Le grandi rivoluzioni tattiche della storia del calcio, in un modo o nell’altro, hanno a che fare con lo spazio. In Brilliant Orange, ad esempio, David Winner analizza il Calcio Totale indagando il rapporto con lo spazio della società olandese. Nel Barcellona di Pep Guardiola non c’era bisogno di un centravanti, perché secondo una delle citazioni più famose del tecnico catalano «il nostro centravanti è lo spazio». Ovvero: non è importante avere un riferimento in attacco, ma creare spazi che possono essere occupati dinamicamente dai giocatori.
La differenza di giocare con spazio o senza spazio
Ciro Immobile è un riferimento molto visibile al centro dell’attacco, ma in questo momento in Serie A nessun attaccante ha un rapporto migliore del suo con lo spazio. È soprattutto da qui che deriva la sua eccezionalità: capire quando e come correre per ricevere nella posizione giusta e col corpo orientato in maniera ideale per la giocata successiva. Doti che Immobile ha spiegato in un’intervista con Daniele Manusia: «Quando il centrocampista ha la palla orientativamente puoi farti un’idea di dove potresti correre. Un fattore importante è la coordinazione: devi capire come correre e come concludere e poi farlo il più velocemente possibile. Con i ritmi di oggi è impensabile che tu riesca a stoppare la palla dentro l’area, a guardarti intorno e a calciare».
È questo tipo di sensibilità ad alti ritmi, importante per un centravanti almeno quanto il saper stoppare la palla o calciare con forza e precisione, che rende eccezionale Immobile. È difficile che rubi l’occhio per una giocata particolarmente elegante o creativa. Quando parte in progressione, uno dei pezzi forti del suo repertorio, non sembra mai davvero in controllo della palla: se la sposta allungandosela confidando nel fatto che in qualche modo riuscirà a tornarne in possesso, perché più veloce o più svelto a coordinarsi del proprio avversario.
A Verona ha di recente segnato uno dei gol più descrittivi del suo modo di giocare. Riceve la palla da Luiz Felipe all’altezza del centrocampo e salta Souprayen con un cambio di direzione in corsa che lo mette fronte alla porta. Col tocco successivo inciampa sul pallone e rischia di cadere, ma riesce a stare in piedi e ad appoggiare a Marusic, che lo ha accompagnato sulla sua destra. Quando riceve il passaggio di ritorno, la palla gli sbatte addosso e sembra scivolare via, lui invece la controlla allungandosela per evitare Heurtaux e poi anticipa Caracciolo con un tocco di esterno, col quale prepara il tiro.
L’equilibrio in corsa e l’incredibile elasticità che gli permettono di segnare gol come quello contro l’Hellas dice di averla sviluppata con gli allenamenti, «perché in campo sei sempre a contatto con qualcuno, una spalla o una mano sulla schiena, se perdi facilmente la forza nelle gambe non è semplice giocare».
Per contrasto, Immobile si normalizza quando non può giocare negli spazi. Non ha la tecnica o la visione di un attaccante di manovra, il suo tocco non è abbastanza raffinato per raccordare il gioco gestendo il pallone nello stretto. E pur basando sul fisico una parte molto importante del suo gioco, non è a suo agio come attaccante di riferimento su cui appoggiarsi per far salire la squadra. Si possono spiegare così, oltre che ovviamente con le difficoltà d’ambientamento e il ruolo marginale assegnatogli da Jürgen Klopp, le difficoltà incontrate a Dortmund, in un contesto tattico che gli assegnava maggiori responsabilità nello sviluppo della manovra e non ha saputo valorizzare le sue qualità migliori.
Credo sia importante sottolinearlo ora che Immobile sta vivendo il momento più felice della sua carriera. «Sono felice perché ho raggiunto la maturità, me lo sento dentro», ha detto dopo la tripletta e l’assist con cui ha distrutto il Milan. Il suo gioco non si è evoluto, ma è stato inserito in un contesto che lo responsabilizza e lo esalta. Immobile è arrivato alla Lazio per espressa richiesta di Simone Inzaghi, che nutre una fiducia incondizionata nel suo centravanti: «Non ci sono più aggettivi» - ha dichiarato alla fine della partita col Verona, vinta 3-0 grazie a due gol di Immobile - «È un bomber e un trascinatore e la squadra lo mette nelle condizioni migliori di esprimere il suo potenziale».
Il sistema costruito da Inzaghi
Inzaghi ha costruito attorno a Immobile la struttura tattica ideale per esaltarlo, limitando le sue responsabilità nelle fasi cruciali per risalire il campo e permettendogli di concentrarsi su ciò che gli riesce meglio: tagliare in profondità per finalizzare l’azione. Le corse con o senza il pallone, l’aspetto più visibile del suo stile, sono state affinate anche grazie a Inzaghi e portate a livelli mai toccati prima.
Fa strano leggere ora, dopo i 17 gol segnati nelle prime 13 partite della stagione biancoceleste, le dichiarazioni di Immobile alla fine del girone d’andata dello scorso campionato: «Sicuramente sono migliorato nella gestione della palla. Leggendo le statistiche, forse corro troppo a vuoto e non riesco a essere lucido davanti al portiere».
Dietro l’exploit realizzativo – nessuno nei cinque principali campionati europei ha segnato complessivamente più di Immobile – ci sono comunque ragioni tattiche, oltre all’evidente brillantezza fisica e la fiducia nei propri mezzi alimentata dalla continuità delle prestazioni. Immobile interviene di solito quando il pallone è già arrivato nella trequarti avversaria, fornendo una linea di passaggio che permetta di dare continuità al possesso, quasi sempre giocando di sponda velocemente su un compagno vicino oppure allargando verso gli esterni, un riferimento facile da trovare con la loro posizione larga e a sostegno dell’azione.
Il suo contributo nelle fasi iniziali della manovra è limitato, perché a far risalire il campo alla squadra ci pensano i compagni, e anche quando la Lazio sceglie di non consolidare il possesso nella propria metà campo e di lanciare lungo il riferimento è sempre Sergej Milinkovic-Savic. L’anno scorso erano soprattutto le catene laterali e le conduzioni di Keita e Felipe Anderson a traghettare i biancocelesti verso la trequarti avversaria, in questa stagione l’ingresso in squadra di Luis Alberto ha reso più manovrato il passaggio dalla fase di costruzione a quella di finalizzazione: spesso la Lazio si schiera in maniera asimmetrica, sovraccaricando il lato sinistro con Milinkovic-Savic e Luis Alberto, creando così i presupposti per la superiorità numerica e/o posizionale necessaria a manovrare e guadagnare campo.
Nell’azione del primo gol alla Juventus, ad esempio, Immobile, Milinkovic-Savic e Luis Alberto sono vicini sul centro-sinistra: Immobile si sostituisce a Luis Alberto come riferimento per la verticalizzazione di Lucas Leiva, allungando la difesa bianconera e creando lo spazio per la ricezione di Milinkovic-Savic, cui si appoggia dopo aver controllato il pallone. Con un passaggio di prima, il serbo trova quindi Luis Alberto, che gestisce ottimamente i tempi e i modi della rifinitura, spalancando la porta a Immobile, senza avversari tra lui e Gianluigi Buffon.
Le prestazioni di Luis Alberto, probabilmente la novità di maggiore impatto nella prima parte di questo campionato, hanno favorito il salto di qualità di Immobile rispetto alla scorsa stagione, in cui ha comunque segnato molto (26 gol totali). Il numero 17 della Lazio si era progressivamente abituato a giocare insieme a Keita, trasformato in attaccante centrale da Inzaghi, ora invece ha alle spalle un rifinitore incantevole, con cui ha già sviluppato una grande intesa. La sensibilità di Luis Alberto per l’ultimo passaggio si completa alla perfezione con quella nell’attaccare lo spazio di Immobile, cui ha già servito due assist.
Questo cambiamento nel modo di giocare della Lazio ha affidato al proprio centravanti ancora più responsabilità nella finalizzazione della manovra: Immobile tira di più rispetto alla scorsa stagione, ma soprattutto tira meglio. I tiri in porta sono saliti da 1,6 a 2,1 per 90 minuti, gli xG per 90 minuti sono passati da 0,48 a 0,61. Immobile sta però segnando con una media di 0,9 gol per 90 minuti.
Secondo il nostro modello di Expected Goals Immobile sta cioè rendendo ben al di sopra delle attese (mentre l’anno scorso gli xG e i gol per 90 minuti sostanzialmente combaciavano), una caratteristica dei grandi giocatori, capaci di mantenere un’efficienza realizzativa superiore alle previsioni. Difficilmente Immobile manterrà questa media per tutto il campionato, ma anche in caso di normalizzazione sembra comunque lanciato verso una stagione in cui supererà facilmente i 20 gol.
Molto dipenderà dal contesto in cui si troverà a muoversi: il rientro di Felipe Anderson e il graduale inserimento di Nani potrebbero cambiare gli equilibri offensivi della Lazio, e ancora una volta Inzaghi dovrà essere bravo a trovare il modo di moltiplicare le qualità dei propri giocatori modificando un sistema che fin qui ha funzionato quasi alla perfezione. La bravura di Inzaghi, oltre che ovviamente la maturità raggiunta da Immobile, sono comunque le migliori assicurazioni contro uno scadimento delle prestazioni che riducano i mesi eccezionali vissuti finora a un semplice exploit. Immobile sembra davvero aver scalato il gradino che lo separava dai migliori attaccanti in Serie A.