Il detto “squadra che vince non si cambia” è entrato nel linguaggio comune, ma non sembra interessare granché Josep Guardiola. È difficile inquadrare un allenatore che, arrivato sulla panchina di un club che ha appena vinto tutto (e di cui quindi non può migliorare i risultati), cambia sistema e stile di gioco (nonostante il Bayern già l’anno scorso fosse la seconda squadra per possesso-palla in Europa). Se da una parte il successo può portare all'imborghesimento, e quindi cambiare diventa necessario per mantenere gli stimoli; dall'altra Guardiola è un essere umano con la sua ineliminabile parte di vanità e il rischio potrebbe essere che pretenda di ottenere a Monaco di Baviera gli stessi risultati ottenuti in Catalogna, con giocatori diversi o addirittura poco adatti, quasi a voler dimostrare l’infallibilità della propria ricetta. Diventa quindi molto difficile o pressoché impossibile capire dove passi il limite fra la voglia di rinnovare, espressa dalla scelta stessa della dirigenza bavarese, e dove invece cominci a essere eccessivo il suo sperimentare su un blocco già collaudato.
Un indizio indiretto in favore dell'onestà di Guardiola potrebbe essere il fatto che già sulla panchina del Barça proponesse ogni anno aggiunte e cambi rilevanti al modulo, per sorprendere gli avversari pur mantenendo inalterato lo stile di gioco: dal 4-3-3 puro e più aggressivo del primo anno al Messi “falso centravanti”, fino al 3-4-3/3-3-4 dell’ultima stagione, con di fatto sette centrocampisti nel Mondiale per Club col Santos (forse il momento più spettacolare del suo Barça). Insomma, può anche darsi che le modifiche proposte da Guardiola, pur in un incessante cambio di giocatori e moduli che nel primo mese ha dato quasi alla testa (in Bundesliga contro l’Hannover i miei occhi hanno visto anche Robben mezzala), traggano spunto davvero da un’analisi dei punti in cui il Bayern dell’anno scorso potrebbe migliorare. L’impronta al gioco del Bayern plasmato prima da van Gaal poi da Heynckes la davano le coppie terzino + ala su ogni fascia (Lahm/Robben + Alaba/Ribéry); Guardiola invece pone l’accento sulla superiorità numerica in zona centrale: tante opzioni di passaggio, fra la difesa e il cuore del centrocampo: una sorta di rete di sicurezza per permettere alla squadra di mantenere il pallone mentre guadagna metri nella metà campo avversaria.
Le fondamenta teoriche del Pep
Il calcio di Guardiola si basa su un principio banalissimo: quando un giocatore ha il pallone avanza finché ha spazio, siccome sta avanzando libero, prima o poi un avversario gli si avvicinerà per contrastarlo, quest’avversario però, abbandonando la propria posizione, lascerà necessariamente smarcato un compagno del giocatore in possesso del pallone, e così via (una banalità che però forse nessuno ha applicato con la coerenza e la precisione del Barça 2008-2012). Una successione di superiorità, che inizia sin dal portiere, chiamato a giocare più possibile coi piedi, e sale da una linea all’altra trovando sempre l’uomo libero che faccia avanzare la manovra.
Se l’avversario pressa con due punte, noi partiamo con tre difensori e l’uomo in più avanzerà fino a provocare l’uscita di un mediano avversario e smarcare quindi un suo compagno del centrocampo. In questo discorso diventa perciò fondamentale disporre dell’uomo in più a centrocampo, motivo per cui Guardiola non solo non rinuncia mai a una base minima di tre centrocampisti (vertice basso + due mezzali), ma ad azione in corso è prevista costantemente l’incorporazione di un altro giocatore che si stacca dalla linea degli attaccanti per creare superiorità rispetto ai due o tre mediani avversari. Ecco spiegati quindi sia Messi "falso centravanti" che il tentativo dell’ultimo anno sulla panchina blaugrana con la difesa a 3 e il rombo a centrocampo più addirittura due "falsi centravanti", Messi e Fàbregas.
Pensando al Bayern della scorsa stagione, lo sviluppo per vie centrali della manovra era effettivamente un aspetto migliorabile. Se si guarda ad esempio il primo tempo della finale di Champions col Borussia Dortmund, in particolare la prima mezzora, il Bayern veniva messo sotto dal pressing avversario che tagliava tutte le linee di passaggio iniziali: i quattro più avanzati del Dortmund pareggiavano centrali e terzini, che non potevano scambiarsi il pallone, Schweinsteiger era tagliato fuori o costretto ad abbassarsi tantissimo, e in quel caso la distanza fra lui e gli altri centrocampisti diventava troppa e per non correre rischi il Bayern era costretto al lancio lungo.
Gli altri centrocampisti di quella finale erano Javi Martínez, che partecipa poco all’elaborazione della manovra, e Müller, molto più incursore che palleggiatore. Il Bayern dalla manovra più ricca si vedeva quando sulla trequarti c’era Kroos (infortunatosi a partire dall’andata del quarto con la Juve), la cui tendenza ad abbassarsi e ricevere dai difensori forniva un appoggio in più e liberava Schweinsteiger fino alla metà campo avversaria.
Finale Champions League 2012-2013: Schweinsteiger(a sinistra nell'immagine) scala sulla linea dei difensori per aiutarli a uscire dal pressing. Ma così non ci sono linee di passaggio centrali più avanti, l'unico appoggio è Javi Martínez (all'estrema destra dell'immagine): lontano, marcato e non adatto ai compiti da playmaker. Lo spazio vuoto della foto è quello che Guardiola ora cerca di occupare, per costruire la manovra centralmente.
I problemi della rosa #1: Arjen Robben e Franck Ribéry
Insomma, un po’ per convinzione personale, un po’ su basi oggettive, il Bayern che vuole Guardiola deve crescere e dominare passando dal centro. Ma come si adatta questo principio alla rosa del Bayern? Appena saputo dell’ingaggio di Guardiola molti hanno pensato a una versione bavarese del Messi "falso centravanti", ma a parte le speculazioni estive su un Ribéry adattato al ruolo (e qualche timidissimo tentativo in amichevole), è chiaro che considerate le caratteristiche dei giocatori del Bayern il "falso centravanti" non è la soluzione ideale. Nel sistema di gioco del Barça il ruolo delle fasce era importante ma gregario rispetto al centro: il compito principale di Alves, Pedro o chi per loro, era restare larghissimi per tenere impegnati gli avversari nella loro zona e impedirgli di raddoppiare su Messi, Xavi e Iniesta. Non partecipavano all’inizio e alla rifinitura della manovra, ma creavano spazio ai geni del centro.
Ora, il Bayern è abituato a “caricare” molto più gioco sugli esterni perché Robben e Ribéry per caratteristiche richiedono più tempo col pallone e spazio per agire, rispetto ai quasi-guardalinee del Barça. Non puoi giocare col "falso centravanti" non solo perché in rosa non hai Messi ma centravanti veri e ottime possibilità di crossare dal fondo, opzione di cui il Barça non disponeva contro difese schierate basse che non abboccavano all’esca dell’uomo che porta palla (e nonostante la volgarità di quest’opzione rispetto all’entrare in porta col pallone, credo che Guardiola non la disdegni affatto), ma perché per sostenere il "falso centravanti" è richiesto alle ali di agire soprattutto senza palla, minacciando lo spazio alle spalle dei centrali per impedirgli di uscire a marcare il "falso centravanti". A Robben e Ribéry non puoi chiedere questo perché sono esterni che vengono incontro a chiedere il pallone, è il centravanti che semmai deve lavorare per loro senza palla, tenendo impegnati e lontani i centrali. Insomma, un’inversione rispetto ai flussi di gioco abituali nel Barça.
Un tentativo col "falso centravanti" il Bayern lo ha fatto, e non è andato bene: nella Supercoppa di Germania col Borussia Dortmund, complice l’assenza di Ribéry, Shaqiri dal centro dell’attacco scalava in aiuto ai tre centrocampisti, mentre Mandžukić da teorica ala sinistra stringeva subito per impegnare i centrali avversari, lasciando tutta la fascia ad Alaba. Il Bayern non ha trovato giocate buone tra le linee, e il Borussia è ripartito alla grande proprio su quella fascia (anche se trattandosi di precampionato non sarebbe corretto bocciare definitivamente l’esperimento).
I problemi della rosa #2: Bastian Schweinsteiger
La sfida di Guardiola sta quindi nel conquistare la superiorità centrale e far fare un salto di qualità (e quantità) al possesso-palla del Bayern (anche se sei abituato a un 60% di possesso, passare al 70 di media diventa un’altra cosa) senza però perdere le prerogative consolidate del gioco sulle fasce bavaresi.
In questi primi mesi va detto che Pep ha incontrato non poche difficoltà nel trovare le misure giuste, e tuttora la ricerca continua. Il problema principale riguarda il passaggio da un centrocampo meno folto e senza posizioni fisse, al 4-3-3 in cui le opzioni di passaggio centrali dovrebbero aumentare, facendo però al tempo stesso diminuire lo spazio a disposizione di ogni giocatore a causa della maggiore densità. Questo è un cambiamento importante per un giocatore come Schweinsteiger: l’anno scorso giocava in coppia con Javi Martínez e il primo passaggio dalla difesa era indiscutibilmente suo, poteva andarselo a prendere dove voleva (al centro, o un po’ più defilato verso uno dei due lati) e poi seguire l’azione fino addirittura alla trequarti avversaria, con Javi che lo copriva o Kroos che si abbassava al posto suo. Tutto ciò senza un giocatore che nominalmente facesse il “vertice basso” o la “mezzala”. In partite come l’andata degli ottavi di Champions League (3-1 con l'Arsenal all'Emirates Stadium) questo centrocampo a briglia sciolta ha dimostrato una notevole fluidità, ben superiore a quella dimostrata finora dal nuovo Bayern di Guardiola.
Ora invece con il vertice basso bloccato le mezzali si muovono su binari tendenzialmente più ristretti, dovendo rispettare il “gioco di posizione” olandese/catalano. Schweinsteiger, oltre a tardare di suo a entrare in forma, ha sofferto un po’ a inizio stagione questo tipo di inquadramento che lo costringeva a distribuire il gioco davanti alla difesa. A questo va aggiunto il possibile impiego di Thiago Alcántara (con Götze il grande colpo di questo Bayern dalle ambizioni ancora maggiori di possesso-palla) che, almeno fino a prima dell’infortunio, per caratteristiche chiedeva subito palla ai difensori togliendo ulteriore protagonismo e margini di movimento a Schweinsteiger.
Formazione-tipo Bayern 2013-2014 (e movimenti ad azione in corso).
I problemi della rosa #3: Thomas Müller
Altre incompatibilità hanno ostacolato il disegno di Guardiola: l’impiego iniziale di Müller come mezzala destra ad esempio si è rivelato un po’ una forzatura. Il nazionale tedesco è un giocatore-paradosso (e che giocatore!) che meno tocca il pallone più diventa utile per la propria squadra: passare dalla trequarti, influendo senza palla dalla destra o alle spalle della punta, a una continua partecipazione ai fraseggi qualche metro più dietro non solo non ne esalta le caratteristiche, ma ne mette in evidenza qualche limite di palleggio. La propensione ad attaccare lo spazio avanti poi può tendere ad allungare la squadra, come successo nella prima giornata con il Borussia Mönchengladbach, dove, con Müller mezzala, Guardiola ha lamentato i troppi contropiede subiti e l’eccessivo andirivieni da una metà campo all’altra.
Ora invece, dopo l’impiego quasi ininterrotto di Mandžukić nei primi due mesi, le due ultime gare di cartello in casa di Manchester City e Bayer Leverkusen hanno visto Guardiola optare per Müller prima punta, forse considerato la prima scelta nelle occasioni più importanti. Müller centravanti assolutamente vero, non falso: senza perdere la sua capacità di scomparire e riapparire smarcato tra le linee (scambiandosi la posizione con la mezzala che si inserisce), o di creare spazi portando via difensori coi movimenti verso l’esterno, il nazionale tedesco conosce anche il mestiere dell’attaccante classico che deve guadagnarsi lo spazio per la conclusione o fare da sponda. Al di là di qualche gol divorato a Leverkusen, o di qualche punto perso nel gioco aereo rispetto a Mandžukić, sembra l’opzione tatticamente migliore, anche per la sua intensità nell’avviare il pressing alto. L’attacco (al centro o largo a destra per poi tagliare) pare la sistemazione ideale per un giocatore che Guardiola apprezza tantissimo, ma la cui collocazione a centrocampo si è dimostrata non facile.
I problemi della rosa #4: Philipp Lahm
Non ha funzionato nemmeno il tentativo più offensivo di conquistare questa benedetta superiorità centrale: contro il Norimberga in casa, terza giornata, 3-4-3 con centrocampo formato da Lahm, Schweinsteiger e Thiago da destra a sinistra più Götze trequartista. Primo tempo veramente brutto, Bayern contorto in spazi resi ancora più stretti da tanti palleggiatori che si pestano i piedi. Nel secondo tempo il gioco migliora in coincidenza col ritorno di Lahm al suo ruolo storico di terzino destro, ma attenzione, non si tratta affatto di una rinuncia a quest’esperimento tattico da parte di Guardiola, che anzi nelle partite successive rilancia, facendo di Lahm centrocampista il perno della sua proposta. Se infatti l’esperimento iniziale vedeva Lahm mezzala destra, la formazione su cui Guardiola sembra essersi deciso nelle ultime settimane vede il capitano vertice basso, come il Guardiola giocatore. Non è un caso: Guardiola vede in Lahm la sua proiezione sul campo, il giocatore fra tutti con la maggiore consapevolezza tattica, premia il suo sacrificio (rinunciare al ruolo in cui se non è il migliore poco ci manca) e cerca di conquistarlo alla causa coprendolo di elogi a ogni occasione: «Se Lahm giocasse centravanti, diventerebbe il migliore del mondo» è l’ultima, dopo l’autorevole anzi autoritaria vittoria sul campo del City.
Ma è una stravaganza di Pep questa? Non tanto. La verità è che oltre al senso tattico Lahm vanta una perfezione tecnica che praticamente non gli fa perdere neanche un pallone, anzi meno della media di molti centrocampisti e del Müller adattato a mezzala (inoltre davanti alla difesa sembra la soluzione migliore per liberare più avanti Kroos e Schweinsteiger). Persino la piroetta per difendere il pallone ricorda quella di Xavi. Giocatori con le caratteristiche di Lahm sono di un’importanza capitale in una filosofia di gioco come quella di Guardiola nella quale avanzare assicurando i passaggi, da un reparto all’altro e senza saltarne uno (dando il tempo di salire in blocco e mantenere le distanze giuste fra i reparti), è la base della solidità difensiva e aiuta a evitare i contropiede ancor prima di pressare una volta persa palla.
Inizio possesso-palla del Bayern Monaco contro avversari col 4-4-2: “Lavolpiana” più “falsi terzini”.
L'invenzione dei “falsi terzini”
Lahm è al centro dell’ultimo meccanismo ideato da Guardiola per garantire la superiorità centrale che possiamo chiamare sistema coi “falsi terzini”. Chi ha visto alcune delle ultime partite del Bayern ha potuto notare come a inizio azione i terzini Rafinha e Alaba accentrassero molto la loro posizione. Questo movimento serve per compensare proprio quello di Lahm, che quando gli avversari schierano due giocatori in prima linea scala dietro, in mezzo a Boateng e Dante, per assicurare al Bayern la superiorità numerica. Un meccanismo (quello del playmaker che si abbassa allargando i centrali) che in Spagna è conosciuto come “salida Lavolpiana”, da Ricardo La Volpe, ex CT del Messico che con questa mossa ha ispirato proprio Guardiola (il quale però al Barça la provò con Busquets fra i centrali senza troppo successo solo a inizio 2010-2011).
Perché il movimento riesca c’è bisogno di due cose: il mediano che scala deve essere in grado di superare la prima linea avversaria o col passaggio o portando palla oltre questa prima opposizione, e i due difensori centrali, che si spostano larghissimi una volta che il mediano scala, devono effettivamente saper approfittare della situazione di superiorità, avanzando palla al piede negli spazi liberi fino a “provocare” l’uscita di un mediano avversario e smarcare un proprio compagno più avanti. Se questo non succede, si riduce tutto a passaggi orizzontali fra i difensori. Siccome Lahm va dietro, Guardiola cerca di colmare il buco e avere comunque più effettivi dell’avversario a centrocampo accentrando proprio i terzini ai quali, non disponendo il Bayern di un "falso centravanti" e avendo ali come Robben e Ribéry, spetta il compito di fungere da uomini in più in mezzo al campo. La fase 2 scatta quando il Bayern ha superato la prima linea avversaria. Lahm può sommarsi nuovamente al centrocampo, l’uomo in più è lui e uno dei due "falsi terzini" torna vero, cioè può andare a sovrapporsi esternamente, mentre l’altro può anche rimanere più stretto a formare una base insieme a Lahm. Visto che la base del centrocampo è ora così folta, generalmente una delle due mezzali può scalare avanti sulla trequarti, vertice alto di un rombo che si forma in corsa.
“Lavolpiana”: Lahm (a destra dell'immagine) scala in mezzo ai centrali Dante (fuori inquadratura) e Boateng (in alto) che si allargano. Per avere superiorità in mezzo i terzini Rafinha (al centro) e Alaba stringono sulla linea di centrocampo. In questo modo poi Boateng può salire nel buco creato da Rafinha (con l'esterno sinistro avversario che si è fatto attirare fuori posizione).
Con questo meccanismo il Bayern punta a creare dubbi nelle marcature avversarie: quando Rafinha e Alaba si accentrano, l’esterno avversario li segue stringendo. A quel punto larghi ci sono i due centrali Dante e Boateng; se avanzano, l’esterno avversario non li può prendere perché già impegnato, i terzini devono tenere Robben e Ribéry, e così l’idea è quella di far uscire uno dei mediani avversari (l’ipotesi è che l’altra squadra difenda con un 4-4-2, come fa la maggior parte) per lasciare l’altro in inferiorità contro Kroos e Schweinsteiger, che si possono smarcare fra le linee, senza contare che Lahm, che riesce ad avanzare portando palla, crea analoghi dilemmi ai mediani avversari. Se esce un difensore centrale, i difensori restanti finiscono uno contro uno con Robben, Ribéry e Mandžukić/Müller, e così via… una ricerca quasi pedante dell’uomo smarcato nella linea successiva.
Detta così, calata dall’Iperuranio, sembra la trovata del secolo, ma vanno chiarite due cose. Primo, il Bayern non usa sempre i “falsi terzini”: è un meccanismo flessibile che si adatta alla disposizione dell’avversario (come contro CSKA in Champions, Schalke 04, Wolfsburg in Bundesliga e Hannover in Coppa di Germania). Quando l’avversario in prima linea oppone un solo attaccante, e tiene il blocco difensivo basso senza venire a pressarti, non serve a niente arretrare Lahm, e quindi pure Rafinha resta largo (è il caso dell’ultima di campionato a Leverkusen). Anche il Manchester City, pur avendo due punte, ha mostrato un’inconsistenza difensiva enorme sui primi passaggi di un Bayern, che quindi ha potuto creare superiorità col più semplice dei 4-3-3.
Secondo, sono poche le volte in cui il meccanismo esposto sopra ha funzionato bene. Il problema non è tanto nella fase 1, dove anche se Boateng potrebbe essere più efficace nell’avanzare “provocando”, Lahm è sicuro come pochi nel distinguere i momenti in cui portare palla e passarla, e spesso conducendo supera la prima linea; le complicazioni nascono nella fase 2, dove il movimento dei "falsi terzini" nella maggior parte dei casi più che innescare le superiorità a catena di cui sopra serve soltanto a “fare numero”. Rafinha ad esempio, quasi mai riceve alle spalle di una linea avversaria, e quasi mai serve un compagno in una linea successiva. I due "falsi terzini" portano via l’esterno avversario, d’accordo, ma restando lì stretti stretti spesso e volentieri restringono anche le linee di passaggio a disposizione dei compagni. A Leverkusen, dove solo Alaba ha mantenuto questa posizione accentrata, si è visto in più di un’occasione l’austriaco accentrarsi quando già Kroos, Schweinsteiger e Lahm pareggiavano centralmente col 4-5-1. Senza un movimento contrario di una delle mezzali, magari a defilarsi leggermente per chiamare fuori un mediano avversario, il movimento di Alaba non fa che togliere ulteriori spazi.
Fase 2: Lahm (fuori inquadratura a sinistra) ha superato la prima linea avversaria con un passaggio. Nel frattempo a centrocampo si è formato un rombo con ai lati Alaba (in alto a sinistra) e Rafinha (in basso a destra). Una delle due mezzali, in questo caso Kroos (a sinistra vicino a Alaba) si abbassa a ricevere il passaggio mentre l'altra, in questo caso Shaqiri (con la palla) scala tra le linee. Shaqiri poi servirà con un passaggio filtrante lo scatto sulla sinistra di Ribéry, cross dal fondo e gol di Müller (ala destra, fuori inquadratura) sul secondo palo. È il gol decisivo (1-0) contro il Wolfsburg.
Possibili evoluzioni: Javi Martínez, Götze e Thiago Alcantara
Oltre a una migliore esecuzione del meccanismo col tempo (sempre che Guardiola vi insista!), si può pensare anche al possibile apporto di giocatori momentaneamente assenti o defilati: ad esempio Javi Martínez, altro centrocampista il cui inserimento nel sistema di Guardiola può essere reso difficile dai limiti nel fraseggio stretto e insistito (nonostante un grande spezzone contro il Chelsea in Supercoppa Europea), è forse più inquadrabile in difesa (dove già lo schierava Bielsa all’Athletic Bilbao) al posto di Boateng, avanzando palla al piede nello spazio creato dall’arretramento di Lahm. Anche Götze, che tarda a inserirsi anche per problemi fisici, potrebbe proporsi come mezzala destra con una miglior mobilità laterale e più brillantezza nello stretto rispetto a Schweinsteiger. Quest'ultimo che, nonostante la scomodità, non è nemmeno da escludere come vertice basso del centrocampo. In questo caso Lahm tornerebbe terzino, e potrebbe eseguire i movimenti di Rafinha con molta più qualità. C’è da pensare che un lato destro formato da Javi Martínez, Lahm e Götze troverebbe l’uomo smarcato nella linea successiva con più facilità (se non fosse che Lahm regista è già importantissimo). Poi, una volta ripresosi dall’infortunio, si ripresenterà l’incognita Thiago (Fenomeno? Talento inespresso/inesprimibile? Vertice basso? Mezzala? Trequartista? Largo su una fascia?) che meriterebbe un capitolo a parte.
Infine, Arjen Robben, uno dei più forti giocatori che non sanno giocare a calcio della storia recente. Si pensava che il suo stile e quello di Guardiola, a uno-due tocchi, si sarebbero inevitabilmente scontrati, ma il buonsenso ha consigliato a Pep di non privarsi di un dribbling così risolutivo. Va detto che Robben ce la sta mettendo davvero tutta per non essere egoista, anche se in qualche momento il suo portare troppo palla o non leggere il movimento adeguato contribuiscono a rendere farraginoso tutto il meccanismo sulla destra. Da segnalare comunque la prontezza del rimpiazzo Shaqiri, che con Guardiola vede più il campo, perché aggiunge un dinamismo, su entrambe le fasce o tra le linee, prezioso nelle fasi più bloccate (vedi la vittoria casalinga col Wolfsburg).
Nonostante questi dubbi, si può capire il ricorso a questo meccanismo perché i terzini hanno buone doti di palleggio e garantiscono comunque una flessibilità che il 3-4-3 visto col Norimberga, con i Thiago e Götze non offre. Sono i più adeguati per compensare i movimenti delle ali, senza togliere sia opzioni al centro che ampiezza, e possono sempre ritrovare la posizione per chiudere come quarto di difesa, che fa sempre comodo.
Menzione speciale: David Alaba, l’uomo in più di Guardiola
Vanno sottolineate a parte le potenzialità devastanti di Alaba in questo doppio-triplo ruolo. Un giocatore già esploso la scorsa stagione, con la sua aggressività e il suo sinistro (stupendi lanci e sassate che si abbassano all’improvviso, alla Juninho Pernambucano), ma al quale Guardiola vuole dare un ruolo ancora più centrale, metaforicamente e no. Infatti anche quando lo schieramento avversario solleva Rafinha dall’accentrarsi, lui continuiamo a vederlo spesso lì. La cosa promette non solo per le capacità aerobiche e anaerobiche fuori dal comune di Alaba (nella stessa azione può eseguire sforzi prolungati e scatti in direzioni diverse con la massima intensità e senza perdere lucidità col pallone), ma per la capacità di eseguire movimenti assolutamente inusuali per gli altri terzini: l’austriaco sa sovrapporsi centralmente per creare lo spazio a Ribéry per ricevere largo, correre dando le spalle alla porta avversaria e scambiare passaggi con la massima precisione in spazi stretti. Il movimento consueto, lunghissimo e straordinariamente aggressivo, vede l’austriaco (nella sua Nazionale schierato proprio a centrocampo) accentrarsi fino a insinuarsi nella zona del mediano destro avversario. L’esterno destro allora non lo segue più (ma intanto Alaba gli ha sottratto la possibilità del raddoppio su Ribéry), e a questo punto Alaba esegue un altro taglio, dal centro verso l’esterno, tornandosi a sovrapporre come un “banale” terzino.
L’aspetto innovativo di questo movimento è che partendo dal centro, a differenza di una normale sovrapposizione esterna a seguirlo sarà il mediano avversario. Se Alaba “porta via” il mediano, i vantaggi potenziali sono notevoli: una volta eseguito il cross, o anche facendo rapidamente tornare il pallone verso il centro, si aprirà uno spazio sulla trequarti per Kroos e Schweinsteiger, o comunque sul cross respinto dalla difesa avversaria il Bayern guadagnerà posizioni vantaggiose per arrivare prima sul pallone e continuare ad attaccare, sempre pensando a un ipotetico 4-4-2 avversario. In un certo senso, il compito di creare incertezza nelle marcature avversarie che nel Barça ricadeva sul Messi “falso centravanti” qui tocca a lui.
Finora le situazioni di superiorità create da Alaba più che di un meccanismo tattico efficace sono frutto di un talento purissimo e intuitivo: su tutte la prestazione dell’Etihad, dove giocando da laterale più ortodosso, ha deliziato nei duetti con Ribéry, ridicolizzando i poveri Jesús Navas e Richards. (Di Ribéry si parla poco nell’articolo perché così come lo ha trovato Guardiola lo ha lasciato: non occorreva certo ridiscutere il ruolo del giocatore più decisivo della rosa. Di passaggio, posso soltanto dire che quelle di Zidane che lo vorrebbe Pallone d’Oro sono parole sante, e non solo perché vengono da Zidane.)
Alaba (sta scattando verso sinistra in direzione del pallone) si sovrappone sull'esterno per crossare, ma partendo dal centro, più o meno dal punto in cui si trova ora l'arbitro, viene seguito da un mediano avversario. L'altro mediano andrà in area per saltare e sulla respinta il Bayern arriverà per primo sul pallone nello spazio che si è creato. L’avversario, il Bayer Leverkusen, gioca con tre mediani in un 4-5-1. Contro avversari con un 4-4-2 il movimento dentro-fuori di Alaba può creare ancora più spazi al limite dell’area.
Conclusione
In tutti questi tentativi, esperimenti, correzioni ancora da affinare e valutare pienamente, il dato che emerge è il pragmatismo di Guardiola. Suona paradossale pensando all’originalità da scienziato pazzo di alcune soluzioni, e pensando che forse il massimo del pragmatismo sarebbe stato non toccare nulla della squadra che ha vinto tutto, sedersi in panchina e guardare, ma son tutti cambiamenti effettuati valutando attentamente sia le caratteristiche dei giocatori a disposizione che lo schieramento avversario. Rimane la fede incrollabile nelle sacre banalità tramandate da Cruijff e dalla scuola Barça, ma l’adattamento alle circostanze è continuo, tutte le soluzioni finora tentate assecondano le inclinazioni storiche del Guardiola allenatore (difendersi col pallone, costruire la superiorità centralmente) ma al tempo stesso è chiaro il tentativo di non cancellare, pur mirando a superarlo, quanto di meglio ereditato dai Bayern di van Gaal e Heynckes (il gioco impostato su Robben e Ribéry, la cui libertà d’azione e incidenza è rimasta la stessa, mai minacciata da tutti i tentativi di strutturare il gioco centralmente).
La conferma di un undici-tipo nelle ultime gare è un dato positivo, la competitività e la personalità sono massime, la qualità di gioco è in crescita anche se rimangono aspetti irrisolti (più che Lahm, già un successo, la reale incidenza dei "falsi terzini" è l’incognita). Il Bayern dell’anno scorso rimane superiore, ma il non dover stare qui a commentare una serie di "falsi centravanti" non riusciti è già un segnale che fa ben sperare.