La storia del Barcellona è costellata di rimonte incredibili e al Camp Nou tutto è possibile, e questo è ancora più vero dopo l’incredibile 6-1 che ha ribaltato le sorti della qualificazione contro il Paris Saint-Germain. Toccava alla Juventus, quindi, forte di 3 gol di vantaggio, spegnere i sogni blaugrana nei 90 minuti che la separavano dalla seconda semifinale di Champions in tre anni.
Luis Enrique aveva il dubbio tra il 4-3-3 e il 3-3-1-3, e a giudicare dallo schieramento al calcio d’inizio ha deciso per il primo sistema di gioco. Rispetto all’andata Jordi Alba ha preso il posto di Mathieu completando la linea a 4 della difesa, e Sergio Busquets, scontata la squalifica, ha recuperato il suo posto davanti alla difesa (al posto di Mascherano), con Rakitic mezzala destra e Iniesta mezzala sinistra. In avanti la temibile MSN formata da Messi, Suarez e Neymar.
Allegri ha deciso di difendere il vantaggio garantito del 3-0 dello Juventus Stadium giocando con la stessa formazione dell’andata (e Marchisio nemmeno in panchina a causa di una botta alla caviglia rimediata in allenamento). Ma la Juventus non si è limitata a schierarsi con lo stesso undici iniziale della gara di Torino, ha anche proposto un strategia sulla falsariga di quella dell’andata: durante la partita, e soprattutto nel primo tempo, i bianconeri hanno di nuovo alternato fasi di pressing ultra-offensivo ad altre di difesa posizionale con blocco ora medio, ora basso. Il tutto senza la necessità di dover segnare un gol e con la consapevolezza che le 3 reti da recuperare avrebbero costretto il Barcellona a sbilanciarsi e a concedere inevitabilmente spazio alle ripartenze, soprattutto di Cuadrado.
Nella partita d’andata, ma più in generale in tutta la stagione 2016-17, il Barcellona ha mostrato alcune difficoltà a giocare il pallone dalla difesa, nonostante la presenza in squadra di giocatori bravi a costruire dal basso: una spia evidente del graduale abbandono dei principi del gioco di posizione.
Il rientro di Busquets ha dato una mano in tal senso alla squadra di Luis Enrique, ma non è bastato a risolvere i problemi: anche al Camp Nou il pressing della Juventus ha permesso non solo di rallentare la manovra avversaria, ma anche di recuperare palloni in zone avanzate e pericolose.
Difendere nella metà avversaria
Come al solito, il pressing della Juventus aveva l’uomo come punto di riferimento principale. Con palla a ter Stegen, Higuain e Dybala si orientavano rispettivamente su Umtiti e Piqué, mentre i due esterni Cuadrado e Manduzkic prendevano in consegna Jordi Alba e Sergi Roberto. A centrocampo però i bianconeri erano in teorica inferiorità numerica. Quando era necessario, per evitare di concedere un 3 contro 2 nella zona nevralgica del campo, Chiellini si posizionava in maniera piuttosto aggressiva andando a marcare Rakitic, con Pjanic su Iniesta e Khedira che si alzava andando a prendere il vertice basso Busquets.
Il pressing della Juventus, portato uomo a uomo, con Chiellini che avanza per evitare una situazione di inferiorità numerica a centrocampo.
A quel punto il Barcellona cercava di liberare un uomo facendo partecipare attivamente alla manovra anche ter Stegen, ma le distanze tra i giocatori blaugrana, proiettati molto in avanti, non hanno favorito questo tipo di strategia in fase di possesso.
C’è anche da dire che sono state rarissime le occasioni in cui uno dei due attaccanti della Juventus ha lasciato libero uno dei centrali nel tentativo di pressare direttamente l’estremo difensore tedesco. Sotto pressione, la squadra di Luis Enrique doveva ricorrere al lancio lungo, oppure cercare di passare dalle fasce.
Difendere la metà campo
Quando invece la Juventus non portava il pressing offensivo, oppure questo veniva superato (concedendole comunque il tempo di riorganizzarsi), si schierava con un 4-4-2 a cavallo della linea di metà-campo. Tra i due attaccanti era Dybala a dover prendere in consegna Busquets, cercando di ostruirgli le linea di passaggio, oppure di tagliarlo fuori dalla manovra marcandolo a uomo. Il sacrificio dell’argentino è stato apprezzabile, e forse ha finito per togliergli un po’ di lucidità in attacco (Allegri non gli ha fatto finire la partita, inserendo Barzagli quando mancavano 15 minuti di gara).
Anche per il resto della squadra l’uomo costituiva un punto di riferimento importante, anche se quello principale era sempre la posizione della palla. In questo caso diventava fondamentale il lavoro degli esterni Cuadrado e Mandzukic: se la palla era centrale, i due rimanevano perfettamente allineati a Pjanic e Khedira, ma se la sfera si trovava sul lato, l’esterno di riferimento doveva sganciarsi dalla linea per portare pressione, mentre l’altro rimaneva allineato ed anzi si stringeva più vicino ai due centrali.
Con palla a Jordi Alba, Cuadrado lascia la posizione per portare pressione al terzino avversario, mentre sull’altro lato Mandzukic si stringe più vicino ai due centrocampisti centrali. Al contempo si alza anche Alves, impedendo la verticalizzazione su Neymar.
Per i terzini i riferimenti erano diversi, anche perché diverso era il ruolo svolto da Messi e Neymar. I frequenti movimenti ad accentrarsi del numero 10 del Barça, lasciavano spesso Alex Sandro privo di un avversario diretto, assegnando una dose di lavoro extra a Khedira e Pjanic, che dovevano controllare Messi quando si posizionava sulla trequarti. Dani Alves, al contrario, ha avuto praticamente sempre a che fare con Neymar (fino a quando, verso la fine, Luis Enrique ha deciso di spostarlo sul centro-destra nel disperato tentativo di portare a casa almeno la vittoria casalinga). Il brasiliano restava decisamente largo, praticamente sulla linea laterale e allora Alves ,connazionale ed ex-compagno di squadra, si allargava a sua volta in marcatura, rimanendo più distante rispetto agli altri difensori bianconeri.
Come la Juventus si difendeva all’altezza della metà-campo: Dybala marca Busquets, cercando di impedire una sua ricezione; la palla è in posizione centrale, dunque i due esterni rimangono allineati a Pjanic e Khedira; Daniel Alves è distanziato rispetto agli altri difensori, a causa della posizione larga di Neymar (così larga da portarlo fuori inquadratura), suo avversario di riferimento.
Difendere la propria area
In questa zona di campo è stato ovviamente fondamentale il lavoro di Bonucci e Chiellini, sempre concentratissimi e precisi nello scegliere quando scappare all’indietro o quando togliere spazio alla manovra avversaria mantenendosi alti. In particolare i due non hanno praticamente mai concesso profondità a Suarez, pronto a scattare alle loro spalle ogni volta che si veniva a creare una situazione di palla scoperta.
Mandzukic concede spazio a Messi, con Khedira e Pjanic costretti a controllare Rakitic ed Iniesta. Suarez ne approfitta per attaccare la profondità, ma Bonucci e Chiellini leggono la situazione alla perfezione e scappano all’indietro impedendo a Messi di percorrere l’opzione del lancio per l’uruguaiano.
Soprattutto nella seconda frazione di gioco, quando l’intensità della fase difensiva della Juventus è calata e il Barcellona si è sbilanciato ulteriormente, la squadra di Allegri si è difesa nell’ultimo quarto di campo. In questo tipo di situazione è risultata fondamentale la concentrazione di tutti gli elementi coinvolti e l’occupazione della trequarti, in modo da costringere gli avversari ad allargare il gioco e cercare il cross (sono stati 34 in totale, di cui solo 8 riusciti e ben 16 tentati da Neymar), considerato il netto vantaggio dei bianconeri nel gioco aereo.
Difficilmente si sono venute a creare situazioni di isolamento sugli esterni, con Cuadrado e Mandzukic (e ancora di più Lemina e Asamoah, quando Allegri si è praticamente difeso a 6) che sono sempre rimasti vicini a Daniel Alves e Alex Sandro, controllando le avanzate di Sergi Roberto (che però ha giocato anche un po’ in mezzo al campo, con Rakitic a prenderne il posto largo), ma soprattutto di Jordi Alba.
Anche l’allineamento dei giocatori offensivi del Barcellona, che proponeva spesso cinque giocatori in linea, ha contribuito a facilitare i compiti difensivi degli ospiti. Nonostante la massiccia presenza numerica, il fatto che Alba, Neymar, Suarez, Messi e Rakitic (o Roberto) si trovassero spesso sulla stessa linea orizzontale, rendeva la squadra di Luis Enrique (e di Unzue, considerato quanto il vice-allenatore, nonché potenziale erede di “Lucho” sia stato presente nel fornire istruzioni alla squadra) prevedibile e ne limitava le opzioni di passaggio, permettendo alla Juventus di rimanere ordinata in posizione.
Con Alba, Neymar, Suarez, Messi e Rakitic praticamente allineati, Iniesta ha difficoltà a scegliere un compagno a cui passare la palla, mentre la Juventus può consolidare la sua difesa dell’area di rigore.
È probabile che questa scelta volesse anche costringere Cuadrado e Manduzkic a rimanere bassi, nel tentativo di prevenire le transizioni e schiacciare la Juventus con il gegenpressing, ma rimane il fatto che il Barça è riuscito a tirare in porta una sola volta. Nemmeno l’aggiunta di un potenziale sesto elemento, Paco Alcacer, ha scalfito la solidità difensiva della squadra di Allegri.
La miglior difesa d’Europa
Lo 0-0 finale rappresenta forse il risultato più coerente con la grandissima prova della Juventus, che è riuscita a mantenere la porta inviolata contro una squadra che in stagione ha segnato in media 3 reti a partita. I bianconeri possono vantare la miglior difesa della Champions League: appena 2 gol subiti, e dopo il fischio finale l’imbattibilità di Buffon è salita a 531 minuti consecutivi.
La Juventus è ormai da tre anni nell’élite d’Europa e ha dimostrato di poterci rimanere anche grazie alla gestione sportiva, visto che i profondi cambiamenti di questi due anni non hanno cambiato nemmeno a livello continentale la percezione globale della forza della squadra di Allegri. Tra i quattro club rimasti in corsa è senza dubbio la formazione più solida e continua, e le prospettive per una vittoria finale non sono mai sembrate così rosee. Non va sottovalutato che il Bayern Monaco, che per motivi tecnici e tattici era forse quella più pericolosa da affrontare per i bianconeri, è ormai fuori dai giochi.
Restano tre partite e due squadre, qualsiasi la sorte abbia in serbo per la squadra di Allegri, di tutto rispetto. E al di là dei ragionamenti specifici che riguardano l’uno o l’altra possibile contendente alla finale, o alla coppa, si può dire senza timore di essere smentiti che ora più che mai la vittoria della Champions League è un obiettivo concreto per la Juventus, e che la politica estiva così rischiosa sta portando esattamente i frutti sperati.