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Il Classificone 1/4: I migliori bidoni
12 nov 2014
Sei giocatori che si sono rivelati molto più forti di quanto non pensavamo, quando pensavamo che non erano altro che bidoni. Ritorna il rinnovato Classificone, la rubrica più amata de l'Ultimo Uomo. Sempre più inaspettata, singolare, inopinata.
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Quest’anno abbiamo deciso che Il Classificone non sarà più mensile, ma che avverrà 4 volte l’anno, dividendo i gironi d’andata e di ritorno in due parti. Abbiamo anche deciso che sarà scorporato nelle sue parti costituenti, un pezzo al giorno, per una settimana. Quindi, ecco a voi il Quarto pezzo del Primo Classificone, Riferito al Primo Quarto di Stagione.

Il resto del Classificone 1/4:

I migliori gol

I migliori #cambioverso

I peggiori tweet

Sei bidoni che non lo erano

Cioè quei giocatori che producono espressioni come "ah però, X" o "mica male, alla fine, 'sto Y"

di Luca Misculin (@LMisculin):

6. Mauricio Pinilla

Amo le storie di riscatto. Non quelle complete, perfette, "da favola": non quella di Messi, insomma, che riconosco comunque potentissima. Piuttosto, preferisco le storie di riscatto a metà: quelle di giocatori che a sedici anni potevano diventare dei fenomeni, ma che poi si fermano a metà strada: e che quindi non vanno a giocare titolari nel Real Madrid, ma per esempio arrivano ad essere decisivi - o quantomeno a non sfigurare - in Serie A. Non so spiegare il perché: forse c'entra il fatto che queste carriere lasciano sempre aperto una specie di spiraglio, fino alla fine, e che a volte producono storie pazzesche come quella di Cassano - uno che insegue i Mondiali per tutta una vita e poi ci gioca solo per pochi minuti, in due partite disastrose, a quasi 32 anni (ma pensate cosa sarebbe successo se avesse segnato il gol del pareggio, contro l'Uruguay). Una delle mie storie preferite è quella di Pinilla: arrivato al Chievo nel 2002 dall'Inter, ricordo distintamente una specie di intervista alla Gazzetta dello Sport nella quale spiegava che il suo colpo preferito erano le rovesciate. Poi è finito in Scozia e a Cipro, fino a tornare in Italia in prova al Grosseto e quindi, a 12 anni di distanza, è atterrato sul campo dove si giocava quella partita lì, prendendo quel palo e facendosi parare quel rigore. Ancora: pensate se avesse segnato.

5. Stefano Okaka

Per questi e altri motivi, non può non piacermi la parabola di Stefano Okaka (se avesse segnato più di due gol in undici partite lo avrei messo tipo al secondo posto). In sette anni è passato dal giocare la Champions League, a 17 anni, a fare meno gol della maggior parte dei centravanti titolari, in Serie B. Poi, dopo essere rientrato a Parma dal prestito allo Spezia (lo. Spezia.), è andato alla Sampdoria in cambio di Nicola Pozzi all'ultima giornata del calciomercato invernale. Pozzi ancora non ha giocato una partita. Okaka, in nove mesi, ne ha giocate 25 segnando 7 gol: niente di eccezionale, chiaro, ma un sacco di buone prestazioni, giocate spalle alla porta - quelle che i telecronisti RAI chiamano "sportellate" - e movimenti giusti. A volte, in partita, non tira neppure in porta (è successo durante la vittoria in casa contro il Chievo). Eppure, vedendolo giocare, non gli si può non volere bene: cerca di tenere ogni pallone, fa salire la squadra in modo intelligente, sbaglia gol a meno di mezzo metro dalla porta (è successo contro il Genoa). Non sarò ottimista come Mihajlović (che in più interviste ha detto cose come «se continua così per me [è] uno dei più forti centravanti italiani»), ma Okaka concedetemelo, dai (ha pure una sorella ex grande promessa della pallavolo: altra grande storia).

Un gran gol, di quelli che segna il più grosso dell'oratorio a 12 anni.

4. Edson Braafheid

Per motivi simili a quelli di Okaka, apprezzo anche la storia di Edson Braafheid: un passato al Bayern Monaco e nella nazionale olandese (seppure per pochino, dieci presenze in due anni), è arrivato alla Lazio in estate dopo un provino (quando sento la parola "provino", una delle prime cose che mi viene in mente è la vicenda di Zè Eduardo fra Milan e Genoa, di due anni fa). Nelle ultime tre partite su quattro, anche a causa di qualche guaio fisico, come terzino sinistro gli è stato preferito Radu. In quelle che ha giocato, soprattutto contro Udinese, Palermo e Cagliari, ho visto un terzino molto più difensore che giocatore di fascia, ordinato, un po' goffo ma sostanzialmente efficace (contro l'Udinese, nonostante avesse davanti uno bravino come Widmer, è riuscito più volte ad arrivare al cross, e mettere qualche palla in mezzo). Un terzino perfetto per una difesa a quattro le cui fasce non sono essenziali al gioco offensivo: cioè quella della Lazio di quest'anno.

Nonostante sia un video di YouTube - nei quali persino José Ángel, come dice quello, sembra forte - e per di più di quattro anni fa, c'è tutto il Braafhied che abbiamo visto nelle prime giornate di Serie A: astuto uso del proprio corpo, grande senso della posizione, un'impressione generale di solidità ed efficacia.

3. Franco Vázquez

Arriva al Palermo nel gennaio del 2012, acquistato dal Belgrano a titolo definitivo per circa 4,5 milioni di euro, sei mesi dopo la cessione di Javier Pastore al Paris Saint-Germain. Prevedibilmente, fu presentato come "il nuovo Pastore II", qualche mese dopo i precoci e allarmanti fallimenti del primo, l'israeliano Eran Zahavi (uno che appena se n'è andato da Palermo ha cominciato a segnare a secchiate). Dopo una stagione così così venne mandato in prestito al Rayo Vallecano, in Liga, dove fece sostanzialmente la riserva. A due anni di distanza dal suo acquisto - cioè nove allenatori dopo, in unità di misura Zamparini - è tornato utile a Iachini, in Serie B, nell'ultima parte di stagione. Stessa cosa, nelle prime partite di quest'anno: Vázquez - una specie di via di mezzo fra un trequartista con un gran piede, un esterno e una seconda punta - nel 3-5-2 di Iachini ha giocato spesso lì davanti assieme a Paulo Dybala (uno troppo giovane per finire in questa classifica), pascolando spesso sulla sinistra - è mancino - e alternando giocate un po' lente ad accelerazioni e dribbling improvvisi, di quelli un po' dinoccolati alla Ricky Álvarez (ma molto più elegante). In undici partite, tutte giocate da titolare, ha anche segnato 3 gol e creato 20 occasioni da gol, in maggioranza passaggi intelligenti a ridosso dell'area avversaria. Un ex bidone utile e bello da vedere, insomma.

Il titolo del video dice tutto.

2. Seydou Keita

Confesso di provare un po' di vergogna ad associare il nome di Seydou Keita ad un pezzo sui presunti "bidoni" della Serie A (dopo aver letto il gran pezzo di Fabrizio Gabrielli poi, figuriamoci). Ma la definizione della parola, almeno qui ai piani alti, si allarga: ed era lecito aspettarsi un po' di ruggine, per uno che viene da due stagioni in Cina (ok, e da un'altra mezza al Valencia, da capitano, ma giocando 18 partite). La ruggine non si è manifestata: Keita ha disputato delle gran partite, soprattutto contro la Juventus - una di quelle partite nervose e poco giocate dove i gran giocatori si distinguono dai fragilini. In quella partita, Keita è stato ovunque, ha quasi segnato e ha sbagliato praticamente solo tre passaggi lunghi. Nell'occasione mi è piaciuto anche più di Nainggolan, uno che da quelle parti mi pare di capire venga considerato una specie di fenomeno.

Keita va a tanto così dal segnare il suo primo gol con la Roma: rimedierà contro il Torino.

1. Keisuke Honda

Poco più di due mesi fa, quando sembrava ormai chiaro che Inzaghi non avrebbe ottenuto un nuovo esterno alto di destra, qualcuno ha pensato che in quel ruolo potesse rispolverare M'Baye Niang, uno che due anni fa era sembrato sul punto di esplodere (e poi è successa questa cosa qui). Oggi, dopo sei gol in dieci partite e diverse buone prestazioni, in alto a destra è saldamente titolare Keisuke Honda, arrivato a parametro zero meno di un anno fa dal CSKA Mosca. La scorsa stagione, Honda ha giocato poco e male. Seedorf non lo vedeva, o non capiva bene come farcelo stare nel suo 4-2-3-1 (dove invece trovava spazio uno come Adel Taarabt, lo stereotipo vivente del giocatore-bravino-ma-matto); le poche volte in cui giocava, lui stesso sembrava molle e confuso.

Ancora oggi, è fondamentalmente un giocatore brutto, da vedere: non ha un piede elegante - il che non vuol dire che non abbia un'ottima tecnica - non ha una corsa fluida, e spesso si muove a scatti, quasi nervosamente. A volte, controlla persino male il pallone. La sua qualità migliore (oltre a un ottimo mancino) mi sembra il suo discreto fiuto per lo spazio. Oltre a diverse azioni di gioco, lo si vede bene nei gol contro Parma, Empoli e Verona: sia che debba tagliare, sia che debba chiamare la palla in profondità, sia che stia accentrandosi per tirare, trova spesso la posizione perfetta per farlo. Anche se Inzaghi questa cosa se l'è un po' ritrovata per le mani, avere due giocatori diversi sulla fasce - dall'altra parte ci possono giocare El Shaarawy o Menez, uno che comunque fa un po' quello che gli pare - può non essere una cattiva idea: Honda è più trequartista che esterno, caratteristica che lo porta a "vedere" meglio il gioco, e a bilanciare con l'intelligenza la sua scarsa attitudine a fare l'esterno, offrendo ad Inzaghi qualche soluzione in più, sulla carta.

Honda (il secondo dall'alto) sa che Muntari completerà l'inserimento fino in fondo, tirando dritto: di conseguenza taglia in diagonale, aggirando i difensori e attaccando il secondo palo, senza che Acquah se ne accorga.

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