La stagione del Manchester City è virtualmente "finita" ieri. Con la sconfitta contro il Liverpool per 2-1, che ha decretato l'eliminazione dalla Champions League, alla squadra di Guardiola non restano che le sei giornate per chiudere matematicamente un campionato vinto ormai da settimane (a cui va aggiunto anche la Coppa di Lega conquistata a febbraio). I due titoli non bastano comunque ad ammorbidire la portata dell’ultima tremenda settimana vissuta, in cui il City è stato eliminato ai quarti di Champions League e ha perso il derby con il Manchester United dopo essere stato in vantaggio per 2-0, sprecando la prima opportunità di festeggiare la vittoria della Premier.
In una settimana il City ha perso tre partite di fila (la prima volta in assoluto, addirittura, nella carriera dell'allenatore catalano), ha segnato 3 gol e ne ha subiti 8: un completo rovesciamento della sensazione di dominio restituita per quasi tutta la stagione. Per Pep Guardiola è la conferma di un trend preoccupante: anche al Bayern Monaco era abituato a stravincere i campionati, ma per tre anni di fila si è fermato alle semifinali di Champions, subendo anche sconfitte molto pesanti (4-0 dal Real Madrid, 3-0 dal Barcellona). Quest’anno il City ha dominato la Premier, ma non è riuscito ad andare oltre i quarti, solo un leggero miglioramento rispetto all’eliminazione agli ottavi subita dal Monaco nella scorsa stagione e di certo nulla con cui consolarsi. Dall’ultimo trionfo del 2011 col Barcellona, Guardiola ha giocato 30 partite nei turni a eliminazione diretta in Champions e ne ha vinte solo 13, un rendimento ben al di sotto del suo valore e di quello delle squadre allenate.
Ogni eliminazione è ovviamente diversa dalle altre, ma in un modo o nell’altro tutte le squadre che lo hanno eliminato hanno puntato sulla principale debolezza del suo sistema: la vulnerabilità nelle ripartenze. In questo senso, il Liverpool era tra le squadre peggiori che potessero capitare al City, per la facilità con cui riesce a piegare il campo dopo aver recuperato la palla. Le qualità migliori del trio d’attacco dei “Reds”, la velocità di Salah e Mané, la raffinatezza del gioco spalle alla porta di Firmino e la sua intelligenza nell’aprire gli spazi per i due compagni, sembravano fatte apposta per incastrarsi con i limiti del City.
Lo scenario peggiore per Guardiola si è puntualmente concretizzato nella partita d’andata, e per rimediare alla sconfitta per 3-0 il tecnico catalano ha rischiato più di quanto non faccia di solito, con una formazione molto offensiva che prevedeva in campo contemporaneamente De Bruyne, David Silva, Bernardo Silva, Sterling, Sané e Gabriel Jesus. Il City era obbligato ad attaccare e Guardiola puntava a trasformare la partita in un lungo possesso ininterrotto della sua squadra, combinando la necessità di segnare molti gol con quella di negare le ripartenze al Liverpool. La squadra di Guardiola era davvero obbligata a giocare la partita perfetta secondo il suo sistema, perché non era strutturalmente preparata a difendersi se il Liverpool avesse conservato il possesso per più di qualche secondo.
La scommessa di Guardiola
Guardiola, in vista del ritorno, doveva quindi impedire che il palleggio della sua squadra fosse attirato al centro per essere schiacciato dall’intensità del Liverpool, come successo ad Anfield. A inizio azione il City si schierava con una linea a 3 composta da Walker, Otamendi e Laporte che attirava su di sé il tridente offensivo di Jürgen Klopp e impediva a Salah e Mané di posizionarsi per tagliare le linee di passaggio verso le fasce. Davanti alla linea a 3 si posizionavano De Bruyne e Fernandinho, che creavano così la superiorità numerica necessaria ad avanzare: dal centrocampo del Liverpool si alzava infatti il solo Milner, mentre Silva impegnava Oxlade-Chamberlain facilitando le ricezioni larghe di Sané. Wijnaldum, schierato mediano al posto dello squalificato Henderson, restava infatti in posizione.
In molte occasioni il City ha gestito in superiorità numerica la costruzione da dietro, sabotando il pressing del Liverpool come nell'esempio qui sopra.
Oltre a migliorare l’impostazione, la linea a tre scelta da Guardiola aveva l’obiettivo di annullare le ripartenze del Liverpool, con le marcature preventive di Laporte e Walker su Salah e Mané, e il controllo di Firmino affidato a Otamendi e Fernandinho, disposti in verticale. La precisione dei meccanismi di riaggressione era fondamentale: l’avanzamento sul campo dei “Reds” si sarebbe infatti accompagnato a uno scivolamento rischioso, quello di Fernandinho in mezzo alla difesa.
Ristabilito il controllo sulla prima costruzione, che non veniva più indirizzata dal pressing del Liverpool, l’avanzamento sul campo si spostava a sinistra, non solo palla a terra, ma anche con il frequente utilizzo dei classici cambi di gioco a trovare Sané sulla linea laterale. De Bruyne, a cui è stato affidato il compito di indirizzare la manovra una volta portata la palla fuori dalla difesa, si è associato più ai compagni sulla sinistra (Sané e David Silva) che a quelli sul suo lato (Sterling e Bernardo Silva). A sinistra infatti la risalita sulla fascia era assicurata dai movimenti combinati di David Silva, che aiutava Sané tagliandogli davanti ogni volta che riceveva la palla.
La manovra del City è nettamente sbilanciata a sinistra, dove ci sono le connessioni più forti e i giocatori con le sfere d’influenza più grandi.
Il City ha cercato con insistenza di sfondare a sinistra, e anche tralasciando l’ovvia prevedibilità di uno sviluppo così ripetuto, era difficile pensare di mettere in difficoltà il Liverpool con continui cross da sinistra. La squadra di Klopp ha infatti affrontato i miglioramenti in costruzione del City schiacciandosi all’indietro e riuscendo a mantenere sempre distanze cortissime tra difesa e centrocampo, negando le combinazioni tra le linee e al tempo stesso occupando in massa l’area di rigore, dove già potevano contare sul dominio aereo di Lovren e van Dijk. Il City, se ciò non bastasse, faticava anche a occupare l’area: David Silva era impegnato dai movimenti a sinistra per facilitare lo sviluppo dell’azione sulla fascia, Sterling non si inseriva con continuità e l’unico ad accompagnare Gabriel Jesus era Bernardo Silva, che attaccava il secondo palo. La giovane ala portoghese, infatti, in più di un’occasione ha avuto modo di controllare i cross lunghi che arrivavano da sinistra.
Alla lunga, la mancanza di alternative ha impedito al City di concretizzare il chiaro dominio territoriale. Le distanze ridottissime tra difesa e centrocampo del Liverpool negavano gli scambi ad alta velocità nello stretto, mentre a destra Bernardo Silva veniva sempre raddoppiato e non aveva nemmeno compagni vicini con cui combinare. Largo a destra e portato ad accentrarsi per giocare con il piede forte, il sinistro, nelle intenzioni di Guardiola il portoghese avrebbe probabilmente dovuto attirare il terzino sinistro del Liverpool, Robertson, e creare le condizioni per i tagli di Sterling dietro van Dijk. Non è successo quasi mai, sia perché il City aveva previsto di attaccare a sinistra e quindi De Bruyne e Bernardo Silva hanno avuto poche occasioni per associarsi e provare a lanciare Sterling; sia perché quest’ultimo, che in partenza si schierava nella zona dietro Milner, impegnato a pressare De Bruyne, preferiva muoversi in orizzontale per ricevere sui piedi, creando un lato forte a sinistra, piuttosto che inserirsi dietro la difesa. Per tutto il primo tempo al City è mancata profondità e ampiezza a destra, e così l’unico sbocco per la manovra era rappresentato dalle combinazioni tra Sané e David Silva a sinistra.
Pur essendo prevedibile, la manovra riusciva comunque a schiacciare il Liverpool vicino alla propria area di rigore e a creare quindi i presupposti per il recupero immediato della palla grazie ai collaudati meccanismi di pressing e riaggressione. Il City ha concesso solo due ripartenze poco prima dell’intervallo e grazie al suo pressing era riuscito a passare in vantaggio dopo nemmeno due minuti.
I cambi non pagano
Guardiola aveva scelto di indirizzare verso van Dijk e Robertson la costruzione del Liverpool, perché era Silva a uscire su Wijnaldum e in questo modo sul lato sinistro del City veniva a mancare un giocatore, creando un buco che i “Reds” avrebbero potuto sfruttare. Gabriel Jesus e Sterling si posizionavano in diagonale: il primo si occupava di oscurare le linee di passaggio verso Lovren, il secondo usciva su van Dijk, mentre Bernardo Silva si orientava su Robertson, e De Bruyne accorciava vicino al compagno. Il gol nasce proprio da un intercetto del portoghese controllato da Fernandinho, seguito da un bel filtrante del brasiliano nello spazio lasciato libero dall'uscita da van Dijk e dall’assist di Sterling per Gabriel Jesus.
Nel secondo tempo Guardiola ha provato a riequilibrare gli attacchi alzando Walker a destra e arretrando definitivamente Fernandinho al fianco di Otamendi: una mossa che ha provocato l’abbassamento di David Silva per aiutare l’avanzamento della manovra e ha quindi complicato lo sviluppo a sinistra (e infatti nel secondo tempo il City ha crossato soprattutto da destra), cambiando anche le posizioni da cui far scattare il pressing. Il cambio ha fatto perdere brillantezza ai meccanismi di recupero della palla del City, e, alla prima occasione in cui ha potuto conservare più a lungo il possesso, il Liverpool ha trovato con Salah il gol che ha blindato la qualificazione.
Guardiola paga l’azzardo fatto proprio con Fernandinho, che esce su Milner e lascia libero Salah alle sue spalle, ma tutta la linea difensiva legge male la situazione: Otamendi e Laporte, infatti, sono troppo distanti dall'ala egiziana e non coprono l’uscita del compagno.
Fernandinho è uscito su Milner e si fa scappare Salah alle spalle, Laporte e Otamendi sono troppo lontani dall’egiziano.
Il City ha resistito fino a quando non è stato costretto a difendere posizionalmente, e alla prima occasione la scommessa di Guardiola si è rivelata troppo rischiosa per essere vincente. Merito anche dell’intuizione con cui Klopp ha mescolato il tridente offensivo dopo aver constatato le difficoltà di Salah nel difendere la palla e innescare le ripartenze. L’egiziano è stato quindi spostato a centravanti, Firmino si è allargato a sinistra, Mané ha cambiato fascia ed è andato a destra. Appoggiandosi soprattutto a Firmino ma anche a Mané, il Liverpool riusciva a conservare la palla dopo averla recuperata creando così i presupposti per attaccare in campo aperto. Lo stesso brasiliano ha poi completato l’opera con il gol del 2-1 dopo un recupero su Otamendi a seguito di un lancio di Karius, lo strumento che Klopp utilizza spesso per creare disordine e quindi favorire la riconquista del possesso con il gegenpressing.
Guardiola aveva bisogno di giocare la partita perfetta secondo il suo sistema per avere speranze di ribaltare il 3-0 subito all’andata. Invece il piano preparato è servito soltanto a limitare le ripartenze del Liverpool e non ha creato i presupposti per segnare i gol necessari alla rimonta. Così come all’andata, Sané è stato l’unico riferimento offensivo per una manovra a cui è mancata sia la profondità che l'ampiezza, almeno a destra.
I “Reds” hanno giocato due partite superbe dal punto di vista difensivo, ma è anche vero che al City sono mancati tutti i suoi strumenti offensivi: la velocità del palleggio, l’armonia degli smarcamenti, l’imprevedibilità. A fine partita Guardiola ha sottolineato l’impossibilità di mantenere lo stesso “momentum”, cioè l'inerzia positiva all'interno di una partita, e lo stesso ritmo per tutta la stagione. In questo senso, va dato soprattutto merito alla squadra di Klopp nell'essere riuscita ad arrivare nella forma migliore nel momento più importante della stagione.