eccellenti tattici, non gli sarà certo sfuggito come questo City che va a valanga in Premier non è esente da problemi tattici strutturali da poter sfruttare: come l’assenza di un centrale che imposti quando non gioca Demichelis e la conseguente uscita del pallone dalla difesa attaccabile, o l’assenza di un regista al centro del campo per ordinare e decidere come e dove attaccare gli avversari (con Fernandinho che prova a gestire la palla, ma manca di creatività e visione e Yaya che guarda solo la porta) o infine la dipendenza da Kolarov in attacco posizionale quando non gioca Silva (è incredibilmente l’unico che non si fionda in avanti col pallone, ma gestisce i tempi dell’attacco). L’impressione è che questo City stia viaggiando in quarta senza però giocatori in grado di scalare la marcia se necessario (tolto ovviamente il sublime Silva) o orientare il fronte offensivo. Due tecnici come Emery e Allegri avrebbero quindi una base da cui partire per giocarsela contro gli inglesi.

Emanuele

Credo che l’assenza di “squadre cuscinetto” sia la condizione indispensabile per un bel girone di Champions. Quindi questo è un gran bel girone, composto da squadre dalle filosofie molto diverse, ma accomunate da una certa vocazione europea—per caratteristiche o per tradizione—e dalla ricerca di alcune certezze proprio in queste fasi iniziali della stagione.

Mi aspetto un girone senza padroni, in cui conterà soprattutto non perdere: fatto di partite tese, giocate su equilibri sottili. Molto dipenderà da chi riuscirà a fare la voce grossa sul Gladbach, che da parte sua finalmente potrà esporre sulla vetrina più prestigiosa il talento di Patrick Herrmann.

Nonostante la forza del girone può a volte costituire un alibi alla possibile eliminazione, né Juve, né Siviglia, né tanto meno Manchester City possono permettersi un’uscita così prematura dall’Europa che conta. Questo stato di necessità dovrebbe dar vita a tante belle partite.

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