Quando cominciano a cadere i record di longevità di Jimmy Connors, che per dire nel 1991 ha giocato una semifinale all'US Open a 39 anni, mancano i termini di paragone per capire cosa stia succedendo. Battendo Stan Wawrinka in due set, Roger Federer domenica è diventato a 35 anni e sette mesi il più anziano vincitore di Indian Wells, superando il primato detenuto da Connors dal 1981 quando ha vinto il torneo californiano a 31 anni e cinque mesi. Già con l'Australian Open a fine gennaio Federer era diventato il veterano degli Slam degli ultimi 45 anni, da quando Ken Rosewall nel 1972 aveva vinto proprio in Australia, a 37 anni. Ora, con i due principali tornei del primo quarto di stagione vinti e pochissimi punti da difendere dal 2016, qualcuno comincia a chiedersi se Federer addirittura tornerà numero uno del mondo.
Ovviamente è presto per fare ipotesi di questo tipo, e va ricordato che entrambi i titoli di Federer di quest'anno si sono verificati in coincidenza di prestazioni negative sia di Andy Murray che di Novak Djokovic, ovvero numero uno e due mondiali, le cui sconfitte negli appuntamenti importanti hanno contribuito al restringersi dei divari in classifica. Federer dall'inizio dell'anno è salito dal 17 al numero sei, e giocherà anche il Masters 1000 di Miami che inizia questa settimana, torneo a cui Murray e Djokovic hanno dato forfait, entrambi per problemi al gomito destro. Nella cosiddetta race, ovvero il parziale dei soli punti fatti nel 2017, Federer è primo con 3045, quasi il doppio di Nadal secondo, con Murray decimo e Djokovic diciottesimo.
Serenità interiore
Molto si è detto sulla capacità di Federer di rigenerare il proprio corpo e il proprio gioco in questi ultimi anni, l'entusiasmo crescente per un Federer 2.0 o 3.0 che sfoderava nuovi colpi e nuove tattiche mese dopo mese: è tutto iniziato con i problemi alla schiena nel 2013 seguiti dai primi (fallimentari) tentativi con una racchetta più grande, poi c'è stato il 2014 e la collaborazione con Stefan Edberg e il lavoro su un gioco più offensivo, l'incremento del serve & volley e il passaggio definitivo a un telaio da 98 pollici invece dei 90 usati per tutta la vita, e praticamente soltanto da lui in quest'epoca; il 2015 ha portato lo Sneak Attack by Roger, ovvero la risposta al servizio in avanzamento, colpendo di controbalzo e andando direttamente a rete, praticamente un return & volley; nel 2016 l'arrivo di Ivan Ljubicic come allenatore e poi la prima chirurgia della sua carriera, al ginocchio sinistro, seguita da altri sei mesi di stop prima di questo inizio di stagione eccezionale, dove tutto gira alla perfezione: la mobilità eccellente, il rovescio molto più solido e offensivo, la risposta al servizio profonda, la ricerca costante dello scambio breve a chiudere il punto appena possibile.
Ovviamente non si tratta di reali trasformazioni, ma di un continuo adeguamento del modo di stare in campo in base al momento, alla ricerca di un ottimizzazione delle risorse, ad aggiustamenti tattici che rivelano l'intelligenza del giocatore sia in partita che nello scegliersi le persone da avere accanto. Le vittorie di quest'anno rivelano anche una maggiore serenità nel gioco, una libertà nell'esecuzione dei colpi che forse deriva dalla volontà di apprezzare questa fase della propria carriera una partita, un torneo alla volta, dato che il tempo rimasto a disposizione nel circuito professionistico potrebbe limitarsi soltanto a una o due stagioni in più.
In queste settimane Federer ha più volte detto quanto vincere un altro Slam abbia significato per lui, ed è proprio per questo che il titolo a Indian Wells stupisce, perché non è facile recuperare le energie agonistiche dopo una vittoria così importante, e in una fase della carriera in cui la gestione delle risorse diventa la priorità assoluta. E quindi ci troviamo nella situazione in cui il giocatore più forte del momento compie 36 anni ad agosto e non ha neanche annunciato dove giocherà dopo Miami, mentre i due leader della classifica si leccano le ferite e i contendenti fuori dal cerchio magico, come Nick Kyrgios e Milos Raonic, una settimana giocano benissimo, un'altra meno bene, e quella dopo ancora si infortunano.
Poi c'è anche Wawrinka, ma per sua colpa o sua sfortuna, nonostante tre Slam vinti, resta sempre una sorta di mina vagante di lusso, mai dato come favorito ma sempre come potenziale exploit ai danni di altri favoriti. Sarà per la sua amicizia con Federer, sarà per quelle celebrazioni così contenute quando ha vinto i suoi major, quasi a scusarsi con gli avversari sconfitti, sarà perché Federer posta fotografie come questa il giorno prima di affrontarlo:
O perché circolavano clip come questa subito dopo la fine dell'incontro:
O perché rilascia dichiarazioni come questa.
Tennis a risparmio energetico
A Indian Wells c'è stata anche la vittoria di Federer contro Rafael Nadal negli ottavi, nella "sezione della morte" del tabellone in cui i due erano stipati assieme a Djokovic, Kyrgios e Juan Martìn del Potro. Djokovic ha battuto del Potro in tre set prima di perdere per il secondo torneo di seguito contro Kyrgios, che poi a sua volta si è ritirato prima di giocare nei quarti contro Federer, ufficialmente a causa di problemi di stomaco, pare per colpa di uno smoothie bevuto la sera prima. La delusione per il forfait di Kyrgios è stata molto grande, a testimonianza della fame di scontri nuovi, nuove rivalità da raccontare, nuovi talenti da annunciare. Ma quelli attuali riescono a incantare soltanto a singhiozzi, e allora il Clasìco tennistico tra Federer e Nadal resta l'ancora di salvataggio per evitare una narrazione ridotta a minuzie tecniche. In quell'ottavo Federer ha colpito per i tanti vincenti di rovescio, per il modo in cui non ha permesso a Nadal di spingerlo indietro, in una versione più a senso unico di dinamiche di gioco analoghe a quelle viste nella finale a Melbourne. Ma dopo l'incontro Federer non era convinto delle condizioni di Nadal, sostenendo che lo vedeva lento negli spostamenti laterali, "anche se forse non ce lo spiegherà mai", ha aggiunto.
Quello che non va con Nadal potrebbe semplicemente essere tutto il suo corpo che ha perso un qualcosa di esplosività, di velocità di movimento, di elasticità muscolare. Il suo gioco più di quello di altri atleti dipende da un funzionamento complessivo dell'organismo, e se l'albero motore comincia a mostrare minime irregolarità si innesca una reazione a catena su tutto il resto. Scendono i giri al secondo del suo dritto inimitabile perché il braccio gira molto più lentamente attorno alla testa nella sua folle tecnica a uncino, e questo magari perché le ginocchia si flettono un decimo di grado in meno dopo decine di migliaia di scarti laterali e insostenibili scarichi di peso sulle articolazioni.
Non serve essere degli esperti per rendersi conto di alcune differenze. Questo è il gioco di gambe di Federer:
Questo è quello di Nadal:
Lo stesso vale per Djokovic e per Murray, che insieme a Rafa compongono la trinità dei difensori offensivi, giocatori che uniscono una capacità di copertura del campo senza pari a dei fondamentali con un potenziale offensivo altrettanto eccezionale. A confronto il gioco di Federer, oltre a essere meno logorante per le articolazioni in quanto indirizzato a prendere subito il controllo dello scambio e a attaccare, è anche un gioco composto da diverse parti non così interdipendenti tra loro: magari in una partita il rovescio lungolinea non funziona ma il dritto a uscire si, la prima di servizio entra poco ma la volée bassa gli riesce comunque bene, e così via. Federer ha un gioco improntato all'esecuzione di colpi, gli altri tre sono più inclini a giocare per indirizzare i punti a loro vantaggio, anche se spesso questo comporta correre più dell'avversario. Il logorìo del tennis moderno emerge dalle parole con cui Djokovic ha annunciato il suo ritiro da Miami, andando oltre il semplice problema al gomito: "Sono fortunato a non aver avuto troppi infortuni durante la mia carriera, ma tutto il lavoro fatto in questi anni ha comunque lasciato un segno sul mio corpo."
A Miami Federer e Nadal saranno su parti opposte del tabellone e potranno solo incontrarsi in finale: a Roger sono capitati potenziali incontri con del Potro, Dominic Thiem e Wawrinka (o Kyrgios), a Rafa tocca Grigor Dimitrov, Raonic e Kei Nisihikori. Ma comunque vada a Miami, a questo punto conta vedere cosa accadrà nella stagione europea sulla terra, cosa accadrà tra i tre Masters 1000 di Montecarlo, Madrid e Roma e poi il Roland Garros, dove Djokovic difenderà il solo Slam di cui è ancora campione in carica, dopo averne vinti quattro di seguito tra Wimbledon 2015 e Parigi dell'anno scorso.
Come si celebra una leggenda vivente
Nel frattempo Federer viene coccolato da tutti, immortale icona del tennista da settimana della moda. Così classico nel suo stile, così impeccabile atleticamente, il paradosso vuole che forse nessuno più di lui ha giovato dei materiali delle racchette moderne, che col nuovo telaio più grande gli hanno regalato margine di errore, potenza e non lo hanno privato di un millimetro di accuratezza nel piazzamento dei suoi colpi. E va a finire che vince Indian Wells a 35 anni senza cedere un set, e senza mai superare l'ora e mezza di gioco nelle sue partite.
E mentre la stagione tennistica nel Vecchio Mondo si avvicina con tutte le incognite della fatica della terra rossa, intanto GQlo mette in copertina e lo fotografa con giacchette da cinquemila dollari mentre fa finta di usare una cinepresa Super8, o mentre se ne sta in pantaloncini col trofeo di Melbourne tra le braccia, steso su una pelliccia.
D'altronde, così i giocatori dell'Arsenal celebravano la sua vittoria all'Australian Open:
Oppure John Isner, che pur essendo collega di Federer ieri si chiedeva:
Infine la sciatrice Lindsey Vonn, che con l'hashtag #ageisjustanumber sempre ieri elogiava lo stile e l'umiltà dell'uomo più elegante del 2016, sempre secondo GQ.
Dunque per chiudere, un consiglio musicale.