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La Juventus futura?
24 gen 2017
Il 4-2-3-1 visto contro la Lazio sembra indicare la nuova strada, ma è soprattutto questione di principi di gioco.
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Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con NOW TV.

Dopo la brutta sconfitta di Firenze - la quarta su nove partite in trasferta in campionato - la partita della Juventus contro la Lazio era attesa anche per osservare la reazione dei bianconeri: dopo ogni sconfitta esterna la squadra di Allegri aveva sempre agevolmente vinto allo Juventus Stadium, teatro dell’incredibile record di 27 partite vinte consecutivamente in serie A.

I dubbi, quindi, non riguardavano la reazione mentale della Juventus, quanto un eventuale ritorno alla difesa a 4 e al rombo di centrocampo dopo che il 3-5-2 era affondato a Firenze. Oltre alle evidenti difficoltà tattiche nella specifica partita, con il centrocampo a 3 della Juventus in perenne difficoltà numerica e posizionale contro il quadrilatero della Fiorentina (due mediani, Badelj e Vecino, e due intermedi, Borja Valero e Bernardeschi) la partita sembrava aver certificato una sconfitta del 3-5-2, e gran parte delle critiche si concentravano sull’impronta eccessivamente difensiva del modulo.

Ma la contemporanea assenza di Marchisio e Sturaro rendeva concretamente problematico l’utilizzo del rombo a centrocampo, e alla lettura delle formazioni la curiosità sul modulo scelto da Allegri aumentava ulteriormente: come schierare contemporaneamente Cuadrado, Pjanic, Khedira, Dybala, Mandzukic ed Higuain?

Sin dal calcio d’inizio è stato chiaro che la scelta di Allegri era il 4-2-3-1, con Khedira e Pjanic interni, Cuadrado a destra, Mandzukic a sinistra e Dybala alle spalle di Higuain.

La pass map della Juventus contro la Lazio. Il 4-2-3-1 è chiaramente delineato e le linee di passaggio uniformemente distribuite.

Come è andata la partita

Inzaghi si è presentato allo Juventus Stadium con il solito 4-3-3, e Lombardi a destra nei tre attaccanti (per sostituire Keita assente per la Coppa d’Africa), dalla parte opposta di Felipe Anderson.

La Juventus ha iniziato aggredendo alto il possesso palla della Lazio e utilizzando le uscite in pressione tipiche di un sistema 4-2-3-1 contrapposto al 4-3-3. Higuain ballava tra i due difensori centrali e Dybala, in partenza, si piazzava nella zona del mediano Biglia per poi alzarsi in un secondo tempo sul centrale in possesso palla, stando attento al tempo stesso a schermare la linea di passaggio interna proprio verso il mediano argentino. La manovra bianco-celeste era dirottata verso le fasce, dove gli esterni e i terzini juventini aggredivano i rispettivi avversari e l’interno del lato forte accorciava sulla mezzala di competenza.

Dybala si alza su De Vrij schermando Biglia, Mandzukic va sul terzino Patric e Khedira accorcia sulla mezzala Parolo. L’azione della Lazio non riesce a svilupparsi e i biancocelesti sono costretti al lancio lungo , facile preda della difesa juventina.

Il gol è arrivato prestissimo ed è stato frutto - oltre che della tecnica purissima di Paulo Dybala - di un vantaggio strategico che è stato fondamentale per la Juventus: sul lato sinistro dell’attacco Mandzukic aveva un evidentissimo vantaggio fisico, è prevalso su ogni duello aereo ed ogni corpo a corpo con Patric (suo marcatore); ed è stato proprio il croato a fare la sponda di testa per Dybala in occasione della rete del vantaggio.

L’azione della Juve si sviluppa in ampiezza, ma sembra non potere progredire in avanti perché la Lazio copre tutte le linee di passaggio. A Lichtsteiner basta alzare una palla apparentemente innocua verso la zona di Mandzukic per creare il gol di Dybala.

Il gol non ha placato la squadra di Allegri che ha continuato a pressare alto, a recuperare palloni e a palleggiare in fase di possesso.

Il raddoppio, al diciassettesimo minuto, è nato dall’ennesima manovra in ampiezza sviluppata sulla fascia destra e da un incredibile errore di posizionamento dei centrali di Simone Inzaghi.

Wallace, il centrale del lato da dove parte il cross, è troppo avanzato e troppo spostato verso la linea laterale per coprire efficacemente la zona del primo palo. De Vrij è in netto ritardo e posizionato troppo avanti rispetto al suo compagno di reparto. La zona pericolosa davanti a Marchetti è libera e attaccata con cinismo da Gonzalo Higuain.

Raggiunto il doppio vantaggio, la Juve ha rallentato il proprio pressing avanzato, alternando fasi di difesa posizionale con un 4-4-1-1 purissimo a più rare fasi di pressione alta.

A sinistra, pur nell’ambito delle caratteristiche individuali, l’interpretazione del ruolo di Mandzukic è stata piuttosto ortodossa, con il ripiegamento sulla linea degli interni di centrocampo in fase di non possesso. In fase di possesso erano frequenti le sovrapposizioni e le combinazioni tra Cuadrado e Lichtsteiner e la Juve ha sviluppato quasi il 50% del proprio gioco offensivo sulla fascia destra, mentre su quella opposta erano più frequenti le ricezioni statiche e spalle alla porta di Mandzukic, utilizzato per l’avanzamento della manovra.

Il 4-4-1-1 in fase di non possesso palla della Juventus. Mandzukic è perfettamente calato nel ruolo di esterno di centrocampo.

La Lazio ha deluso le aspettative, non è riuscita mai a trovare alcuna contromossa tattica efficace per superare le fasi di pressing della Juventus, a scalfire la difesa posizionale bianconera né a contrastare efficacemente il possesso palla degli uomini dl Allegri.

Gli expected goals - 1.7 per la Juventus e solo 0.3 per la Lazio - certificano il dominio bianconero e le difficoltà in ogni fase del gioco della squadra biancoceleste.

Cosa abbiamo capito del 4-2-3-1

Anche se la maggior parte dei discorsi si concentra sulla difesa a 4 invece che a 3, va sottolineato come solo per la seconda volta in stagione la Juventus abbia abbandonato il dogma del centrocampo costituito da un mediano e due mezzali, per schierare solamente due interni in mezzo al campo.

Era già successo nella trasferta di Verona contro il Chievo e in quella occasione Allegri aveva schierato un classico 4-4-2 con Sturaro come esterno sinistro e la coppia Higuain-Mandzukic in attacco. Il 4-2-3-1 rappresenta invece una novità assoluta per i bianconeri e ha evidenziato alcune tendenze che potrebbero rivelarsi di grossa utilità per il resto della stagione della Juventus.

Il nuovo modulo ha funzionato bene, garantendo ampiezza alla manovra e gioco tra le linee, con Dybala libero di trovare la posizione corretta ma più avanzato del solito grazie alla diversa copertura degli spazi da parte del resto dei compagni; oltretutto la Juventus ha mostrato anche buona compattezza difensiva con le strette linee del 4-4-1-1 posizionale, e chiarezza delle uscite in fase di pressing offensivo.

Il 4-2-3-1 “costringe” Dybala a stare più vicino a Higuain e a limitare le sue ricezioni eccessivamente basse. Dybala più vicino alla porta e ad Higuain vuol dire questo.

L’interpretazione del modulo, provato da soli 4 giorni come dichiarato da Allegri, va chiaramente affinata. In particolare, si dovrà bilanciare la scelta difensiva - tipica della Juventus - di orientare fortemente la posizione dei marcatori sui propri avversari e meno sulla copertura degli spazi, con l’assenza di un terzo centrale (come accade nel 3-5-2), o di un mediano (come nel 4-3-1-2) in grado naturalmente di coprire eventuali spazi lasciati liberi all’interno della linea difensiva.

Bonucci e Chiellini sono attirati entrambi a sinistra seguendo il movimento dei loro diretti avversari. La linea a 4 difensori e il centrocampo con due interni sarebbero in grado di gestire efficacemente un inserimento centrale di un avversario?

Ma, al di là degli specifici sviluppi del gioco nelle due fasi, sembrano importanti i segnali tattici lanciati dalla sorprendente Juventus vista contro la Lazio.

La Juve futura

Allegri è allenatore anti-dogmatico per eccellenza e alla fine della partita ha affermato che la Juve potrà ancora schierarsi con il 4-2-3-1, ma che non sarà l’unico modulo con cui vedremo in campo i bianconeri. E viene facile a credere al tecnico livornese che ha ampiamente dimostrato di non affezionarsi mai eccessivamente ai moduli di gioco.

Mettendo pertanto da parte le particolarità del 4-2-3-1, la partita contro la Lazio può avere tracciato la strada maestra per la Juventus che dovrà affrontare i momenti decisivi della propria stagione, sia in Italia che in Europa. La prima grossa indicazione è che, in assenza di Marchisio, la Juventus ha rinunciato sia a Rincon che a Sturaro, i due centrocampisti che vengono comunemente identificati come quelli in grado di interpretare al meglio la fase di non possesso palla.

Schierando in mezzo al campo Khedira e Pjanic, supportati in avanti da Dybala, Allegri ha scelto la via del palleggio e, nonostante il precocissimo doppio vantaggio, la Juventus ha tenuto la palla per il 58% del tempo, con una precisione dei passaggi pari al 90%: rispettivamente 4 e 5 punti percentuali in più delle medie stagionali.

Il dato ancora più significativo è che il possesso palla è stato costante sia prima che dopo i gol, ribaltando una tendenza che vedeva la Juventus lasciare il pallino del gioco agli avversari quando in vantaggio. Ad esempio, nell’ultima partita in casa, contro il Bologna, la Juve aveva avuto il 53.6% di possesso palla, lasciando il pallone per la maggior parte del tempo agli avversari dopo avere raggiunto il doppio vantaggio nel primo tempo.

Anche la composizione dei passaggi è stata diversa, con i “passaggi corti” che sono stati l’87.7% contro l’84.3% stagionale, aumentando così inevitabilmente la precisione. La Juventus si è difesa principalmente tenendo il pallone, grazie alla qualità dei suoi giocatori più tecnici, tutti contemporaneamente in campo, e a una copertura del campo che garantiva ampiezza e gioco tra le linee. A una difesa puramente posizionale e basata sul presidio degli spazi e al predominio fisico, tipico della Juve di questi anni, si è passati, nella partita della Lazio a un contenimento dei pericoli che ha assecondato maggiormente le caratteristiche di questo gruppo di giocatori.

Come rinunciare a schierare assieme Pjanic e Dybala?

Non è tanto questione di moduli, ma di principi di gioco. Dopo Firenze, Chiellini aveva rivelato che alla Juve mancava Pogba, un giocatore in grado di dominare atleticamente in fase difensiva e di portare avanti fisicamente l’azione in fase offensiva. Non c’è più Pogba e, da due anni, non c’è più Vidal: inevitabilmente la squadra deve basare il proprio calcio su altre qualità.

La scelta di utilizzare l’innegabile qualità tecnica a disposizione per difendere in modo diverso e attaccare in maniera più brillante sembra rispondere a queste esigenza e necessità di cambiamento.

Come rinunciare a schierare assieme Pjanic e Dybala?

In quest’ottica, la partita di Miralem Pjanic fornisce ulteriori indicazioni utili al futuro bianconero. Accusato di avere un’insufficiente capacità in fase di non possesso palla, sembrava che l’unico ruolo possibile alla Juventus per il bosniaco fosse quello di vertice avanzato del rombo di centrocampo. Un calciatore capace comunque di generare numeri notevoli (5 gol e 5 assist in campionato), di dialogare a meraviglia con Dybala e Higuain, ma troppo “leggero” per essere considerato importante per la squadra.

La prestazione di Pjanic ha mostrato come il contesto in cui si opera sia fondamentale per ogni calciatore: il bosniaco è stato il giocatore della Juventus e della partita che ha intercettato più palloni (ben 5, di cui 2 nella metà campo avversaria) evidenziando le sue sottovalutate capacità di prevedere e tagliare le linee di passaggio avversarie. In fase di possesso palla, costantemente sollecitato alla manovra, con soluzioni di gioco in ampiezza e profondità e con compagni in grado di parlare il suo linguaggio tecnico, Pjanic ha gestito con estrema qualità e padronanza il gioco della squadra, sia in fase di pura costruzione che, più avanti, di rifinitura.

Una dimostrazione lampante di come la fase di non possesso del bosniaco sia un reale problema se si utilizza una difesa essenzialmente fisica e posizionale, ma che invece sia un falso problema se si utilizza una difesa più mobile e basata sulla lettura delle intenzioni avversarie (oltre a un possesso palla che anche grazie alla qualità di Pjanic toglie il pallone dai piedi degli avversari per molto tempo).

Ecco come difende Pjanic.

I vantaggi di una Juve incentrata maggiormente sulla qualità della costruzione della propria manovra si possono riflettere anche sulla prestazione di Dybala, che può concentrare la sua azione più vicino alla porta avversaria e a Higuain.

Il 3-5-2 non è il male e il 4-2-3-1 non sarà l’unico modulo con cui giocherà la Juve da qui alla fine della stagione. Ciò che conta sono i principi di gioco su cui si basa il calcio che si vuole giocare e l’aderenza degli stessi con le caratteristiche dei calciatori a propria disposizione: questo è particolarmente vero per un allenatore come Allegri, refrattario alle verità assolute e disposto a ricercare in modi diversi la maggiore efficacia possibile.

Da quando il 3-5-2 è stato introdotto da Antonio Conte la Juventus è profondamente cambiata negli uomini e nelle loro caratteristiche e ciò rende inevitabile assecondare un cambiamento del calcio della squadra avvicinandolo il più possibile alle qualità dei giocatori e trovando il sistema di mettere in campo i migliori calciatori a disposizione.

Al di là dei moduli è questa la strada che Allegri deve perseguire, abbandonando un passato vincente che non può tornare uguale a se stesso.

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