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La corsa della Lokomotiv
15 mag 2018
Da possibile mina vagante a protagonista assoluta: la Lokomotiv Mosca ha conquistato il titolo in Russia dopo quattordici anni di astinenza.
(articolo)
9 min
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Chi pensava che il campionato russo sarebbe stato un affare tutto italiano tra lo Spartak di Carrera e lo Zenit di Mancini, con al massimo un possibile inserimento del CSKA o del Krasnodar nella corsa al titolo, non aveva fatto i conti con la Lokomotiv Mosca.

La squadra rossoverde ha concluso il torneo meritatamente al primo posto, confermando i progressi che si erano già intravisti nella parte finale della scorsa stagione. E non è un caso che la rinascita dei “Ferrovieri” sia coincisa con il ritorno a casa dell'allenatore più amato e vincente nella storia del club: Yury Semin. Il 71enne aveva già allenato la Lokomotiv dal 1986 al 1990, e poi dal 1992 al 2005 (vincendo i primi due storici titoli nazionali, quattro coppe di Russia, due supercoppe e ben figurando nelle competizioni europee) e infine, con minor fortuna, dal 2009 al 2010. Un anno e mezzo fa, dopo un brutto avvio di stagione, la dirigenza aveva pensato di richiamarlo per la quarta volta e i risultati non sono tardati ad arrivare: pochi mesi dopo la Lokomotiv avrebbe avuto la meglio sull'Ural di Ekaterinburg nella finale della coppa di Russia.

Uno dei marchi di fabbrica di Yury Pavlovich Semin: i berretti improbabili che indossa sempre durante il temibile inverno russo.

In questa nuova annata Semin è però riuscito a dare davvero una sua impronta alla squadra, valorizzando al massimo il materiale, non di primissimo piano, che aveva a propria disposizione. La “Loko" da lui plasmata è una formazione solida, compatta, micidiale in contropiede, ma che dispone anche di una notevole dose di talento sulla trequarti. I meriti di Semin non si fermano qui: ha lanciato diversi giovani promettenti del vivaio (Barinov, Anton Miranchuk - che sembra bravo quasi quanto il più noto gemello Alexey - e Lysov), ha rivitalizzato Manuel Fernandes e Farfán, ha ridato stimoli a Igor Denisov, si è inventato Ignatjev terzino di spinta, ha trasformato Kverkvelia in un centrale difensivo affidabile e, più in generale, ha reso la Lokomotiv una squadra duttile dal punto di vista tattico, in grado di interpretare più moduli nel corso della stessa gara.

Come tanti altri colleghi della Russian Premier League, anche Semin era partito con una difesa a tre, con il georgiano Kverkvelia, già finito sul taccuino di diversi club inglesi, e il serbo Pejčinović a garantire attenzione e prestanza fisica (non facendo rimpiangere il veterano croato Ćorluka, fermo ai box per la rottura del crociato) e l'adattato Barinov - interessante centrocampista dell'U-21 russa sacrificato nel ruolo di centrale di destra - utile soprattutto per iniziare l'azione.

I Ferrovieri amano un gioco di rimessa: lasciano sfogare gli avversari, attendono pazientemente che si scoprano e poi li colpiscono in contropiede. Contro la Dinamo Mosca, lanciato a rete (tanto per cambiare) dal gemello Anton, Alexey Miranchuk si esibisce nella sua giocata preferita: il morbido tocco sotto per superare il portiere avversario in uscita.

Qualità al potere

Con il passare delle partite, Semin ha accantonato i tre centrali ed è tornato al più tradizionale, in casa Lokomotiv, 4-2-3-1. La tenuta difensiva non ne ha risentito: 21 reti subite in 30 giornate, la difesa dei rossoverdi è stata la meno battuta del campionato russo insieme a quella dello Zenit. La mossa-chiave del tecnico è stata quella di aggiungere, poco alla volta, sempre più piedi buoni nell'undici titolare: se la Lokomotiv nelle ultime annate veniva spesso derisa dai tifosi avversari per il gioco muscolare e poco qualitativo, oltre che per l'eccessivo utilizzo di mediani con licenza di picchiare, oggi comincia a essere presa come modello per il modo in cui riesce a far coesistere giocatori di talento come Manuel Fernandes e i gemelli Miranchuk.

Le continue, ricercate combinazioni palla a terra tra i tre giocatori che agiscono dietro all'unica punta rappresentano il valore aggiunto nella fase offensiva della Loko. Ha dell'incredibile il modo in cui Semin sia riuscito a far convivere Manuel Fernandes, Alexey e Anton Miranchuk, nonostante si tratti di tre trequartisti con caratteristiche simili e, ironicamente, anche con gli stessi difetti (a cominciare da una certa leziosità). Il portoghese, grande talento inespresso che ha raggiunto la tardiva maturazione in quest'ultimo anno e mezzo, parte abitualmente sulla sinistra, per poi accentrarsi, con il chiaro obiettivo di sfruttare il suo tiro dalla lunga distanza, che lo ha portato a segnare 6 gol nell'attuale edizione dell'Europa League (tra cui una memorabile tripletta a Nizza) e 7 in campionato. Un rendimento che gli ha permesso persino di ritornare nel giro della nazionale lusitana dopo parecchi anni.

In questa rete segnata allo Spartak c'è tutto Manuel Fernandes: prima le giocate da prestigiatore per disorientare gli avversari, poi l'improvvisa botta da fuori.

I due gemelli Miranchuk, pressoché indistinguibili in campo - e non solo per un puro fattore estetico - invece si scambiano di continuo la posizione: quando uno dei due agisce in zona centrale, l'altro taglia da destra verso il centro, andando a finalizzare l'azione. L'intesa tra i due è così perfetta che il C.T. russo Cherchesov sembrerebbe propenso a sfruttarla anche nell'imminente Mondiale casalingo. Se Alexey, ormai già da qualche anno, viene indicato come un astro nascente del calcio russo, il 22enne Anton ha impiegato più tempo a emergere. Prima di trovare spazio alla Lokomotiv, ha trascorso un periodo in prestito in Estonia, al Levadia Tallinn (con cui ha segnato un gol ogni due partite). Abbastanza prolifica la stagione di Alexey Miranchuk, autore di 7 reti in campionato; sempre 7, invece, gli assist realizzati dal gemello Anton, andato in gol 4 volte.

Una dimostrazione dell'intesa fra i gemelli Miranchuk: tacco di Anton per l'inserimento di Alexey.

Un po' per caso, Farfán si è rivelato essere il perfetto terminale offensivo in questo particolare sistema di gioco. Partito a inizio stagione addirittura come laterale a tutto campo, il peruviano è stato poi riportato in attacco per via del grave infortunio subito dal brasiliano Ari (rientrato appena in tempo per il rush finale).

L'ex PSV Eindhoven e Schalke 04, che sembrava avviato sul viale del tramonto dopo aver lasciato l'Europa per gli Emirati Arabi nel 2015, agevolato dalla presenza di tre rifinitori di primo livello in grado di imbeccarlo con precisione, ha così ripreso a segnare con continuità. Farfán ci ha comunque messo molto del suo: pur avendo perso, almeno in parte, lo spunto dei giorni migliori, i suoi movimenti in profondità sono sempre eseguiti con i tempi giusti, in perfetta sincronia con i suggerimenti dei tre tenori che agiscono alle sue spalle. Tra ottobre e novembre ha vissuto il suo momento di gloria: volando attraverso quattro continenti, nel giro di trenta giorni ha steso lo Zenit con una doppietta, nello spareggio contro la Nuova Zelanda ha segnato il gol-qualificazione che ha riportato il Perù ai Mondiali dopo 36 anni, ha siglato al Copenaghen altre due reti decisive per l'approdo ai sedicesimi di Europa League e, nella lontana trasferta di Khabarovsk, ha regalato ai suoi compagni la vittoria nei minuti di recupero.

L'altro portoghese della rosa, Eder, l'eroe della finale dell'ultimo Europeo, ha rappresentato un'alternativa al gioco standard della Loko, rendendosi utile quando c'era da alzare il pallone e fare a sportellate con i difensori avversari. E, alla penultima giornata, contro lo Zenit di Mancini, si è tolto la soddisfazione di segnare la rete che è valsa il titolo, confermandosi un centravanti che di gol ne fa pochi (appena 4 nell'intera stagione) ma sempre pesanti.

In contropiede la Loko non perdona: Anton Miranchuk salta l'intero centrocampo dello Spartak e serve in profondità Farfán, che di prima mette in mezzo per l'accorrente Kolomeytsev, per il gol della rimonta in uno dei derby moscoviti più sentiti.

Sbocchi sulle fasce e sacrificio in mezzo al campo

La presenza di un esterno di spinta come Ignatjev sulla fascia destra ha reso il gioco della Loko più fluido: pur peccando di precisione nei cross, il 31enne si è sempre fatto trovare largo, rivelandosi un sicuro appoggio per i compagni e garantendo continue sovrapposizioni per tutti i 90 minuti. Qualche problema in più la Lokomotiv lo ha avuto sulla corsia opposta, dove Semin ha faticato a trovare un titolare fisso, alternando il nazionale polacco Rybus (tornato in Russia dopo l'incolore esperienza al Lione), l'uzbeko Vitaliy Denisov (non più di primo pelo) e l'emergente Lysov (attaccante classe '98 reinventato esterno di fatica da Semin).

La Lokomotiv può sempre contare sulla presenza di Ignatjev: è suo il cross per la deviazione vincente di Manuel Fernandes.

In mezzo al campo il leader incontrastato è stato Igor Denisov, tornato a esprimersi ai suoi migliori livelli. Semin, complice anche l'infortunio che ha a lungo tenuto fuori Ćorluka, gli ha consegnato la fascia di capitano e lo ha fatto sentire importante, mettendolo al centro del progetto. L'ex bandiera dello Zenit ha risposto prendendosi la squadra sulle spalle, in quella sua doppia funzione di regista e mediano - abile sia come tessitore di gioco che come recuperatore di palloni - che lo ha sempre contraddistinto, rendendolo un giocatore unico nel panorama russo. Al quale tuttavia Cherchesov, tra lo sgomento generale, ha deciso di rinunciare in vista dei Mondiali, per via di una discussione avuta con Denisov ai tempi della Dinamo. Al suo fianco, Semin ha alternato Tarasov e Kolomeytsev: più possente fisicamente e forte nel gioco aereo il primo, un autentico corazziere dai piedi modesti ma sempre pericoloso su palla inattiva; più dinamico il secondo, un incursore con buoni tempi di inserimento.

Se contro le prime della classe è filato tutto liscio, la Lokomotiv ha perso qualche punto, in particolare tra le mura amiche, contro avversari di basso livello, che si presentavano a Cherkizovo con l’unico obiettivo di chiudere ogni spazio.

In queste situazioni tattiche sono venuti più volte a galla i limiti della Lokomotiv: la manovra diventa, a quel punto, spesso lenta e prevedibile, il possesso palle sterile e a regnare in campo è una noia mortale. In queste giornate di scarsa ispirazione collettiva, il principale schema dei rossoverdi sembra essere: «palla a Manuel Fernandes che conclude da qualsiasi posizione».

È proprio contro le difese chiuse che la Lokomotiv ha mostrato i limiti strutturali della propria rosa: eccezion fatta per Kasaev (ormai fuori dal progetto di Semin) mancano giocatori brevilinei, rapidi, in grado di dare la scossa e di garantire qualche fiammata improvvisa in partite così bloccate. La Lokomotiv, in più di una circostanza, è comunque riuscita a venirne a capo, con invenzioni dei singoli (si pensi alla punizione di Alexey Miranchuk contro lo SKA Khabarovsk), ma anche con gol sporchi, segnati in mischia (Kverkvelia, due volte, nei primi turni di campionato) oppure in seguito a carambole imprevedibili (Eder, al 90’, a Rostov-sul-Don). Insomma, una squadra che sembra aver moltiplicato le risorse a propria disposizione, come da tradizione nelle cosiddette annate di grazia, quelle in cui ti gira tutto per il verso giusto e che si concludono con la vittoria di un trofeo che, in casa Lokomotiv, mancava da ben quattordici anni.

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