Sono stati gli americani: quelli che il calcio lo chiamano soccer. Laddove non era arrivato nessuno, in diciassette anni, sono arrivati loro: a liberare il calcio da Blatter. La caduta della dittatura morbida dell'ex colonnello dell'esercito svizzero comincia con Michael Garcia, ex procuratore federale degli Stati Uniti, e finisce con l'FBI, l'agenzia investigativa del Dipartimento della Giustizia americano. È lo sbarco in Normandia del pallone. Ora manca che venga completata la liberazione.
Tutto inizia da Michael Garcia
«Punisco le persone che fanno cose brutte e infrangono la legge»: una volta Michael Garcia spiegò così il suo lavoro alla più piccola dei suoi tre figli. Ed evidentemente Blatter non si sentiva inquadrato nella categoria di persone di cui parlava Garcia oppure non conosceva l'aneddoto, quando lo ha chiamato nel 2012 per offrirgli il posto di responsabile dell’ufficio investigazioni della commissione etica della FIFA. Però conosceva il curriculum dell'ex procuratore del distretto meridionale di New York.
Garcia è un repubblicano che sotto la presidenza Bush era anche stato impegnato nella lotta al terrorismo. La FIFA lo chiama per indagare sull'assegnazione dei Mondiali a Russia e Qatar e sui sospetti di corruzione. Un'esplosione di trasparenza di chi si riteneva al di sopra di ogni sospetto (ma visti i risultati, no) oppure la speranza che il nome facesse rumore, ma che l'indagine interna non sarebbe mai diventata realmente indipendente. Quindi: la FIFA sceglie un superinvestigatore; il superinvestigatore, pagato dalla FIFA, entra nel sistema, assolve e tutto sembra regolare.
Forse la pensava così, Blatter. Non Garcia, pronto a dire, a incarico fresco: «Ho l'autorità di investigare su qualunque funzionario, dal più alto al più basso: nessuno è al di sopra del codice etico». E pronto a piombare senza preavviso al Comitato Esecutivo della FIFA per interrogare i membri che avevano votato per i Mondiali sospetti.
Blatter avrebbe potuto anche chiedere al suo sostenitore Putin, che adesso ha parlato di “complotto americano” contro il presidente dimissionario della FIFA e che a suo tempo, durante le indagini, aveva impedito a Garcia di entrare in Russia. Garcia fa parte della blacklist di 18 funzionari statunitensi ai quali è impedito l'ingresso sul territorio russo: nel suo caso per aver sostenuto l’accusa contro il russo Viktor Bout, nel corso di un processo che secondo la Russia è avvenuto per motivi politici, condannato poi a 25 anni di carcere per traffico d’armi.
Invece Blatter si è “fidato” di sé stesso. Il lavoro di indagine di Garcia è andato avanti due anni e ha portato a un rapporto di 350 pagine più altre 200mila di allegati e a quanto pare contenuti esplosivi. Nascosti però dal goffo tentativo della FIFA di insabbiare tutto, tradotto nella pubblicazione di una sintesi di 42 pagine che in sintesi diceva che non c'era stata corruzione, ma solo aspetti dubbi.
Fosse stato Garcia l'elemento accomodante che Blatter immaginava una volta chiamato all'interno della FIFA, sarebbe finito tutto qui. Ma qui, invece, comincia la guerra degli Stati Uniti ai padroni del pallone: Garcia dice che la versione del suo rapporto contiene «numerose, incomplete ed errate rappresentazioni dei fatti» e si dimette. Ma giura vendetta.
Ci pensa l'FBI
Come si arriva da Michael Garcia all'FBI lo ha spiegato il Corriere della Seraricostruendo le amicizie e i rapporti dell'ex procuratore federale degli Stati Uniti: «Il predecessore di Garcia nel ruolo di US Attorney per il Southern District di New York era stato James Comey, oggi capo dell’FBI. C’è un’altra pedina importante in questa partita: Loretta Lynch, da poche settimane ministro della Giustizia di Barack Obama, che nel suo incarico precedente—capo della procura della corte federale di Brooklyn—aveva seguito personalmente il caso».
Dal Ministero della Giustizia, quello di Loretta Lynch, è arrivato il comunicato dell'indagine che ha portato ai sette arresti (e sette indagati) dei giorni scorsi, quello che spiega come i 14 imputati «da 24 anni si arricchiscono attraverso la corruzione». E in cui si dice che «almeno due generazioni di funzionari hanno abusato della loro posizione di fiducia per l'acquisizione di milioni di dollari in tangenti e bustarelle». Ed è il comunicato in cui il Ministero (la Lynch) rende nota un'operazione del tribunale federale di Brooklyn (dove era la Lynch).
Questa indagine non ha a che fare con l'assegnazione dei Mondiali (se ne occupa l'altra, quella aperta quasi contemporaneamente in Svizzera), ma sembra piuttosto chiara nella sua origine. E anche nei suoi sviluppi. Ad arresti caldi il capo dell'FBI dice: «Questo è solo l'inizio», dando l'idea di avere altre carte da giocare. Blatter, dice la Lynch nel giorno del blitz a Zurigo, «al momento non è indagato». Al momento, appunto.
La guerra dell'FBI al governo del pallone è dichiarata, ma Blatter e molti dei suoi la ignorano, o pensano di poterla combattere con la stessa sfacciataggine con cui sono passati sopra ogni scandalo. La stessa che ha reso quasi comica la strategia difensiva di Blatter, intenzionato a passare come l'uomo più distratto del mondo: «Io non posso e noi non possiamo controllare tutti in ogni momento». Non si è accorto, dice, di quello che accadeva intorno, che pure può essere sintetizzato in questo grafico mostrato dalla CNN:
Blatter l'ingenuo non conosce la differenza tra “non si può controllare tutto” e “non controllare niente”.
Dunque Blatter ha fatto finta di niente e l'FBI aveva ancora qualcosa da giocarsi, per stringere il cerchio intorno al presidente, perché era chiaro l'intento di fare pulizia partendo dall'alto. L'ostinazione dell'FBI è anche nelle motivazioni trovate per poter intervenire sulla FIFA e poter eseguire gli arresti in Svizzera: c'è un accordo tra USA ed elvetici che lo consente, ma soprattutto si fa riferimento ai reati commessi sul suolo americano, per poter arrivare a questa operazione.
Ed è americano anche il dirigente diventato talpa per gli investigatori: Chuck Blazer, omone di duecento chili che viveva di spese folli, alto dirigente della CONCACAF (Centro e Nord America) che spendeva 18mila euro di affitto per il suo appartamento alla Trump Tower (al 49esimo piano, sulla Fifth Avenue, con vista su Central Park) e altri seimila dollari per l'appartamento, nello stesso grattacielo, per i suoi gatti, che aveva altri appartamenti a Miami e alle Bahamas, che utilizzava conti offshore e che aveva un livello di vita così elevato da non poter non dare nell'occhio.
Di Blazer raccontano la decisione di diventare collaboratore dell'FBI: gli agenti gli chiesero se avesse voluto collaborare o semplicemente essere arrestato, con il rischio di vent'anni di carcere. Scelse la prima, cominciando a fissare appuntamenti con altri dirigenti, ai quali si presentava con un registratore nascosto nel portachiavi. Blazer è colui che disse a un suo amico che Blatter non andava negli Usa dal 2011 (incidentalmente: l'anno in cui proprio Blazer comincia a collaborare) per paura di essere arrestato. Appunto.
Il cerchio si stringe
L'FBI non scopre le tangenti nella FIFA, che erano praticamente così diffuse da essere quasi di dominio pubblico. Decide di aggredirle, e dunque aggredire il centro del potere. Vuole Blatter («Al momento non è indagato» è insieme una minaccia e una speranza) ma Blatter non si concede, tiene duro, si fa rieleggere. Gioca la sua partita politica, non vuole ammettere che quel sistema che regge da 17 anni (come continuazione con altro nome del potere di Havelange) è il suo sistema.
E allora solo pochi giorni dopo la rielezione dello svizzero, ecco il New York Timessvelare una parte nascosta dell'inchiesta. C'era, tra i responsabili, un uomo non identificato dall'FBI se non come «high ranking official»: identificato proprio nel momento più utile, non proprio all'improvviso. L'alto funzionaro era Jerome Valcke, francese e numero due della FIFA: l'uomo immediatamente sotto Blatter nella piramide di potere, braccio destro del presidente: avrebbe disposto bonifici da dieci milioni di dollari che, secondo l’FBI, servirono al Sudafrica per aggiudicarsi i Mondiali del 2010.
Arrivati a un passo da Sepp, poteva fare ancora finta di non sapere? Avrebbe, forse. È noto per la faccia tosta, probabilmente non avrebbe nemmeno avuto problemi a farlo. Forse c'è qualcos'altro in arrivo, tanto che il network americano ABC ha rilanciato: anche Blatter è sotto indagine. Dunque si è tirato fuori, subito. Per evitare di essere travolto in prima persona, per parlare di «bene del calcio» invece di fuggire inseguito dai guai.
Ha capito che il pressing degli Stati Uniti non si sarebbe fermato ed è passato dalla prova di forza alla partita politica. Con la prova di forza non l'avrebbe spuntata.
I motivi degli USA
Perché gli Usa liberano il calcio da Blatter e decidono di farlo in modo così eclatante? C'è di mezzo il modo di interpretare il governo del pallone da parte dello svizzero: un'apertura eccessiva ai paesi in via di sviluppo, che sembra filantropia ma in realtà ha un progetto parallelo all'espansione, che è quello del mantenimento del potere attraverso i piccoli alleati, che hanno lo stesso potere di voto delle nazioni con una grossa storia alle spalle e un enorme bacino di appassionati da gestire. E a queste federazioni basta far arrivare soldi per ottenere fedeltà, alimentando in questo modo anche il giro di corruzione che l'FBI ha stanato.
Tariq Panja, Andrew Martin e Vernon Silver in una lunga inchiesta per Bloomberg hanno sintetizzato tutto con queste parole, mentre spiegano l'annuncio fiero della FIFA di una spesa di 1,56 miliardi di dollari spesi in quattro anni per “programmi di solidarietà” per i paesi membri: «La maggior parte del denaro va a piccole federazioni, di paesi senza un programma per il calcio e con nessuna possibilità di giocare una Coppa del Mondo, come le Isole Cayman o Montserrat. Ma, come gli altri 207 paesi membri della FIFA, a ciascuno di essi spetta un voto per il presidente. Sulla mappa elettorale di Blatter, i 5.200 abitanti di Montserrat sono importanti quanto i 200 milioni in Brasile».
In più, sottolineando come la FIFA abbia 16 membri in più delle Nazioni Unite, usavano le Cayman, fedele alleato di Blatter, come esempio di gestione delle finanze: pioggia di soldi e una Nazionale al 191esimo posto nel mondo.
Di questo modo di gestire il potere gli USA hanno pagato le dirette conseguenze nell'assegnazione del Mondiale del 2022 al Qatar, ad esempio. Ed è uno dei motivi dell'inimicizia tra America e FIFA, che trova pure sponda in Obama: quando cinque anni fa assegnarono al Coppa del Mondo agli sceicchi, nonostante gli USA avessero presentato il miglior dossier, fu il presidente degli Stati Uniti ad andare in tackle: «Credo che sia una decisione sbagliata». Gli USA arrivarono secondi, un po' la giurarono.
Il resto è proprio in una voglia di far crollare questo sistema fondato sulla corruzione, che è stato in grado di eleggere Blatter anche pochi giorni fa, in pieno scandalo. Fiancheggiatori, che nonostante le dimissioni di Blatter resteranno lì. Anche se l'FBI, a leggere una confidenza raccolta da ABC, non ne è sicura: «Ora che quelle persone vorranno salvare sé stesse, ci sarà probabilmente la corsa a scaricare Blatter. Noi forse non saremo in grado di far collassare l’intera organizzazione, ma forse non ce ne sarà bisogno». Mirano alla piazza pulita delle collusioni, se non avverrà da sola.
Perché altrimenti il problema non è risolto: via Blatter, arriverà qualcuno in continuità (come del resto era stato Blatter per Havelange). E qui forse c'è la mossa politica del boss del pallone mondiale: si è dimesso, ma resta in carica. È stato eletto, quindi ha ancora potere. E allora utilizzerà verosimilmente questo tempo per creare il suo successore, per restare in qualche modo in sella e magari mettere in dubbio la competenza territoriale dell'FBI, che pure si muove facendo leva sulle pieghe di ogni legge, ma è anche spinta da questioni che un po' allarmano gli USA e che sono politiche: non si spiegherebbe altrimenti l'enorme spazio sulla stampa per lo scandalo e l'allarme fatto suonare da molti sponsor americani della FIFA, in un gioco (anche involontario) di squadra che mette in mostra tutta l'irritazione e la voglia di imporre un cambio di passo, a iniziare dai prossimi anni e dalle prossime assegnazioni.
Già il Mondiale alla Russia è una grande manifestazione affidata a un nemico, quello in Qatar è stato soffiato proprio all'America e per il 2026, soprattutto, il timore degli USA è che la Coppa del Mondo possa finire in Cina o in India. Con Blatter sarebbe stato possibile. Ora, forse, un po' meno. Sono sbarcati gli americani.