Nel 2016 Ernests Gulbis ha giocato 21 partite, perdendone 14. Oggi, il tennista lèttone occupa la posizione numero 103 del ranking, a poco più di due anni dal suo miglior piazzamento, il numero 10 del giugno 2014, subito dopo aver raggiunto la semifinale al Roland Garros persa poi contro Djokovic. Poco prima aveva vinto l’ultimo dei suoi sei tornei, a Nizza. Il 2014 è stato l’anno migliore di Ernests: vinse anche a Marsiglia, sempre dalle parti della Costa Azzurra, va a sapere se è un caso.
Da lì in poi, proprio quando sembrava che il figlio del miliardario si stesse decidendo a fare il professionista, è stata una catastrofe, arrivando fino ai numeri attuali che sembrerebbero quelli di un tennista allo sbando, avviato ad un finale di carriera inglorioso. Soprattutto considerato anche il personaggio, sopra le righe per un un ecosistema ingessato come quello del tennis, dove se dici quello che pensi passi per Savonarola. Eppure, in pieno stile Gulbis, pare che il lèttone si sia messo di nuovo in testa di impegnarsi per vincere qualcosa di importante nel tennis.
Cambiare tutto
Attualmente, Gulbis è in pausa dai tornei anche per un problema alla spalla destra. Si sta allenando con Larry Stefanki, uno che è stato già allenatore di John McEnroe, Tim Henman, Marcelo Rios, Evgenij Kafelnikov, Andy Roddick e che non è tipo da scendere in campo per perdere tempo. Se oggi Stefanki ha scelto Gulbis, più che viceversa, è perché c’è un progetto dietro: la rivoluzione.
Rispetto al passato, stavolta Gulbis non fa notizia per i suoi comportamenti ma per una scelta tecnica. Il lettone vuole cambiare radicalmente il suo dritto, il colpo indispensabile per vincere qualcosa di serio, e non un qualsiasi 250, foss’anche in Costa Azzurra.
Nel tennis moderno non basta avere il miglior rovescio del mondo per vincere i tornei dello Slam; persino Stan Wawrinka, che pure ha il rovescio ad una mano migliore degli ultimi anni, senza l’enorme lavoro per migliorare l’efficacia e la solidità del dritto, non avrebbe mai compiuto quel passo necessario a vincere tre tornei dello Slam. E così vuole fare Gulbis, un giocatore che ha già nella prima palla di servizio e nel rovescio bimane due colpi devastanti.
Il crocevia del dritto
Il suo gioco, fin qui, si è basato sul cambio di velocità. Gulbis è un giocatore che riesce a generare potenza con estrema facilità, imprimendo un cambio di velocità alla palla che a quei livelli si traduce spesso in punto. Non è giocatore difensivo, non tesse trame allargando il gioco con colpi ragionati: si limita a tirare più forte possibile vicino le righe. Gulbis ha raggiunto i suoi migliori risultati al Roland Garros, dove ha raggiunto i quarti di finale nel 2008. All’epoca il suo dritto funzionava, come nelle semifinali nel 2014, quando era già quel colpo ad “airone” che sfruttava il tempo in più che ti dà la terra rossa per preparare i colpi.
Il dritto è stato sempre il suo crocevia: funzionava nel 2008, meno negli anni seguenti, di nuovo nel 2014, ma poi neanche troppo. Anzi, talmente poco che Gulbis si è messo in testa di cambiarlo nuovamente.
Il dritto modello “Airone”, oggetto di una “ricostruzione” tecnica, venne studiato per dare dei punti di riferimento durante l’esecuzione. La mano sinistra protesa in avanti con il palmo aperto verso la palla mentre il braccio destro portava la testa della racchetta nel punto più lontano raggiungibile, erano il trademark di questa esecuzione, che necessitava di ampi tempi di preparazione. I professionisti, quando devono cambiare qualcosa del loro gioco, in genere solo dei piccoli accorgimenti, si mettono in campo con il cesto e cercano di “meccanizzare” l’esecuzione dei colpi, ovvero trovano dei punti di riferimento che solo dopo molte ore di allenamento e pratica vengono assimilati, diventando cioè naturali.
È stato il caso di Milos Raonic, che ha imparato a giocare il backspin di rovescio (giusto per stare alla parte tecnica tralasciando quella tattica). O di Juan Martin del Potro che ha fatto la stessa cosa, re-imparando a giocare il rovescio tagliato a una mano e cambiando il movimento del rovescio, che ora non fa scendere più la testa della racchetta sotto il livello del polso. Marin Cilic ha cambiato il lancio di palla al servizio ed è riuscito a vincere un torneo dello Slam. Piccoli o grandi cambiamenti che i professionisti sono riusciti a fare a carriera già in fase avanzata e che comunque hanno portato risultati.
Il fatto che Gulbis si sia messo ancora al lavoro per cambiare di nuovo tutto quanto, come se fosse un tennista di quarta categoria qualunque, è in ogni caso encomiabile e in parte stridente con la sua immagine di tennista viziato.
A Toronto, ultima partita giocata da Gulbis e persa contro il modesto Ram in due set, il lèttone ha dichiarato: «Sto lavorando sul dritto, voglio renderlo solido come il rovescio». A seguirlo c’era già Stefanki, visto che Ernests aveva scelto di separarsi da Gunther Bresnik, coach che condivideva con Dominic Thiem e con il quale non si è lasciato in maniera troppo amichevole.
Con il nuovo movimento di dritto Gulbis tiene il braccio sinistro flesso, più vicino al busto, così come il braccio destro, che ora esegue una rotazione interna meno ampia. La testa della racchetta è più vicina al corpo e non si allontana più da questo, come nel movimento precedente. In questo modo Gulbis è può effettuare delle esecuzioni in maniera più coordinata, senza dover cercare ogni volta la posizione degli appoggi e il timing perfetto. In top 10, magari su superfici veloci e contro i migliori, si colpisce molto più rapidamente, con meno tempo a disposizione e spesso in situazioni di equilibrio precarie o quantomeno variabili: il nuovo dritto di Gulbis gli darà una mano proprio in questo.
Ma Gulbis quindi è cambiato?
Quello che spinge un giocatore di 28 anni a intraprendere un percorso del genere non può che essere la voglia di vincere. Chissà se diventerà più diplomatico. Al Roland Garros 2016, dopo aver battuto Seppi sul campo 18, ha parlato senza mezzi termini di come funziona il tennis attuale: «Se non sei fra i top player l’organizzazione dei tornei ti tratta di merda. Nei tornei, le teste di serie hanno campi di allenamento per ore assieme ai loro coach mentre i giocatori fuori dalla élite devono pregare per avere un campo. Così, come si può competere?».
L’impressione è che Gulbis sia un ragazzo molto sicuro di sé, e che l’aver raggiunto praticamente l’indipendenza economica con la sua nascita, considerata la ricchezza della sua famiglia, gli sia servita per affermarsi senza l’assillo del “break even" legato al tennis, dove pure ha guadagnato e guadagna. Figlio di un miliardario e di una famosa attrice, per Gulbis il tennis è una strada per affermarsi, non per diventare ricco.
«A 28 anni ho ancora quattro o cinque buone stagioni davanti, e voglio vincere», ha detto sotto l’occhio di Larry Stefanki, che non lo seguirà quando il giocatore tornerà a giocare nel tour. Potrà Gulbis vincere un torneo dello Slam? Per quanto assurdo, forse sì: Wawrinka ne ha vinti 3 dopo i 28 anni, e i suoi trascorsi ricordano abbastanza quelli del tennista léttone.
Per raggiungere la semifinale al Roland Garros nel 2014, batté Federer in cinque set negli ottavi di finale, e poi Berdych nei quarti, facendo credere a tutti che finalmente “avesse messo la testa a posto”. Forse, a posto, doveva mettere il dritto.