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La riabilitazione di Balotelli
14 nov 2016
Balotelli è tornato ad essere un giocatore ma Ventura pensa che debba ancora farsi delle domande, quali?
(articolo)
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Da circa tre mesi, a quanto pare, Balotelli è tornato ad essere un calciatore. Lo ha fatto andando in un posto, Nizza, in cui nessuno sembrava ricordarsi che non lo era più da tempo. Il suo arrivo è stato un caso mediatico senza precedenti in Francia: ad accoglierlo c’era una quantità di reporter mai vista (il doppio di quanti ce ne erano per Ben Arfa, si dice), la vendita delle magliette del Nizza è esplosa (dieci magliette ogni ora il primo giorno, 1400 in totale nelle prime tre settimane) ed è stato coniato un termine che prova a racchiudere la viralità emotiva che c'è in giro: “Balofolie”.

Per una volta, finora, il rendimento in campo è stato all’altezza dell’attenzione ricevuta fuori. Il Nizza è incredibilmente primo nella Ligue1 con 29 punti, 3 in più di Monaco e PSG, Balotelli è titolare e ha già segnato 7 gol in 9 partite. Dopo 2 stagioni con più cartellini gialli che reti (6 a 1 lo scorso anno; 5 a 1 due anni fa) ora il suo tabellino ha ricominciato a somigliare a quello di un centravanti. Per chi nutre un minimo di fiducia nell’essere umano, la rinascita di Balotelli - già la seconda in carriera dopo quella al Milan - era solo questione di tempo, un punto di passaggio inevitabile nella sceneggiatura della sua carriera. A spezzare il sollievo di un’inversione luminosa - a quella che altrimenti era solo una storia deprimente - è arrivato Giampiero Ventura, che pochi giorni fa ha dichiarato: «Se Balotelli non è stato convocato - in Nazionale - dovrebbe farsi delle domande».

Siccome, però, non è così chiaro cosa intendesse Ventura, voglio aiutare Balotelli suggerendogli le domande che dovrebbe farsi.

Ho davvero ritrovato la voglia di giocare a calcio?

Sul numero di France Football dedicato a Balotelli (dall’eloquente titolo “Diamante o bigiotteria”) è riportato un aneddoto dei tempi del Milan, quando Allegri gli disse: «Noi siamo qui perché ci piace. Il fatto che ci piace il calcio viene prima dei soldi e delle macchine. Per te invece mi sembra che valga il contrario». Non è difficile, del resto, farsi passare la voglia di giocare a calcio dentro un contesto in cui i media sono pronti a crocifiggerti e a santificarti dopo ogni partita. Dove in campo hai la sensazione di giocarti l’onorabilità di uomo, prima che il tuo valore come calciatore.

Balotelli dice di aver scelto Nizza per ragioni climatiche. Come gli scrittori in pensione e i vecchi artisti impressionisti, Balotelli si è rifugiato in Costa Azzurra dove, stretto tra il mare e la montagna, vuole provare a sentirsi dimenticato dal mondo. Forse solo in un contesto di questo tipo, sentendo una fiducia coraggiosa attorno, può scoprire che nel calcio esiste anche una parte che ha a che fare con la gioia.

Come sempre, per misurare la voglia di giocare di Balotelli basta osservarlo mentre gioca. In campo è stato sempre molto espressivo: la sua poca voglia di giocare a volte è stata talmente evidente che non poteva non disturbare chi aveva pagato per vederlo, chi lo considerava un privilegiato. Anche nei momenti più positivi della sua carriera, Balotelli non sembrava davvero impegnarsi per riuscire nelle cose. Sembrava piuttosto che la realtà obbedisse all’ineluttabilità del suo talento.

Al Nizza invece è possibile raccogliere degli indizi, dentro il linguaggio del suo corpo, di un Balotelli più a suo agio con sé stesso e con quello che dovrebbe essere il suo lavoro.

  • Il primo indizio è che esulta. Certo con delle esultanze sempre auto-celebrative, che difficilmente si avvicinano a un’autentica gioia. Ma esultare è importante: dimostra che non porti la tua condizione di privilegiato come una croce, o quanto meno che ci stai provando.

  • A proposito, benvenuti anche in un mondo in cui Balotelli sorride.

  • E che scherza rilassato con un giornalista francese che gli consegna premi da “migliore in campo”.

Balotelli ha sempre sofferto di quella forma di egocentrismo per cui una partita di calcio, nel bene o nel male, non è altro che una prova testimoniale del suo talento. Al Nizza Balotelli sembra invece aver preso a cuore i destini collettivi della squadra, si interessa persino del risultato della partita, si spende in azioni che possono comunicare agli altri che non gli piace perdere.

Contro il Cannes, il Nizza ha perso per la prima volta in campionato e in questo contesto negativo Balotelli ha mostrato una mentalità diversa. Responsabilizzato positivamente, non si chiude nel proprio guscio di negatività, ma prova a determinare qualcosa di buono per la propria squadra. Questo lo porta spesso anche in confusione, perché Balotelli rimane un giocatore istintivo e spesso una grande voglia non può contare su una grande lucidità.

In questo senso, gli aspetti migliorati di Balotelli finiscono per scontrarsi con i vecchi difetti su cui ancora non è riuscito a lavorare. Se Balotelli sembra più volitivo e fuori dalla spirale nera in cui era precipitato, insomma, non significa che sia davvero diventato un giocatore migliore.

Ho imparato ad attaccare la profondità?

Quando il Nizza si spinge in avanti per organizzare la manovra offensiva, come i salmoni Balotelli risale la corrente al contrario attirato dal pallone. Ha sempre avuto la tendenza a venire incontro per giocare a muro con i compagni, ma quella che può essere una chiara virtù in carriera si è spesso trasformata in un vizio. Una forma di individualismo anarchico elitista.

In sostanza sembra che Balotelli sia sempre troppo pigro per attaccare la profondità. Per fare quel tipo di tagli offensivi che definiscono più di ogni altra cosa un centravanti: la tensione verticale di una squadra verso la porta avversaria.

Altre volte sembra che non riesca a respingere l’istinto che lo porta a ronzare attorno al pallone per entrare al centro del palcoscenico. In alcuni momenti della partita Balotelli entra nella circolazione palla del Nizza come uno sconosciuto che sbuca a margine di una bella foto. Contro squadre che intasano gli spazi sulla trequarti, Balotelli va in difficoltà. Invece di provare ad allungare la difesa proponendo degli attacchi in profondità, comincia una sterile e depressiva peregrinazione sulle fasce, e a volte finisce in posizioni di campo indecifrabili (perché qui si trova a fare la mezzala destra?).

È un peccato che Balotelli sia così poco curioso di guardare cosa c’è oltre la linea difensiva (come direbbe Spalletti), perché poi è lì che succedono le cose, che un attaccante può concludere, prendendo un palo o segnando a difese clamorosamente disorganizzate. È lì che il suo talento può brillare in una sensazione di pericolosità continua.

Fornire una linea di passaggio centrale costante ai compagni è un’ottima cosa per risalire il campo, ma nel suo secondo movimento Balotelli raramente ha l’umiltà e l’intelligenza di sfilarsi dalla zona palla per contemplarsi come finalizzatore. Una situazione che diventa quasi comica quando il Nizza è in svantaggio. In quei casi il paradosso tra la sua voglia di essere determinante e la sua scarsa intelligenza calcistica esplodono, e allora si ritrova a lanciare verso il fantasma di un sé stesso migliore, che ha tagliato verso l’area e che non si è preso un pallone innocuo sulla fascia sinistra.

Un problema finora nascosto dal fatto che il Nizza è stato quasi sempre avanti nel risultato. Forse Balotelli dovrebbe giocare in una squadra sempre in vantaggio, dove la sua capacità di addormentare la partita diventa preziosa. Dove può usare a piacere il suo talento nel dare la sensazione che togliergli il pallone è impossibile, che qualsiasi sforzo agonistico degli avversari sarà vano.

Il talento di Balotelli spalle alla porta ha un lato costruttivo e uno distruttivo. La versione buona di Balotelli mette il suo talento al servizio di un’idea di calcio nobile, elegante, popolata da rifiniture lussuose, stop di petto da drago e sponde raffinate. Si potrebbe pensare che Balotelli sarebbe un’eccezionale falso nove, se il ruolo non richiedesse una straordinaria cerebralità.

Quando non riesce a essere costruttivo Balotelli è così frustrato che diventa distruttivo. La versione malvagia di Balotelli usa il suo talento al servizio di un’idea di calcio che prevede il tentativo di umiliazione dell’avversario.

Ho smesso di fare il coglione quando proteggo il pallone?

Quando Balotelli è in versione cavaliere dell’apocalisse dà vita a situazioni di gioco peculiari. Sono momenti che, secondo la tradizione wallaciana, potrebbero essere definiti Momenti Balotelli. Quei momenti, cioè, in cui la palla arriva a Balotelli e la partita si ferma, perché lui deve proteggere il pallone e fare qualcosa di inutile che faccia sentire inadeguato il suo diretto marcatore. I Momenti Balotelli comprendono: colpi di tacco inutili sulla bandierina; estenuanti sequenze di finte inutili e provocatorie, spesso accompagnate da scarichi fatti con sufficienza e senso di superiorità.

In questi momenti Balotelli somiglia a un Dio oscuro e vendicativo che trasforma ogni sua scelta di gioco in un atto di violenza nei confronti degli avversari e del pubblico. Jean-Philippe Toussaint in un libro recente ha scritto che il calcio ci allontana radicalmente dal pensiero della morte. Forse perché non ha mai visto giocare Balotelli.

Ho imparato a giocare davvero per la squadra?

Ma uno degli aspetti in cui Balotelli nella sua carriera è stato più deficitario è quello della sua fase difensiva. È probabilmente per questo motivo, più che per questioni caratteriali, che Klopp al Liverpool non lo ha voluto. O meglio: lo ha considerato la quarta scelta come attaccante, invitandolo implicitamente ad andarsene. È probabilmente anche questo il motivo per cui Ventura gli preferisce (e forse continuerà a preferirgli) attaccanti ossessionati dal pressing come Eder, Immobile o Belotti.

Siamo in un periodo di grande riflessione sul ruolo del centravanti. Nel giro di poche settimane ne hanno scritto sia Jonathan Wilson che ESPN. Sono articoli che sanciscono un dato di fatto: nel calcio di oggi fare gol non basta a un attaccante a garantirsi il posto: un concetto ribadito nelle ultime settimane sia da Klopp (con Sturridge) che da Guardiola (con Aguero). Il lavoro che viene richiesto a un centravanti è talmente universale da richiedere intensità agonistica e intelligenza nei movimenti e nelle letture.

Balotelli non ha l’intensità agonistica per essere davvero utile nelle fase di gegenpressing, e non ha neanche l’intelligenza per tagliare le linee di passaggio avversarie. Quando il Nizza si difende Balotelli sembra sentirsi in diritto di poter disinteressarsi di tutto: tranne rari momenti, in ogni caso istintivi, cammina per il campo come un corpo avulso dall’organismo di squadra.

Quando è arrivato al Nizza, a fine mercato, Lucien Favre - tecnico del Nizza - aveva parlato di Balotelli come di un giocatore calcisticamente quasi analfabeta: «Ha bisogno di un grosso lavoro di ricostruzione. Sul posizionamento, sullo smarcamento offensivo e sulla fase difensiva». Tutti problemi che Balotelli si porta dietro praticamente da sempre. Nel 2014 Daniele De Rossi dichiarò: «Mario ha le qualità dei più grandi attaccanti, ma non si muove come questi. Se imparerà a crearsi lo spazio, sarà impossibile da fermare».

Da sempre tendiamo a guardare a questi giocatori dal talento tecnico e fisico sconfinato come splendidi diamanti da sgrezzare. Consideriamo sempre troppo poco che, oggi ancora di più, cosa si fa senza palla definisce un giocatore almeno quanto quello che fa col pallone. E che magari anche i movimenti senza palla fanno parte di un tipo di talento che si può imparare solo fino a un certo punto, come un tiro a giro e un colpo di tacco.

Aldilà dei suoi eterni tic comportamentali, forse questa è la peggiore notizia per Balotelli. In Ligue 1, in un contesto in cui la propria superiorità atletica e tecnica si fa sentire praticamente in ogni azione, Balotelli riesce a essere determinante senza sforzarsi di essere un giocatore migliore. Nella pace della Costa Azzurra, Balotelli ha iniziato il proprio rehab. Bisogna capire se si accontenterà di fare la differenza nel modo in cui ha sempre fatto o se vorrà davvero vincere il Pallone d’Oro , come ha dichiarato quest’estate.

Noi, da parte nostra, possiamo decidere se continuare a sperare nel miglioramento di Balotelli, oppure sperare che rimanga per sempre lontano da un contesto di livello più alto. Possiamo farci bastare l’idea, terribile ma per certi versi sublime, di un giocatore che può fare in campo quello che vuole, pronto a usare il proprio talento anche contro di sé e gli altri, senza preoccuparsi di diventare davvero grande.

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