La storia è nota. Il 28 ottobre 2015, nel turno infrasettimanale della decima giornata di serie A, la Juventus perdeva 1-0 a Sassuolo e si ritrovava al dodicesimo posto in campionato, a pari punti col Chievo, con un punto in meno del Palermo e distante 11 punti dall’allora capolista Roma e a 9 da Inter, Napoli e Fiorentina. I bianconeri avevano collezionato più sconfitte (4) che vittorie (3) e la crisi pareva bel lontana dall’essere superata.
Il profondo cambiamento e ringiovanimento della rosa sembrava necessitare di più tempo per portare i risultati sperati. In estate erano andati via tre pilastri degli scudetti precedenti: Pirlo e Vidal, presenti sin dall’inizio del ciclo vincente, e Carlitos Tevez, il giocatore più importante dei due anni precedenti. Erano arrivati ben dieci nuovi giocatori: in attacco Mario Mandzukic, Paulo Dybala e Simone Zaza; in mezzo al campo, Sami Khedira, Mario Lemina, e, all’ultimo giorno di mercato, fallito il colpo Draxler, Hernanes dall’Inter; Juan Cuadrado e Alex Sandro sulle fasce, Daniele Rugani in difesa e Neto come secondo di Buffon.
Nelle prime dieci giornate Dybala collezionava 4 panchine, Mandzukic e Zaza un solo gol, Khedira saltava le prime 7 partite per infortunio, Alex Sandro era la riserva di Evra ed Hernanes deludeva come trequartista.
Dopo quella sconfitta la Juventus vincerà, ad oggi, 25 partite su 26. conquistando il suo quinto scudetto di fila con ancora 3 giornate di campionato da giocare. Incredibilmente, la Juventus sarebbe in testa alla classifica di serie A anche se non avesse giocato le prime 10 giornate, avendo collezionato in queste 26 partite gli stessi punti (76) che il Napoli, secondo in classifica, ha fatto in tutto il campionato.
Sebbene le statistiche avanzate relative all’inizio di campionato rivelassero che la Juventus stava vivendo un periodo under-performing, i problemi tattici erano sotto gli occhi di tutti.
Èinteressante in particolare il dato sul possesso palla. I numeri mostrano che nelle prime 10 partite la Juventus ha avuto in media il 57.6% di possesso; nella striscia vincente di 25+1 partite il dato è sceso di quasi 5 punti percentuali, giungendo al 53%.
La Juve dei primi due mesi e mezzo di campionato era una squadra capace di controllare il pallone, ma che non gestiva bene lo spazio. In maniera forse paradossale la quantità di possesso palla era proprio frutto delle inefficienze nel governo degli spazi e dei tempi di gioco. La squadra di Allegri metteva in mostra spaziature errate, movimenti fuori tempo e il risultato era una circolazione di palla perimetrale, poco fluida, incapace di trovare ricezioni tra le linee e quindi inefficace a disordinare la disposizione difensiva avversaria. La manovra evolveva pertanto con difficoltà e il dato quantitativo rifletteva più una difficoltà nel trovare un’evoluzione alla fase di possesso che una volontà di tenere il pallone nei piedi.
Le carenze posizionali in fase di possesso palla si riflettevano inevitabilmente sull’efficacia della transizione difensiva; cattive palle perse e posizioni preventive errate rendevano la squadra particolarmente fragile.
Eppure, proprio all’interno di questo disastroso inizio di campionato, erano rintracciabili dei segnali che potevano indicare la giusta strada per vincere lo scudetto nelle restanti 25 partite.
Pogba e Dybala prendono il centro della scena. E anche quello del campo
Il 25 ottobre 2015, tre giorni prima della sconfitta contro il Sassuolo, la Juventus, quattordicesima in classifica, giocava in casa contro l’Atalanta.
Il modulo di gioco presentato contro l’Atalanta era in partenza una sorta di 4-3-2-1 asimmetrico con Pereyra che in fase offensiva si apriva a sinistra, Mandzukic centravanti e Dybala che veniva dentro a giocare ai fianchi del mediano avversario. Il movimento di Pereyra liberava lo spazio interno per Pogba che, da mezzala sinistra, aveva campo per entrare centralmente e alle spalle del centrocampo avversario. Ancora più interessante la situazione tattica dopo l’infortunio al 37° minuto di Pereyra: Allegri forzava ancora di più il concetto inserendo Asamoah e avanzando Pogba sulla linea di Dybala. Per mantenere in posizione interna il fuoriclasse francese, il set di movimenti offensivi variava: era la mezzala Asamoah con un movimento dentro-fuori a fornire ampiezza e a liberare spazi interni per Pogba. Il risultato era una Juventus finalmente in grado di occupare in modo dinamico la zona cruciale alle spalle del centrocampo avversario, uno scaglionamento dei giocatori più efficace che ha permesso la comparsa di un gioco tra le linee. Assieme a questo, il sistema adottato con l’Atalanta portava Pogba al centro del campo, più vicino a Dybala, mettendo finalmente in connessione i due elementi più tecnici della squadra.
La Juventus dominava la partita ben più di quanto ci racconti il 2-0 finale. I gol nascevano tutti dall’asse Pogba-Dybala. Nel primo assist del francese e gol da fuori dell’argentino. Bellissimo il secondo gol: third pass di tacco di Pogba e assist di Dybala per il gol di Mandzukic, l’unico nelle prime 10 partite. Tra le altre cose uno splendido assist del numero 10 per il taglio esterno-interno di Dybala.
Forse le fortune offensive della Juventus erano già lì, visibili, il 25 ottobre 2015: centralità nel gioco di Pogba, movimenti tra le linee di Dybala, connessione tecnica e spaziale tra i due.
Khedira si muove per il campo e disegna linee di passaggio
Il 4 ottobre 2015 la Juventus, reduce dalla sconfitta al San Paolo contro il Napoli e quindicesima in classifica, affrontava in casa il Bologna. Era il giorno dell’esordio in maglia bianconera di Sami Khedira, che aveva saltato le prime 7 partite di campionato per un infortunio in amichevol estiva. L’inizio della partita era disastroso per la Juventus: già al 5° minuto Mounier portava in vantaggio il Bologna grazie anche a un tentativo di parata di Buffon non impeccabile. Al minuto 32 Dybala riceveva un pallone alle spalle del centrocampo avversario; con Cuadrado rimasto basso, la zona esterna destra veniva attaccata da Khedira che offriva una soluzione profonda a Dybala. L’azione si concludeva con l’assist deviato del tedesco per il gol del pareggio di Morata. Al minuto 62 Khedira segnava il gol del 3-1 (vedi anche gol contro il Palermo) inserendosi nel cuore dell’area avversaria alle spalle dell’ultimo difensore della linea arretrata del Bologna.
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Già il 4 ottobre 2015 la difficoltosa circolazione del pallone della Juventus acquistava efficacia grazie alle tracce senza palla disegnate da Sami Khedira.
L’uomo dell’equilibrio
Nelle prime dieci giornate di campionato la Juventus affrontava tre difficili trasferte. In ordine cronologico, i bianconeri giocavano contro la Roma, il Napoli e infine l’Inter.
A Roma davanti la difesa giocava Simone Padoin e la Juve subiva 18 tiri e perdeva per 2-1. Padoin metteva a referto 1 tackle e 3 intercetti, ma solo 27 passaggi. A Napoli, sconfitta con lo stesso punteggio e 13 tiri subiti; a giocare mediano era Hernanes, che guardava Insigne finalizzare il triangolo con Higuain e regalava allo stesso Higuain il pallone del 2-0. A Milano contro l’Inter, in quel momento seconda in classifica, a proteggere la difesa c’era il rientrante Claudio Marchisio, che fino a quel momento aveva giocato solo 45 minuti in campionato. La Juve pareggiava 0-0 subendo solo 8 tiri e mettendone a referto 15. Era solo la seconda volta in 8 giornate campionato che la Juventus riusciva a mantenere la rete inviolata. Il numero 8 bianconero tirava 2 volte in porta, effettuava 6 cross, giocava 62 passaggi e, in fase difensiva, vinceva 2 tackle e intercettava 3 palloni. Era già allora evidente quanto il ritorno in campo di Marchisio avesse fornito equilibrio alla squadra, bilanciando perfettamente la funzione di schermo davanti alla difesa e quella di distribuzione del pallone in fase di possesso.
Il calcio di Allegri
Gli indizi positivi individuabili durante il periodo di crisi di inizio campionato fornivano materiale di lavoro prezioso per Massimiliano Allegri.
Il profondo rinnovamento della rosa avvenuto durante l’estate aveva consegnato al tecnico livornese un gruppo di giocatori di elevata qualità, ma di compatibilità tattica da verificare. Nel reparto offensivo, i quattro attaccanti a disposizione erano abituati ad occupare, pur con caratteristiche tecnico-tattiche diverse, la stessa zona centrale e profonda dell’attacco. Cuadrado era l’unico esterno offensivo di ruolo e la fallita caccia a Draxler aveva lasciato come possibili trequartisti Pereyra e il neo-acquisto Hernanes, di certo non i due giocatori più qualitativi del gruppo.
Le assenze iniziali di Marchisio e Khedira e i tanti nuovi giocatori da innestare avevano generato un lungo periodo di assemblamento della squadra, in cui emergeva l’essenza del calcio immaginato da Allegri.
Nelle prime 10 giornate di campionato la Juventus adottava tre moduli di gioco diversi - il 3-5-2, il 4-3-1-2 e il 4-3-3 – cambiando continuamente coppia d’attacco titolare, e ruotando quattro mediani. Il lavoro dell’allenatore non si concentrava tanto sulla costruzione di meccanismi di gioco quanto sulla ricerca dell’alchimia migliore tra i propri giocatori. Più che a un sistema progettato entro cui inserire i calciatori maggiormente funzionali, il calcio di Allegri nasce dalle connessioni tecniche e tattiche naturali tra i propri giocatori. È un calcio che si sviluppa in maniera induttiva e non deduttiva. Il percorso prevede prove ed errori, sperimentazioni più che progettazioni. Dopo i primi mesi di prove empiriche, è nata una squadra estremamente flessibile e capace di giocare su più registri tattici diversi, tenendo sempre al centro del proprio sistema le caratteristiche tecnico-tattiche dei giocatori.
Nel lungo periodo di prova Allegri ha preso e messo da parte le cose buone emerse nelle prime dieci partite. Ha buttato via tutto ciò che non era funzionale, o addirittura nocivo, alla squadra e ha trovato la formula perfetta per il suo gruppo di calciatori.
Più che al modulo di gioco adottato l’essenza tattica della Juventus 2015-16 va pertanto ricercata in alcune costanti di gioco che hanno accompagnato il trionfale percorso verso il quinto scudetto di fila.
Monolite fluido
Dopo le prime 10 gare, la Juventus ha adottato quasi sempre il 3-5-2. Ma in partite importanti, come il big-match contro il Napoli, quello del sorpasso, o nell’andata degli ottavi di Champions League contro il Bayern Monaco, il modulo scelto è stato il 4-4-2 e non sono mancate rare incursioni nel 4-3-3 e nel 4-3-1-2.
Al di là delle variazioni iniziale dei moduli è interessante osservarne la fluidità in azione.
In fase difensiva il 3-5-2 può assumere configurazioni diverse in funzione dell’altezza di campo e dei momenti di gioco. In fase di difesa aggressiva e ad altezza media, la Juve si dispone generalmente con un 4-4-2, tenendo più alto il laterale di destra – Cuadrado o Lichtsteiner –, abbassando sulla linea dei difensori quello di sinistra – Evra o Alex Sandro – e allargando il centrale di destra Barzagli. Difendendo più bassa invece la Juventus si garantisce protezione del centro dell’area attraverso una linea di 5 difensori.
In maniera analoga, i bianconeri sono capaci di difendere alti in transizione difensiva impostando marcature preventive molto aggressive. In questo sono aiutati dalla superiorità numerica garantita dalla presenza di tre centrali, Ma può anche, e con efficacia forse ancora maggiore, disporsi bassa serrando la linea arretrata a 5 e quella mediana a 3, negando profondità e pericolosità al centro dell’area agli avversari.
In tutti i casi la linea difensiva della Juve gioca una zona sporcata da una particolare attenzione alla posizione dell’avversario nel proprio spazio di competenza: la marcatura ravvicinata dell’uomo è prioritaria rispetto alla copertura omogenea del campo e al mantenimento delle distanze reciproche. La linea non prova a mettere in fuorigioco gli avversari e i tagli degli attaccanti vengono in genere seguiti.
La Juventus è capace di difendere basso o alto, di giocare transizioni difensive aggressive o di ripiegare interamente nella propria metà campo, di presidiare posizionalmente gli spazi e di portare pressione individuale sui portatori di palla e sui possibili riceventi. Tale ricchezza di armi difensive, la flessibilità che le consente di adattarsi a ogni avversario e situazione tattica, ha generato numeri da record: in 26 partite la Juventus ha subito solo 9 gol di cui solo 5 su azione, ha collezionato 18 clean sheet, il record assoluto di imbattibilità in serie A per Buffon (973 minuti). In casa la Juventus ha solo vinto, subendo solo 2 reti in 13 partite, entrambe su calcio piazzato e ha ottenuto 11 clean sheet con una striscia aperta di 10.
Il trequartista che non c’è. I trequartisti che appaiono
A contribuire alle fortune difensive è intervenuto anche il progressivo miglioramento della fase di possesso palla, che ha consentito alla Juventus un’efficacia maggiore e un migliore bilanciamento quando si perde palla. Nel 3-5-2 la squadra può giocare in genere una tranquilla costruzione bassa, forte della superiorità numerica costituita dal rombo arretrato in cui spiccano le capacità di impostazione di Leonardo Bonucci. La squadra si alza compatta e occupa gli spazi nelle metà campo avversaria.
Lo spettro delle soluzioni per risalire il campo in fase di possesso palla non si esaurisce però solo nella manovra palleggiata. Coerentemente con il calcio anti-dogmatico del suo allenatore, la Juventus ha tante soluzioni a uno stessoproblema. Se pressata alta e in difficoltà nel palleggio arretrato è capace di giocare palla lunga verso i suoi giocatori offensivi, sfruttando la capacità di Mandzukic di fare da perno avanzato e la sostanziale onnipotenza di Pogba nel dominare nel medesimo istante il pallone e i duelli fisici con gli avversari.
Buffon per Pogba, che tratta Xabi Alonso come un calciatore degli Allievi: tiene lo spagnolo a distanza, stoppa di petto e manda Morata in porta. La Juve arriva in porta anche così.
Ancora, la Juventus può risalire il campo in maniera rapida grazie alle capacità in spazi ampi di molti dei suoi giocatori. Cuadrado ha rapidità, Alex Sandro progressione, Dybala tecnica, Morata velocità, Pogba ha tutte queste qualità messe assieme: i bianconeri possono ribaltare con estrema facilità, in pochissimo tempo e in maniera verticale, il fronte del gioco facendo avanzare rapidamente per il campo la Juventus.
Non c’è una sinistra somiglianza con questo goal qui?
Se si tratta invece di palleggiare con pazienza la Juve riesce a coprire l’ampiezza del campo con i due esterni sempre aperti e alti che dilatano in larghezza le distanze delle linee difensive avversarie. I bianconeri possono quindi penetrare le difese avversarie passando dall’esterno ma, in virtù della loro versatilità, riescono anche a sviluppare un pericolosissimo gioco interno, basato soprattutto sul movimento combinato delle mezzali Pogba e Khedira e di Paulo Dybala.
La Juve sfrutta l’ampiezza: cross di Alex Sandro gol dell’esterno opposto Cuadrado. Di nuovo: la Juve sfrutta l’ampiezza: cross di Alex Sandro gol di Cuadrado (extra: il tacco di Pogba). Qui è Evra a crossare per Cuadrado.
La fondamentale zona tra le linee avversarie e i cosiddetti half-spaces sono occupate in modo dinamico dalle mezzali Pogba e Khedira e da Dybala. Il 3-5-2 si trasforma senza soluzione di continuità in un 3-5-1-1 con l’arretramento dell’attaccante argentino e transita naturalmente verso il 3-4-2-1 con la rotazione del triangolo costituito da Dybala e i due intermedi. I piedi buoni e la visione della “Yoya” e di Pogba, oltre alla precisione dei movimenti di Khedira, sono messi al centro del campo, nella posizione più pericolosa possibile per gli avversari. Nelle occasioni in cui la Juve gioca con il 4-4-2 i tre giocatori finiscono per occupare la stessa zona di campo, con Khedira che dalla posizione di interno è pronto ad alzarsi, lasciando Marchisio in posizione coperta, Pogba che taglia dentro e Dybala che arretra.
Khedira e Dybala occupano gli half spaces ai fianchi del mediano avversario. Khedira riceva palla da Marchisio, riapre verso l’esterno e attacca l’area assieme a Dybala.
Partendo dalla zona intermedia Pogba e Khedira possono dialogare con l’esterno e formare una catena di gioco laterale, muoversi internamente alle spalle della linea di centrocampo avversaria o attaccare la profondità negli spazi liberati dal movimento delle punte.
Il gioco palleggiato della Juventus. I bianconeri tengono il pallone con pazienza per 1 minuto e 20 secondi. Dybala si abbassa, Pogba attacca gli spazi profondi, Khedira trova lo spazio utile per ricevere il pallone.
Il cuore della fase di possesso manovrato della Juventus risiede interamente nella connessione spaziale e temporale tra questi tre giocatori, che hanno il compito trovare gli spazi tra le maglie della difesa avversaria per ricevere palloni in zona pericolosa o attaccare la profondità. Con il rombo arretrato a gestire la costruzione bassa, gli esterni ad occupare le fasce e il centravanti impegnato a muovere la linea difensiva, il cuore del campo è gestito da Pogba, Khedira e Dybala, capaci di giocare un calcio fatto di letture e intesa reciproca.
Pogba si muove tra le linee alla ricerca della posizione migliore per ricevere il pallone. Servito da Rugani, si libera del marcatore con una veronica e un colpo di tacco e serve uno splendido assist a Morata.
L’esplosione di Dybala. L’evoluzione di Pogba
In questo contesto tattico è esploso il talento di Paulo Dybala. L’argentino veniva da una stagione giocata come punta unica nel 3-5-1-1 del Palermo di Iachini, schierato davanti a un enganche classico quale El Mudo Vazquez. In quel contesto tattico i suoi movimenti erano sostanzialmente orientati ad attaccare la profondità e a coprire, da unica punta, l’intero fronte d’attacco. Sin dall’inizio Massimiliano Allegri ha lavorato per farne la punta di raccordo tra centrocampo e attacco, vedendo in lui le qualità tecnico tattiche appropriate per svolgere con efficacia il ruolo immaginato. I numeri, peraltro notevolissimi, 16 gol e 8 assist, restituiscono solo parzialmente l’impatto di Dybala nella Juventus. L’argentino ha il senso dello spazio per trovare la posizione giusta dove ricevere, forza sulle gambe per proteggere il pallone, tecnica e rapidità per saltare l’avversario in dribbling, visione di gioco per servire assist e doti di finalizzazione, sia in area che calciando da lontano, fuori dal comune.
Paul Pogba ha invece completato la sua evoluzione a giocatore onnipotente. Per compensare la perdita tecnica ed emotiva seguita alla partenza di Pirlo e Vidal, i due cardini del centrocampo bianconero negli anni passati, la Juventus aveva la necessità che il fuoriclasse francese riuscisse a esprimere in maniera ancora più compiuta il suo enorme potenziale. I margini di crescita di Pogba riguardavano essenzialmente la continuità della propria azione nel corso di una partita, la centralità nel gioco della squadra, i movimenti senza palla e le zone di ricezione del pallone. Il numero 10 bianconero è riuscito a progredire in tutti questi aspetti, occupando gran parte dello spazio lasciato nella squadra da Pirlo e Vidal. La sua influenza sulla Juventus è cresciuta a dismisura, acquisendo una centralità nel gioco e una continuità in partita che fino alla scorsa stagione non possedeva. In ogni match Pogba mette in mostra il suo sterminato campionario di possibilità tecnico-tattiche: contrasta avversari e intercetta palloni come un centrocampista difensivo, costruisce gioco come un regista, gioca tra le linee e distribuisce assist come un trequartista, si inserisce come un mezzala e conclude come un centravanti, impreziosendo il tutto con perle tecniche abbacinanti. È il giocatore di serie A che ha fornito più assist (12), il centrocampista che ha tirato più in porta (3.5 tiri per gara) e ha effettuato più dribbling (2.9 a gara), ha segnato 8 gl, senza rinunciare a tackle (2.2 per gara, secondo solo a Lemina nella Juventus) e intercetti (1.4 a gara).
Due piccoli esempi di quello che Pogba può fare in un campo di calcio.
Mr. Wolf, alias Claudio Marchisio
Parte dei meriti dell’evoluzione di Pogba e dei successi della Juventus vanno ascritti alla presenza in campo di Claudio Marchisio. Il numero 8 bianconero fornisce un contributo fondamentale in ogni fase del gioco. In fase di non possesso la sua capacità di coprire ampie porzioni di campo, unite alla sua lettura delle traiettorie di passaggio avversarie e alle doti di pressione, lo rendono elemento chiave nel contrastare l’azione avversarie. Con 2.1 tackle e 2.8 intercetti a partita Marchisio è il giocatore della Juventus che recupera più palloni. In fase di possesso palla il mediano bianconero si posiziona sempre in sostegno del portatore di palla fornendo soluzione di passaggio sicura (è il giocatore della Juve che gioca più passaggi, 63.5) e gestisce il pallone giocando preferenzialmente sul corto utilizzando soluzioni di gioco utili a ordinare e compattare la squadra, migliorando così lo scaglionamento anche in previsione della perdita del pallone. Con lui in campo la Juve guadagna equilibrio e Pogba è esentato dalla parte ordinaria del gioco potendosi dedicare, con profitto, a quella straordinaria.
I campioni di oggi, il futuro della Juventus
La Juventus che ha compiuto l’impresa di vincere uno scudetto che a fine ottobre sembrava irrimediabilmente perso, vincendo 24 partite su 25, è una squadra che basa la sua forza sulle capacità tecniche dei suoi giocatori e sulla sue enorme flessibilità tattica. La squadra di Allegri è capace di giocare partite profondamente diverse e di alternare diversi registri tattici all’interno della partita. Èuna squadra inserita nel solco di una ricca tradizione italiana di calcio basata su una difesa solida e strategia tattica fluida e adattata alle caratteristiche proprie e altrui. La sfortunata partita di Monaco contro il Bayern è paradigmatica della flessibilità della squadra: in quel match la Juventus ha alternato momenti di pressione alta uomo contro uomo, in cui si disponeva con il 4-4-2 per adattarsi allo schieramento avversario, a fasi di difesa posizionale con il 5-4-1. In fase di possesso, individuati negli half-spaces i punti deboli della difesa tedesca, Allegri ha disegnato la squadra con il 3-4-2-1 con Pogba avanzato quasi al fianco di Morata. La Juve è capace di difendere bassa, di pressare alta, di arrivare in porta tramite lunghe azioni manovrate, con rapidissime transizioni offensive o saltando il centrocampo con lanci lunghi verso il reparto offensivo. È capace di controllare il pallone e, in maniera ancora più efficace, di dominare lo spazio di gioco.
Pogba, Dybala, Alex Sandro, Morata, Rugani, Zaza, sono tutti giocatori nati dopo il 1990. Pogba è già tra i più forti giocatori mondiali, Dybala è un serio candidato a diventarlo. Riuscire a mantenere integro questo nucleo di calciatori sarebbe fondamentale per il futuro della Juventus e per continuare a competere ai massimi livelli anche in Europa. Nella scorsa campagna acquisti è stato intrapreso un deciso rinnovamento della rosa e la transizione, che ad ottobre sembrava difficoltosa, è stata più rapida e vincente del previsto. Aggiungere un altro giocatore di qualità tra la zona di centrocampo e di attacco e trovare la nuova alchimia per farlo convivere con i giocatori già presenti regalerebbe alla Juventus un futuro ancora più roseo del già brillante presente.