L’hanno chiamata con il suo nome, rendendola un’investitura che un olandese non può ignorare. Se non fosse per il movimento arioso delle braccia e i rapidi movimenti delle gambe che sembrano fluttuare sull’erba, non sarebbe una finta molto originale. Eppure c’è qualcosa di profondamente armonico nella Gravenberch Turn, il nuovo trick di cui potreste innamorarvi. A pensarci bene ha a che fare con lo stupore che ci prende nel guardare un uomo molto alto abbinare alla massa una scioltezza imprevista, una fluidità che sembra farlo scivolare via tra due avversari senza sforzarsi, sornione e felino.
È una scena nota a chi ha seguito la Premier League in questo inizio di stagione.
Ryan Gravenberch illude tutti che sta per controllare la palla, attira il marcatore sulla sua figura fino quasi a sentirne il respiro. Poi succede che quello si aspetta di fare un intervento pulito, ma il pallone non c’è già più. Gravenberch lo sposta in un secondo momento, bucando la percezione dell’avversario, il senso della posizione e del tempo. Si apre a compasso, per proteggere la palla, e con le braccia lunghissime al vento sfrutta l’aerodinamica per accelerare.
È successo anche al 6′ della partita a Old Trafford contro il Manchester United del suo ex allenatore, Erick ten Hag, probabilmente l’estimatore più longevo di Gravenberch, che lo avrebbe voluto con sé già l’estate di due anni fa.
Bruno Fernandes si alza su van Dijk per mettergli fretta e costringerlo a rischiare un passaggio in diagonale nel traffico di maglie rosse. Il rasoterra del difensore arriva nella zona di Gravenberch: a leggere la traiettoria è Kobbie Mainoo, il cui intervento per intercettare la palla sembra goffo e inappropriato.
In quel momento, mentre inarca la schiena e finge di stoppare con il sinistro ma lascia scorrere la palla sul piede destro, è come se Gravenberch avesse citato a Mainoo uno brano brillante di Jorge Borges, contenuto ne La Biblioteca di Babele: «Tu che mi leggi, sei sicuro d’intendere la mia lingua?». Con la sola illusione di un tocco che non c’è mai stato, Gravenberch ha scavato con il piccone nel centrocampo dello United, trovando un varco che prima non c’era per condurre fino al limite dell’area di rigore, e lì consegnare a Luis Díaz. Sul prosieguo dell’azione Trent Alexander-Arnold segna ma poi il VAR annulla per fuorigioco. Pochi minuti dopo, Gravenberch ha messo di nuovo a fuoco e fiamme la trequarti dello United, contribuendo al gol dello 0-1 di Díaz.
Nel nuovo ciclo di Arne Slot è stato spostato davanti alla difesa, come “numero 6”, diventando a sorpresa ciò che il Liverpool ha cercato sul mercato per una ventina di mesi – visto che dopo l’addio di Fabinho era arrivato solo il tappabuchi Wataru Endo.
Lo spettro ampio delle qualità di Gravenberch rappresenta bene le esigenze del calcio contemporaneo: è a suo agio a giocare dentro la pressione avversaria, eludendola come se fosse una cosa naturale, evitando alla squadra di perdere palla in zone congestionate. Una caratteristica preziosa per il gioco di duelli della Premier e per la struttura pensata da Slot: un Liverpool meno frenetico nella riaggressione e più ragionato con la palla.
Se ne ha la possibilità Gravenberch si smarca dietro la linea avversaria e si ricorda di essere stato una mezzala offensiva. In Olanda, quando era appena un teenager, il paragone – per ruolo e attitudine – era con Paul Pogba. E cioè con un altro centrocampista dinoccolato, potente, stiloso. Finora Gravenberch non ha dato l’idea di poter diventare una cosa del genere, ma in compenso si è dimostrato un giocatore intelligente e in grado di adattarsi a contesti diversi.
I mediani più conservativi e di posizione stanno un po' scomparendo, almeno in un certo tipo di squadre, e Gravenberch si inserisce in questa tendenza, con la sua creatività, i suoi strappi, la sua duttilità. Parte nominalmente mediano, ma poi scambia la sua posizione con i compagni di reparto, con Alexis MacAllister e con Dominic Szoboszlai.
In questa azione contro l’Ipswich, ad esempio, Gravenberch fa qualche passo per liberare il corridoio di passaggio a van Dijk, riceve e cerca nello spazio stretto Mac Allister. È interessante notare la rapidità con cui ruota il busto per guardare la porta.
Il Liverpool prova a costruire i suoi attacchi con passaggi più corti rispetto al passato, e finora ha affrontato squadre che gli lasciavano di proposito il possesso. Non deve sorprendere dunque vedere il nome di Gravenberch nei primi posti della classifica dei passaggi tentati – considerando solo i centrocampisti – e per passaggi progressivi.
In estate il Liverpool sembrava non poter giocare senza Martin Zubimendi. Oggi invece il suo mancato acquisto sembra una fortuna. Gravenberch, partito appena 12 volte titolare lo scorso anno, era un oggetto misterioso, e oggi è uno dei punti di forza maggiori del Liverpool di Slot.
Che Gravenberch fosse speciale lo sapevamo da un po’. Nel 2018 aveva stracciato due record della storia dell’Ajax: era diventato il più giovane esordiente con la loro maglia in Eredivisie – a 16 anni e 130 giorni, superando Clarence Seedorf – e quattro giorni dopo aveva segnato il suo primo gol in carriera, nella vittoria per 7-0 contro il KNVB beker. Alla fine della stagione 2020/21 era stato premiato come talento dell’anno in Olanda.
Oggi ha 22 anni e sebbene nel curriculum abbia scritto il nome di tre dei club più prestigiosi al mondo – Ajax, Bayern Monaco, Liverpool – la sua non è esattamente la storia del predestinato che brucia le tappe. A Monaco, nel 2022/23, ha sfiorato la battaglia mediatica con il club: partito titolare solo 6 volte, in varie interviste con i giornali olandesi si era lamentato della scarsa considerazione. Prima Nagelsmann e poi Tuchel gli preferivano la coppia Kimmich-Goretzka.
Il club, dal canto suo, non ha fatto i salti mortali per proteggere l’investimento da 24 milioni di euro complessivi dell’estate prima, confermando tra le righe a The Athletic che si aspettava dal giocatore un atteggiamento diverso di fronte alle difficoltà. Tra i motivi per cui non veniva schierato titolare c’era il malinteso sul ruolo: da mezzala offensiva, quanto tempo avrebbe impiegato Gravenberch a trasformarsi in un mediano a due della Bundesliga, e cioè un cane impazzito che salta alla gola degli avversari?
Il modo di giocare di Gravenberch risente poco delle pressioni, è sfacciato e spontaneo. Se parla dei primi mesi in Inghilterra è lucido: «Avevo bisogno di adattarmi, perché non ero più abituato a giocare molto» ha detto ai canali ufficiali del Liverpool qualche giorno fa, «come prima stagione credo sia stata okay». Klopp lo aveva impiegato da mezzala sinistra, nel suo ruolo naturale, e lui aveva saputo ritagliarsi un po’ di spazio – 26 presenze e 1 gol nella scorsa Premier League.
Vederlo diventare finalmente un cardine del Liverpool è un piacere per gli occhi, un'esperienza estetica leggermente nuova. Un giocatore vivace, a cui piace danzare tra le linee e non rimanere ancorato a protezione della difesa, con un repertorio di finte di corpo che fa invidia a molti trequartisti.
Nella seconda di campionato, in casa contro il Brentford, ha completato 72 passaggi, più di ogni altro giocatore in campo. E allo stesso tempo le sue statistiche sugli intercetti e i blocchi ci dicono che sta crescendo anche in fase di non possesso, dove giocava con un po’ di sufficienza, spesso diventando irruento pur di provare a riaggredire. Gravenberch non avrà la generosità per correre dietro a tutti, ma spesso è attento e gli basta posizionarsi bene sulla linea di passaggio per recuperare la palla.
Anche Arne Slot si è sorpreso della sua rapida evoluzione. Poche settimane fa ha detto che in realtà è successo quasi per caso: «All’inizio pensavo che dovesse giocare avanzato ed essere più coinvolto a segnare o fare assist» ha detto. «Poi a causa delle indisponibilità in pre-season l’ho provato più in basso e la sua sicurezza con la palla mi ha sorpreso». Al contrario, Gravenberch ci ha tenuto a minimizzare: «Quando il mister mi ha detto “ti vedo anche come numero 6” gli ho risposto “ok, possiamo farlo! È stato tutto naturale”».
La fluidità di palleggio del Liverpool, che diventa imprevedibile quando Szoboszlai e Mac Allister si scambiano di posizione, a volte formando loro stessi una coppia di pivotes in mezzo al campo, aiuta a mascherare i difetti di Gravenberch, che finora abbiamo solo intravisto. Sicuramente contro squadre d’élite dovrà rischiare meno conduzioni, e la solidità spalle alla porta sembra mancargli: se è pressato e riceve un passaggio corto, Gravenberch fa ancora un po’ fatica a giocare “a muro” o a rallentare i tempi dell’azione. Per questo lo vediamo ancora setacciare la trequarti in cerca della sua posizione, senza libertà di movimento il suo sarebbe un talento interrotto a metà.
A Old Trafford il triangolo di centrocampo di Slot era larghissimo e molto alto nel campo: Mac Allister si apriva a sinistra, per ricevere alle spalle di Mainoo, e Szoboszlai si muoveva sul centro-destra vicino a Jota, così Gravenberch ha trovato più spazio del solito per tagliare palla al piede la ventina di metri di campo sotto la sua responsabilità.
Contro il Bologna, in Champions League, al primo minuto ha mandato al bar un pressatore che è il contrario dell’ingenuità come Remo Freuler, facendosi scorrere la palla a destra mentre l’avversario andava a sinistra. Le braccia, ancora una volta, tagliavano l’aria come scimitarre; la schiena si incurvava sulla palla e dopo i primi passi Gravenberch scompariva, troppo veloce per essere ripreso. In quel caso ha anche chiuso l’azione, sovrapponendosi sulla fascia a Salah e mettendo in area un bel cross, a metà tra difesa e portiere, il classico cross che produce incomprensioni – e infatti Posch ha rischiato di mandarsela in porta.
Va citata anche la sua capacità di giocare in verticale. Una volta battuta la pressione, Gravenberch non si accontenta di vivacchiare con un passaggio che abbassa i ritmi, ma se può manda direttamente in porta un compagno – spesso prova a servire il taglio di uno dei due esterni offensivi. È ciò che ha fatto al 18′ della partita contro il Crystal Palace, quando dopo la solita, ammaliante Gravenberch Turn, ha provato un’imbucata difficilissima per Salah. Il passaggio si è rivelato impreciso, ma ci dice molto della voglia di giocare in pochi tocchi che il Liverpool ha mantenuto nel suo DNA, e anche delle intenzioni di Gravenberch di farsi portavoce di quel fondamentale.
Non lo abbiamo ancora visto nel tabellino: non ha segnato né fatto assist. Ha giocato però tutti i minuti in stagione, un bel cambiamento per uno come lui che vive con terrore la panchina, rifuggendola in ogni modo possibile.
Gravenberch, insomma, è un ingrediente che beneficia dei sapori del piatto che è il Liverpool e contemporaneamente ci aggiunge qualcosa che da solo, quel piatto, non avrebbe. È una spezia preziosa. Sono trascorse poche partite di campionato e Champions, un campione ristretto che fa ancora in tempo a normalizzarsi. Eppure finora ha mostrato un lato di sé intrigante, lontano dal paragone con Pogba, forse svelando la sua vera natura. Non possiamo chiedergli 10 gol e 10 assist, ma di essere un maestro venerabile dell’arte di resistere alla pressione, quello sì.
Quando è andato via dall’Ajax, a 20 anni, ha detto: «A volte dimenticavo di avere 16 anni», in riferimento alla parentesi del 2018 in cui avrebbe voluto giocare titolare, e invece dopo qualche spezzone fu rimandato allo Jong Ajax. Gravenberch voleva tutto e subito, eppure è diventato il protagonista di una storia che esprime il contrario. È diventato un centrocampista di così alto livello anche perché ha faticato al Bayern, anche perché da mezzala era altrettanto bello da vedere ma meno efficace.
Su Youtube un canale a tema Liverpool ha caricato un video di highlights della scorsa stagione di Gravenberch, e il primo commento è un ritratto affettuoso ma piuttosto condivisibile: «In campo scivola, danza: finalmente possiamo vedere il suo vero potenziale» ha scritto un tifoso.