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Guida ufficiosa alla Juventus 14/15
24 set 2014
Nella prima delle nostre Guide alla nuova Serie A, parliamo della Juventus campione in carica e delle sue chance di vincere il quarto scudetto di fila con due esimi juventini.
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FABIO BARCELLONA (@FabioBarcellona):

È ancora presto per parlare della Juventus senza che la mente non vada, in automatico, ad Antonio Conte. Vorrei essere originale e non parlarne, anche perché questa è una Guida alla prossima stagione. Ma il peso di Conte nella costruzione sia tattica che mentale di questa squadra è troppo grande per potere essere trascurato. Ok, i numeri non sono tutto, ma 102 punti, 33 vittorie su 38 partite, 19 partite vinte su 19 allo Juventus Stadium, perfino in un campionato considerato, con qualche esagerazione, ormai mediocre, come la serie A, sono numeri clamorosi. E raccontano di una squadra che in campo nei tre anni passati, i tre anni di Conte, in Italia è sempre stata padrona della partita: la Juve controllava il pallone, il ritmo, decideva il baricentro del match e, se inevitabile, cosa concedere agli avversari. Dal 4-2-4 delle primissime partite, al 4-3-3, alla fine si è approdati al 3-5-2 che adesso è stato esportato in nazionale. Dai fuochi di artificio della prima stagione, con una squadra ipercinetica e brillantissima, si era giunti al dominio assoluto, e per questo un po’ noioso, delle partite della passata stagione. Con il pretesto del fallimento in Europa, e ignorando i numeri, si diceva che il 3-5-2 fosse ormai superato, troppo conosciuto anche dagli avversari e inadatto a vincere al di fuori dell’Italia. Come se l’adozione o meno di un sistema di gioco fosse garanzia o meno dei successi di una squadra al di là degli interpreti e dell’interpretazione. E allora tutti ad invocare il passaggio a un sistema più europeo, magari al 4-3-3 e a un gioco divertente e in linea con gli standard continentali. La verità è che la Juventus di Conte giocava benissimo e da moltissimo tempo non si vedeva in Italia una squadra così evoluta tatticamente e precisa nell’applicare i principi di gioco del proprio allenatore. I motivi di un cambiamento di modulo erano più “mentali” che puramente tattici: i giocatori avevano bisogno di nuovi stimoli di gioco per mantenere il livello degli anni passati, l’allenatore doveva rinnovare il proprio sistema per continuare a essere efficace verso i propri calciatori e noi che guardiamo le partite avevamo bisogno di qualcosa che scalfisse il monotono dominio di quest’ultimo anno e, quasi inconsapevolmente, sentivamo che era necessario cambiare proprio nel momento più alto, prima che la pendenza si invertisse. E proprio qui, da qualche parte tra esigenze di cambiamento, stimoli da rinnovare, necessità di abbandonare certezze acquisite, che nasce l’addio di Antonio Conte. Adesso è il panorama è tutto diverso.

ANTONIO CORSA (@AntonioCorsa):

A me pare che Conte, proprio in una recente intervista da CT della Nazionale, sia stato molto realista sul discorso cambio modulo: d’altra parte, pensare di giocare in maniera troppo diversa quando comunque poi in campo ci vanno Bonucci e Pirlo assieme, sarebbe più un tentativo “da noia”, tanto per cambiare, che un aggiustamento tattico necessario (tra parentesi: non so come hai interpretato le sue parole, ma a me sono parse quasi un "arrivederci e grazie" nei confronti del centrocampista). Senza gli esterni adatti, tra l’altro, non avrebbe senso a prescindere. La realtà è che l'allenatore (bravo) spesso per forza di cose è "costretto" a scegliere il modulo in base ai giocatori che ha a disposizione e se il modulo migliore non è quello della tesi di Coverciano se ne fa una ragione. Ci sta però, come si legge in alcune ricostruzioni giornalistiche, che Conte volesse, finito un ciclo e vista l’impossibilità di migliorare tatticamente la squadra, provare per una volta a fare il contrario: a rivoluzionare cioè la rosa in modo da mettersi nella possibilità, lui, di poter cambiare, di scegliere. Ci sta avesse l'esigenza e il desiderio di iniziare una nuova avventura proprio per avere a disposizione una diversa "materia prima" da plasmare, un po' come un artista che ha sempre la necessità di rimettersi in gioco, di sperimentare, di creare capolavori nuovi. E’ già successo in passato e, forse, è successo pure alla Juventus. Alla Juve, però, credo proprio avessero esigenze diverse, più votate alla continuità e a preservare un qualcosa che comunque, l'hai ricordato bene tu citando quei numeri, funzionava e non si vede perché non avrebbe potuto continuare a funzionare anche in futuro.

In Corso Galfer, ne sono certo, "sentono" questa Juventus come "loro" almeno quanto Conte: Bonucci l'ha preso Marotta prima dell'arrivo del tecnico salentino, Pirlo idem, Pogba e Vidal non sono state richieste esplicite di Conte e lo stesso Llorente non mi pare fosse in cima alla lista dei desideri dell’allenatore. Magari è andata veramente così, ovvero si è arrivati ad avere esigenze diverse e divergenze difficilmente sanabili, o magari sono tutte speculazioni e in realtà era semplicemente finita la voglia di continuare un rapporto assieme: il silenzio dietro il quale si sono nascosti dirigenza ed ex allenatore bianconeri in questo senso non aiuta e rende impossibile qualsiasi commento in merito. Siamo ai “se” e, francamente, ne potremmo anche fare a meno, ormai. Ora, comunque siano andate le cose, la palla passa a Massimiliano Allegri e, con essa, anche il sempreverde dibattito sul modulo. In un certo senso, anche Max rischia di restare "intrappolato" nel 3-5-2, ammesso sia una "prigione" anche per lui e non, più cinicamente, una risorsa da sfruttare. Spero nella seconda ipotesi, francamente. La prima sarebbe un errore.

FABIO BARCELLONA:

Secondo me per Allegri è più un’opportunità che un vincolo che lo tiene legato. Quando in una squadra cambia un allenatore cambia tutto. E quindi l’esigenza di rinnovamento, la necessità di stimoli diversi, che apparivano essenziali con Conte, di colpo sono svaniti. Non sono più necessari: la nuova spinta, il rifiuto della noia, vengono direttamente dal fatto che c’è un nuovo allenatore. Allegri in questo inizio di stagione ha scelto il 3-5-2 e si è appoggiato totalmente al lavoro delle passate stagioni di Antonio Conte. Il 3-5-2 è probabilmente il vestito più adatto a questa rosa di giocatori e di certo quello che oggi indossano più comodamente. Max non ha quindi la necessità di rivoluzionare e, in ogni caso, può prendersi tutto il tempo che vuole per apportare le variazioni che ritiene più opportune all’interno del 3-5-2 o per cambiare totalmente sistema. E questa a mio parere è una grande fortuna per lui, altro che prigione. Nella tournee in Asia e Australia, ed anche al trofeo TIM, la Juventus ha giocato col 4-3-2-1 e onestamente, sebbene si trattasse di calcio d’agosto, c’era davvero tanta confusione: spazi intasati al centro, scarsa ricerca dell’ampiezza, sbilanciamenti enormi nella fase di transizione difensiva. Era chiaro che la squadra non fosse ancora pronta a cambiare in maniera così radicale ed avere un salvagente – e che salvagente! – nel 3-5-2 consente ad Allegri di ragionare e fare le cose con calma. In queste partite qualche differenza è già emersa. La più evidente sta nella posizione in campo delle due punte. Se con Conte le due punte si muovevano vicine, per ricevere la palla ed eventualmente combinare tra di loro, con Allegri Tevez gioca costantemente in posizione quasi da mezzapunta, col centravanti (Coman contro il Chievo o Llorente) sulla linea difensiva avversaria e ad allungare la squadra. La preferenza di Allegri per i moduli che prevedono giocatori tra le linee avversarie di difesa e centrocampo (il 4-3-1-2 o il 4-3-2-1) è smascherata appunto dalla posizione di Tevez e dall’avanzamento, in fase offensiva, di una delle mezzali in linea con l’argentino; una sorta di 3-4-2-1 che, rispetto all’era Conte in cui era assegnato loro un compito principalmente da incursori, aumenta le responsabilità delle mezzali nella costruzione del gioco.

Contro il Milan, in fase di giro palla difensivo, la Juventus si è schierata con una linea arretrata a 4 per avere superiorità numerica contro la pressione delle tre punte milaniste: questo espediente tattico non si era mai visto con Antonio Conte. Inoltre, dopo quattro partite ufficiali sembra consolidato la tendenza a un pressing sugli avversari portato in posizione più avanzata.

Si vede quindi già la mano di Allegri all’interno comunque di un sistema iper-collaudato e di efficacia sperimentata. Nessuno accuserà Allegri di “parassitismo” se vincerà cambiando poco rispetto ad Antonio Conte. Al massimo verrà giudicato un pragmatico, e non mi pare certo un’offesa. E l’uomo mi pare abbastanza furbo per saperlo. Non credo che forzerà i cambiamenti solamente per distinguersi da un’ingombrante passato. Questo sì che sarebbe un errore che trasformerebbe l’opportunità lasciatagli in eredità da Conte in una sorta di vincolo al contrario. Immagino che se cambierà lo farà perché riterrà giusto farlo e verrà giudicato per come gioca la squadra e non per quanto la sua squadra si distanzi dalla Juve degli ultimi tre anni.

ANTONIO CORSA:

A questo proposito, un buon modo di porre la questione, e credo sia in questa direzione che si stiano muovendo anche a livello comunicativo a Torino, è quella di responsabilizzare totalmente la squadra più che Allegri: a prescindere dal modulo che verrà usato (a me il 3-5-2 con aggiustamenti va bene uguale) e dall’eredità pesante di Conte, nei passati 3 anni è stato lui e solo lui il catalizzatore di tutto. Ora, con l’uomo copertina (meritatissima) lontano da Torino, starà appunto ai giocatori dimostrare che 1) hanno vinto “anche” loro, oltre a Conte, 2) sono in grado di vincere anche senza di lui. Può e deve essere un ulteriore stimolo a fare bene e, a quel punto, chissenefrega pure dei discorsi sul modulo “copiato” o meno, molto Mazzarri. E’ un discorso un po’ cinico, vero, e ce ne scuserà il tecnico salentino, però tocca andare avanti e cancellare al più presto i potenziali fantasmi del passato e lo si può fare solo mettendo i giocatori al centro di tutto, offrendo loro la vetrina ma anche esponendoli alla responsabilità di eventuali fallimenti.

Tornando a noi: parliamo un po’ di mercato. Che te ne pare? A me sembra la Juve si sia rafforzata dove serviva, anche se è sempre difficile, a settembre, prevedere quanto e quale sarà davvero l’impatto dei nuovi acquisti sulla stagione. Il primo anno di Conte, pochissimi immaginarono per Vidal un’incidenza così devastante (ricordo che inizialmente si pensava per lui al limite ad un ruolo da esterno sinistro, vedi esordio in quella posizione); il secondo, alzi la mano chi avrebbe pensato ad un Asamoah riciclato così bene da esterno sinistro, ad un Isla divenuto improvvisamente un brocco, ad un Giaccherini da Nazionale e ad un Pogba titolare entro la fine del suo primo anno; il terzo, lo sappiamo e ci piace ricordarlo sempre, Tevez era quello con la pancia e Llorente quello solo bello. Chissà, quindi, che non esploda un Pereyra piuttosto che un Coman (sono giovani: l’età è dalla loro). Chi invece credo sia, ad oggi, il vero ago della bilancia del mercato, per quanto è possibile analizzarlo senza avere sfere di cristallo, è Alvaro Morata. Un po’ per la notevole cifra investita, un po’ per questa recompra di cui tanto si è discusso, e un po’ perché a me pare proprio bravo, potenzialmente in grado di essere d’impatto già da subito, e molto. Dovesse dimostrare sul campo il suo valore, ci saremmo rafforzati anche lì davanti, dove avevamo bisogno di qualcosa di più specie dalle riserve. Che ne pensi?

FABIO BARCELLONA:

La Juventus ha fatto un mercato assolutamente razionale e coerente con le esigenze tecniche della rosa.

La passata stagione i cambi di Lichtsteiner e Asamoah erano rispettivamente Isla e Peluso. Per motivi diversi era necessario trovare qualcosa di meglio. Ed ecco Romulo ed Evra. Giunto in Italia come esterno destro, l’ex Verona nelle ultime due stagioni ha giocato quasi esclusivamente come mezzala destra e come mezzala ha giocato la passata stagione che gli è valsa la chiamata in Nazionale e alla Juve. Tuttavia il contesto tattico della Juventus è completamente diverso da quello del Verona, squadra che giocava bassa e che lasciava il possesso palla agli avversari creando così le condizioni ideali per Romulo, giocatore dotato di notevoli capacità aerobiche e dal dinamismo esasperato: difesa, ripartenze e spazi ampi. Gli spazi più chiusi in cui la Juventus inevitabilmente si trova a giocare sono meno consoni alle caratteristiche del giocatore. Infatti, contro il Malmo, Allegri ha scelto di riportare Asamoah al suo vecchio ruolo di mezzala piuttosto che impiegare Romulo in mezzo al campo. E quando è entrato è stato schierato come esterno del 3-5-2. Per Asamoah c’era anche la certezza di doverlo sostituire con continuità all’inizio del 2015, quando sarà impegnato nella Coppa d’Africa. Evra visto contro Udinese e Malmo è un giocatore ancora profondamente britannico nell’interpretazione della partita: troppo frenetico per le esigenze del gioco della Juventus. Ma il piede sinistro è educato e la velocità ancora buona. Di certo un upgrade notevolissimo rispetto a Peluso.

In mezzo al campo era assolutamente necessario aumentare la rotazione, ferma a quattro giocatori di livello (il quinto era Padoin) per tre ruoli. Si è scelto un giocatore giovane, di prospettiva e, a mio parere, nei progetti della Juventus, in grado prendere in un arco di tempo di uno/due anni il posto da titolare in caso di partenza di Vidal e/o Pogba. Roberto Pereyra ha 23 anni e nel 3-5-1-1 dell’Udinese di Guidolin ha fatto un po’ tutto: esterno, mezzapunta, mezzala. Destro naturale, ma in grado di giocare da entrambi i lati del campo, è un giocatore di grande dinamismo e doti aerobiche, unite a una apprezzabile velocità di base. Dotato di buona tecnica individuale, discreto dribbling in situazioni dinamiche, gioca meglio sul corto che sul lungo ed è molto abile a inserirsi nella linea offensiva venendo da dietro. Il suo ruolo naturale nel 3-5-2 è quello di mezzala pronto a inserirsi e a formare, assieme a Tevez, la coppia di giocatori alle spalle del centravanti di cui parlavo prima.

In attacco il ciclo di Vucinic e Quagliarella (in realtà anche di Giovinco) alla Juventus era chiaramente finito. Sono stati presi un ventiduenne e un diciottenne. Morata è un attaccante moderno: potente e veloce, capace di svariare su tutto il fronte d’attacco e, provenendo dalla scuola spagnola, tecnico e capace di dialogare coi compagni. E sa fare gol. Insomma un potenziale grande attaccante. E in effetti sì: se riuscirà a mettere in campo tutte le sue potenziali doti, il giudizio sul mercato della Juventus potrebbe passare da buono a ottimo. Kingsley Coman sembra invece avere già sorpassato Giovinco nelle gerarchie di Allegri nel reparto attaccanti. Visto contro il Chievo ha destato grandissima impressione: giocando da punta pura (in un ruolo che, per come era stato presentato, non dovrebbe essere esattamente il suo) ha mostrato gambe forti, capaci quindi di mantenere la posizione e gestire la pressione dei marcatori e insieme a questo estrema velocità per attaccare la profondità. Ha calciato in porta con entrambi i piedi con una preparazione velocissima al tiro (tipica degli attaccanti), si è mosso con perizia all’interno dell’area e ha sfoggiato buona tecnica per dialogare nel breve con un compagno di reparto. E assieme a questo, una personalità notevole per un diciottenne all’esordio.

Due sono le cose da evidenziare nel mercato della Juventus. La prima è che tutti i giocatori acquistati sono giocatori veloci. Ciò sopperisce a una della carenze della passata edizione della Juventus, dotata di pochissimi giocatori con velocità sulle gambe ed è particolarmente importante nel reparto offensivo, dove Coman e Morata possono garantire un’efficacia in campo aperto e in transizione offensiva che la squadra non aveva negli anni passati.

La seconda è che Pereyra, Morata e Coman sono giocatori giovani e pertanto con tanti margini di miglioramento, in una fase ascendente della loro carriera e, perché no, del loro valore di mercato.

L’impressione è che la società abbia fatto più o meno ciò che si proponeva di fare al netto della cessione di Vidal. E’ mia opinione che la Juventus aspettasse l’offertona per il cileno per incassare e intraprendere un più profondo rinnovamento della rosa, magari orientando più decisamente gli acquisti per un cambio di sistema di gioco. L’offertona non è arrivata ad allora si è puntato a rinforzare e ringiovanire la squadra, facendolo a mio parere piuttosto bene.

ANTONIO CORSA:

Insomma: tiriamo le fila. Parliamo un po' di prospettive? La squadra si è rafforzata, Allegri pare (finora) non voler distruggere quanto di buono creato nel precedente triennio e ci ha già fatto vedere qualche aggiustamento tattico interessante, i giocatori si dichiarano motivati e responsabilizzati dal cambio della guida tecnica e la Società è stata comunque brava, al di là della spaccatura con Conte (della quale sappiamo poco), a superare il trauma mantenendo compatto l'ambiente (Vinovo, intendo) ed evitando pericolosissime spaccature all'interno dello spogliatoio. Quindi? Juve di nuovo in pole position per la Serie A? Secondo me non bisogna nascondersi e sì, i bianconeri hanno ancora qualcosina più di tutti. La Roma è un avversario di tutto rispetto e probabilmente dirà la sua fino alla fine ma, al contrario della Juve, avrà due incognite in più che ritengo piuttosto "pesanti". Innanzitutto, ci sarà l'impegno europeo con diversi turni settimanali che inevitabilmente peseranno a livello di preparazione, stanchezza e concentrazione (basti pensare a cosa fosse la prima Juve di Conte senza coppe e poi alla seconda, dove – inevitabilmente – si è scelto di “gestirsi”, anche tatticamente, per non arrivare cotti alla fine). C'è, inoltre, tutto il discorso relativo alla pressione psicologica: giocare per fare bene è "un altro sport" rispetto al partire per vincere con la consapevolezza che un secondo post sarebbe vissuto come un fallimento. La Roma non ci è abituata quanto la Juventus e questo, inevitabilmente, rischierà di incidere. Insomma: vedo ancora i bianconeri davanti a tutti, con la Roma subito dietro pronta a fare prima o poi il definitivo salto di qualità, più mentale che tecnico. Se la giocheranno loro due, mi pare abbastanza evidente e non serve un mago per pronosticarlo. In Europa, invece, il discorso è il solito: le italiane partono dietro, ma questo non vuol dire si debba partire necessariamente battuti. Fare meglio della passata stagione è un obbligo, superare il girone il minimo e poi si vedrà: in gare da 180' può succedere di tutto. E’ l’unico atteggiamento mentale possibile, questo, per “superare” con la determinazione (è questa la vera “eredità” dell’Atletico Madrid, se proprio vogliamo trovarne una) quel gap tecnico che mi pare sia rimasto piuttosto immutato nei confronti dei top club e che però non può più frenarci psicologicamente come troppo spesso successo in passato. Sono con Evra: “E’ incomprensibile come una squadra di questo livello non riesca a tornare nell'elite europea”, come storia e tradizione imporrebbero. E’ ora di riprendersi la propria storia tornando tra le prime 8 in Europa.

FABIO BARCELLONA:

In ottica prospettive e tornando ad Allegri sarà davvero interessante vedere se, quando e come ci sarà un cambio di sistema di gioco. Le dichiarazioni del mister lasciano più di una porta aperta al passaggio ad una difesa a quattro e a quel punto sarei davvero curioso di vedere quali sarebbero eventualmente le scelte. Non credo che ci siano molti dubbi sulla eventuale presenza di tre centrocampisti, il nodo è come e chi schierare nei tre davanti. Morata è un giocatore che ama svariare sull’esterno, ma, sinceramente, non vedrei bene un 4-3-3 con lo spagnolo e Tevez sulle fasce: troppo sacrificio da chiedere ai due. Più fattibile un tridente con un’ala tattica, come potrebbe essere Pereyra, ma la sensazione è che Allegri non veda l’ex Udinese come puro giocatore di fascia. Insomma, il 4-3-3 mi pare un po’ complicato. Una versione diversa, vista, come detto, in precampionato, è il 4-3-2-1, con due giocatori alle spalle del centravanti. In un sistema del genere Morata, a mio parere potrebbe fare esclusivamente il centravanti perché non sembra che tra le sue caratteristiche ci sia quella di ricevere la palla tra le linee. Tevez, più uno tra Pereyra, Vidal e Marchisio potrebbero occupare i due ruoli da mezzapunta. Il 4-3-2-1 ha in ogni caso sviluppi del gioco piuttosto diversi dal 3-5-2. Occorre garantire l’ampiezza al gioco con le mezzali e i terzini e trovare le spaziature giuste per gestire la potenziale superiorità numerica in zona centrale. Il lavoro di conversione da 3-5-2 al 4-3-2-1 è piuttosto complesso. Da non escludere anche il 4-3-1-2 tanto caro ad Allegri. Al di là del modulo adottato, la presenza in rosa di Morata e, perché no, di Coman, al di là del loro valore intrinseco, regalerà alla Juve una dimensione di velocità e capacità di attacco alla profondità che non aveva la passata stagione.

In Italia, per me la Juventus è ancora la squadra più forte. E’ vero che la Roma avrà il doppio impegno, avrà più pressione e questo di certo conterà qualcosa al livello di preparazione alla partita di campionato, ma è anche vero che è una squadra in ascesa, con giocatori, allenatore e società “affamati”. Non credo quindi che la squadra di Garcia mollerà qualcosa rispetto alla passata stagione, anzi. Tuttavia la Juve mi pare una squadra complessivamente più completa e di maggiore qualità. Ci sarà un bel duello e la Juve parte davanti.

La Champions League ha di certo grande fascino, ma in una competizione con così poche partite è vero che l’episodio o un sorteggio sfavorevole hanno un peso notevole. E’ chiaro che la distanza dai top club esiste e non è stata colmata. E’ vero però anche che la dimensione europea di questa Juventus non è così disastrosa come si vuole fare credere. Il primo anno di partecipazione ha vinto il proprio girone davanti al Chelsea (battuto 3-0 in casa) ed è uscito ai quarti di finale contro il Bayern che ne avrebbe fatto 8 al Barcellona. E fino a 25 minuti dalla fine della partita di ritorno coi bavaresi, giocata bene, era in corsa per la qualificazione. L’anno scorso la Juve ha sbagliato le partite contro Copenaghen e Galatasaray, ma di certo l’ultima partita ad Istanbul è stata davvero particolare. E contro il Real Madrid ha giocato due ottime partite. L’obiettivo minimo è un girone di qualificazione convincente e l’approdo tra le prime otto d’Europa. E sono obiettivi credibili per il valore di questa Juventus. Ma di certo non scontati. Tutt’altro. Dovrà giocare al massimo delle proprie possibilità. La vittoria dell’Olympiacos contro l’Atletico Madrid ha già messo in chiaro che il girone è tosto e immediatamente ci sono le due trasferte a Madrid e Atene. Già decisive.

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