C’era una volta il Roland Garros
Simona Halep partecipa all’Open di Francia per la prima volta da professionista nel 2009, quando esce al secondo turno delle qualificazioni. È il primo Slam della sua carriera e quello che ancora oggi preferisce, e per ricordare il momento in quell’occasione compra un braccialetto rosso che, ne è convinta, le porterà fortuna. Lo indossa ancora nel 2014, durante la finale del Roland Garros, la prima di un major in carriera, persa contro Maria Sharapova col punteggio di 6–4/6–7/6–4.
Halep vince contro Svetlana Kuznetsova ai quarti, con 6-2/6-2, e Andrea Petkovic in semifinale, con 6-2/7-6, mentre la sua avversaria batte Garbiñe Muguruza prima, con 6-1/5-7/1-6, ed Eugenie Bouchard poi, con 4-6/7-5/6-2. Dopo la semifinale, durante la conferenza stampa, una giornalista chiede a Simona qual è stata la prima sensazione dopo il match point e lei risponde, ancora incredula, di non sapere cos’ha provato, di essere un po’ bloccata, sa solo che è incredibile e, senza aspettare altro, racconta la partita. Un match duro, che l’ha vista migliorare sul finale, nonostante un po’ di nervosismo. Parla tenendo le mani giunte sotto al tavolo, si abbassa verso il microfono, lo aggiusta solo all’inizio, ma non dimostra comunque alcuna confidenza, ha gli occhi bassi e si rilassa (poco) soltanto alla domanda successiva, quella sulla strategia adottata durante l’incontro, a cui dà una risposta fredda, circostanziata, mentre le mani finalmente sul tavolo, appena visibili, giocano con il braccialetto portafortuna. È lì e ha meritato di arrivarci, ma non ne è ancora consapevole fino in fondo. Dopo la sua semifinale, invece, Maria Sharapova ammette in conferenza stampa di aver conquistato la finale più con la determinazione che con il bel gioco e di aver affrontato partite non facili e con molti momenti critici durante tutto il torneo.
La finale, per entrambe, non è molto lontana da questi stati d’animo: la russa gioca con determinazione vincente, la romena con il coraggio dell’outsider che, però, in questa occasione, non basta.
La partita inizia subito con un 2 a 0 per Simona Halep, che si muove con più precisione e incalza l’avversaria con colpi più efficaci: non ha nulla da perdere, gioca la sua prima finale davvero importante e si vede. I primi game sono giocati già a un livello molto alto, le accelerazioni sono frequenti, Halep attacca e si spinge a rete mentre Sharapova rimane sulla difensiva. Quando quest’ultima torna a controllare meglio i rinvii da fondo campo e riesce a dare molta più potenza e profondità ai colpi e ad aprire il gioco, conquista il pari. Il quinto game è molto combattuto e dà la prima svolta al set: sul 40 pari entrambe non mollano, si contengono vicendevolmente e affondano colpi notevoli per velocità e potenza, ma è la russa a spuntarla e a conquistare il 3 a 2, portandosi poi sul 5 a 2 conquistando il quinto game di fila. Sharapova sembra incontenibile e non sentire la pressione, ma Halep non ha ancora smarrito la strada e conquista due giochi di seguito, inanellando una serie di dritti e rovesci incrociati ben assestati. Il set è vinto da Sharapova grazie a un diritto incrociato troppo largo di Halep, un errore davvero grossolano.
Il secondo set è il più combattuto dei tre. Inizia in modo contrario rispetto al primo: è Maria Sharapova che si porta sul 2 a 0 e Simona Halep che rimonta il pari, la russa continua a incamerare un vantaggio che viene corroso dall’avversaria, prima sul 3 a 2 e poi sul 4 a 3. È qui che Halep si fa coraggio, esce fuori a fronteggiare Sharapova a viso aperto, mettendo in campo il suo tennis migliore per guadagnare il 4 pari che le permette nel gioco successivo di portarsi in vantaggio. A questo punto della partita il livello sale ancora: entrambe mantengono un forte controllo fisico e mentale dell’incontro, fanno di tutto per rimanere in partita e sono piccoli errori che portano l’incontro a favore dell’una o dell’altra. La tensione c’è ed è visibile.
Simona Halep ha ben due occasioni di servire per il set, la prima sul 5 a 4 e la seconda sul 6 a 5. In entrambi i casi la sfortuna ci mette del suo: Sharapova conquista il 5 pari per colpa del nastro e poi il 6 pari a causa di una corda rotta della racchetta di Halep, che però riesce ad arrivare al tie break e vincere il set.
All’inizio del terzo set la russa tarda a tornare in campo e, quando si decide, perde altro tempo attorno alla sua sedia mentre Halep è già pronta al servizio: innervosita, lo perde. Sharapova attacca, ma mai in maniera definitiva, mentre la romena non molla; dopo il primo game perso, sembra rimanere comunque padrona del suo gioco. Ancora una volta l’incontro è un testa a testa: le due si fronteggiano sino al 4 pari, ma poi Sharapova strappa a zero il servizio a Halep, conquistando il 5 a 4 con un feroce rovescio sulla linea di fondo che lascia l’avversaria senza speranze.
(Minuto 17:07) Sharapova è sul 40 a 0 e sta servendo il primo match point. Halep sembra aver perso ogni velleità di provare a conquistare il 5 pari: ribatte il servizio con un dritto impreciso e rassegnato che consente alla russa di infilare, invece, un dritto incrociato, poi tenta un recupero malconcio di rovescio che si alza e piomba sul corridoio.
Nel 2014 Simona Halep e Maria Sharapova si incontrano anche nella finale del torneo di Madrid, sempre sulla terra rossa, e vince ancora la russa col punteggio di 1-6/6-2/6-3. La romena conquista in modo convincente il primo set per poi cedere negli altri due.
Nei primi giochi della finale Sharapova è imprecisa, affaticata, non riesce mai a essere davvero incisiva. Dopo lo 0 a 3, in cui ha regalato due doppi falli alla Halep, il suo allenatore si avvicina per cercare di suggerirle la strategia corretta, senza sortire particolari effetti: la romena tiene il servizio e si porta sul 4 a 0 con un rovescio meraviglioso, lasciando a zero la russa.
Appena Halep abbassa l’attenzione e commette un errore non forzato, per l’avversaria è il 4 a 1, ma è tardi per tentare la risalita, almeno per questo set. L’incontro poi cambia volto. Sharapova trova finalmente la concentrazione necessaria e Halep perde invece il controllo dell’incontro, e, pur con determinazione, viene punita dall’avversaria a ogni opportunità disponibile: il servizio della russa ritorna nei ranghi di efficienza, mentre i colpi della romena mancano di precisione.
Quello che arriva da questi incontri è la possibilità reale che Simona Halep riesca a incidere, ma che di fronte allo snodo centrale dell’incontro non trovi il temperamento vincente. Lascia l’impressione di un ottimo gioco, a tratti eccellente, di punti conquistati con stile e determinazione, rimanendo però sempre nel cerchio della debuttante.
Luglio, tempo di Wimbledon
Simona Halep riesce a fare un altro passo avanti, nelle proprie convinzioni oltre che nel gioco, pur perdendo in semifinale a Wimbledon. È battuta da Eugenie Bouchard, che raggiunge la sua prima finale del torneo con 7-6/6-2. La partita subisce una dura svolta per Halep dopo il 2 a 2 del primo set. Inizialmente, infatti, l’incontro è molto equilibrato e dopo un primo vantaggio della romena, la canadese rientra subito in partita. Dopo il quarto gioco, Halep chiede il time out per un problema alla caviglia sinistra: dopo aver inseguito un colpo di Bouchard sul proprio rovescio, poggia male il piede e prende una storta, comincia a zoppicare e si avvicina subito alla sua panchina per chiedere l’intervento del fisioterapista. È afflitta, ma riesce a rientrare in campo e a continuare a giocare, e sembra non aver riportato molti danni, anzi: è Bouchard che perde il servizio nel gioco successivo. Questo vantaggio dura poco e il set prosegue con una sequenza di servizi tenuti fino al tie-break: la romena conquista punti che la canadese recupera immediatamente. Se da un lato Halep tenta di reagire, dall’altro Bouchard frena ogni suo intento, ma alla fine Simona si illumina e trova due colpi perfetti che la portano sul 6 pari.
L’ultimo, in ordine cronologico è questo: meraviglia.
Il tie-break si snocciola in una serie di errori da ambo le parti: colpi troppo lunghi o troppo larghi, doppi falli, rovesci in rete. Halep potrebbe portarsi sul 5 a 2, ma il nastro aiuta il dritto della canadese: qui il tie-break cambia passo e Bouchard guadagna il primo set con uno dei pochi punti illuminanti, una precisa e angolata volée di rovescio. La romena accusa il momento e nel secondo parziale perde completamente la concentrazione, gioca in modo discontinuo passando da recuperare punti fondamentali a perderne altrettanti con la stessa facilità. La sua qualità migliore, l'adattabilità camaleontica a diverse situazioni in breve tempo, si offusca. In conferenza stampa, dopo la partita, si dimostra molto matura: rende onore all’avversaria, fa un’analisi della partita sintetica ma centrata—Bouchard è migliorata, è più sicura, questo campo è migliore per il suo gioco veloce—e si dice felice del risultato, comunque: è il suo migliore a Wimbledon.
Le magnifiche otto
Simona Halep si qualifica per le WTA Finals per la prima volta nel 2014, assieme a Serena Williams, Maria Sharapova, Petra Kvitová, Eugenie Bouchard, Agnieszka Radwanska, Ana Ivanovic e Caroline Wozniacki.
La romena vince il primo degli incontri contro Serena Williams col punteggio di 6-0/6-2, la sua sconfitta più pesante dal 1998. La statunitense non ha ingranato mai la marcia giusta durante l’incontro: Simona Halep è apparsa fin da subito più in partita, più pronta, più desiderosa di giocare. Ancora una volta è questa determinazione di arrivare e centrare l’obiettivo a supportare la romena.
È strano vedere Williams titubante, esageratamente imprecisa, e l’avversaria raggiunge un risultato sulla carta insperato grazie soprattutto a una forte dose di personalità: sarebbe stato facile rassegnare le armi davanti a Serena Williams, un peccato in fondo molto più sopportabile di altri, ma Halep non si fa prendere né dal panico né dalla pressione dell’incontro, né tantomeno dalle aspettative, e scrive la storia di Davide che batte Golia. Non durerà a lungo (Serena Williams la affronterà nuovamente in finale, battendola 6-3/ 6-0 in poco più di un’ora), ma non importa: Simona Halep ha consolidato il terzo posto in classifica WTA e l’attenzione della numero uno al mondo, che ai giornalisti commenta: «Penso che Simona abbia giocato il match migliore della sua carriera. A essere sinceri, aspetto il nostro prossimo incontro perché mi sta spronando a tornare a casa a lavorare duro e ad allenarmi solo per lei».
Una raccolta dei momenti migliori dell’incontro curata dal canale Youtube del WTA.
Il 2015
Simona Halep vince a Shenzhen e a Dubai, prima della finale a Indian Wells contro Jelena Jankovic.
Le due si sono incontrate cinque volte fino a questo momento, ma mai in finale. L’unica partita vinta dalla serba è nel 2010 nel primo turno a Flushing Meadows, quando la romena è un’altra giocatrice: è nella top 100 del mondo, ma non ha ancora dimostrato di poter scalare la classifica in modo sostanziale né di poter dire la sua nell’olimpo del tennis femminile, mentre Jelena Jankovic è invece quinta. Da allora la crescita della romena è costante: nel 2011 e nel 2012 finisce al numero quarantasette del ranking, nel 2013 vince finalmente sei tornei, su tutte le superfici, e raggiunge gli ottavi di finale dello US Open, chiudendo l’anno undicesima al mondo.
Per Simona Halep, la finale di Indian Wells 2015 è stata la prima vittoria importante della carriera. Vince in tre set con il punteggio di 2-6/7-5/6-4, disputando una gara all’inizio difficile: arriva alla finale dopo una pausa di tre giorni—in semifinale vince senza giocare contro Serena Williams, che si ritira per un problema al ginocchio—ed è poco concentrata. Non disputa la sua miglior partita, ma nel primo set in particolare subisce molto l’avversaria.
Nonostante questo, Halep riesce a infilare dei punti eccellenti, come questo, che la porta sul vantaggio del secondo game e poi a pareggiare 1 a 1 nel primo set.
Jelena Jankovic perde il match quando perde il controllo mentale dell’incontro, si fa prendere dal nervosismo e diventa incerta: è il momento cruciale, in cui Halep ha più grinta e la sfrutta per ottenere il 5 pari del secondo set, soffrendo, giocando sulla linea di fondo e attaccando quando l’avversaria cede l’ultimo scampolo di determinazione.
Dopo il 5 pari, la romena si piega sulle ginocchia, riassembla tutte le forze che le sono rimaste—toccherà a lei servire per il 6 a 5—mentre la serba è arrabbiata per l’occasione regalata, sente di aver lasciato andare più del dovuto e non ha una strategia convincente: il punto del 6 a 5 arriva dopo una ribattuta di rovescio incrociato troppo lunga. Durante l’ultimo game del secondo set, Halep soffre ancora un po’ di stanchezza, ma è in recupero, riacquista velocità ma non totalmente la precisione, finché ha un guizzo, sembra raccogliere ancora delle energie attorno a sé stessa, incrocia due rovesci e un dritto e la rete ferma Jankovic.
Il terzo set scivola ancora faticoso per entrambe, con la serba che si porta sul 3 a 2, ma non è abbastanza, perché Halep recupera e va in vantaggio. Questo coincide con la rassegnazione di Jelena, che in panchina parla con il suo allenatore e appare sconsolata, frustrata, preludio al peggio.
Il match point è vinto con un dritto incrociato su una ribattuta di rovescio, strategicamente debole e prendibile per Simona Halep, che nel frattempo continua a occupare lo spazio giusto per affondare il dritto incrociato definitivo.
A Miami, invece, esce in semifinale contro Serena Williams in tre set (6-2/4-6/7-5) e ci arriva battendo Sloane Stephens, numero quaranta del ranking WTA, ai quarti per 6-1/7-5. Le due si sono affrontate in totale cinque volte, e il conto delle vittorie è a favore di Simona Halep per 3 a 2: questa è l’occasione più importante.
Il primo set è il migliore per Halep: serve bene, usa i turni di battuta nel migliore dei modi, ribatte meglio dell’avversaria. Inizia, come spesso succede, con una spinta notevole: conquista 3 giochi subito, si fa riprendere sul quarto ma poi si impone, senza molti ostacoli fino al 6 a 1. Il secondo set inizia allo stesso modo: Stephens è imprecisa nelle risposte e non approfitta del turno di battuta, mentre Halep gestisce il gioco magistralmente, portandosi di nuovo sul 3 a 0. Differentemente dal primo set, però, Sloane vince due game in successione corrodendo il vantaggio di Simona, che cala soprattutto nella concentrazione: nel sesto gioco perde un punto con una ribattuta di rovescio troppo lunga, due con passanti di dritto che colpiscono la rete e l’ultimo con una volée di rovescio troppo forte. A questo punto sono 3 pari, può succedere l’imprevisto. Il match vede Stephens portarsi in vantaggio e poi Halep recuperare, diventa avvincente ed equilibrato; entrambe giocano molto più in attacco, osando spesso e usando al meglio i rispettivi turni di battuta.
Durante questo lungo scambio, Sloane Stephens è in vantaggio ma colpisce di rovescio incrociato spingendo poco il gioco ai lati, senza creare problemi a Simona Halep, che copre lo spazio e riesce a tenersi nel punto fino a trovare il passante di dritto vincente.
Per vincere, Simona Halep mette in campo ciò che in altre occasioni non ha avuto il coraggio di tirare fuori: prima approfitta degli errori grossolani di Stephens, poi affonda il colpo rischiando, attaccando e portando il suo gioco a un livello più completo, che abbraccia in parti uguali tecnica, voglia, tenuta fisica ed esperienza.
Verso Parigi
A Parigi nel maggio 2014 è iniziata la piccola scalata di Simona Halep, che dal quarto posto in classifica arriva oggi, alla nuova vigilia del torneo, al terzo, con molta grinta e consapevolezza in più, ma senza il suo braccialetto rosso: non è più solo questione di fortuna, ormai.
Per la stagione 2015 Halep ha cambiato allenatore, passando dal belga Wim Fissette al romeno Victor Ionita. Oltre al desiderio di tornare a lavorare con un connazionale, con cui sente di avere una mentalità più affine, lo scopo di questo avvicendamento è potenziare il suo gioco d’attacco, per poter essere più competitiva sui campi veloci. Da grandissima giocatrice da fondo campo, Simona Halep sta diventando una giocatrice di contrattacco, capace di intuire i cambi di ritmo, spezzarli e usarli contro l’avversaria. Una settimana fa ha dichiarato: «Sulla terra hai tempo per pensare al punto, e mi piace pensare. Mi piace sempre sapere cosa sto facendo su ciascun colpo. Mi piace essere un po’ creativa sul campo. È il mio stile. Se vedo che c’è qualcosa che non funziona per me in un match, lo cambio».
È in questo modo che Simona costruisce piccole vittorie e risultati positivi: senza clamori e in punta di piedi, saldamente attaccati alla terra, adattandosi alle partite, smussando gli angoli se necessario, concentrandosi al massimo sul suo gioco, riflettendo su ogni punto, recriminando poco e voltandosi quasi mai indietro.