Il piano del campionato sembra essersi ora ribaltato a favore della Juventus, soprattutto se dovesse conquistare i 3 punti nel recupero contro l’Atalanta e avesse così due risultati utili su tre nello scontro diretto, da giocarsi all’Allianz Stadium. L’unica speranza per gli azzurri è che la Juventus mantenga il doppio impegno settimanale in Champions League.
La Roma invece si è rilanciata e, approfittando della battuta d’arresto della Lazio è salita al terzo posto. Entrambe hanno impegni agevoli sulla carta per le 4 giornate che precedono lo scontro diretto del 15 aprile. Siete pronti ad una vigilia di derby lunga un mese?
Nelle prime due partite della stagione giocate contro la Lazio, la Juventus di Massimiliano Allegri aveva perso entrambe le volte: ad agosto, in Supercoppa, i con il 4-2-3-1 con cui avevano terminato la passata stagione; in campionato, nella sconfitta interna per 2-1, per la seconda volta in stagione la Juve era scesa in campo con il 4-3-3, che però non aveva dato fluidità di gioco né compattezza alla squadra. Non sappiamo se i precedenti possano avere influito sulla scelta operata lo scorso sabato dal tecnico bianconero, che per il suo terzo match stagionale contro la Lazio ha cambiato ancora modulo di gioco, schierando un 3-5-1-1 speculare, nei numeri, a quello della Lazio.
Al centro della difesa, con Chiellini in panchina, i tre centrali juventini erano (da destra a sinistra) Barzagli, Benatia e Rugani, sulle fasce c’erano Lichtsteiner e Asamoah; in mezzo al campo Pjanic, con Khedira e Matuidi ai suoi fianchi; e davanti c’era Dybala alle spalle di Mario Mandzukic. Va detto subito che con una formazione del genere le due principali fonti offensive della Juventus delle ultime partite, cioè Douglas Costa e Alex Sandro, partivano dalla panchina.
Per quanto riguarda Inzaghi, invece, i dubbi della vigilia riguardavano la sostituzione sulla fascia destra dello squalificato Marusic, la scelta tra Luis Alberto e Felipe Anderson e quella del terzo centrale al fianco di De Vrij e Radu. Le risposte sono state: Lulic a destra (anche a causa dell’assenza all’ultimo minuto di Basta) con con Jordan Lukaku su quella opposta; Luis Alberto confermato alle spalle di Immobile; Luis Felipe, reduce dal rigore decisivo sbagliato nella semifinale di Coppa Italia contro il Milan, centrale di destra di difesa.
Quando la priorità è la difesa
Sin dal primo minuto di gioco a caratterizzare il gioco delle due squadre è stata l’estrema prudenza. La Juventus aveva lo scopo, dichiarato alla vigilia dallo stesso Massimiliano Allegri, di non prestare il fianco alle ripartenze della Lazio e di negare gli spazi tra le linee alle ricezioni di Luis Alberto e Milinkovic-Savic: per questo i bianconeri hanno rinunciato del tutto al pressing offensivo e si sono schierati con il baricentro basso, cercando di tenere le linee vicine per togliere gli spazi vitali alle ricezioni alle spalle del centrocampo dei trequartisti della Lazio.
Inoltre, la difesa a 3 consentiva ad Allegri, grazie alla doppia copertura, uscite più aggressive dei propri centrali su Luis Alberto e Milinkovic-Savic. Lo schieramento adottato, che in fase difensiva diventava un 5-3-1-1- con Lichtsteiner e Asamoah sulla linea difensiva, permetteva di difendere l’ampiezza che la Lazio occupava con Lulic e Lukaku. Un sistema del genere rispondeva anche all’esigenza di assicurarsi una transizione difensiva efficace, grazie alla tripla protezione centrale in caso di perdita del pallone, ma anche alla possibilità di attuare marcature preventive aggressive su Luis Alberto e, prima di tutto, su Immobile.
Più avanti, Dybala e Mandzukic si disponevano in orizzontale davanti ai tre centrali di difesa della Lazio: nel gioco delle contrapposizioni a godere di maggiore libertà era Lucas Leiva, libero da marcature. Dei centrali di difesa invece era Radu quello che con maggiore personalità, capace di prendersi le maggiori responsabilità in fase di costruzione tramite passaggi taglia-linee e conduzioni di palla.
Radu e Leiva a fine partita sono stati i due giocatori della Lazio ad effettuare più passaggi, rispettivamente 55 e 48.
Un esempio 3-5-2/5-3-2 difensivo, basso e stretto, della Juventus.
Anche La Lazio, però, non ha rinunciato all’idea di utilizzare la propria fase difensiva come base di partenza per avere gli spazi da attaccare in quella offensiva: per questo i biancocelesti si compattavano in un 3-5-1-1 con il baricentro posto nella propria metà campo.
La squadra di Inzaghi, a differenza di quella di Allegri, disponeva in verticale i suoi due giocatori più avanzati, cercando di controllare con Luis Alberto la zona di influenza di Miralem Pjanic. Il pressing biancoceleste scattava solamente a ridosso del centrocampo e solo dopo che la squadra si era già compattata.
Più frequentemente è stato Parolo ad alzare la pressione uscendo in pressing su Rugani, in occasione di un passaggio laterale di Benatia verso il suo compagno di reparto. Alle spalle della pressione della Lazio, con Mandzukic e Dybala che per caratteristiche individuali non giocavano alcuna traccia in profondità che potesse abbassare la difesa avversaria, il reparto arretrato biancoceleste aveva buon gioco nel tenere la linea stretta a quella di centrocampo.
La palla viaggia da Benatia e Rugani, Parolo si alza in pressing sul centrale di sinistra bianconero.
Quanto è stato difficile attaccare per la Lazio
La Lazio ha provato ad attaccare la Juventus con le armi che quest’anno padroneggia meglio: una volta recuperato il pallone, partendo da qualsiasi altezza, i biancocelesti hanno cercato di ribaltare velocemente il fronte del gioco, andando in verticale. Quando si trattava di attaccare posizionalmente, invece, la squadra di Inzaghi occupava come sempre lo spazio alle spalle del centrocampo avversario con le due mezzali, Parolo e Milinkovic-Savic, e il trequartista, Luis Alberto.
Il lato forte dell'attacco biancoceleste è stato quello sinistro, con gli interscambi di posizione tra Milinkovic-Savic e Luis Alberto e dei movimenti interno-esterno di Immobile.
La pass-map della Lazio evidenzia le zone di influenza quasi sovrapposte di Milinkovic-Savic, Luis Alberto e Immobile e definisce il lato forte dell’attacco biancoceleste.
Entrambe le armi laziali, però, si sono rivelate inefficaci di fronte alla solidità difensiva della Juventus. Le ripartenze hanno portato solo a un tiro di Immobile al ventitreesimo minuto, e in genere venivano controllate senza troppi affanni dai bianconeri.
La squadra di Allegri ha sterilizzato il gioco in campo aperto laziale grazie a una perfetta gestione delle marcature preventive, che non consentivano mai ad Immobile di avere la libertà necessaria a ricevere e correre in spazi ampi. Ma anche la circolazione della palla particolarmente prudente ha consentito alla Juventus di non farsi mai trovare scoperta in fase di transizione difensiva (una volta perso il possesso, cioè).
Non ha funzionato troppo nemmeno la ricerca della scorciatoia dei palloni alti verso Milinkovic-Savic: la Juventus è forse l’unica squadra in Italia in grado di contrastare la fisicità del centrocampista laziale che ha vinto solo la metà dei suoi duelli aerei (3 su 6), perdendo tutti quelli con Barzagli.
L’occasione migliore per i biancocelesti è arrivata da un colpo di testa di Milinkovic-Savic, parato da Buffon al ventesimo del primo tempo, originato da un calcio piazzato. La Lazio è riuscita a concludere 4 volte in porta nel primo tempo; nella ripresa il progressivo abbassamento del baricentro e il dominio del possesso da parte della Juventus hanno reso, se possibile, le cose ancora più complesse per fase offensiva dei biancocelesti, che non sono riusciti a tirare in porta (a fine partita solo 0.2 Expected Goals per la squadra di Inzaghi).
Milinkovic Savic, Luis Alberto e Parolo si schierano alle spalle del centrocampo della Juventus: un perfetto esempio dell’attacco posizionale della Lazio.
Le difficoltà della Juve (con il pallone tra i piedi) e il passaggio al 4-3-3
Con il suo 3-5-2 il gioco d’attacco della Juventus ha provato a sviluppare il proprio gioco offensivo partendo da una paziente circolazione del pallone tra i 3 centrali di difesa. I bianconeri svuotavano il centrocampo alzando Matuidi, largo davanti ad Asamoah, e dal lato opposto aprendo Khedira, con Lichtensteiner che frequentemente occupava una posizione più avanzata.
La circolazione palla della Juventus aveva però enormi problemi nel progredire in avanti: con Pjanic tagliato fuori dal controllo operato da Luis Alberto, la palla passava con relativa facilità tra i piedi dei tre centrali ma al momento del pressing laziale l’unica soluzione alle spalle della pressione avversaria era costituita dai movimenti di Paulo Dybala, ottimamente gestiti dal senso tattico di Lucas Leiva.
Quindi, la palla passava dai centrali verso l’esterno (la famosa circolazione “a U”) dove la Lazio, aiutata dalla linea laterale, riconquistava il possesso o costringeva i bianconeri a tornare indietro.
Lo schieramento offensivo del 3-5-2 bianconero (i 3 centrali sono fuori dall’inquadratura). La Juve ha svuotato il centrocampo costringendosi a passare dalle fasce, dove per la Lazio era più facile far scattare il pressing.
Così, per migliorare la qualità della circolazione, Allegri ha cambiato modulo dopo appena mezz’ora di gioco, passando in fase di possesso palla al 4-3-3, con Lichtsteiner e Mandzukic punte esterne e Paulo Dybala in posizione di centravanti.
Durante la difesa posizionale, tuttavia, la Juve non ha rinunciato al vantaggio della linea arretrata a 5, disponendosi con il 5-4-1 e Lichtsteiner alla stessa altezza dei difensori.
Il 5-4-1 difensivo della Juventus successivo al 4-3-3 in fase di possesso palla.
Il 4-3-3 ha effettivamente dato alla Juventus una circolazione del pallone leggermente più efficace: con Barzagli e Lichtsteiner a presidiare la fascia, Khedira si è dedicato con maggiore continuità ad attaccare lo spazio alle spalle della pressione laziale; mentre a sinistra, con i loro movimenti contrapposti, Matuidi e Mandzukic hanno occupato contemporaneamente l’ampiezza e gli spazi interni.
Se il diverso scaglionamento in campo ha reso la circolazione del pallone più fluida, non ci sono stati però miglioramenti evidenti nella pericolosità della squadra. Mandzukic e Lichtsteiner non hanno, per caratteristiche individuali, nè la possibilità di creare superiorità numerica coi propri dribbling, nè di attaccare con le loro tracce gli spazi liberati dai movimenti incontro al pallone di Paulo Dybala.
La Juve ha dominato il possesso del pallone, ma è stata incapace di penetrare efficacemente nell’ultimo terzo di campo, per via della difficoltà a creare superiorità tecnica o posizionale contro l’efficace difesa della Lazio. Pur giocando 200 passaggi in più della Lazio, la squadra di Allegri ne ha indirizzati solo 110 nell’ultimo terzo di campo, ben 40 in meno degli avversari, a testimonianza della difficoltà a penetrare nelle zone calde della difesa biancoceleste.
Se il primo tempo si è concluso con un pareggio nella percentuale del possesso palla, la ripresa ha visto un netto predominio della Juventus, che ha tenuto il pallone tra i piedi per circa il 70% del tempo. L’efficacia del pressing della Lazio è calata, abbassando di 4 metri il baricentro medio della squadra. Ha influito, probabilmente, anche la fatica dei 120 minuti giocati contro il Milan giusto mercoledì sera.
Allegri ha cambiato le caratteristiche tecniche della sua squadra inserendo Douglas Costa per Lichtsteiner, abbracciando così il 4-3-3 anche nelle ormai residuali fasi di difesa posizionale; e dopo un quarto d’ora dall’ingresso del brasiliano ha inserito anche Alex Sandro al posto di Mandzukic, già acciaccato ad inizio partita.
I due nuovi entrati hanno provato a creare, con il loro dribbling, le condizioni minime per generare pericoli per la porta di Strakosha. Inizialmente Douglas Costa ha giocato a destra, dove Inzaghi adeguava il proprio pressing tenendo basso Lukaku e alzando Milinkovic-Savic su Barzagli. L’esterno brasiliano è quindi costantemente preso da due uomini (lo stesso Lukaku e Radu) e non è riuscito a creare superiorità numerica coi propri dribbling (2 riusciti su 5 tentati). Con l’ingresso di Alex Sandro, Douglas Costa è stato spostato a sinistra, con il terzino nell’inedita posizione di ala destra, nel tentativo di Allegri di trovare un duello individuale vincente con il quale impensierire il solidissimo blocco laziale.
Lo stretto 3-5-2 della Lazio che alza Milinkovic-Savic su Barzagli tenendo Lukaku stretto su Douglas Costa.
Il duello vincente lo ha trovato, invece, all’ultimo secondo, Paulo Dybala. Prima, la “Joya” ha ripulito un pallone in mezzo al campo abbassandosi a cucire il gioco e dribblando Lucas Leiva; poi ha servito un filtrante verso la zona destra del campo, occupata occasionalmente sia Douglas Costa che da Alex Sandro, che sono riusciti a mettere in inferiorità numerica Radu. La Juve così è riuscita a crearsi, con Alex Sandro, il quinto tiro della partita, che ha preceduto di qualche secondo la prodezza di Dybala.
Troppo controllo (e solo 10 tiri in porta in totale)
La partita è stata chiaramente dominata dalla prudenza e dalle attentissime fasi difensive delle due squadre, decisa esclusivamente da una giocata eccezionale di un fuoriclasse.
La Lazio è riuscita a calciare solamente 4 volte in porta, e solo nel primo tempo, mentre la Juventus prima dei 2 tiri al terzo minuto di recupero aveva calciato solo 4 volte in tutto, e solo una volta su azione (con un tiro di Dybala dal limite dopo un’iniziativa personale).
La Juve ha generato 1.0 xG quasi interamente con il tiro-gol di Dybala (0.43 xG) e il colpo di testa di Mandzukic nel primo tempo (0.49 xG).
La Lazio ha deciso di affrontare la Juventus concedendole il palleggio fino a metà campo, iniziando il pressing a cavallo della linea di centrocampo. Nel primo tempo è riuscita a recuperare i palloni necessari a creare la piattaforma ideale per le sue ripartenze, controllate però dalla transizione difensiva della Juventus. In fase di attacco posizionale i biancocelesti, invece, non sono riusciti a rendere efficace la ricerca del gioco tra le linee di Milinkovic-Savic e Luis Alberto, controllati stavolta dalla ridotta distanza tra le linee di difesa e centrocampo bianconere, e dalle uscite aggressive di un ottimo Barzagli: recordman della partita con 11 palloni recuperati e 19 duelli difensivi.
Il passaggio al 4-3-3 degli avversari e, forse, la fatica fisica, hanno reso progressivamente meno efficace il pressing e abbassato la Lazio, che non è più riuscita a ripartire e ad impegnare la Juventus in difesa posizionale. Tuttavia, l’ottima difesa di tutta la squadra e l’inefficacia dell’attacco bianconero sono riusciti a limitare, fino all’ultimo minuto, le velleità offensive della Juventus.
La squadra di Allegri è giunta al dodicesimo clean sheet nelle ultime 13 partite di campionato, il diciassettesimo nelle ultime 19 partite in totale. Fatta eccezione per l’ininfluente gol subito da Caceres a Verona, negli ultimi tre mesi e mezzo i bianconeri hanno subito gol solamente dal Tottenham Hotspur.
Bastano questi numeri a considerare eccezionale la fase difensiva della Juventus: la priorità assegnata alla minimizzazione dei pericoli può, però, rendere realmente poco produttiva la fase offensiva. Come nel caso della partita contro la Lazio
La scelta del modulo di gioco e degli uomini da schierare è stata figlia degli infortuni nel reparto offensivo e della necessità di fare riposare alcuni uomini in previsione del ritorno di Champions League in programma a Wembley il prossimo mercoledì. Ma, come dichiarato dallo stesso tecnico bianconero, il 3-5-2 in fase di non possesso, che la Juve ha mantenuto anche dopo il passaggio al 4-3-3 con il pallone tra i piedi, rispondeva anche a una precisa scelta tattica finalizzata al contenimento delle migliori caratteristiche offensive degli avversari.
I bianconeri hanno adottato un piano gara prudente e schierato un undici titolare con la fisicità necessaria a contrastare la forza aerea della Lazio, anche a costo di sacrificare la brillantezza offensiva. La scelta di non sbilanciarsi e di non concedere ripartenze alla Lazio (88.7% di precisione nei passaggi bianconeri, figlio di scelte sempre conservative e non di eccellenza tecnica), unita all’approssimazione dei meccanismi di un modulo di gioco relativamente nuovo per questa stagione, e alle caratteristiche difensive del complesso degli undici titolari, hanno consegnato alla cronaca una squadra poco brillante e dal ritmo offensivo davvero ridotto.
In mezzo al campo, marcato Pjanic, Khedira non sembra essere in condizione atletica di sostenere il palleggio della squadra e Matuidi, in un gioco così statico, ha messo in mostra le sue titubanze tecniche non riuscendo altresì ad esprimere le sue migliori doti di dinamismo ed inserimento.
Il passaggio al 4-3-3 ha migliorato naturalmente la circolazione del pallone, ma ha non ha risolto il problema dell’accesso all’ultimo terzo di campo, rimasto precluso dalle caratteristiche dei due esterni offensivi, Lichtsteiner e Mandzukic e da quelle tattiche di Dybala (che abbassandosi a ricevere il pallone svuotava l’attacco senza che nessuno occupasse gli spazi liberati).
La partita di Dybala, rivalutata alla luce del gol realizzato all’ultimo respiro, ha sofferto più del contesto tattico, che lo ha isolato e non ha compensato i suoi soliti movimenti, che di deficienze individuali. L’argentino ha dribblato 9 volte, riuscendoci 7 volte, ha effettuato 3 dei 6 tiri dell’intera squadra, riuscendo a crearsi da solo il tiro, grazie a dribbling ed iniziative personali, in due occasioni.
In vista della partita con il Tottenham, in cui la Juventus sarà obbligata a segnare, sembra necessario un piano gara che possa far convivere la solidità difensiva con una tattica meno conservativa e più brillante. Le capacità dei singoli, che Allegri usa sfruttare per dominare i duelli e vincere le partite, devono essere esaltate dal contesto tattico di gioco e non depresse da scelte che ne imbrigliano le potenzialità.
Il tecnico bianconero ha sempre mostrato particolare abilità a disegnare l’abito tattico ideale per utilizzare al meglio e in maniera vincente le qualità dei suoi calciatori. Dopo un sabato di campionato che, con la vittoria della Juventus all’ultimo minuto di una partita sofferta e il ko interno del Napoli, ha comunque sorriso ai bianconeri, Wembley potrà essere (dovrà essere) il teatro ideale per vedere una Juve migliore di quella vista all’Olimpico.