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Hype Kondogbia
24 giu 2015
Comincia oggi Hype, rubrica nella quale analizziamo giocatori al confine tra promessa e campione. Nella prima puntata: Geoffrey Kondogbia.
(articolo)
13 min
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Quanti occhi ci saranno sul primo pallone che Geoffrey Kondogbia toccherà con la maglia dell'Inter? Per qualcuno è un acquisto che da solo cambia le ambizioni della squadra di Mancini, per qualcun altro l'asta con il Milan ha alzato troppo i costi, in ogni caso è raro che un giovane che interessa mezza Europa scelga un club italiano. L'intrigo stracittadino ha aumentato il nostro stupore e Geoffrey è ormai qualcosa di più di un semplice centrocampista. Chi ha bisogno del calcio giocato quando il mercato estivo offre trame degne di una serie tv?

In onore del dio Hype ho passato gli ultimi giorni a guardare partite di Kondogbia (recenti e non) per farmi un'idea il più precisa possibile di che tipo di giocatore si tratta. Dirò subito che è un talento vero, al di là della possibile etichetta di “acquisto dell'estate” e delle aspettative che si porta dietro, anche se magari è un calciatore più semplice di quello che qualcuno pensa (e i paragoni mai approfonditi con Yaya Touré, Vieira e Pogba non aiutano).

GK è eccezionale in alcune cose, molto normale in altre. Non è in grado di cambiare da solo una squadra, non ancora almeno. È un talento in crescita che viene dalla sua stagione migliore, in cui ha potenziato quelle qualità visibili già da quando aveva diciannove anni, esaltandole nelle partite più importanti (gli ottavi di Champions League con l'Arsenal, i quarti con la Juventus). I difetti non sono spariti, ma ha imparato a gestirli con disinvoltura.

«È giusto che Paul [Pogba, con cui ha vinto il Mondiale Under-20 nel 2013] e Raph' [Varane, con cui è cresciuto nelle giovanili del Lens] siano più famosi di me. Siamo coetanei ma non abbiamo fatto gli stessi percorsi, non giochiamo nelle stesse squadre. Non mi dà fastidio, preferisco fare la mia strada tranquillo, senza troppa gente che mi stia appresso», ha detto lui pochi mesi fa. Possiamo dichiarare ufficialmente finiti quei tempi.

Forse è bene cominciare da uno dei punti forti del suo gioco: la difesa. Non la fase difensiva, in generale, ma proprio la difesa pura, l'uno contro uno. GK ha raccontato che da piccolo preferiva la boxe e qualcosa di quei tempi forse è ancora visibile quando parte in pressione su un giocatore e sembra spingerlo verso delle corde immaginarie. È aggressivo, ma non cerca per forza l'anticipo. I suoi interventi sono quasi sempre molto puliti: si limita a imporre la propria stazza, non usa le mani e non tocca il suo avversario, proprio come un pugile prende possesso del quadrato con i piedi, oltre che con i pugni.

Senza voler tirare la metafora fino a strapparla, ma anche il modo in cui usa le gambe ricorda l'estensione di un dritto d'incontro: GK aspetta che sia l'avversario a entrare nel suo raggio d'azione e interviene direttamente sulla palla, anche semplicemente allontanandola dai piedi del portatore. E se l'avversario si allunga la palla, non calcola bene le distanze o non ha contatto, GK usa il corpo come ostacolo restando in piedi e mettendosi con l'anca tra palla e giocatore.

La specialità della casa, però, è da sempre quella di rubare palla arrivando da dietro o di lato, da un angolo cieco per l'avversario. GK infila le gambe tra quelle dei suoi avversari sia come un puro strumento di recupero difensivo, sia come la conclusione della propria pressione verticale. Un tutt'uno, anzi, con la ripartenza che ne segue.

Sfrutta la lunghezza delle sue gambe con un'esperienza e una furbizia che può aver imparato solo quando il calcio era il passatempo con gli amici in strada, una seconda natura che lo guida verso gli avversari senza bisogno di quelle motivazioni psicologiche che lo porterebbero ad essere irruento (la grinta, che qualcuno nel mondo del calcio chiama ancora “cattiveria”, che GK ha mostrato solo contro Diego Costa, che il giorno dopo ha accusato di razzismo).

Kondogbia dice che fu il padre a convincerlo ad allenarsi seriamente a calcio, minacciandolo di non iscrivercelo più: «Da quel momento ho iniziato ad apprezzare la disciplina, e tutto il resto». È significativo che la prima cosa che abbia apprezzato nel calcio sia stata la disciplina (non il dribbling, non il fatto che, come dicono i suoi compagni d'infanzia, era più forte degli altri), e si riflette nel modo in cui gioca oggi.

Non sembra neanche un giocatore di calcio, sotto questo aspetto. La calma e la costanza con cui GK esegue i movimenti a fisarmonica per uscire dalla zona e pressare il portatore di palla, la sicurezza con cui con cui infila le gambe tra quelle dei suoi avversari (che siano in Ligue 2, quando ha giocato il suo primo anno da titolare a Lens, o in Champions League) sono quasi da arte marziale.

Kondogbia è consapevole del fatto che l'incontro a centrocampo si vince ai punti, che bisogna avere pazienza e aspettare che si presenti l'occasione giusta per il colpo del K.O. (una cosa, ad esempio, che Guarín non sembra aver capito del tutto).

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«All'inizio ero spaesato», dice del suo arrivo in Spagna. «Gli avversari vedevano che non avevo chiaro le zone del pressing. Quell'esperienza mi ha fatto fare un salto in avanti. Sono migliorato nella sensibilità del gioco. Anche nella rapidità di esecuzione sento di esser migliorato».

Una delle sue prime partite con la maglia del Siviglia consiste in un quarto d'ora contro il Barcellona, con la sua squadra in vantaggio 2-1 che cerca di difendere il risultato (segno anche della fiducia che Michel, l'allenatore, aveva in lui, considerando che era il settembre del 2012 e aveva appena diciannove anni). Alla fine vincerà il Barcellona 3-2, ma in quei pochi minuti GK si alza e si abbassa come una fisarmonica per pressare il portatore del pallone più vicino, spinge Xavi indietro fino alla metà campo, costringe Thiago Alcantara a girargli intorno e toglie palla a Messi con un tackle di destro.

Confrontato (su Squawka) con Yaya Touré, Pogba, ma anche Matic (che tra i giocatori in attività forse è quello che gli somiglia di più dal punto di vista difensivo) e Guarín, è Kondogbia il giocatore che intercetta più palle di tutti: 2.69 a partita; poi c'è Guarín con 1.99; poi Matic 1.77; lontanissimi Pogba e Yaya: rispettivamente 0.73 e 0.61. Vince anche più duelli di tutti: 60.14%; seguito da Pogba con il 54.86%; Matic con il 50.7%; Yaya con il 50.2%; e infine Guarín con il 49.1%.

Ma i numeri non restituiscono l'impressione che si ha guardandolo dal vivo (o le volte in cui semplicemente costringe gli avversari a tornare indietro o girargli intorno). Per cui dirò che se il campo da calcio fosse grande come un ring probabilmente GK sarebbe il più forte in attività nell'uno contro uno.

Il che significa anche, dato che il campo è più grande di un quadrato regolamentare, che GK non è il più forte in assoluto nell'uno contro uno. Anzi, più le distanze si allungano, più paga caro i problemi di dinamismo. GK è lento nei primi metri, anche se non è rigido come Yaya Touré, poi ha una buona ripresa ma se non si avvicina abbastanza all'avversario con la palla può solo lasciarlo andare, e se interviene lo stesso fa fallo.

Non ha la scivolata di Nainggolan né il senso della posizione di Vieira (è anche molto più leggero) e se si fa portare fuori zona per andare dietro alla palla non è in grado di recuperare. Certo, se l'altro rallenta lui può sempre tornare da dietro. Diciamo che ha il 50% delle chance di terminare la rincorsa con un recupero e il 50% con un fallo.

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Kondogbia è un fenomeno a difendere in quattro direzioni sulle otto totali: in avanti, in avanti a sinistra, in orizzontale a sinistra, indietro a sinistra. Ma non copre bene correndo verso la propria porta e perde molto anche quando deve difendere con il destro. A volte, a destra, interviene comunque con il sinistro, girandosi di schiena all'avversario. Ed è probabilmente un effetto secondario della naturalezza con cui difende, che probabilmente lo ha portato a sottovalutare i propri difetti tecnici, non allenando, ad esempio, l'intervento con il piede debole. A volte compie lo stesso errore anche a sinistra, oppure a destra sceglie male il tempo con il destro. Compensa alle sbavature tecniche con la potenza, ma un giocatore più veloce di lui con abbastanza campo a disposizione può aggirarlo senza troppi problemi, oppure uno abbastanza bravo a proteggere palla può costringerlo al fallo.

Nel Mondiale Under-20, per fare un esempio, in semifinale contro il Ghana, proprio un suo intervento poco tecnico ha portato al pareggio di Assifuah, che da parte sua ha protetto benissimo la palla e calciato ancora meglio (e in quel torneo ha segnato 6 gol in altrettante partite). Va detto subito che GK è molto migliorato nelle ultime due stagioni, ma capita ancora che legga male il gioco, finendo per farsi tagliare fuori da un semplice scambio.

Il meglio di Kondogbia è nella difesa attiva, non in quella passiva, nel recupero della palla aggressivo piuttosto che nella difesa di posizione o nelle coperture.

Quindi, nel libretto delle istruzioni di Kondogbia vanno inseriti degli accorgimenti, con lo scopo di ridurre le dimensioni il campo, se possibile verso il lato sinistro. Anzitutto bisogna tenere corte le distanze dagli avversari per non lasciarli girare, cosa che lui fa benissimo, spingendoli spesso proprio a sinistra; poi vanno tenute corte le distanze con i compagni, ma questo non dipende interamente da lui. In questo senso il suo ruolo migliore sarebbe da mezzala sinistra in un centrocampo a 3 (con Ranieri il primo anno ha giocato anche mezzala destra e i risultati non sono stati sempre buoni): così da avere sempre vicino il centrale sul lato debole e, dall'altra parte, il fallo laterale. E nei dieci, quindici metri al margine della fascia sinistra, GK è praticamente insuperabile.

Ma una delle cose che Kondogbia ha migliorato di più nell'ultimo anno (anche grazie al sistema difensivo solido ed elastico del Monaco di Jardim) è proprio il ruolo di centrale sinistro in una coppia di centrocampo. Copre attivamente una porzione di campo più grande, con maggiore attenzione nella lettura del gioco, staccandosi dalla linea di centrocampo per pressare senza farsi portare troppo lontano dalla corrente.

Poi: in passato sembrava avere un carattere più passivo di quello che ha adesso. Se si guarda la finale del Mondiale Under-20, GK restava basso a dare equilibrio lasciando a Pogba quasi tutte le responsabilità in fase creativa. In quel periodo stava già finendo il suo Erasmus in Spagna e fuori da un sistema organizzato come quello del Siviglia tutte le sue qualità andavano perse. In compenso venivano esaltati i suoi difetti, in particolare la ricezione e al controllo del pallone.

Sia con il destro. Che con il sinistro.

Era soprattutto questo a limitarlo nella partecipazione del gioco, impedendogli di ricevere palla andando incontro ai difensori. Quando la palla arrivava dalla sua destra doveva farla scorrere sul sinistro, facendosi anticipare dall'avversario o chiudendosi da solo qualsiasi via d'uscita. In quella partita contro l'Uruguay, finita ai rigori, il carisma di Kondogbia non era neanche lontanamente paragonabile a quello di Pogba. Lo juventino controllava il gioco orientandolo nella direzione e alla velocità che voleva (anche con l'uomo addosso), mentre GK si limitava agli appoggi di prima. Sembrava più un centrocampista difensivo capace di dare equilibrio facendo due passi indietro, curando la marcatura preventiva piuttosto che offrendosi per lo scarico, o tra le linee.

Ancora oggi non può giocare come playmaker al centro di un centrocampo a 3, ma in una coppia di centrali la sua influenza è aumentata. Il suo potere di cambiare una partita sul piano creativo resta ridotto, rispetto a Pogba (per chiamarli “gemelli” ci vuole comunque fantasia) e non ha la precisione nei passaggi del playmaker; persino nella doppia sfida con l'Arsenal, nella coppia con Fabinho (un terzino adattato a centrocampo), era lui quello con meno carisma. La sua influenza si sente sopratutto nel gioco verticale, ed è aumentata perché ha imparato a farsi trovare dai suoi difensori con il corpo già orientato al controllo in avanti.

I suoi difetti non sono spariti ma (sopratutto grazie all'esperienza in Spagna e magari anche a compagni di squadra come Rakitic, Joao Moutinho e Toulalan) la sua visione di gioco gli permette di giocare in scioltezza su più linee, di accelerare e rallentare a suo piacimento. Kondogbia è diventato quello che in Francia chiamano (da qualche anno) mileu relayeur, il centrocampista che fa da collegamento tra difesa e attacco, che sa difendere ma che sarebbe riduttivo definire come centrocampista difensivo (l'equivalente del box-to-box inglese). Anche se continua a coltivare un rapporto speciale con il lato sinistro del campo, mentre a destra per lo più torna indietro o tutt'al più va in orizzontale.

Non tocca più di un cinquantina di palloni a partita (55 è la media della scorsa stagione, poco più di Imbula, 53.8: un altro giocatore verticale, indipendentemente dalla posizione in cui lo si mette) ma in verticale diventa propositivo e viene fuori una tecnica che gli permette anche virtuosismi.

«Le giocate spettacolari fanno parte del mio stile. Ma sempre per il bene della squadra, al momento giusto. Quando fai quel genere di cose è importante che non la squadra non ne paghi il prezzo», ha detto lui. Contro il Bayer Leverkusen ha fatto una roulette alla Zidane e un tacco sulla fascia in due azioni diverse, anche se non è un giocatore da cui aspettarsi un numero a partita.

La sua dote tecnica più vistosa è anche quella più ingannevole. GK sa correre con la palla tra i piedi e ha un controllo del pallone sufficiente, che gli permette di dribblare e cambiare direzione anche più volte, ondeggiando con delle movenze che possono ricordare quelle di Yaya Touré, anche se (non ho cominciato io a fare paragoni importanti) non ha la progressione di Yaya Touré.

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I suoi strappi devono essere più brevi e sostenuti dai suoi compagni di squadra. GK in realtà non è un portatore di palla compulsivo (per fortuna, visto che l'Inter ne ha già parecchi in rosa) e quando può, quando un compagno è vicino, preferisce giocare a uno o due tocchi, dare la palla al compagno e correre nello spazio.

Il limite maggiore di GK come mezzala è che si muove nello spazio solo dopo aver dato via la palla (ha due modalità di gioco: sul posto o in avanti) e deve migliorare sia nei movimenti tra le linee che nella ricezione con l'avversario alle spalle. Da centrale gioca di prima in scioltezza e difende bene con il corpo, pur restando a qualche anno luce di distanza dal genio dell'evasione Sergio Busquets. La sua potenza, unita alla struttura fisica leggera, gli permette di recuperare palla in pressione, ripartire e poi andare di nuovo in pressione se la squadra perde palla.

In una coppia di centrali le sue qualità fisiche hanno un impatto maggiore e tecnicamente gli viene chiesto meno rispetto a quello che ci si aspetta una mezzala sappia fare dalla trequarti in su. Al tempo stesso, però, le sue corse in avanti sono fondamentali per creare spazi e portare la palla nella metà campo avversaria, e da centrale deve stare attento a non sbilanciare troppo la squadra.

Per diventare davvero completo, soprattutto, dovrà aumentare il proprio peso nella trequarti avversaria. Rispetto ai giocatori a cui l'ho paragonato sopra, è comunque il più conservativo: il numero di passaggi a partita con cui manda al tiro un compagno (0.38), è uguale a quello di Matic e inferiore sia a Guarín (1.59) che a Pogba (1.45) che a Yaya Touré (1.22). L'ivoriano compensa i pochi rifornimenti ai compagni tirando (ha fatto 3.4 tiri a partita di media la passata stagione) ma anche Guarín (3.26) e Pogba (2.43) tirano più di lui (1.27). In questo almeno è meglio di Matic (0.50: un tiro ogni due partite...).

I suoi limiti tecnici vengono fuori quasi solo nel gioco spalle alla porta e Kondogbia ha una qualità sufficiente per fare qualcosa di più in fase offensiva. E sembra anche rendersene conto, già la scorsa estate diceva: «Una cosa in cui credo di poter migliorare sono le mie statistiche. Non segno spesso. Anche se so calciare bene a volte invece di provarci preferisco passarla...».

Magari la prossima stagione sarà quella buona per ingrandire ulteriormente il suo bagaglio tecnico e fare il salto definitivo. In fondo, anche se sembra assurdo considerando la maturità del suo gioco, stiamo parlando di un ventiduenne.

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