La struttura della Champions League, con una fase a gironi che precede i turni ad eliminazione diretta, è alla base di partite come quella di ieri sera tra Juventus e Barcellona: una partita in cui ci si giocava poco e che le due squadre hanno affrontato soprattutto con la paura di perdere, riempiendola di errori tecnici dovuto con grande probabilità alla poca concentrazione.
Ma Juventus - Barcellona rimane una partita di alto livello, arrivata in un momento delicato per entrambe le squadre. Alla Juventus di Allegri serviva soprattutto per ritrovare le sicurezze nel reparto difensivo contro uno dei migliori attacchi d’Europa, pochi giorni dopo i tre gol incassati dalla Sampdoria in campionato e dopo un inizio di stagione con meno certezze del solito. Il Barcellona invece aveva a disposizione due risultati su tre per passare il turno, con una partita fondamentale in Liga, contro il Valencia secondo, in arrivo nel prossimo weekend.
Per questo Valverde ha colto l’occasione della sfida di Torino anche per tentare un esperimento tattico: per vedere, cioè, cosa diventa il Barcellona attuale, quello che gioca con il rombo a centrocampo, senza Leo Messi in campo. La decisione di tenere l’argentino in panchina per scelta tecnica è arrivata a sorpresa, non era stata comunicata neanche alla stampa alla vigilia. Se Allegri ha colto l’infortunio a Chiellini come l’opportunità di responsabilizzare finalmente Rugani in una partita importante, Valverde ne ha approfittato per responsabilizzare praticamente tutti i suoi giocatori, tenendo fuori il sole attorno a cui erano abituati a girare i satelliti, cioè Messi. Come a dire: vediamo se questo Barcellona, ancora imbattuto tra Liga e Champions League, è davvero più solido rispetto al passato.
Per quanto possa far piacere poter assistere ad un altro tassello dell’evoluzione di due squadre che sicuramente punteranno a vincere la competizione ad aprile, il risultato sul campo è stato che l’unica vera occasione da gol di tutto l’incontro è arrivata con il bel tiro, ovviamente sinistro, di Dybala: un tiro di prima, su passaggio dalla sua sinistra di Alex Sandro, dopo che l’argentino si era smarcato bene al limite dell’area. Probabilmente il tiro di Dybala sarebbe entrato se al posto di Ter Stegen ci fosse stato qualsiasi altro portiere: il tedesco è sceso a terra immediatamente e, mentre Dybala stava già correndo per andare a festeggiare, ha tolto la palla dalla linea con la sua mano forte, confermando la forma straordinaria in cui si trova in questo momento (basta un dato: ha parato 23 degli ultimi 24 tiri ricevuti nello specchio della porta).
La produzione offensiva di entrambe le squadre è stata bassissima. Questa mappa è da conservare e mostrare a chi dice che la partita perfetta termina 0-0.
La Juventus con il 3-4-3
Allegri ha studiato bene il Barcellona, impostando una strategia che gli permettesse di attaccare il difetto strutturale della squadra di Valverde, che è quello comune a quasi tutti i sistemi che prevedono il rombo a centrocampo, e cioè la difesa dell’ampiezza. Forse, però, ha concentrato troppo la strategia offensiva della Juventus su quest’aspetto. Con la palla la Juventus si ordinava in un chiaro 3-4-3: con Alex Sandro (che si alzava dalla linea difensiva) e Cuadrado a coprire da soli le due fasce. La Juventus cercava spesso il lato debole, con un cambio di gioco possibilmente da destra a sinistra, e idealmente nei primi passaggi dell’azione, così da colpire il terzino destro del Barcellona, Semedo, alle spalle o comunque non ancora posizionato per la fase difensiva. E prima che tornasse anche Deulofeu, a cui Valverde chiede di completare una linea a quattro a centrocampo in fase difensiva, sistemandosi con l’ormai classico 4-4-1-1.
La tattica utilizzata dalla Juventus consisteva nel far ricevere Dybala nello spazio di mezzo di destra, appena recuperata la palla, e da lì utilizzare il suo fantastico sinistro per cambiare gioco. Sono stati 5 i cambi di gioco da Dybala a Alex Sandro e 5 da Dybala a Douglas Costa. L’unico giocatore della Juventus servito di più è stato Cuadrado, che si trovava nelle sue immediate vicinanze sulla destra.
Dybala cambia gioco sul lato debole verso Douglas Costa e subito si muove in verticale. Douglas Costa riceve con Alex Sandro in corsa per sovrapporsi. Questo costringe il Barcellona a scivolare isolando Semedo e Deulofeu sugli esterni.
In sostanza l’uno contro uno di Alex Sandro con Semedo era il modo in cui Allegri voleva sfruttare la difficoltà sistemica del Barcellona nel difendere con due uomini in fascia (cosa possibile solo in caso di difesa posizionale, con l’arretramento di Deulofeu). E per agevolare questo meccanismo Douglas Costa giocava nello spazio di mezzo di sinistra, muovendosi a specchio con Dybala: se l’argentino si muoveva verso l’esterno, il brasiliano entrava maggiormente dentro il campo; se l’argentino si abbassava incontro al centrocampo, il brasiliano saliva in verticale, e via dicendo. In tutto ciò, ovviamente Khedira seguiva i movimenti di Douglas Costa, salendo fino ad affiancarsi a Higuain in attacco in fase di attacco posizionale.
I due giocatori che si sono trovati più in difficoltà a interpretare in questo modo la fase di possesso palla sono stati Pjanic e Higuain. Il bosniaco non ha avuto vita facile nel primo tempo per due motivi fondamentali: il primo e più importante è stato dato dallo schieramento avversario, e più in particolare dalla posizione del possente Paulinho sulla trequarti che finiva per schermare le sue ricezioni, o per marcarlo praticamente a uomo in fase di uscita dalla difesa; il secondo, invece, è stata una questione di esecuzione tattica della strategia della Juventus: con Dybala che arretrava molto per poter fare il cambio gioco e Khedira che si alzava altrettanto in verticale, Pjanic è stato tagliato praticamente fuori dalla manovra quando la palla superava la metà campo, finendo per essere “solo” quello che passa la palla a Dybala (per capirci ha toccato un totale di 39 palloni, solo 2 più di Khedira e ben 24 meno di Dybala).
Da parte sua, Higuain non ha fatto la partita che sperava perché la sua solita capacità di muoversi incontro al pallone in questo contesto risultava ridondante, e raramente è stato in grado di ricevere in modo pulito perché tenuto perfettamente a bada dall’avversario diretto, Umtiti. Il centrale francese ha giocato su Higuain una partita fatta di letture perfette, di marcatura stretta e ricerca continua dell’anticipo. L’unico tiro di Higuain è arrivato all’ora di gioco, quando finalmente è riuscito a ricevere in maniera pulita: ma anche in quel caso la presenza in marcatura del francese l’ha portato a dover tirare in fretta e con lo specchio coperto, finendo per calciare al lato della porta.
L’attenzione difensiva
Allegri però sembra aver posto maggiore attenzione ai movimenti difensivi, in fondo si trattava di una partita da non perdere, soprattutto dopo la sconfitta con la Sampdoria. O magari, più semplicemente, i giocatori non hanno voluto rischiare più di tanto, ma la Juventus è apparsa decisamente passiva nelle fasi con la palla, al di là della strategia scelta per la partita, e oltretutto poco reattiva sulle seconde palle. Con un atteggiamento del genere, risulta molto complicato arrivare al tiro contro questa versione più solida tatticamente del Barcellona, pur con il vantaggio tattico di avere due frecce come Alex Sandro e Cuadrado da sfruttare sul lato debole.
La Juventus ha toccato palla in area del Barcellona poco o nulla, ma ha anche subito poco o nulla quando il Barcellona aveva il pallone, sistemandosi con un 4-4-2 (o 5-3-2, a seconda del contesto che voleva Cuadrado più o meno schiacciato a coprire sul lato forte del Barcellona).
Iniesta ha il pallone e la Juventus si dispone per la difesa posizionale facendo scivolare Alex Sandro in linea con i centrali e arretrando Cuadrado e Douglas Costa.
Nonostante la presenza di Suárez e Deulofeu in posizioni molto larghe, al Barcellona è mancata la profondità, cosa che ha facilitato non poco il lavoro dei tre centrali della Juventus in transizione difensiva. Potendo guardare sempre in avanti, anche in caso di perdita del possesso, visto che il taglio alle loro spalle degli attaccanti blaugrana arrivava comunque da lontano, è stato più facile organizzarsi per marcare. In un contesto di questo tipo i punti di forza di Barzagli, Benatia e Rugani sono stati esaltati: tutti centrali che amano l’anticipo più che la copertura.
Benatia, su tutti, ha giocato una partita tranquilla, in cui ha potuto gestire senza problemi il compito di centrale, attento a scivolare per tenere le giuste distanze da Rugani e soprattutto da Barzagli, a seconda di quanto si abbassava in copertura Cuadrado da quel lato. Anche Rugani non ha avuto problemi nel fare da raccordo tra Alex Sandro e la linea difensiva, quando la Juventus ha avuto la palla a disposizione, per poi scivolare con i tempi giusti in transizione difensiva. In fase di difesa posizionale, la difesa bianconera non ha mai avuto problemi proteggere il centro, portando Suárez a ricevere sempre con il corpo laterale alla porta. Solo Iniesta è riuscito a superare con continuità l’uomo, grazie al suo incredibile controllo orientato, ma il canale per poi servire Suárez è stato ben chiuso dalla Juventus.
L’assenza di Messi e la struttura della Juventus hanno costretto il Barcellona a giocare principalmente sulla catena di sinistra (ben il 48% della manovra è passata da lì) senza però trovare la possibilità di attaccare poi il lato debole, nonostante il teorico vantaggio in velocità di Deulofeu su Rugani (per dire: c’è stato solo un passaggio da Iniesta a Deulofeu e uno da Iniesta a Semedo).
Mentre Iniesta guida l'attacco i due attaccanti partono dall’esterno ad accentrarsi e raggiungere Paulinho già da tempo avanzato in area. Digne sale sull’esterno per dare una linea di passaggio ad Iniesta, mentre Rakitic con calma avanza al limite dell’area per un’eventuale seconda palla.
Facilitata dalla lentezza con cui il pallone usciva dalla difesa del Barcellona (soprattutto a causa del livello non altissimo nella distribuzione da parte di Rakitic) la Juventus ha potuto permettersi una partita passiva senza palla, difendendo tranquillamente a centrocampo senza pressare alto in modo continuato. È bastato chiudere i corridoi verticali per far arrivare con troppa lentezza il pallone sulla trequarti e, quindi, disinnescare la salita di Paulinho in area, che infatti non si è praticamente mai vista, nonostante i movimenti ad allargarsi di Deulofeu e Suárez per creargli spazio.
Con la totale mancanza di comunicazione tra Suárez e Deulofeu, chiusi in movimenti solitari (diverso quindi rispetto a quando gioca Paco Alcácer) e senza Paulinho ad appoggiare Suárez, l’uruguaiano si è ritrovato troppo solo in area, finendo impantanato in quei duelli individuali con il centrale che il più delle volte lo portano fuori dalla partita mentalmente.
Il risultato degli esperimenti
Nel secondo tempo è successo poco o nulla, se non per il cambio che tutto lo stadio stava aspettando, con l’entrata di Messi al posto di Deulofeu. Il cambio è anche un aggiustamento tattico con cui Valverde ha risolto il problema dei cambi di gioco della Juventus, arretrando Paulinho di qualche metro indietro e passando a tutti gli effetti ad un 4-4-2 classico, con Messi seconda punta. Paulinho in linea con Busquets non deve più andare nella zona di Pjanic, ma tenere la posizione come interno di sinistra e lasciare che sia Iniesta ad avanzare per ricevere nello spazio di mezzo di sinistra.
Con una Juventus per nulla decisa a cambiare la dinamica dell’incontro, il Barcellona ha traghettato la gara verso ritmi bassi, diminuendo la frequenza dei suoi tentativi offensivi in favore di un controllo territoriale tranquillo. I cambi dei due allenatori sono stati completamente slegati dall’andamento della gara: Claudio Marchisio, entrato al posto di Cuadrado, ha giocato praticamente esterno destro; anche Jordi Alba al posto di Iniesta ha giocato di fatto come ala sinistra. Se non fosse stato proprio per l’occasione di Dybala sul finale, si potrebbe non tenere conto degli ultimi venti minuti di partita.
Lo 0-0 finale è stato causato sia dagli esperimenti di entrambi i tecnici sia dalle strategie di gara, studiate per non perdere più che a vincere. Si tratta del primo risultato a reti inviolate della stagione per la Juventus, come si è premurato di ricordare Allegri poi ai microfoni, facendo intendere che quello che gli interessava della partita è arrivato: la compattezza difensiva e la capacità di sfruttare il cambio di gioco come tattica. Per il resto, dopo il risultato dell’andata (0-3), il tecnico ha di fatto ammesso di aver preferito rischiare poco o nulla, evitare di perdere e giocarsi, poi, la qualificazione in Grecia. Allegri ha un’idea della Juventus come di una squadra da costruire ogni stagione in crescendo, riscoprendo prima di tutto la compattezza difensiva, vero e proprio mantra per l’allenatore quando si tratta di parlare del cammino della Juventus in Champions League: «Io penso che la solidità difensiva in questo torneo sia la cosa più importante. La qualità del gioco si può migliorare, ma l'importante è crescere in fase difensiva: a Genova abbiamo preso 3 gol nonostante nel primo tempo fossimo stati molto belli... Se diventiamo più solidi dietro, segneremo di più».
Se la partita è servita a dare ad Allegri qualche informazione in più verso la sua costruzione come corazzata primaverile, il guadagno materiale è stato soprattutto di Valverde, quello dei due che aveva più da perdere dalle sua stessa scommessa di tenere fuori Messi. Invece, il soporifero pareggio permette al Barcellona di passare il turno come primo del girone, risparmiando 55 importanti minuti al giocatore da cui dipende il futuro di tutto il progetto. Valverde sta puntando molto sulla preparazione tattica senza palla del suo Barcellona ed è stato tanto cauto nella strategia quanto determinato nel prendere una decisione così difficile. Come detto da lui stesso dopo la partita : «Avessimo perso, starei schivando proiettili».