Houssem Aouar doveva compiere dieci anni quando il Lione ha vinto per l’ultima volta il campionato, nel 2008. Era il settimo titolo consecutivo per l’OL, che all’inizio degli anni Duemila esercitava in Francia il dominio che oggi associamo al Paris Saint-Germain. Alla base non c’era una potenza economica paragonabile a quella del PSG, ma scelte di mercato lungimiranti e l’attenzione al proprio settore giovanile. L’OL valorizzava e cedeva i suoi giocatori più forti, innescando un circolo virtuoso che si alimentava di continuo grazie all’abilità nello sviluppo del talento e alla scelta del momento migliore per vendere.
Da qualche anno il Lione non accumula più titoli, ma non ha smesso di produrre talento, concentrandosi ancora di più nella valorizzazione del settore giovanile. Nella stagione 2012/13 poco meno della metà della rosa (12 giocatori su 27) era uscita dal vivaio. Nel 2016, pochi mesi dopo il nuovo stadio, è stato inaugurato anche il nuovo centro di formazione, l’OL Academy. Il settore giovanile del Lione è ampiamente riconosciuto come uno dei migliori d’Europa. Per il CIES solo Real Madrid (41) e Barcellona (34) hanno cresciuto più giocatori che attualmente giocano in uno dei cinque principali campionati europei: il Lione ne ha cresciuti 31, undici dei quali fanno parte della prima squadra.
Lionese
Tra questi c’è Aouar, un caso esemplare del sistema con cui il Lione recluta e coltiva il talento. Aouar è nato proprio a Lione ed è entrato nel settore giovanile dell’OL a 11 anni, ha fatto tutta la trafila e ha esordito in prima squadra a 18 anni, in una partita di Europa League contro l’AZ Alkmaar. Il suo legame col club è molto forte: ha detto di ispirarsi a Clément Grenier, uscito anche lui dal settore giovanile dell’OL, e ha scelto di indossare una maglia storica, la numero 8 di Juninho Pernambucano. «Ho visto cosa ha fatto in TV e allo stadio. È stato meraviglioso. Vorrei che la gente pensasse a me nel modo in cui io penso a Juninho», ha spiegato dopo aver ereditato il numero di maglia del brasiliano.
Dopo le poche presenze accumulate la scorsa stagione (5), quest’anno Aouar è entrato in pianta stabile nelle rotazioni di Bruno Génésio. Il suo impatto è stato notevole e tutto fa pensare che toccherà anche a lui rinnovare la tradizione di talenti usciti dal settore giovanile del’OL venduti ai migliori club d’Europa. Liverpool e Barcellona lo stanno seguendo, ma non sarà facile portarlo via da Lione. Aouar è molto legato alla città e alla propria famiglia. Vive ancora con sua madre: «Ha fatto di tutto per me e mi dà equilibrio. Giocare grandi partite, avere le telecamere puntate, e poi tornare a casa mi aiuta a tenere i piedi per terra. Per me, la mia famiglia e la mia città sono molto importanti».
Il passaggio dal settore giovanile alla prima squadra spesso è traumatico, Aouar invece lo ha affrontato con una naturalezza disarmante. Tanto da sorprendere anche il suo allenatore, Bruno Génésio: «Mi ha stupito la sua capacità di restare freddo e gestire le emozioni. Non si può fare sempre la cosa giusta in campo, ma lui non si nasconde mai. Questo è il marchio di fabbrica dei grandi giocatori».
Nel settore giovanile era abituato a dominare, occupandosi della giocata decisiva ogni volta che la palla oltrepassava la metà campo. Ha vinto un campionato U-17 segnando 26 gol e servendo 15 assist. Pur senza determinare le partite in maniera così evidente, il salto in prima squadra non ha ridotto la sua capacità di influire sul gioco. Già nella partita d’esordio contro l’AZ, una decina di minuti da trequartista subentrando a Sergi Darder, si è messo in mostra con una giocata decisiva a pochi secondi dalla fine. Ha recuperato palla nella propria trequarti, ha superato sullo slancio un altro avversario e ha condotto una ripartenza che ha portato al gol del 4-1 di Ferri. Nella partita successiva, sempre contro l’AZ, ha segnato il suo primo gol da professionista. Si è inserito alle spalle di Lacazette, ha controllato con eleganza il suo lancio, ha scambiato con Jallet e si è trovato libero sul lato destro dell’area. Si è girato, si è avvicinato al portiere e gli ha fatto passare la palla sotto le gambe.
Falso esterno, centrocampista
Aouar ci ha messo poco a mostrare i lati migliori del suo repertorio: la personalità, l’eccezionale base tecnica, la comprensione del gioco. Inizialmente, Bruno Génésio lo ha inserito da esterno sinistro offensivo nel 4-3-3, con l’obiettivo di valorizzare il suo primo tocco magnetico e la facilità con cui dribbla nello stretto. In Ligue 1, tra quelli con un minutaggio significativo, è il giocatore del Lione che tenta più dribbling: 4,6 per 90 minuti, con una percentuale di successo di oltre il 70%. Aouar non è comunque un vero esterno: non funziona né a dare ampiezza e a rifornire l’area di cross né a rientrare sul destro per concludere. È in grado invece di moltiplicare le connessioni dal suo lato: trova facilmente gli spazi in cui ricevere, gioca corto e crea subito una nuova linea di passaggio. Sa quindi esaltare i tipici meccanismi di fascia.
Contro l’Amiens a dicembre, il Lione stava perdendo 1-0 e Bruno Génésio ha deciso di allargarlo a sinistra. Aouar ha ribaltato la sfida con due gol, il primo dei quali costruito dopo aver ricevuto da Ndombele praticamente sulla linea laterale. Si è accentrato, ha attirato le attenzioni di quattro avversari e ha fatto passare la palla in uno spazio piccolissimo premiando la sovrapposizione del compagno, che a sua volta ha chiuso lo scambio con un cross basso e all’indietro che Aouar ha girato in porta.
Poi ha segnato il 2-1 chiudendo un contropiede con un inserimento sul lato debole.
Bruno Génésio ci ha comunque messo poco a dargli maggiori responsabilità portandolo a centrocampo e affidandogli la distribuzione del gioco. È il ruolo che Aouar sente più suo: «Ho sempre giocato in mezzo, il centrocampista è il mio ruolo preferito. Mi piace giocare anche a sinistra, comunque. Mi permette di sviluppare altre qualità. Mi adatto a tutto, non importa dove gioco». A centrocampo le sue qualità si esprimono in maniera compiuta, che si occupi di iniziare l’azione o di definirla. Aprire gli schieramenti avversari è infatti ciò che gli riesce meglio. Sembra sempre in controllo, anche delle situazioni più complicate, attira la pressione e ne esce con un dribbling o un filtrante. Sa manipolare con intelligenza la struttura avversaria e quando le distanze si allungano è letale.
Da interno di un centrocampo a due resta più bloccato e si occupa soprattutto di pulire l’inizio azione grazie alla disinvoltura con cui gioca sotto pressione e trova l’uomo libero dietro le linee. Da mezzala riesce ad associarsi più facilmente con il terzino e l’esterno d’attacco, assecondando il proprio stile fatto di passaggi corti che fanno avanzare la manovra e aprono lo schieramento avversario. In più, ha la possibilità di spostarsi sulla trequarti e far valere la sua qualità e la sua visione di gioco nella zona più decisiva del campo.
Aouar ha già responsabilità notevoli nella preparazione della fase di rifinitura, spesso è determinante con il penultimo passaggio, ma crea ancora poche occasioni per la base tecnica e la visione di gioco di cui dispone: in campionato solo 1,3 per 90 minuti, in media. È evidente che si ritenga un centrocampista creativo: ha scelto il numero di maglia di Juninho, ha ammirato e stretto un buon rapporto con Grenier e ha detto di avere Zidane, con cui condivide le origini algerine, come modello. Migliorare il contributo in rifinitura è un passo da compiere per avvicinarsi all’ideale di giocatore cui ambisce.
A 0:33 l’assist più bello della sua stagione.
Un’altra cosa che lo allontana dai suoi riferimenti è il tiro, che non rientra tra le sue specialità, un po’ per la mancanza di forza e un po’ per indole: preferisce passare il pallone piuttosto che concludere in prima persona. Contro l'Olympique Marsiglia, nell'ultima giornata, ha segnato però un gol da fuori area molto bello, colpendo di prima intenzione, con un interno piede dolcissimo, l'invito di Bertrand Traoré. Un gol che descrive il suo senso del controllo tecnico. È invece curiosa l’evoluzione del suo stile difensivo. Tre anni fa si descriveva come un giocatore poco combattivo che non amava il contatto fisico, in Ligue 1, però, le sue statistiche sui contrasti e gli intercetti sono molto simili a quelle di Lucas Tousart, che nel centrocampo del Lione si occupa quasi esclusivamente di recuperare la palla e ha poche responsabilità creative.
Resta comunque un giocatore che ha bisogno di difendere in spazi stretti, possibilmente in avanti, affidandosi più alle letture che al fisico. Le sue uscite in pressione nella sfida di ritorno contro il PSG, vinta dal Lione 2-1, hanno limitato l’impatto di Dani Alves. Su distanze lunghe, invece, fatica a recuperare. È insomma un giocatore cerebrale anche quando difende: «Più di tutto è una questione mentale», ha spiegato in un’intervista, «Spesso erano i ragazzi più forti a giocare al mio posto a centrocampo, ma penso che tutto accade nella mente di ognuno. Il desiderio di recuperare la palla è la cosa più importante».
È soprannominato “La Pépite” e spesso nei commenti sui social è accostato a Iniesta. Anche se è impossibile prevedere se Aouar sarà all’altezza di aspettative così alte, la sensazione è che il Lione abbia davvero tirato fuori un altro talento d’oro. L’evoluzione della carriera di un ragazzo così giovane (compirà 20 anni a giugno) è legata a troppe variabili, e senza allargare troppo lo sguardo gli esempi di talenti sprecati anche in un settore giovanile così prolifico come quello del Lione sono diversi (Ben Arfa è forse il più clamoroso).
Aouar è cresciuto nella squadra della sua città e non si è mai allontanato dalla sua famiglia. Il candore con cui descrive i compiti domestici che la mamma gli assegna quando torna a casa dopo le partite è lontana dagli stereotipi spesso associati ai giovani talenti. Uscendo dal mondo che lo ha protetto e coccolato finora, dovrà imparare ad adattarsi a nuovi contesti, con maggiori pressioni e difficoltà mai affrontate prima. La sua base tecnica e caratteriale sembra comunque abbastanza solida da poterci costruire sopra la carriera immaginata dopo questa sua sfavillante stagione d’esordio.