Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
L'incontro del secolo
29 apr 2015
Mayweather e Pacquiao sono il giorno e la notte e il loro incontro è atteso da cinque anni. Finalmente sapremo chi è il più forte dei due.
(articolo)
14 min
Dark mode
(ON)

Negli ultimi centocinque anni di storia del pugilato ci sono stati: un “incontro del millennio”, una “guerra”, gli “otto minuti più elettrizzanti di sempre”, un “match dei sogni” e ben sette combattimenti “del secolo”. Quello che si terrà nella notte tra sabato e domenica al MGM Grand Garden Arena di Las Vegas sarà l’ottavo.

A contendersi le cinture in palio (WBA, WBO, WBC e The Ring), saranno due dei pugili più forti degli ultimi quindici anni. Floyd Mayweather è campione del mondo in cinque diverse categorie di peso, Manny Pacquiao ha dieci cinture. Ma a renderlo un incontro unico sono anche alcune trovate che nel pugilato internazionale sono una specie di gioco nel gioco. Ad esempio, per questo incontro la WBC ha commissionato una cintura con tremila smeraldi del valore di un milione di dollari, che verrà scortata personalmente dal presidente dell'organizzazione e due guardie del corpo, dal Messico a Las Vegas, chiusa al sicuro in una valigetta, fino alla sera dell’evento.

Pretty Boy, anche se di “pretty” ha solo la faccia.

Imbattuto in 47 incontri, Mayweather è dotato di una tecnica difensiva magistrale, insegnatagli dal padre, ex pugile, durante un’infanzia consumata in palestra. Oggi è il welter numero uno al mondo e i suoi due soprannomi sono “Pretty Boy” e “Money”. Il primo si riferisce alla guardia impenetrabile con la quale mette al sicuro il volto, terminando gli incontri senza ferirsi; il secondo, alla sua ossessione.

Mayweather è il cash cow della boxe: il pugile che in assoluto ha guadagnato di più, e fa guadagnare di più, con i suoi incontri. Nel 2014, con un patrimonio di 105 milioni di dollari, è stato l’atleta più ricco del mondo. Il match del 2 maggio infrangerà un altro record: al di là del risultato finale, Floyd porterà a casa una borsa di 120 milioni di dollari (che nel suo caso potrebbe essere letteralmente una borsa con dentro tutti quei soldi).

Tecnico e bellissimo da vedere in azione, Floyd è noto anche perché è uno sbruffone come pochi. Per rendere questo match ancora più importante, anzi: il più importante di sempre, si è dato da fare in prima persona, alzando la posta in gioco grazie alla sua arroganza naturale. Dopo un’intervista della figlia di Alì in cui rivelava che il padre avrebbe tifato Pacquiao, Floyd ha risposto: «Se lui era il GOAT, ‘The Greatest Of All Time’, io sono ‘TBE’: The Best Ever». Ha aggiunto che rispetta i campioni passati, ma nessuno potrà togliergli dalla testa di essere il miglior pugile mai esisto.

In una recente intervista ha ripetuto di combattere per molte cose: sé stesso, i soldi, per essere il migliore e perché vuole passare alla storia. L'amore per i soldi, non per quello che si può comprare con i soldi, ma proprio per i bigliettoni verdi, ha portato Floyd a gestire i suoi match con una strategia economica che in alcuni casi non tiene conto dei fan e del loro desiderio di vedere un grande spettacolo sportivo: il piacere di combattere ha finito col sottostare alla ricerca delle borse più alte, evitando di mettersi in gioco contro avversari temibili, consapevole che lo score da imbattuto è il principale motivo per cui le somme in palio saranno sempre stratosferiche.

Anche per questo Floyd Mayweather, sulla carta, nelle classifiche pugilistiche e in quelle di Forbes, rimane il numero uno, il "sempre favorito". Ma subito sotto c’è Manny Pacquiao.

L'outsider umile

Manny, almeno fino al 2 maggio, è l’eterno secondo. Il record delle otto cinture in altrettante diverse categorie di peso lo rende unico; e per un certo periodo, durante il ritiro di Floyd nel 2008, è salito anche al primo posto della classifica pound for pound. Ma il pugile filippino non ha lo score perfetto di Floyd: sebbene abbia combattuto di più rispetto al suo rivale (64 incontri) le 5 sconfitte, di cui 3 per ko, alla fine dei conti pesano molto. Due di queste sconfitte risalgono ai suoi inizi, agli anni ’90, e altre due sono arrivate nel 2012, una dopo l’altra.

L'illusione della perfezione, dell'imbattibilità, esercita un grande fascino sul pubblico contemporaneo e le sconfitte di Manny sono anche il motivo per cui Floyd Mayweather è sicuro di essere il migliore.

Manny però fa della sua “umanità” il suo punto di forza. Se Mayweather vuole essere Dio, Pacquiao «sogna di diventare un pastore». Cita i Salmi su Twitter e la sua frase più ricorrente è: «Devo dare indietro quello che Dio ha donato a me». Manny, umile e modesto, è l'idolo del suo Paese. Quando la televisione trasmette i suoi incontri una nazione intera tifa per lui, anche le bande criminali smettono di farsi la guerra e il tasso di criminalità raggiunge lo zero. “Pac Man” dedica le sue vittorie alle vittime del tifone Haiyan, tiene discorsi motivazionali in palazzetti stracolmi di gente e pubblica appelli di pace sui social.

Secondo il TIME è tra le 100 persone più influenti del pianeta e la sua pagina italiana di Wikipedia non ha la sezione "Controversie". I soldi per Pacquiao non sono un fine come per Floyd, ma uno strumento. Oltre alla carriera politica, intrapresa nel 2011, gli piace cantare, recitare, giocare a basket (ha anche giocato 7 minuti da professionista nel campionato filippino), e fa beneficenza. Si riempie di impegni che porta avanti con la stessa passione che dedica alla boxe. Questo perché sia nei discorsi al parlamento, sia nelle interviste, sia nelle conferenze pre e post gara, le priorità di Pacquiao sono le solite tre: Famiglia, Patria e Dio. Più che un grande pugile, Manny Pacquiao, come hanno detto Alì, Sylvester Stallone e il suo coach Freddie Roach, è prima di tutto un grande uomo.

Avviato alla boxe dallo zio, a 12 anni, Manny ha vinto tutti i suoi primi incontri, nel parco vicino casa e nelle palestre di quartiere, con una facilità disarmante. In palio per ogni vittoria c'erano 2 dollari. Si è trasferito a Manila, senza soldi e senza famiglia, per tentare la strada dei professionisti, senza un posto dove stare la notte, dormendo sotto al ring.

Appena sedicenne aveva un'enorme energia e caparbietà, non una tecnica sopraffina, perché nessuno gliel'ha mai insegnata. In quei primi incontri gli bastava farsi sotto all'avversario con sprezzatura e non mollarlo mai. Il suo vero talento è la velocità.

Poi, dopo aver subito due sconfitte per ko, ha capito di aver bisogno di un vero allenatore. Dopo l'incontro con Sakmuangklang, l'ultimo disputato nelle Filippine, Pacquiao rilascia un’intervista in cui ringrazia la famiglia e tutti quelli che fino a quel momento l’hanno sostenuto: «Non perdete mai la fede». E nel 2001 si trasferisce a Los Angeles, per allenarsi con Freddie Roach.

Ex pugile, affetto dagli ultimi anni della carriera agonistica dal morbo di Parkinson, Freddie è uno dei più importanti allenatori della storia della boxe. Oltre ad aver seguito "Pac Man" è stato anche l’allenatore di Oscar de la Hoya e altri 20 campioni mondiali. Freddie si accorge della grinta di Manny ma anche della sua scarsa tecnica; essendo mancino, Manny ha bisogno di rinforzare l'altra mano, troppo debole nello scaricare i colpi.

Il primo incontro di Pacquiao in America, contro Ledwaba il 23 giugno 2001, è impressionante. Manny ha accettato l'invito di Ledwaba a due settimane dal match, essendo arrivato da pochissimo tempo a Los Angeles. Nessuno ha idea di chi sia quell'asiatico con le meches. I telecronisti durante la presentazione dei contendenti storpiano il cognome. Al sesto round Manny ha sbattuto già due volte al tappeto il suo avversario. Dopo la vittoria, i commentatori fanno mea culpa, ammettono di non averlo mai sentito né visto prima, ma vogliono sapere tutto di lui e rivederlo presto in azione.

Le prime vittorie di Pacquiao sono nette, i suoi avversari cadono dopo pochi round. La tecnica sulla quale Manny sta lavorando con Freddie è ancora trasandata, ma gli permette di vincere. Sul ring a volte si muove scomposto. Dopo gli affondi si ritrova troppo sotto l'avversario, sbilanciato in avanti. È costretto a ritrovare l'equilibro in maniera goffa, sgambettando. Per fortuna gli avversari sono molto più lenti di lui e non possono approfittare di questi momenti. Approssimativo nella guardia, alza troppo i gomiti e smanaccia. "Pac Man" però è un pugile velocissimo e quando scarica i colpi è incontenibile.

Con l’aiuto del preparatore Alex Ariza, che verrà assunto qualche anno dopo da Mayweather, l’allenamento di Manny s'intensifica. Il programma di Ariza è estenuante, si focalizza sulla potenza e la velocità. Pacquiao cresce stilisticamente e diventa ancora più esplosivo. Il ritmo di ogni suo incontro è altissimo, è un pugile generoso che vuole regalare a tutti i costi un grande spettacolo.

L'ultima sconfitta per ko del 2012 di Manny è stata però un segnale allarmante. Il suo avversario, Marquez, alla sesta ripresa è riuscito a portare un destro ravvicinato violentissimo. Un gancio al mento che ha messo fine a un incontro combattuto a grandi livelli, a viso aperto, in cui i pugili prima della sesta erano andati giù entrambi. Quel gancio di Marquez è tanto bello quanto inquietante, perché ha messo in luce uno dei problemi legati al modo di boxare di Manny. Combattere dando così tanto, con tutta quella foga, non gli permette di essere sempre lucido. E nonostante Marquez fosse stanco, gli è bastato vedere uno spiraglio nella guardia e portare il colpo giusto per far crollare Pacquiao privo di sensi. Contro un pugile tecnico come Mayweather non potrà permettersi momenti del genere.

Il match più atteso del secolo, o almeno degli ultimi anni

Il 20 febbraio del 2015 i pugili hanno confermato che ci sarebbe stato il match direttamente sui loro social network. Se ne era parlato tanto che nessuno ormai ci sperava più. Le trattative per l'incontro del secolo erano cominciate nel 2009 ma erano andate avanti in un modo che non faceva ben sperare.

ESPN, nel dicembre di quell'anno, riportava la notizia che "Pac Man" avesse firmato un contratto con Floyd per un incontro che si sarebbe dovuto tenere l'anno dopo. La notizia era stata subito smentita dal diretto interessato, chiarendo che «ancora molte cose erano da confermare». L’accordo, portato avanti dalla Golden Boy Promotions di Oscar de la Hoya, era dettagliato e includeva per entrambi i pugili il test antidoping: due controlli, uno a pochi giorni dal match, uno subito dopo. Per Floyd apparentemente non c'erano problemi; per il promoter di Manny, Bob Arum, sì.

Da qui in poi le trattative diventano una noiosa commedia degli equivoci: quando Manny e il suo staff si convincono a firmare, Floyd si ritira all'ultimo o pone altre questioni. Una mediazione lunga ed estenuante dove i ruoli si sono alternati grottescamente. Nel 2010 c'è stata infatti la controproposta di Manny, ma il rifiuto di Floyd. Nel 2012, dopo l'annullamento e un anno di silenzio, i due pugili sono stati vicini a una risoluzione ma Bob Arum ha bloccato le trattative.

Uno dei motivi per cui l'accordo è sempre saltato, si è difeso Floyd, è stato proprio Bob Arum. Brian Kenny, giornalista di ESPN, gli ha chiesto: «Ma se tu sei il Re incontrastato della boxe perché non alzi il telefono e tratti direttamente con Manny?». Risposta: «Mayweather è il boss di sé stesso. Ma il boss di Pacquiao è Bob Arum».

Gli appelli a distanza tra i due pugili si sono fatti più intensi alla fine del 2014 e all'inizio di quest'anno, quando Pacquiao ha incalzato Floyd dicendo: «Se sei un uomo vero combatti con me. Fallo per lo sport, per i tuoi fan, non per i soldi». E Floyd, come previsto, non gli ha neanche risposto.

Il 27 gennaio 2015, però, i due pugili si sono incontrati durante una partita di NBA tra i Miami Heat e i Milwaukee Bucks. Hanno chiacchierato sugli spalti e si sono dati appuntamento qualche giorno dopo all'hotel di Manny. È stato il momento della svolta. Il match si sarebbe fatto, questi gli accordi principali: da disputarsi a Las Vegas, in casa di Mayweather, quindi, con il 60% della borsa a suo favore e il 40% a favore di Manny. Il nome di Floyd comparirà per primo in ogni cartellone pubblicitario, ma sarà il secondo a salire sul ring.

Yin e Yang

Fuori dal ring i ruoli dei due pugili sono radicalmente opposti: Floyd è arrogante, egoista e calcolatore; Manny è l'umile mortale timorato di Dio, che combatte per la gente. Al primo piace trascorrere il tempo a contare i soldi e a collezionare macchine di lusso; al secondo piace l'Arte, recitare, cantare (con risultati quanto meno discutibili).

Però: a volte le differenze tra i due non sono così marcate. Fanno parte del gioco nel gioco del pugilato, e i due atleti come attori fuori dal ring recitano il loro ruolo da quindici anni senza sbagliare quasi mai una battuta, ma a volte capita. Come, ad esempio, la volta in cui Manny ha perso l’incontro ai punti contro Bradley, con una decisione dei giudici molto controversa. Una volta sceso dal ring ha raggiunto la sua famiglia si è messo a pregare, come previsto. «Non siate tristi», ha detto. «Continuate a credere e a pregare. Dio ha un piano per noi». Parole belle che ha ripetuto nella conferenza stampa post match. Dopo aver detto, però, che accettare la sconfitta significa accettare il volere di Dio, ha aggiunto che «nel vostro cuore sapete chi ha vinto l’incontro».

Oppure, quando qualche settimana prima del mega incontro, l'umile Pacquiao ha deciso di comprare una villa di 10mila metri quadrati da 12 milioni di dollari a Beverly Hills per avere la famiglia vicina durante gli allenamenti. Durante i suoi allenamenti nella palestra di LA le porte sono aperte non soltanto alle decine di fan, ma agli attori, ai personaggi noti che vogliono conoscerlo. Bob Arum, citando Nietzsche, ha spiegato: «Manny ha bisogno del caos intorno per esprimersi al meglio».

Le notizie su Floyd invece, soprattutto prima del match con Pacquiao, sono tutte dello stesso tono. Video di twerking party, l'ingaggio da 184mila dollari di Chef Q, il paradenti d'oro, foto di assegni milionari postati su Instagram come risposta a una scommessa con 50 Cent ecc.

A cui si aggiunge il dibattito sul suo passato criminale: Floyd ha picchiato più di una donna e ci si chiede se forse gli andasse tolta la licenza, anziché fare di lui lo sportivo più ricco del mondo, con il rischio che finisca per fare da modello di vita. La sua preparazione per questo incontro, però, non è solo un'accozzaglia di frivolezze, a cui certamente anche il diretto interessato piace dare corda, e polemiche a cui svia sistematicamente. Le porte della sua palestra, ad esempio, sono chiuse, per avere più concentrazione e lavorare con il suo staff in tranquillità. O ancora, il commento di Floyd alle frequenti uscite pubbliche di Manny degli ultimi tempi, non proprio da lui: «Sta rilasciando molte interviste, meglio così, mentre lui parla io mi alleno».

Sarà davvero il match del secolo?

Nell’attesa infinita di questo super match, da cinque anni, nessuno ha idea di che cosa aspettarsi veramente. L'unico metodo che i fan e i giornalisti hanno di fare pronostici, è comparare i combattimenti che Floyd e Manny avevano avuto con gli sfidanti in comune.

Vederli alle prese con gli stessi avversari permette un paragone più ravvicinato (che comunque è del tutto ipotetico). I due incontri dove la differenza tra i due si nota di più sono stati quelli contro Hatton e de la Hoya. In entrambi i match Manny ha surclassato i suoi avversari sbrigando la faccenda in poco tempo, in particolare quello con de la Hoya è stato clamoroso: prima dell'incontro Manny era l'underdog e nelle Filippine volevano addirittura vietare l'incontro, perché temevano che Oscar, di corporatura più grande, avrebbe ucciso il loro idolo. Contro tutte le aspettative, Manny costringe i secondi di Oscar a gettare la spugna per evitare una figuraccia peggiore.

Mayweather invece, ha vinto per ko contro Hutton, ma al decimo round, e solo ai punti contro de la Hoya. In un’intervista tra Mayweather e Brian Kenny di ESPN i due iniziano a litigare proprio su questi due incontri. «Cos'è più sorprendente, Floyd», chiede il giornalista, «due vittorie per ko alla seconda e all’ottava ripresa come Manny, o due vittorie di cui una soltanto per ko e l’altra con uno split decision, come la tua?». Floyd indugia, prova a spiegare che quando li ha affrontati lui (un anno e mezzo prima) quei due pugili erano molto più forti, ma non convince.

In realtà, l'esito diverso è dipeso soprattutto dal modo di boxare di Floyd e Manny. Da una parte il filippino, estremamente rapido e con uno stile superoffensivo, ha colto di sorpresa i suoi avversari; dall'altra Floyd è da sempre un pugile più calcolatore. In guardia, preferisce non strafare, anche a rischio di addormentare l'incontro. Floyd attende tranquillamente il momento giusto, se c'è, in cui affondare il colpo risolutore.

Il favorito dell'incontro resta Floyd, la sua fase difensiva è ancora efficacissima e forse sarà decisiva. Non sembra avere punti deboli, gli piace anche trovarsi stretto alle corde, per appoggiarsi e sgusciare più imprevedibilmente. Roach, l'allenatore di Manny, conosce bene la tecnica di Floyd, per questo ha consigliato a Manny di portare gli affondi, spingere Floyd agli angoli, ma di uscire subito dopo la scarica per evitare di essere colpito dalla ritorsione certa di Floyd. La velocità di Pacquiao è il suo più grosso vantaggio. Il match secondo Roach sarà lungo e per questo ha preparato il suo pugile alle dodici riprese, consapevole che per aggiudicarsi l'incontro bisogna avere prima di tutto pazienza. Oscar de la Hoya, che ha affrontato entrambi, ha consigliato a Manny di sfruttare la velocità di gamba, perché Floyd non ha mai affrontato un mancino che entra ed esce di continuo e combatte corpo a corpo come è solito fare il filippino. Se riuscirà a rimanere lucido Manny potrà davvero spuntarla.

Il match di sabato si annuncia bellissimo ed emozionante, anche se fuori dal quadrato la manfrina inizia a diventare stantia: «Il Signore Dio che io sto servendo lo consegnerà nelle mie mani», ha scritto Pacquiao. «MGM=Mayweather Gets Money», gli ha risposto Floyd. Per fortuna sul ring, con guantoni e paradenti, le parole perderanno importanza.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura