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Il futuro di San Siro
17 nov 2016
Quali progetti per "La scala del calcio" hanno le nuove proprietà di Milan e Inter.
(articolo)
15 min
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In questi giorni Beppe Sala, sindaco di Milano, ha riportato in auge la questione stadio, teorizzando in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport uno Stadio Giuseppe Meazza in San Siro di proprietà di entrambe le squadre milanesi.

La questione dello stadio di proprietà è particolarmente pressante per un club, specie in quest’epoca post-mecenatismo. Ma quella delle milanesi è una situazione complessa, che regge su una fondamentale contraddizione: da una parte le due squadre avrebbero bisogno di uno stadio di proprietà, soprattutto per poter tornare a competere ai massimi livelli, ma dall’altra parte rinunciare a San Siro sarebbe controproducente perché lo stadio fa parte della brand identity di entrambe le squadre e contribuisce al valore che il marchio Milan e il marchio Inter hanno attualmente sul mercato (valore che è stato valutato rispettivamente in 191 e 139 milioni di euro nell’anno 2016 secondo il report di brandfinance.com). Tutto questo senza citare l’aspetto emotivo e passionale.

Qual è la situazione attuale

Attualmente San Siro è gestito da una società partecipata in egual misura da Milan e Inter, la M-I Stadio, che ha un contratto sino al 2030 con il Comune di Milano dove si impegna a pagare un corrispettivo pari a 4.500.000 euro annui per squadra la cui metà viene versata nelle casse del Comune mentre l’altra metà viene destinata alla manutenzione dello stadio (ad eccezione dell’ultimo periodo, dove le proporzioni erano differenti a causa della ristrutturazione che ha subito San Siro in preparazione della finale di Champions League disputata il 28 maggio 2016), in cambio della concessione d’affitto esclusivo dello stadio.

Questo genera una situazione ibrida per quanto riguarda i ricavi, che diventano esclusivi per la biglietteria (compresi gli abbonamenti) mentre sono invece comuni, o meglio, confluiscono nella M-I Stadio, gli altri ricavi derivanti dallo stadio.

Ma quanti ricavi genera San Siro? Provandolo a paragonare allo Juventus Stadium il dato fondamentale che genera un’enorme discrepanza è quello riguardante la biglietteria. Nella stagione 2014/15 le entrate al botteghino sono state di 51.4 milioni di euro per la Juventus, di 23.3 milioni per l’Inter e di 16.7 milioni per il Milan [fonte: Calcio & Finanza]. Su questi dati incide certo il diverso rendimento in campo delle squadre, oltre alla partecipazione in Champions League, ma i fattori da considerare sono molteplici: il numero di partite, il costo medio degli abbonamenti, il crollo dei numeri di questi ultimi per quel che riguarda specie il Milan. Inoltre i rossoneri hanno un bilancio annuale che non va di pari passo con la stagione, e così c'è la possibilità che molti match di cartello non siano ascrivibili al bilancio della stagione di riferimento ma a quella precedente o a quella successiva.

Se guardiamo invece ai ricavi che esulano dalla biglietteria, la proporzione è differente. Lo Juventus Stadium, al netto dei contributi percepiti dalla Serie A e dalla FIFA, genera proventi annuali che si assestano all’incirca sui 13 milioni di euro, generati dalle iniziative commerciali (come Accendi una Stella, Membership, Stadium Tour, Museo), dalle altre attività che esulano dal match day e dai naming rights, come si evince dal bilancio della società al 30 giugno 2016 (dove però, bisogna sottolineare, gli introiti da botteghino sono in flessione da 51 a 43 milioni di euro).

San Siro genera all’incirca proventi per 10 milioni, provenienti da Museo & Tour, dallo Store, dall’affitto dello Stadio in occasione di concerti o meeting aziendali e dalle sponsorizzazioni.

La differenza tra i due stadi in questo senso, insomma, non è così spiccata. Eppure se dovessimo azzardare un’equa distribuzione dei proventi generati da San Siro, le due milanesi andrebbero a realizzare all’incirca 1/3 di quanto fa lo Juventus Stadium per la sola società Juve.

Tirando un bilancio complessivo, lo Juventus Stadium genera proventi per 50-60 milioni di euro l’anno, mentre San Siro ne genera quasi 30 per l’Inter e poco più di 20 per il Milan, sempre tenendo conto che il fattore discriminante in materia è quello riguardante il botteghino.

Va anche considerato in questo computo il fatto che il Milan, oltre ad essere presente a San Siro con il Museo e con l’Official Store condivisi con l’Inter, ha dal 2013 spostato la propria sede a Casa Milan, a 3 km da San Siro, dove ha aperto un proprio museo (Museo Mondo Milan), un proprio Milan Store e un punto di ristoro (Cucina Milanello), facendo registrare nei primi due anni oltre 600.000 presenze e un fatturato di 6.4 milioni di euro.

Proprietà sdoppiata?

Sul potenziale di San Siro va considerata ovviamente la sua dimensione estetica e storica, e il richiamo che questa può esercitare. Secondo la Gazzetta dello Sport la partita Milan-Juve del 22 ottobre è stata quella con la più alta percentuale di biglietti venduti all’estero, oltre il 30% del totale (numero che scalza dal primo posto Inter-Juve del 18 settembre, sempre di quest’anno). Su questi numeri ha senz’altro inciso il fatto che il Milan abbia chiuso la campagna abbonamenti con poco più di 12.000 abbonati –record storico in negativo.

Nell’aprile del 2015 sono state inaugurate le stazioni della metropolitana M5 San Siro Ippodromo e San Siro Stadio, che permettono di arrivare esattamente sotto il Meazza e che contribuiscono a sollevare dubbi sulla reale opportunità per una delle due squadre milanesi di lasciare l’impianto storico, ora che è pure ottimamente servito dal punto di vista logistico.

Quale potrebbe essere allora il futuro di San Siro? L’anno scorso il destino dello stadio costruito nel 1926 dall’allora presidente del Milan Pietro Pirelli sembrava segnato: sarebbe diventato la casa esclusiva dell’FC Internazionale una volta che l’AC Milan si fosse trasferito nel suo stadio nuovo di zecca disegnato dall’architetto Fabio Novembre in zona Portello.

Così non è andata: il Milan ha rinunciato a costruire il suo nuovo stadio di proprietà ed ha archiviato il discorso, complice la situazione di transizione a livello societario.

Nei giorni in cui il Milan ha dato ufficialmente l’addio al progetto dello stadio davanti a Casa Milan, Chiara Bisconti, l’allora assessore allo Sport, Tempo libero e Benessere del Comune di Milano, dichiarò che il Comune sarebbe stato molto interessato alla vendita – o alla trasformazione della concessione in un diritto di superficie – dell’impianto alle due squadre: «La decisione finale spetta al Consiglio comunale, mi sento di dire che c’è apertura totale a cambiare i termini della convenzione. Le due società potrebbero rilevare l’impianto». E sulla vendita di San Siro: «Si tratta di un’ipotesi che non escludiamo. Le squadre rientrerebbero dal loro investimento in dieci anni. Poi, in un futuro lontano, chi dovesse andare via monetizzerà dalla vendita della sua quota. E chi resterà, invece, avrà già uno stadio rinnovato e moderno».

Il Comune di Milano quindi non solo si dice interessato alla vendita, ma fissa pure una quotazione plausibile, valutando l’investimento necessario per rilevare San Siro all’incirca sui 100 milioni di euro.

L’ipotesi di una proprietà congiunta dello stadio è quindi un punto in comune tra le due diverse giunte che si sono avvicendate al governo della città di Milano, visto che anche il nuovo Sindaco Sala si è espresso in tal senso in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport: «Ricordo l’interesse che c’era da parte di Inter e Milan sull’area Expo. Oggi, con grande pragmatismo, noto che non c’è la volontà di fare un nuovo stadio, si è perso il momento. E l’Inter è fortemente determinata a rendere San Siro più in linea con le esigenze attuali. Poi c’è il museo dello stadio che, pur non avendo spazi straordinari, fa numeri pazzeschi. Insomma, ormai nessuno mette più in discussione San Siro, adesso che l’accessibilità è stata risolta con l’arrivo della metropolitana M5. E allora lancio l’idea di un San Siro per due».

Sempre nella stessa intervista Sala afferma di aver incontrato la nuova proprietà interista e di averla trovata entusiasta all’idea di diventare proprietaria di San Siro, tanto da dichiarare: «Se fosse per Suning si sederebbe al tavolo già domani mattina. Zhang Jindong è un imprenditore serio, concreto, la proprietà nerazzurra investirà in maniera significativa sull'Inter e sul territorio». Parole che hanno ottenuto in tutta risposta l’entusiasta dichiarazione di Steven Zhang, figlio del presidente di Suning: «Il nostro progetto su San Siro consentirà di valorizzare un'importante area di Milano offrendo servizi, intrattenimento, un'esperienza da vivere ogni giorno dell'anno, facendo diventare lo stadio un polo di attrazione ancora maggiore e trasformando l'evento partita in un'esperienza sempre più coinvolgente per i tifosi di ogni età».

San Siro non sarebbe il primo stadio a proprietà congiunta d’Europa. L’Allianz Arena, il meraviglioso stadio di Monaco di Baviera, nasce come stadio di proprietà congiunta del Bayern Monaco e del Monaco 1860 che però, a distanza di un anno dall’inaugurazione dell’impianto, a causa di una situazione economica allarmante, si è visto costretto a cedere le proprie quote di proprietà al Bayern (in cambio dell’astronomica cifra di 11 milioni di euro), ottenendo però in cambio la possibilità di giocare le proprie partite casalinghe nell’impianto cittadino. Questo è il motivo per cui l’interno dello stadio bavarese è neutro, non ha una colorazione dedicata al Bayern o sponsor che recano il loro marchio sui seggiolini in pieno stile britannico.

Anzi, la famosa copertura esterna dell’Allianz Arena è dotata di un sistema di illuminazione che varia a seconda che nell’impianto vi giochi il Bayern (rosso), il Monaco 1860 (azzurro) o la nazionale tedesca (bianco).

Quali modifiche strutturali potrebbero essere apportate per migliorare San Siro?

Bisogna innanzitutto distinguere tra la possibile ristrutturazione dello stadio e sull’ipotetica valorizzazione delle zone limitrofe. Per quanto riguarda la ristrutturazione dell’impianto, Sala ipotizzava la possibilità di suddividere idealmente lo stadio in due: «Si può immaginare di dividere idealmente lo stadio non solo con lo spogliatoio dell’Inter da una parte e quello del Milan dall’altra ma con tribune autorità e sky box da entrambi i lati e due ingressi separati. Metà stadio nerazzurro e l’altra metà rossonero», dando la possibilità alle squadre di personalizzare permanentemente la loro zona di hospitality e i loro sky box di riferimento, cessando finalmente di dover cambiare il layout di queste zone di settimana in settimana.

Altro tema è quello delle dimensioni dello stadio. Negli ultimi anni l’emorragia di tifosi dagli stadi italiani non ha conosciuto freni e il trend è diventato quello di costruire stadi sempre più piccoli e quindi più semplici da riempire. Con la conseguenza, giocoforza, di un rincaro dei biglietti evidente, così come accade allo Juventus Stadium.

San Siro ha una capienza di 81.277 posti: il sesto stadio più capiente d’Europa e il terzo se consideriamo quelli in cui giocano squadre di club. Il problema è che San Siro si riempie solo in occasione dei big match, per il resto dell’anno viene occupato a mala pena la metà. Nella stagione 2014/15 l’Inter ha tenuto una media di 37.372 presenze pari al 46% della dimensione totale, il Milan 36.720, pari al 45,2%. Entrambe le società da un paio di anni hanno tolto la disponibilità di abbonarsi nei due settori disponibili al terzo anello (l’altro settore è riservato agli ospiti).

Il Milan aveva progettato uno stadio capiente all’incirca la metà, 40.000 posti, con la possibilità, laddove fosse andato sempre tutto esaurito, di ingrandirlo in futuro sino a raggiungere la capienza di 50.000 posti. Mentre nei giorni in cui sembrava si andasse verso un San Siro di esclusiva proprietà nerazzurra, era uscita l’immagine di un ipotetico stadio privo del terzo anello ma che manteneva la caratteristica copertura costruita, insieme al terzo anello, per i Mondiali di Italia '90.

Eliminare il terzo anello è un’ipotesi intrigante di cui si parla da tempo. Questi tre settori (non esiste il terzo arancio) sono composti da 19.545 posti ed eliminandoli si otterrebbe uno stadio da poco più di 60.000 posti: sufficienti per organizzarvi una finale di Champions League e in linea, ad esempio, con la Schalke (Veltins) Arena, l’Emirates Stadium e il nuovo Estádio da Luz. Se prendiamo alcuni dati storici, uno stadio con una capienza del genere sarebbe in linea con le medie di spettatori registrate negli ultimi 30 anni dalle milanesi: il Milan negli ultimi 30 anni ha registrato un’attendance media di 59.700 spettatori (di cui 44.800 abbonati), l’Inter invece ha tenuto una media di 54.746 spettatori lungo lo stesso lasso di tempo. Un’altra ipotesi, sempre riguardante il terzo anello, è quella di eliminare sì i posti a sedere, ma trasformando gli interi settori in ulteriori zone sky box simili a quelle delle arene americane.

Due esempi in tal senso possono essere rappresentati dal Lambeau Field di Green Bay e dal MetLife Stadium di New York (sito in realtà in New Jersey). Il primo è un esempio di come si possa intervenire su di uno stadio datato (costruito nel 1956 e inaugurato l’anno successivo) costruendo sulla base preesistente –preservandone caratteristiche e fascino– delle strutture moderne come appunto le corporate suits e gli skybox di ultima generazione.

Il secondo invece, la casa dei NY Jets e dei NY Giants, è uno stadio che si sviluppa in verticale, simile per conformazione a San Siro. In questo stadio, tutta la zona skybox e l’area lounge sono poste al di sopra del secondo anello, distanti dal campo di gioco più o meno nello stesso modo in cui avverrebbe al Meazza con i nuovi, aggiuntivi, skybox.

Insomma, le idee non mancano. Rimarrebbero altre questioni più o meno delicate, come ad esempio dove inserire il settore ospiti, non ritenendo plausibile una rimozione di questo come auspicava Silvio Berlusconi quando nella stagione 1992-93, l’anno del record dei 71.895 abbonati, avendo ulteriori richieste in tal senso, chiese di poter destinare anche il settore riservato agli ospiti ad ulteriori nuovi abbonati rossoneri, ottenendo ovviamente un rifiuto come risposta.

Fuori dallo stadio: un progetto ambizioso

Per quanto riguarda invece l’esterno stadio, la zona limitrofa a San Siro, quella che, con i dovuti accorgimenti, potrebbe essere il nucleo dell’aspetto commerciale dello stadio di proprietà, il Sindaco Sala ha ipotizzato la costruzione di due strutture leggere che andrebbero ad occupare la zona posta al di fuori del settore rosso, l’altra invece dall’altra parte dello stadio, all’altezza dell’arancio, collegando il tutto allo “stadio idealmente diviso in due”. Queste aree sarebbero quindi sia delle zone commerciali che delle aree da destinare all’hospitality.

Si andrebbe quindi ad esternalizzare quello che negli stadi di proprietà di ultima (ma anche di penultima) generazione si trova all’interno, non potendo in questo caso, operare drasticamente sulla struttura preesistente.

L’incognita dell’ambizione

Tutti questi progetti, però, non mettono in conto la reale volontà delle nuove proprietà delle due società milanesi, che poi sono i soggetti che nei fatti dovrebbero realizzarli. Quanto saranno ambiziose? È ragionevole pensare che vorranno investire per riportare le squadre milanesi al vertice del calcio europeo?

Perché nel caso le ambizioni fossero più alte, bisognerebbe pensare a un’alternativa a San Siro. Lo stadio Meazza è distante una manciata di metri dalla zona dell’Ippodromo del Trotto, separato da questo dalla stretta via Piccolmini. Questo, tra l’altro, ha comportato che San Siro non fosse uno stadio catalogato dalla UEFA come “5 stelle”, prima che i criteri fossero modificati permettendo al Meazza di essere classificato come stadio di categoria 4 (la massima, secondo i regolamenti UEFA).

L’area dell’Ippodromo del Trotto (evidenziata nella mappa) misura 131.365 mq ed è di proprietà di SNAI; la cosa particolare è che dal 2012 l’Ippodromo è stato dismesso e l’attività ippica si è spostata al nuovo Ippodromo La Maura, non lontano dallo stadio stesso.

L’altra particolarità è che, non senza qualche polemica, con una Determina Dirigenziale del 2014 del Comune di Milano, è stata modificata la destinazione di “Servizio alla persona – Servizio indispensabile Sport” di tutta la zona menzionata (oltre ad un’altra parte al di là della strada), rendendola quindi edificabile e potenzialmente oggetto di sfruttamento commerciale e residenziale, cosa a cui SNAI sta già pensando, dicendosi anche disponibile a sentire interlocutori interessati alla zona che veniva valutata tra i 70 e gli 80 milioni di euro.

L’idea è paragonabile al progetto legato alla zona della Continassa che la Juventus sta realizzando nella zona esistente attorno allo Stadium e dove la squadra bianconera costruirà, oltre al campo di allenamento per la prima squadra e la nuova sede sociale, tra le altre cose, un polo commerciale, un parco, un hotel e una zona residenziale. Tutto questo sarebbe realizzabile anche nella zona dell’Ippodromo del Trotto, facendo in modo che San Siro più che uno stadio divenga un polo sportivo in primis, ma anche commerciale, residenziale e verde, con la creazione di un parco fruibile dalla comunità cittadina. Il tutto, tra l’altro, assolutamente fattibile dal punto di vista del Fair Play Finanziario, visto che questi costi sono considerati virtuosi e quindi non annoverati nei calcoli del FPF.

La gestione di un polo del genere ricalcherebbe quella odierna inerente allo stadio, dove una società partecipata dalle due squadre andrebbe a curare la gestione dell’impianto. È facile immaginare che vi sarebbero delle zone permanenti dedicate ognuna alla rispettiva squadra, magari proprio in prossimità dello stadio, e delle zone invece neutre che andrebbero a contribuire ai ricavi di entrambe oppure immaginare i ricavi suddivisi a seconda che si tratti o meno di match day. In questo senso, una possibile problematica potrebbe essere rappresentata dalla recentissima costruzione di Casa Milan, che si vedrebbe in questo caso messa in secondo piano dal nuovo polo.

Insomma, le potenzialità sono infinite e la realizzabilità concreta: abbiamo già un esempio avviato a livello nazionale e la tipologia di gestione, chiamiamola comune e partecipata, è già presente. Certo, dipende da tanti fattori: la volontà dei proprietari di volersi sedere al tavolo delle trattative, il parere della nuova Giunta Comunale, l’ambizione delle nuove proprietà. Ma anche e soprattutto dal fatto che vi siano e vi saranno effettivamente due nuove proprietà.

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