Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
L'anno buono?
19 mar 2016
La Ferrari torna a puntare al titolo dopo una lunga crisi.
(articolo)
20 min
Dark mode
(ON)

Per uscire da un momento storico di grande impasse, tra la fine del 1995 e gli ultimi mesi del 1996 la Ferrari operò scelte radicali. Michael Schumacher, appena laureatosi Campione del Mondo per la seconda volta consecutiva in un team molto preparato (la Benetton con motore Renault, il migliore degli anni Novanta), era stato convinto a firmare per un progetto affascinante ma estremamente complicato in quelle condizioni. L'entourage dell'avvocato Agnelli aveva dovuto preparare una valigia piena di denaro comprendente anche entrambi i piloti titolari (Alesi e Berger) verso il team di Flavio Briatore. «Ci è costato come un tozzo di pane. Ma con molto caviale», una delle più felici e azzeccate metafore dell'avvocato.

Per completare l'operazione di rinascita, Montezemolo e Agnelli rilevarono dalla Benetton anche i progettisti Ross Brawn e Rory Byrne in sostituzione di John Barnard a fine 1996. nel 1999 si è aggiudicata il primo Mondiale Costruttori (l'ultimo risaliva al 1983) e l'anno successivo ha finalmente celebrato il titolo con Michael Schumacher, 21 anni dopo Jody Scheckter, per poi aprire il ciclo più vincente della storia della Formula Uno.

Fattore Vettel

Quando nel novembre del 2014 venne annunciato il passaggio di Sebastian Vettel dalla Red Bull alla Ferrari, le fantasie percepite dal popolo ferrarista erano in realtà controbilanciate dalla delusione per la perdita di un fuoriclasse come Fernando Alonso, che molti (compreso Luca di Montezemolo) consideravano il miglior pilota nel dopo-Schumacher.

A fine 2014 Vettel era reduce da una stagione di crisi nel confronto diretto con il compagno di box Daniel Ricciardo. La nazionalità tedesca, i quattro Mondiali in Red Bull e l'approccio estremamente professionale come quello del suo predecessore (Vettel ha un quadernino dove raccoglie appunti per ogni singolo punto della pista, e ne discute con il suo ingegnere) alimentavano legittime suggestioni sul fatto di avere finalmente in dote il vero erede di Schumacher. Lo stesso vecchio campione aveva indicato nel giovane connazionale il profilo giusto per il futuro della Ferrari. Il nuovo regolamento tecnico del 2014 aveva però messo a nudo alcune caratteristiche portanti dello stile di guida di Vettel, che da punti di forza erano diventati dei veri crucci per il tedesco.

Vettel potrebbe aver studiato molto bene lo stile di guida di Schumacher. Osservando con attenzione le grafiche proposte negli on board emerge un dato significativo: entrambi i piloti tengono una leggera pressione sul pedale dell'acceleratore anche in fase di frenata (che viene quindi effettuata con il piede sinistro). Con una differenza: Schumacher dava dei leggeri colpi all'acceleratore in corrispondenza con il ritmo della scalata delle marce, Vettel ha invece una pressione più costante.

Quella del tenere giù contemporaneamente sia freno che acceleratore è una strategia adottata solo in particolari curvoni veloci. Schumacher e Vettel la eseguono con costanza, anche in staccate violente. Schumi (sopra, in Benetton nel 1994) entra al tornantino di Montreal accompagnando la scalata delle marce con alcuni colpi ritmati di acceleratore. Vettel (sotto) entra invece in staccata alla Roggia a Monza con un parziale rilascio del gas, piuttosto uniforme.

Una tecnica del genere ha il chiaro vantaggio di impedire ai giri del motore di abbassarsi troppo, tenendo quindi la vettura a regimi medi e reattiva in uscita di curva. Permette inoltre di limitare il beccheggio (avantreno che si abbassa e vettura che si sbilancia in avanti) tipico delle frenate, specialmente le più violente, mantenendo una certa centratura dell'assetto. Di conseguenza conferisce a Vettel una capacità di sensibilità in staccata nettamente superiore alla media e utilissima sia nel time attack della qualifica, sia nella gestione del corpo a corpo in gara.

Il grosso svantaggio che ha invece penalizzato Vettel nel 2014, già citato nella nostra analisi della stagione 2015, è che la farfalla del gas leggermente aperta anche nella fase di frenata aumenta i consumi. Le restrittive regole sul quantitativo massimo di carburante in gara (100 kg) a partire dal 2014, e la scarsa capacità di recupero di energia della power unit Renault (costretta a esasperare soluzioni nella parte termica per compensazione, ma con ulteriore dispendio di carburante e aumento di problemi di affidabilità) avevano limitato Vettel, impedendogli di sfruttare tutto il suo potenziale nella sua ultima stagione in Red Bull.

Con il passaggio alla Ferrari il tedesco ha lavorato tantissimo ai simulatori per risolvere l'idiosincrasia al break by wire, il nuovo sistema frenante semi-elettrico che aveva sostituito quello classico, del quale (secondo i tecnici Brembo) Schumacher e Vettel erano i migliori interpreti, con scelte simili sulla corsa del pedale. La crescita imponente della power unit Ferrari ha risolto i problemi di consumo di Vettel, che continua a utilizzare più carburante del compagno di squadra (e in certe situazioni effettua la cambiata a un regime impercettibilmente inferiore rispetto a Raikkonen per risparmiare qualcosa) senza però mai andare in crisi.

La prima parte del Gran Premio di Silverstone 2015 è uno dei pochi casi in cui Raikkonen è davanti a Vettel (finirà poi invece ampiamente alle spalle). Nonostante in quel momento avesse circa 2 secondi di vantaggio sul tedesco, con qualche centinaio di metri in più percorso, il finlandese tende a limitare le emissioni di benzina rispetto a Vettel. la stessa cosa avviene nel Gran Premio di Abu Dhabi (in foto), nonostante Vettel avesse accumulato circa 24 secondi di ritardo da Raikkonen.

Con il passare delle gare Vettel ha progressivamente fugato ogni dubbio sul fatto che sia il profilo giusto per la nuova Ferrari, accrescendo a posteriori l'astio verso un Alonso mai calatosi fino in fondo nella realtà ferrarista. Sono in molti a pensare che il 2015 sia per il tedesco la migliore stagione della carriera, nonostante i quattro titoli mondiali vinti precedentemente. Vettel ha mostrato una freddezza da killer nel giro da qualifica e una gestione di degrado gomme e passo gara invidiabili, fallendo quasi completamente due sole gare (Bahrain e Messico). A pochi Gran Premi dal termine Vettel era addirittura in vantaggio in classifica piloti su Rosberg, dotato di una vettura nettamente più competitiva. Abbastanza per poterlo considerare la prima freccia dell'arco ferrarista anche per il 2016, dove il mirino sarà spostato sul titolo, senza dubbio.

Il golpe di Marchionne

L'acquisto di Vettel si è inserito in un panorama non troppo dissimile da quello che accolse Schumacher. Un momento storico buio dal punto di vista dei risultati, protrattosi per diversi anni e che ha esasperato i vertici Fiat al punto tale da effettuare un'altra rivoluzione generale.

Il Gran Premio di Italia a Monza è tradizionalmente il teatro perfetto per gli importanti avvisi aziendali di casa Ferrari. Schumacher commosse i tifosi quando annunciò in conferenza stampa - dopo aver vinto l'edizione del 2006 - il suo ritiro dalle corse, e la Ferrari ne approfittò per ufficializzare l'accordo con Kimi Raikkonen destinato a diventare Campione del Mondo l'anno successivo. Allo stesso modo Marchionne ha approfittato dell'indegna prestazione delle Ferrari a Monza 2014 (era anche la peggiore pista per la power unit di Maranello, in grave deficit di cavalli di fronte agli otto motorizzati Mercedes) per fare il repulisti generale della gestione di Montezemolo.

La direzione tecnica è passata nelle mani di James Allison che a fine 2014 ha potuto solo completare il progetto già avviato da Nick Tombazis (e poi radicalmente rivisto per la vettura del 2016, completamente a firma Allison). La direzione generale del team è stata invece affidata a Maurizio Arrivabene, che nel box della Ferrari aveva già avuto esperienze come rappresentante del potentissimo sponsor Philip Morris. Sebastian Vettel è stato infine affiancato dall'ingegnere di pista Riccardo Adami con il quale aveva lavorato nelle sue prime volte in Formula Uno, in Toro Rosso. La prima voce a complimentarsi con lui per le sue prime vittorie in entrambi i team italiani, sia a Monza nel 2008 che in Malesia lo scorso anno.

Gli anni passano ma l'emozione è la stessa.

La nuova squadra ha creato un clima nel box disteso e concentrato in un'unica direzione. Marchionne aveva rilevato un team diviso, con mancanza di comunicazione tra le fazioni dei "telaisti" e dei "motoristi", con i primi (capeggiati da Tombazis e Fry, poi allontanati) che avevano avuto maggior voce in capitolo sulla progettazione della vettura 2014, disastrosa e con una power unit non all'altezza (fondamentale invece nella nuova Formula ibrida).

Oltre alla compattezza del direttivo, nel box Ferrari si è creata anche una solidarietà tra i due piloti indispensabile per spingere la squadra al miglioramento costante, e che non c’è invece nel box Mercedes dove Hamilton e Rosberg sono allo scontro frontale. Un esempio del rapporto tra Vettel e Raikkonen si è avuto nel Gran Premio di Russia, con il tedesco (teoricamente in corsa per il Mondiale, a differenza di Kimi) che - alle spalle del compagno - aveva accettato senza problemi il mancato ordine di scuderia, deciso a guadagnarsi il sorpasso in pista nonostante tutto.

Raikkonen alla fine ha lasciato il sorpasso agevole - evitando così penalità - solo perché aveva in precedenza forzato irregolarmente lo strenuo tentativo di difesa, tagliando la prima chicane.

Il rapporto e il continuo dialogo tra i due piloti è stato probabilmente un fattore decisivo per il rinnovo del contratto di Kimi Raikkonen per un'altra stagione, dopo che la sua testa era praticamente stata affissa in piazza prima del Gran Premio di Ungheria.

Il risultato è che Vettel e Raikkonen - che seppur con qualche differenza di fondo, possiedono uno stile di guida simile ed estremamente pulito - permettono alla squadra di indirizzare sviluppi e soluzioni verso una direzione unica e condivisa. Fondamentale in questo senso l'interscambiabilità dei dati che vengono raccolti nelle simulazioni gara che i due piloti affrontano con le rispettive due mescole da gara: in questo modo i valori di prestazione e di degrado vengono incrociati ed è possibile costruire una strategia ottimale per entrambi per la domenica.

La nuova SF16-H e il nuovo regolamento sulle gomme

Nonostante James Allison sia arrivato a Maranello quando la progettazione della SF15-T era già a buon punto, la vettura del 2015 ha rappresentato nel suo complesso un passo avanti gigantesco che le ha consentito di mettere pressione alla Mercedes (e di batterla tre volte) a più riprese.

Anche in gare tranquille - come quella del Brasile - la Mercedes ha sentito la pressione della Ferrari. Nonostante Vettel fosse a quasi 13 secondi da Rosberg ed Hamilton, i piloti Mercedes hanno copiato la strategia del ferrarista per evitare ogni rischio. Vettel ha percorso 15 giri con le soft nel terzo stint e il box Mercedes lo ha marcato a uomo, nonostante Rosberg ed Hamilton fossero su gomme medie e potessero potenzialmente compiere un'altra decina di giri prima della terza sosta (ne avevano fatti 20 nello stint precedente, con più benzina a bordo).

Sempre nella nostra analisi della stagione 2015 avevamo illustrato i punti di forza e i punti deboli della Ferrari SF15-T. Il telaio era estremamente poco severo con gli pneumatici e permetteva di contenere e ritardare il degrado gomme. Allo stesso tempo la Rossa non aveva superato quei problemi di ricerca della temperatura ottimale degli pneumatici che si trascina da qualche anno, e che solo in Gran Premi caldi (Malesia, Ungheria e Singapore, vinti guarda caso da Vettel) erano risolti. La conseguenza è che la Ferrari mostrava difficoltà nel passo gara direttamente proporzionali alla durezza del compound del treno di gomme, soffrendo in misura maggiore con le hard arancioni che sono le più difficili da scaldare.

L'impietoso confronto sul ritmo in gara (al Gran Premio di Spagna) con le mescole dure tra Ferrari e Mercedes.

Chi ha patito in misura maggiore questa difficoltà della Ferrari a mandare in temperatura le gomme è stato Kimi Raikkonen. Il finlandese ha uno stile di guida leggermente più dolce rispetto a Vettel e forse una minore sensibilità e capacità di scaldare gli pneumatici. Raikkonen ha avuto qualche difficoltà principalmente in qualifica, dove l'esercizio di riscaldamento delle gomme è fondamentale nell'out lap per avere gli pneumatici al massimo nel giro secco. In gara la differenza di capacità di gestione delle temperature rispetto a Vettel si è vista soprattutto nel Gran Premio di Gran Bretagna.

A Silverstone cade qualche goccia d'acqua verso metà gara. Vettel (sopra) si mangia Raikkonen in poche curve. Il finlandese pensa che sia il caso di passare alle intermedie e va ai box. Il confronto successivo (sotto) con Perez (rimasto in pista con le slick) dimostra che in quella fase le gomme più indicate erano decisamente ancora quelle da asciutto. Con le hard Raikkonen aveva perso temperatura con l'asfalto umido e scivolava molto, pensando che la colpa della perdita di aderenza fosse dell'acqua in pista. In realtà Vettel era semplicemente stato nettamente più abile a mantenere gli pneumatici duri ad una temperatura più che accettabile.

Per risolvere questo problema, con la possibilità di avere finalmente un foglio completamente bianco da cui partire per il disegno della SF16-H - la sua prima vera Ferrari - James Allison ha innanzitutto modificato l'architettura delle sospensioni anteriori, passando dal pull-rod al push-rod adottato da tutte le altre concorrenti. L'obiettivo è quello di dare maggior guidabilità all'anteriore e portare più velocemente le gomme alla giusta temperatura di utilizzo, oltre che di permettere di incanalare meglio i flussi d'aria sul fondo vettura. Nick Tombazis aveva invece insistito sullo schema pull-rod che, a progetto ormai avviato, Allison non poteva eliminare dalla vettura del 2015.

Altre due modifiche visibili e rilevanti sono l'accorciamento del muso (con una leggera appendice centrale) e la redistribuzione delle componenti della power unit che ha permesso di restringere (termine tecnico: "rastremare") il retrotreno. Dal punto di vista aerodinamico soprattutto quest'ultima è la novità principale, la cui adozione era stata prevista per lo scorso Gran Premio degli Stati Uniti e successivamente posticipata al 2016.

Entrambe queste modifiche sono perfettamente visibili in questa comparazione.

In questo senso la Ferrari potrà sfruttare meglio i compound duri di pneumatici senza perdere l'efficacia, già vista nel 2015, nell'utilizzo di quelli più morbidi. Se le Rosse riuscissero ancora una volta a rivelarsi le migliori vetture nella gestione del degrado e delle alte temperature ambientali, il nuovo regolamento (che consente di scegliere due mescole da gara tra le tre da asciutto portate dalla Pirelli) potrebbe venire in soccorso alla Ferrari. Soprattutto confidando sulla superiorità sul resto dello schieramento, le Ferrari potrebbero diversificare le scelte rispetto alle Mercedes per azzardare dei rischi che - in caso di esito negativo - non costerebbero comunque il podio. Le mescole 2016 saranno inoltre generalmente più morbide e debutterà la nuova ultra-soft, di uno step più morbida della super-soft.

Australia, Bahrein e Cina non prevedevano la super-soft la scorsa stagione, e lo stesso vale per l'ultra-soft al Gran Premio del Canada. La traslazione delle strategie verso pneumatici più morbidi potrebbe dare una mano alla Ferrari. Dati FormulaPassion.

Uno dei settori nei quali la Ferrari aveva inoltre mostrato di dover progredire è quello dell'affidabilità. Entrambi i piloti non sono riusciti a terminare il Mondiale 2015 con le 4 power unit consentite dal regolamento per tutta la stagione. Nel 2016 i Gran Premi in calendario aumenteranno da 19 a 21 ma le unità motrici a disposizione torneranno ad essere 5 come nel 2014, riducendo così il chilometraggio medio richiesto ad ogni motore e la conseguente incidenza dell'affidabilità sull'esito finale del Campionato. Non si vedranno più, per intenderci, i 7 Gran Premi e i 4.737 annessi chilometri percorsi da Sergio Perez con lo stesso motore nella prima parte del 2015.

La collaborazione con Haas

Uno dei fattori che hanno maggiormente contribuito alla crescita Ferrari è stata la strettissima collaborazione con il nuovo team Haas che a Melbourne debutterà ufficialmente in Formula Uno.

Per sbarcare nella massima categoria dell'automobilismo mondiale l'imprenditore Gene Haas - proprietario del team Stewart-Haas Racing nei NASCAR - si è servito della volontà espansionistica di Marchionne nel Nordamerica. La Ferrari ha concesso le power unit 2016 per il debutto di Haas e la galleria del vento di Maranello per le simulazioni. Ha anche "parcheggiato" il suo terzo pilota, Esteban Gutierrez, che in Haas sarà titolare insieme al più esperto e blasonato Grosjean. Inutile sottolineare che secondo la stampa informata i due siano i favoriti alla successione di Kimi Raikkonen a partire dal 2017, e che Grosjean abbia accettato questo progetto sostanzialmente per incanalare la propria strada verso un ruolo da pilota titolare in Ferrari.

Il regolamento non prevede limitazioni sull'utilizzo della galleria del vento per team che non siano contemporaneamente impegnati ufficialmente nel Mondiale. In questo modo Haas nel 2015 ha potuto compiere una sconfinata serie di esperimenti e simulazioni per preparare la vettura del 2016. La Ferrari ha così potuto approfittare sottobanco della libertà concessa al team Haas, eludendo le proprie limitazioni ed effettuando di fatto continui test aerodinamici. La violazione formale del regolamento non c'è stata e gli avversari della Ferrari hanno potuto solo lamentarsi genericamente.

Destavano sospetti alla concorrenza le evoluzioni portate in pista, troppo frequenti se rapportate a quelle varate dagli altri team. La Ferrari ha in particolare compiuto due step evolutivi piuttosto consistenti (a Barcellona prima e ad Austin poi) che l'hanno avvicinata progressivamente alle prestazioni della Mercedes anche in circuiti meno favorevoli.

Sommati all'utilizzo estremamente produttivo che la Rossa ha fatto dei 32 gettoni-evoluzione per la power unit, motore e telaio Ferrari hanno effettuato un percorso di crescita enorme. Le prestazioni in Ungheria, a Singapore e i crono nel terzo settore in Messico hanno perfino fatto sorgere il dubbio che la Ferrari - nei tratti lenti e guidati - avesse un telaio perfino più efficace.

Gli avversari

A proposito di power unit, un recente studio della BBC avrebbe quantificato il numero esatto di cavalli espressi dai quattro differenti motori concorrenti in Formula Uno nel 2016. Sarebbe emerso che Mercedes sia ancora in testa con 950 cavalli (totale della somma tra motore termico ed elettrico) davanti ai 930 di Ferrari, più staccati Renault (TAG Heuer nel caso della Red Bull) con 900 e soprattutto Honda con 850.

Queste indiscrezioni porterebbero alla facile conclusione che il team ufficiale Mercedes abbia ancora del margine e che rimanga senza dubbio il costruttore da battere per la Ferrari. Il quadro è ancora più chiaro se confrontiamo la differente programmazione dell'off season tra la Rossa e la Mercedes: mentre a Maranello hanno esasperato alcune soluzioni tecniche per incrementare le prestazioni secche (lasciando leggermente da parte la cura dell'affidabilità), gli ingegneri della freccia d'argento hanno semplicemente evoluto la vettura del 2015 in alcune sue parti, e in assoluta tranquillità hanno percorso distanze siderali nei test di Barcellona senza alcun problema tecnico e, a detta di Hamilton, senza neanche aver forzato al massimo.

I giri percorsi nella seconda settimana di test (più attendibile) a Barcellona. Dati Motorsport.com.

In proiezione annuale constatare bisogna dire quindi che la Ferrari non possa giocare le proprie possibilità attraverso la potenza della power unit o la maggiore affidabilità. La Mercedes - sicura della propria indistruttibilità strutturale - potrebbe giocare al rialzo col manettino del boost come ha spesso fatto negli ultimi due anni (usando potenza-extra nei giri da qualifica e in periodi limitati in gara). Vettel e Raikkonen avranno invece bisogno di scelte più sagge (concordate con il team) nelle strategie con gli pneumatici e che tutti gli stravolgimenti meccanici e aerodinamici nella progettazione comportino un grande step di prestazione telaistica. Anche se nei curvoni veloci appare complicato minacciare la supremazia delle Mercedes, confermata nei test a Barcellona (la migliore pista possibile per le frecce d'argento) dove nel 2015 la Ferrari era addirittura meno efficace della Toro Rosso.

La McLaren-Honda era attesa da un salto di qualità che i test a Barcellona non hanno mostrato, almeno dal punto di vista delle prestazioni. Lo scorso anno, all'ultimo Gran Premio ad Abu Dhabi, Alonso ha utilizzato per la prima volta la mappatura del motore (mai esplorata prima per questioni di scarsa affidabilità) che consentiva di erogare la massima potenza. Come giustamente sottolineato da Cristiano Sponton, Alonso ha registrato due tempi piuttosto veloci, il secondo dei quali (1'44.796) si è rivelato il terzo miglior tempo assoluto in gara. Il problema è che questi rapidi crono sono stati inframmezzati da due passaggi consecutivi molto lenti (2'04.250 e 2'06.839), necessari per il difficoltoso recupero di energia per alimentare l'inefficiente unità elettrica Honda. Anche la velocità massima fatta registrare da Alonso in gara (306 km/h) era la terzultima (davanti alle sole Manor motorizzate col vecchio Ferrari 2014), ben 38 km/h distante dal record di Massa e nonostante la mappatura a massima potenza. Gli entusiasmi dei tifosi McLaren si fermano ulteriormente di fronte alla constatazione che Alonso era stato l'ultimo ad effettuare un pit stop e uno dei pochi a concludere la gara con le più veloci super-soft (un set nuovo), possedendo quindi il treno di gomme più prestazionali e più fresche di tutti gli altri in quel momento.

Si vede chiaramente come Alonso sia stato l'ultimo a rientrare ai box e contemporaneamente a montare le super-soft (un treno nuovo), che la maggioranza dei piloti aveva utilizzato solo nella parte iniziale di gara. Dati Pirelli.

Il sistema dei gettoni (che scomparirà nel 2017) da un lato consente possibili sviluppi, dall'altro limita le frontiere esplorabili da Honda per accorciare un gap abbastanza marcato. Alonso ha insistito molto sulla bontà del telaio prodotto dalla McLaren, confermando quello che Esteban Gutierrez e gli ingegneri Ferrari avevano ricavato dalle analisi dei dati della scorsa stagione. L'epurazione di Yasuhisa Arai, responsabile del progetto Honda, confermerebbe però che la BBC probabilmente non sbagliava nell'attribuire alla power unit Honda 100 cavalli in meno rispetto a Mercedes. E che forse Alonso e Button saranno destinati ad un'altra stagione (l'ultima per l'inglese) lontani dal podio.

La Red Bull ha invece lottato per mesi per ottenere la fornitura delle power unit Mercedes o Ferrari, ma il compromesso è una soluzione filosofica che la proprietà non ha mai preso in considerazione. In questo modo Ricciardo e Kvyat saranno di nuovo costretti a trainare un motore Renault travestito da TAG Heuer, e Christian Horner si è rassegnato a dover ammettere che si aspetteranno di essere inizialmente dietro alla sorella Toro Rosso che ha invece accettato la power unit Ferrari di fine 2015. Lo stesso discorso dei gettoni che limitano gli sviluppi di Honda è infatti applicabile anche alla power unit Renault. Eppure, nonostante l'età dell'oro sia ormai alle spalle, la Red Bull avrebbe potuto vincere almeno un Gran Premio anche nel 2015 e in situazioni di asfalto umido, misto e scivoloso si è rivelata la vettura probabilmente più competitiva, estremamente forte in tracciati lenti e tortuosi anche in condizioni asciutte.

Quando a Silverstone (sopra) e ad Austin (sotto) le condizioni meteo e dell'asfalto erano incerte, la Red Bull si è dimostrata più veloce in alcuni frangenti sia della Ferrari che della Mercedes.

Anche se avevamo sottolineato quanta importanza rivesta la creazione di un pacchetto prodotto interamente in sede unica, il nuovo team Renault non sembra minimamente minacciare i due colossi al vertice, nemmeno confrontando il livello dei rispettivi piloti. Ferrari e Mercedes hanno tutta l'intenzione, che poi forse è ormai una loro certezza, di ampliare il gap su tutti gli altri. Scene come quella del Gran Premio del Brasile - con sole quattro macchine a pieni giri - potrebbero diventare una costante del 2016, con la consapevolezza che forse le 16 ruote di testa potrebbero incrociarsi molto più spesso. Magari alternandosi anche nelle classifiche finali, e nell'albo d'oro.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura