È finito con un pareggio che ha fatto molto discutere, e farà discutere ancora a lungo, l’incontro tra Canelo Álvarez e Gennady Golovkin che nelle intenzioni degli organizzatori avrebbe dovuto risarcire i cuori degli amanti del pugilato delle storture e delle goffaggini di quel grande show (e poco altro) che è stato McGregor-Mayweather. L’incontro di sabato ha riportato la boxe alla grande tradizione dei pesi medi, a un passato che di Hagler e di Hearns, che probabilmente è quanto di meglio può offrire oggi il pugilato mondiale. I due campioni si sono affrontati in un combattimento duro e tecnico insieme, che è arrivato fino alla dodicesima ripresa. In uno sport la cui componente spettacolare è sempre più caratterizzata da trash talk e sparate sempre più grandi, era stupefacente la quieta calma dei due contendenti, che in qualche modo e almeno da questo lato si assomigliano, complice forse anche la lontananza idiomatica tra i due.
In realtà, si sono sfidati due pugili molto diversi tra loro. Gennady Gennadijevič Golovkin (abbreviato spesso in “GGG” o “Tripla G”) è poco più alto di Canelo, sguardo duro e imperturbabile, kazako proveniente dalla dura scuola pugilistica dell’est. Santos Saúl Álvarez Barragán è più giovane, è messicano a dispetto dei suoi capelli rossi (da cui l’epiteto “Canelo”) e fino all’altro ieri predicava la boxe del suo paese, aperta e generosa, fatta di corpo a corpo e di combattimenti all’ultimo sangue. Quando sono saliti sul ring, forse proprio per contrasto con i fasti più superficiali della modernità, sembravano circondati da un’aurea di epicità, come fossero due eroi greci pronti a combattere per l’onore, come Castore e Polluce, o Aiace e Odisseo pronti a lottare alla chiamata di Achille. In fondo, la boxe non sembrava così lontana dalle sue origini.
Il più grande dei due sfidanti, per età e dimensioni, era Gennady Golovkin, con il soprannome letteralmente eroico “God of War”. Trentacinquenne kazako, figlio di un minatore di origine russa e di una rifugiata coreana che lavora in un laboratorio chimico. Gli anni ottanta sono quelli duri della dissoluzione dell’Unione Sovietica, il massimo che GGG può aspettarsi è una carriera nelle miniere, come il padre, ma il programma pugilistico di boxe per teenager del Kazakistan lo salva.
Viene introdotto alla boxe da due dei suoi tre fratelli maggiori che spesso lo coinvolgevano nelle risse di strada a Karaganda, sua città di nascita. Entrambi i fratelli, a cui Gennady era molto legato, muoiono in combattimento dopo essersi arruolati nell’Armata rossa all’inizio degli anni ’90: dirà più volte che sono loro il motivo per cui ancora combatte, la sua dedizione e il suo talento è tutto dedicato a loro. Suo fratello gemello Maxim, anche lui pugile, nel 2004 gli lascia l’unico slot disponibile per il Kazakistan alle olimpiadi: «Sei più vecchio di me di un quarto d’ora», gli dice. «Vai tu».
Golovkin parla pochissimo, preferisce i pugni. È considerato uno dei più forti pugili del mondo, il secondo nella prestigiosa pound for pound (la classifica che prescinde dalle categorie di peso). Delle sue trentasette vittorie - e nessuna sconfitta - trentatré sono finite per KO prima del termine. È un pugile roccioso e rispettato anche da molti suoi colleghi, che sa mantenere il centro del ring con un difficile equilibrio di spietatezza e inesorabilità. Prima di diventare professionista combatte qualcosa come 350 incontri da dilettante. Medio naturale, è il detentore dei titoli WBC, WBA, IBO e IBF.
Anche nella storia di Saùl Alvarez sono fondamentali i suoi fratelli. In questo caso sono otto, tutti pugili e tutti più grandi di lui. Quattro centimetri più basso di Golovkin, Canelo è però più giovane di otto anni. Nasce nel 1990 a Guadalajara e quando da piccolo viene bullizzato i fratelli corrono in suo soccorso, fino a che anche a lui non tocca indossare i guantoni.
Trasforma la rabbia in dedizione, la violenza in velocità. Ho cercato la palestra in cui si allenato all’inizio e mi ha colpito un vecchio cartello scolorito, appeso appena sopra il ring. C’è una scritta in slang messicano. dice: Lo peor que te puede suceder es que te valga madre perder: la cosa peggiore che può capitarti è che non ti importi di perdere.
Canelo è nella categoria di peso dei welther e dei superwelther, dominate negli ultimi anni da Floyd Mayweather. Ma il pugile messicano è veloce, combattivo abbastanza e il suo promoter è Oscar de La Hoya. Proprio con Floyd subisce quella che è per ora la sua unica sconfitta, arrivata dopo 38 incontri vinti consecutivamente (con un record totale di 42 vittorie in 43 match). Nel 2013 Canelo aveva appena 23 anni, Mayweather ne aveva 36 e un record di 44-0, il messicano perde ai punti e alla fine dell’incontro dichiarerà: «È molto semplice, non riuscivo a prenderlo». Molti dicono che abbia imparato tanto da quell’incontro, e riguardando il match contro GGG sembra aver appreso la lezione.
Quello andato in scena lo scorso sabato a Las Vegas era considerato unanimemente l’incontro pugilistico dell’anno. Nei giorni precedenti c’era una strana fibrillazione nell’aria dentro le palestre di boxe: incontri del genere, con questi presupposti, ormai non si vedono tanto spesso. Anche per i due pugili l’occasione è ricchissima, in ogni caso avranno borse milionarie: Canelo guadagnerà 16 milioni di dollari, GGG 13.
Canelo parte forte: anche se ha messo su massa per salire di categoria non sembra affatto meno veloce di prima. A mio parere i primi tre round sono suoi. Golovkin fatica a stargli dietro, capisce che Canelo ha studiato il match alla perfezione e che non può sottovalutarlo. I due pugili si studiano, mettono a segno entrambi diversi colpi. Canelo è più preciso, nelle sue armi ha un ottimo montante che io personalmente non ricordavo avesse. Ma Golovkin piano piano sale di intensità e guadagna il centro del ring, il suo luogo naturale, quello da dove può gestire l’incontro al meglio.
È un bell’incontro, i due si affrontano ad armi pari, Canelo non concede la boxe ravvicinata mantenendosi a distanza, dimostrando, appunto, di aver imparato bene dall’incontro perso con Floyd, mentre Golovkin tira più colpi, anche se molti vengono bloccati dai guantoni. Il messicano rinuncia alla sua boxe aggressiva facendo un lavoro tattico ineccepibile. Il kazaco è la consueta maschera imperturbabile mentre Canelo si lascia andare a qualche esuberanza. Durante il quinto round Golovkin colpisce Canelo alla testa con un fortissimo gancio destro, ma il messicano incassa e poi scuote la testa in segno di sfida. Forse è il momento in cui GGG passa in vantaggio. Passano le dodici riprese, Canelo sembra quello più stanco dei due, ma nessuno crolla anche se la sensazione è che entrambi possano cadere o entrami possano vincere, con un solo colpo ben assestato. Quando suona l’ultima campana entrambi i pugili abbracciano i loro secondi, convinti di aver vinto.
Vengono letti i cartellini dei giudici, il primo è pari 114-114; il secondo vede in vantaggio Golovkin per un punto: 115-113. Ma è il terzo cartellino che ribalta il risultato facendo finire l’incontro con una parità che forse, tutto sommato ci può anche stare. La giudice Adalayde Bird segna uno stranissimo 110-118 (dando a Canelo una vittoria schiacciante, un giudizio francamente difficile da condividere). Split draw: un successo per il messicano, una macchia nel record del kazako.
La pietra dello scandalo.
Quando è stato ufficializzato il pareggio ho pensato alla sfida tra Aiace e Odisseo, raccontata nel libro XXIII dell’Iliade, anch’essa finita in pareggio. C’è appena stato lo scontro tra Achille ed Ettore che ha dato alla parola epica tutta la sua magia, gli dèi sono intervenuti nel campo ed è stato Achille a uscirne vittorioso, a caro prezzo. Mentre tutta Troia piange la dura morte di Ettore, al campo acheo si celebrano i funerali di Patroclo. Prima che il corpo venga bruciato, Achille si taglia i capelli e li mette nelle mani dell’amico, la pira splende altissima e le ossa raccolte in un’urna d’oro: l’ombra di Patroclo può finalmente attraversare le porte dell’Ade. In onore del defunto si celebrano i giochi funebri e quando arriva il turno della lotta si alzano a combattere due eroi: Aiace Telamonio, che per tutta la guerra non ha mai chiesto l’aiuto di nessun dio, e Odisseo, maestro di frodi.
I due cercano di sollevarsi a vicenda, si sentono scricchiolare i polsi, il sangue riga il costato dei due eroi che continuano a combattere per il gigantesco premio, un tripode d’oro, quanto una borsa odierna. Ma la lotta finisce pari, per evitare che i due atleti si facciano male Achille, l’arbitro della contesa, ordina che il combattimento cessi: «Oltre non vada / La tenzon, nè vi state, o valorosi, / A consumar le forze. Ambo vinceste, / E v’avrete egual premio».
Torniamo ai nostri tempi. Se l’aria in questa parte del poema volge già alla commedia e la decisione di Achille è comprensibile - perché i giochi servono a ristabilire gerarchie e rapporti di forza, non a umiliare né a trarre gloria eccessiva, tanto che anche gli sconfitti avranno doni preziosi, - la decisione di uno degli arbitri che seguiva l’incontro tra Golovkin e Canelo è stata meno comprensibile. La giudice, poche ore dopo il match, è apparsa in lacrime quando si è resa conto dei molti insulti che stavano arrivando sui suoi account social. «Ha avuto una brutta serata durante un grande match», ha detto difendendola Bob Bennet, il commissario atletico del Nevada. «Ha visto il match in un modo diverso, capita».
Nella conferenza post-fight, quando è stato chiesto a Canelo (che secondo molti sarebbe dovuto uscire sconfitto dal conteggio ai punti) cosa ne pensava del risultato finale, ha risposto: “Ascolta, al di là dei cartellini dei giudici, abbiamo dato alla boxe quello di cui aveva bisogno: un grande incontro”.
Canelo non può recriminare molto, ha davvero stupito per il modo in cui ha preparato il match e il promoter del pugile messicano a fine incontro dirà che probabilmente verrà usata la clausola del rematch, per stabilire una volta per tutte a chi appartengono tutte quelle cinture.
«Voglio solo riposare ora», ha detto Canelo dopo il match. «Non so quando ci sarà un altro mach, se a maggio o a settembre. So solo una cosa: questa è una nuova era, ed è l’era di Canelo».
Golovkin probabilmente avrebbe meritato la vittoria e in ogni caso rimane il campione ufficiale, ma nel suo score perfetto adesso appare l’uno di un pareggio. GGG, da parte sua, ha parlato il meno possibile, riassumendo i suoi pensieri in: “È terribile per la boxe. Sono io il campione”.