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La Juventus non migliora
03 nov 2016
I bianconeri escono dalla partita con il Lione con qualche certezza in meno.
(articolo)
11 min
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Sono passati due anni da quando Massimiliano Allegri ha abbandonato per la prima volta il 3-5-2 in favore del 4-3-1-2. Il 4 novembre 2014 la Juventus, anche quella volta alla quarta partita del girone eliminatorio di Champions League, decisiva per la qualificazione, affrontava a Torino l’Olympiakos, riuscendo a batterlo in rimonta per 3-2. La Juventus era reduce da due sconfitte (Atletico Madrid e proprio Olympiakos) e con la qualificazione appesa al risultato della partita tutti attendevano che Allegri abbandonasse il 3-5-2 ereditato da Conte e giocasse il match da dentro-fuori secondo quello che si credeva essere il suo modulo di gioco preferito. Oggi la Juventus è saldamente in testa al campionato e, fino alla vigilia della partita contro il Lione, comandava anche il proprio girone di Champions League. Nonostante le differenze (dell'undici iniziale schierato contro il Lione solamente Bonucci, Marchisio e Buffon erano in campo contro l'Olympiakos) le spinte al cambiamento erano ugualmente presenti a causa di una qualità di gioco e di prestazioni non entusiasmanti e, in ogni caso, di livello inferiore rispetto alle attese estive e alle potenzialità della rosa.

La difesa a 4 e il rombo a centrocampo

Sebbene pronosticato da tutti nell'immediata vigilia, lo schieramento con la difesa a 4 e il rombo di centrocampo arrivava in maniera un po' inattesa durante la stagione, proprio quando gli infortuni in attacco e l'ottimo momento di forma dei giocatori di fascia, Cuadrado ed Alex Sandro, decisivi nella prestazione della Juventus contro il Napoli, lasciavano ipotizzare un modulo di gioco che esaltasse il lavoro degli esterni bianconeri. Invece Allegri ha lasciato in panchina sia Alex Sandro, preferendogli un terzino sinistro puro come Patrice Evra, che Juan Cuadrado, escluso da uno schieramento che non prevedeva esterni alti. In mezzo al campo, il ruolo di trequartista era preso da Miralem Pjanic con Sturaro mezzala sinistra e Marchisio come vertice basso del rombo. Davanti, la coppia d'attacco obbligata era quella composta da Gonzalo Higuain e Mario Mandzukic.

Il 4-3-1-2 della Juventus.

Rivoluzionando la contrapposizione tattica rispetto alla partita d'andata, affrontata da entrambi gli allenatori con il 3-5-2, anche Genesio ha cambiato il suo Olympique. Ha disegnato un 4-4-1-1 con i giovani Mammana e Diakhaby difensori centrali, Gonalons e Tolisso interni e Fekir alle spalle del centravanti Lacazette. Nella fase iniziale della partita era la Juventus a tenere maggiormente palla e a provare a dominare il possesso, specie dopo il gol su rigore di Gonzalo Higuain. In fase di non possesso il Lione si è schierato con un rigido 4-4-1-1 con la difesa e il centrocampo stretti e la linea mediana posta inizialmente circa 5 metri dietro la metà campo. Più avanti Lacazette si è mosso tra Bonucci e Barzagli e Fekir ha giocata nella zona di Marchisio.

La linea di centrocampo dell’OL piazzata appena al di qua della metà campo e il lavoro di Fekir su Claudio Marchisio.

La superiorità in zona centrale contro Lacazette consentiva alla Juventus di consolidare il possesso palla facendo circolare il pallone tra i due centrali e i terzini, sempre piuttosto bassi e solo occasionalmente attaccati alti dagli esterni Rybus e Ghezzal. La Juventus giocava meglio però quando il Lione si alzava a giocare un pressing offensivo. La qualità sul lato destro della difesa della Juve, formata da Dani Alves e Bonucci, permetteva uscite pulite e palle lunghe su Higuain e Mandzukic sempre ben riuscite.

La Juve risale il campo appoggiandosi con una palla lunga sulle punte.

Il 4-3-1-2 in azione

In fase di possesso quello della Juve era un 4-3-1-2 “aperto” piuttosto riconoscibile. In linea teorica il 4-3-1-2 può risolvere il quesito sull'ampiezza in modi diversi. Una soluzione è quella di avanzare i terzini e allargare le punte verso l’esterno. La Juventus invece ha preferito utilizzare i movimenti interno-esterno delle mezzali per garantirsi l'ampiezza, tenendo al centro, anche per caratteristiche, le due punte. Svuotata delle mezzali, la zona mediana veniva riempita dal movimento del trequartista Pjanic che, partendo da posizione avanzata, arretrava sino al fianco del mediano Marchisio per cucire il gioco. Questo disegno tattico costringeva una delle due punte, più spesso Higuain, ad abbassarsi per raccordare i reparti.

Il gioco offensivo posizionale della Juventus ha garantito il predominio nel possesso, ma ha prodotto poco. Le migliori occasioni sono arrivate in transizione offensiva: il rigore è nato da una ripartenza lunga e la clamorosa occasione per il raddoppio sui piedi di Higuain è stata generata da un pallone recuperato dalla pressione di Mandzukic su Mammana.

L’unica azione di possesso prolungato della Juve che genera un pericolo per la porta difesa da Lopes. Pjanic si abbassa e sulla ricezione bassa di Higuain va a giocare palla sulla trequarti. Su uno dei due cross di Evra in tutto il match, l’area è ben presidiata e la seconda palla conquistata da Sturaro.

In fase di non possesso la Juve provava a giocare un pressing piuttosto aggressivo. Il sistema di scalate prevedeva che sui terzini uscissero alte le mezzali, con Pjanic pronto a chiudere il centro e le due punte fisse sui due difensori centrali del Lione.

Sturaro si alza sul terzino destro Rafael, Pjanic gioca nella zona del centrocampista basso, mentre Marchisio si occupa del centrocampista che si alza.

Contro il pressing della Juventus, il Lione ha provato a risalire il campo palleggiando, considerando impraticabile la palla lunga verso Fekir o Lacazette. La strategia ha avuto un buon successo specie sulla propria fascia destra dove, favoriti dalla tecnica e dalla rapidità della coppia Rafael-Ghezzal, i francesi sono riusciti spesso a mandare fuori tempo il pressing di Sturaro e a riportare la palla verso il centro del campo con i movimenti verso l’interno del mancino Ghezzal.

Contro il possesso palla consolidato del Lione, Pjanic abbassava la sua posizione al fianco di Marchisio e la Juventus in zona arretrata finiva a difendere con il 4-4-2, con Khedira a destra e Sturaro a sinistra.

Il 4-4-2 in difesa posizionale della Juventus.

Le difficoltà ad avanzare con efficacia

Nel secondo tempo il controllo bianconero sulla partita è andato via via scemando, assieme alla pericolosità della squadra. Higuain e Mandzukic sono diventati meno efficienti nel lavoro corpo a corpo coi diretti avversari, che nel primo tempo era stato il fattore che, più di ogni altro, aveva permesso alla Juve di avanzare lungo il campo. In assenza di alternative, il possesso bianconero è diventato infruttuoso: dei 0.7 xG della Juventus, solo 0.2 sono attesi nel secondo tempo.

Il passaggio al 3-5-2 non è riuscito a migliorare, qualora ne avesse avuto l’intenzione, la struttura posizionale della squadra e la qualità del possesso palla, schiacciandola ancora di più all’indietro. A quel punto l’obiettivo di risalire il campo era affidato integralmente alle iniziative individuali di Alex Sandro. Ciò nonostante, la pressione del Lione ha schiacciato la Juve senza generare grossi pericoli per Buffon, almeno fino al gol di Tolisso, nato da un errato posizionamento della difesa a zona juventina su un calcio di punizione calciato verso l’area dall’Olympique.

È Alex Sandro a non allinearsi coi compagni e a tenere in gioco Tolisso.

Dopo il pareggio, la Juventus ha giocato i pochi minuti che mancavano alla fine del match provando a vincere la partita, sbilanciandosi e attirando così l’ira di Allegri che a quel punto (e a ragione) considerava il pareggio come un buon risultato, visto che una sconfitta avrebbe clamorosamente riaperto il discorso qualificazione. Nell’ultima azione della partita Lacazette non è stato sufficientemente veloce da evitare il recupero di Barzagli su un suo stesso errore.

Il Lione tira maggiormente in porta e, rigore a parte, è più pericoloso della Juventus.

Modulo nuovo, problemi vecchi

Finora la Juventus aveva giocato variazioni sul tema del 3-5-2, oscillando in modo fluido tra una linea difensiva costituita da 3, 4 o 5 uomini in fase di non possesso e grandi asimmetrie in fase di possesso, con il lato destro del campo spesso sovraccaricato di uomini.

Le maggiori difficoltà riguardavano la fluidità della propria manovra offensiva, condizionata da un’occupazione degli spazi non ottimale, e non sempre giocata con i tempi giusti. A causa delle difficoltà di giocare negli spazi intermedi degli schieramenti avversari, raramente la manovra offensiva bianconera è riuscita a disordinare la struttura difensiva avversaria. Le migliori cose la Juventus le ha mostrate in fase di transizione, con tanto campo da attaccare e senza il problema di costruire trame e creare da sé gli spazi.

Lo schieramento con il rombo a centrocampo poteva lasciare presagire una più naturale occupazione degli half-spaces e dello spazio tra le linee di centrocampo e di difesa del 4-4-1-1 del Lione. Eppure, e in maniera piuttosto paradossale visto che era stato schierato un trequartista, alla Juventus è mancato proprio il gioco tra le linee. Lo sviluppo della manovra pensato da Allegri, con Pjanic che arretrava e Sturaro e Khedira che si aprivano, svuotava di fatto la zona intermedia e costringeva una delle due punte ad abbassarsi. Per avanzare lungo il campo la squadra è stata costretta, sia con lanci lunghi, sia con traiettorie più brevi, ad appoggiarsi alle due punte. La Juve è stata, ancora una volta e con un modulo diverso, poco scaglionata tra diverse linee verticali, e quindi costretta a essere troppo diretta quando non era orizzontale.

L’interpretazione data al 4-3-1-2 era sostanzialmente simile a quella fornita dallo stesso modulo di gioco due anni fa, seppure con giocatori profondamente diversi. Il contributo sull’esterno di Khedira e Sturaro è stato pressoché nullo e ha scontato la relativa capacità dei due calciatori, specie il tedesco, di giocare efficacemente in quelle zone di campo. Nessuno dei due è capace di attaccare la profondità sulla fascia o di creare superiorità numerica tramite iniziative individuali. A complicare le cose l’atteggiamento dei terzini, Dani Alves ed Evra, che hanno giocato una partita esclusivamente di posizione, rimanendo legati anche in fase di possesso ai centrali e non avanzando praticamente mai. Dani Alves, così come le due mezzali, non ha effettuato un cross su azione in tutta la partita; Evra solamente due. Il gioco esterno della Juventus è stato, almeno fino all’ingresso prima di Alex Sandro e poi di Cuadrado, davvero poca cosa e, anche in parte come conseguenza dell’assenza di un credibile gioco sulle fasce, la Juventus non è riuscita a sviluppare un efficace gioco interno. L’interpretazione tattica del ruolo da parte di Pjanic è stata abbastanza in linea con le caratteristiche del bosniaco, ma ciò che non ha funzionato è stato quello che gli succedeva intorno. Quando l’ex romanista si abbassava, il suo posto tra le linee non era occupato da una delle mezzali, che rimanevano sempre larghe e l’unico sviluppo verticale possibile della manovra rimaneva quello di appoggiarsi su una delle due punte che veniva incontro al pallone, costretta a un gioco di raccordo non troppo nelle sue corde.

Pjanic si abbassa, le mezzali sono aperte, Higuain è costretto a venire dietro a raccordare il gioco. La Juve perde palla. Si noti la zona interna del campo completamente priva di maglie bianconere: la struttura posizionale della difesa del Lione può dormire sonni tranquilli.

La maggiore sconfitta di Allegri sta proprio nell’interpretazione data al 4-3-1-2 dalla propria squadra. Per un allenatore anti-dogmatico e attento alle qualità dei propri calciatori come è il tecnico bianconero, fallire nell’individuare il contesto migliore per fare esprimere i giocatori è un errore piuttosto grave. Ci sono parecchi dubbi, ad esempio, che il modo migliore di sfruttare la coppia di destra Dani Alves-Khedira sia quella di tenere basso il brasiliano e largo il tedesco, costringendo i due a un calcio che non fa brillare le loro qualità e inibendo di fatto il gioco sull’esterno, quando al centro dell’attacco si ha una coppia di punte come Higuain e Mandzukic. E con un trequartista come Pjanic, portato ad abbassarsi e a supportare il centrocampo nella circolazione del pallone, perché non prevedere una rotazione del centrocampo, con le mezzali ad occupare gli spazi tra le linee avversarie e l’ampiezza lasciata ai terzini?

A posteriori, anche il passaggio al 3-5-2 e la scelta di affidarsi quasi esclusivamente alla difesa posizionale si è rivelato un errore. Invece che provare a migliorare a partita in corso la disposizione in campo e i meccanismi necessari a far progredire in maniera fluida il gioco avanzando in maniera compatta, Allegri ha scelto di schierare la difesa a 5, aumentando ulteriormente i problemi di risalita del pallone. La punizione da cui è nato il gol di Tolisso nasce proprio da queste difficoltà e l’errore di posizionamento di Alex Sandro conferma i dubbi sul fatto che la Juventus sia ancora una squadra capace di difendere per lunghi tratti di partita dentro la propria area, dove è necessaria attenzione massima e la capacità di non distrarsi mai.

La partita di ieri ha dimostrato ancora una volta che nel calcio solo raramente è questione di moduli disegnati staticamente in campo, ma di occupazione razionale di spazi nei tempi corretti. Cambiando modulo la Juventus ha mostrato difetti vecchi e il lavoro che Allegri dovrà fare per trovare la giusta alchimia tra i suoi giocatori sembra ancora lungo.

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