Con 10 gol nelle prime 6 partite di campionato, di cui 5 giocate da titolare, Paulo Dybala sta segnando in questo inizio di Serie A 2017/18 come mai gli era capitato in carriera. Il campione argentino sembra avere aggiunto un’ulteriore e decisiva dimensione al suo gioco all’interno della Juventus. Una dimensione da finalizzatore che, però, non è del tutto sconosciuta e estranea al suo passato.
Quello che 5 anni fa è stato acquistato del Palermo era, infatti, un giovane goleador pieno di talento: Dybala è arrivato in Italia senza avere mai giocato un minuto nella serie A del suo paese. Zamparini lo aveva prelevato appena diciottenne dall’Instituto de Cordoba (serie B argentina) dove, giocando da prima punta in un modulo 3-4-3, aveva segnato 17 gol in 38 partite.
Alcuni dei gol di Dybala con l'Instituto de Cordoba, in Argentina.
I primi passida centravanti
La prima stagione a Palermo (2012/13) viene coinvolto nella girandola di sostituzioni nella panchina dei rosanero e nella retrocessione in serie B: gioca 11 partite da titolare, di cui ben 8 come punta centrale nel 3-4-3 disegnato da Gian Piero Gasperini, che si alterna sulla panchina con Sannino e Malesani. Proprio con Gasperini in panchina segna i suoi unici 3 gol stagionali.
In serie B, l’anno successivo, Gennaro Gattuso ne riconosce l’enorme talento spendendo per lui parole di grande elogio, ma fatica a trovargli una collocazione stabile nel suo scacchiere tattico. Dybala gioca da trequartista o, addirittura, da esterno destro nel 4-2-3-1, finendo pure per giocare dietro due punte pure (l’uruguaiano Abel Hernandez, oggi all’Hull City e l’irlandese Kyle Lafferty).
L’arrivo di Beppe Iachini sulla panchina del Palermo disegna per i rosanero un 3-5-1-1, con Dybala che si muove da solo davanti al Mudo Vazquez. In squadra c’è anche Andrea Belotti e talvolta il tecnico rosanero passa a un più coraggioso 3-4-1-2 affiancando i due giovani attaccanti. Dybala conclude la stagione con 5 gol e 6 assist in 31 partite, di cui 26 da titolare. I numeri sono maggiormente positivi per Belotti che, giocando sensibilmente di meno – solo 11 presenze da titolare – mette a segno 10 gol e 4 assist.
L’anno successivo, in serie A, Iachini rinuncia ben presto all’iniziale esperimento di far convivere Vazquez, Belotti e Paulo Dybala e schiera il Palermo con il suo amato 3-5-1-1, dove Dybala si muove da unica punta e Vazquez, alle sue spalle, ha il compito di creare calcio. Belotti colleziona solo 9 presenze da titolare, di cui un terzo a fine stagione, quando i rosanero sono già salvi e Dybala viene preservato dagli infortuni per non pregiudicare il suo trasferimento alla Juventus.
Il Palermo di Iachini è una squadra dal carattere profondamente reattivo che attacca preferibilmente in ripartenza in spazi ampi e basa gran parte delle sue fortune offensive su un calcio verticale, che deve fare arrivare il più rapidamente possibile il pallone tra i piedi fatati dei due argentini che giocano davanti.
Se l’enganche, Vazquez, raccorda il gioco con il centrocampo, il compito di Dybala è quello di allungare e dilatare la difesa avversaria alternando movimenti in profondità a tracce che dall’interno lo portano verso le fasce, coprendo così l’intero fronte d’attacco. Dybala riesce così a ricevere il pallone sottraendosi dalle marcature avversarie. È la stagione della definitiva esplosione del talento della “Joya”, che impiegato da unica punta mostra rapidità in spazi brevi fuori dal comune, tecnica in velocità e notevolissime doti di realizzazione. Riesce da solo a sostenere l’attacco del Palermo, ricicla palloni impossibili e li tramuta in pericoli per gli avversari, fornisce sempre una soluzione di passaggio utile a Vazquez nonostante sia l’unico terminale avanzato e le difese siano interamente concentrate sui suoi movimenti.
Nel 2014-15 segna 13 gol in 37 partite, di cui 34 da titolare. Contemporaneamente mette a referto 10 assist: come Hamsik, Vazquez, Pjanic e Berardi, i migliori nel campionato. Il gol realizzato al Barbera contro il Cagliari mostra le doti di Paulo Dybala nel muoversi da vero finalizzatore dentro l’area di rigore: Il suo spostamento alle spalle del marcatore e la conclusione a rete sono da purissimo bomber.
A San Siro contro il Milan mostra un’insospettabile forza per resistere al contrasto di Christian Zapata che finisce per terra. Contro il Genoa effettua un taglio interno-esterno per crearsi lo spazio per la ricezione, per poi rientrare e chiudere con una conclusione di sinistro raffinatissima. Una prima punta fortissima, con un repertorio estremamente vario di movimenti, conditi da una tecnica e una fantasia fuori dal comune.
L’evoluzione da trequartista
La Juventus acquista Paulo Dybala al termine della stagione 2014/15, per 32 milioni più 8 di bonus. È una Juve che cambia profondamente, specie nel reparto d’attacco: partono Matri, Llorente, Coman e, soprattutto, Carlos Tevez. Assieme all’unico attaccante confermato, Alvaro Morata, e allo stesso Dybala, ci sono i nuovi acquisti Mario Mandzukic e Simone Zaza a completare il roster offensivo.
La Juventus inizia l’anno scioccando tutti: alla decima giornata è al dodicesimo posto con 12 punti e già 4 sconfitte. Nelle prime 10 partite Dybala va in panchina 4 volte e Allegri cambia più volte il modulo di gioco alla ricerca della migliore disposizione dei suoi uomini in campo. La famosa sconfitta di Sassuolo convince il tecnico bianconero a rifugiarsi nella calda coperta di Linus del 3-5-2, con cui la Juve, vincendo 25 delle successive 26 partite, conquista lo scudetto.
Il 3-5-2 di Allegri chiede agli attaccanti movimenti molto diversi da quelli previsti da Antonio Conte, l’allenatore che per primo aveva adottato il modulo di gioco alla Juventus. Refrattario ai movimenti preordinati, Allegri immagina un calcio più palleggiato e abbandona le tracce e le combinazioni coordinate tra le due punte, tipiche del sistema di Conte, abbassando un attaccante a fare da raccordo con il centrocampo. Se il primo anno tale compito viene affidato a Tevez, dopo la partenza dell’Apache il tecnico livornese scorge in Dybala le doti tecniche, atletiche e di comprensione del gioco, necessarie per fungere da collante tra la fase di costruzione e quelle di rifinitura-finalizzazione.
È un salto tattico niente affatto banale per un giocatore esploso in serie A nel ruolo di prima punta: Dybala prende presto in mano le chiavi dell’attacco della Juventus, migliorando progressivamente il suo rendimento nello svolgere i compiti tattici richiesti. Mette in mostra un’innata sensibilità nello scegliere la zolla in cui ricevere tra le maglie della difesa avversaria per fare progredire la manovra. Diventa proprietario quasi in esclusiva dei fondamentali spazi tra le linee avversarie e degli half-spaces e per questo depositario di gran parte della pericolosità offensiva dei bianconeri.
In campo il suo contributo è parecchio diverso da quello di appena 12 mesi prima a Palermo: non è più l’uomo più avanzato della squadra, l’attaccante che allunga e dilata le difese avversarie; la “Joya” adesso ha almeno un compagno davanti a sé, cuce il gioco e attacca gli spazi creati dai compagni che, al posto suo abbassano le difese e ampliano le distanze tra i componenti delle linee avversarie.
Le mezzali Pogba e Khedira aprono il centro del campo. Dyblala si abbassa a ricevere il pallone dal medano Marchisio e, dopo la ricezione, fa progredire in avanti la manovra. Un compito completamente diverso da quello svolto a Palermo
La mutazione non è perfetta. Talvolta Dybala tende ad abbassarsi troppo preferendo una ricezione comoda lontano dalla zona calda a una più complessa tra le pieghe delle difesa avversarie. Il primo controllo non è sempre pulitissimo e la gestione del pallone talvolta troppo impulsiva e priva di pause che possano regalare il tempo ai compagni di un ottimale posizionamento. Ma il talento del campione argentino compensa ampiamente i difetti e conclude una stagione in cui l’impatto con un top-club come la Juventus è eccezionale.
Alla fine i gol sono 19 gol e 9 gli assist in 36 partite di cui 29 giocate da titolare. La differenza dei compiti in campo si riflette anche nella composizione della sua mappa dei tiri. Se da centravanti nel Palermo il 63% dei tiri di Dybala partivano da dentro l’area (il 9% dell’area del portiere), alla Juventus la percentuale di tiri dall’interno e dall’esterno dell’area di rigore è praticamente identica. Segna anche 4 gol su azione da fuori area, cosa che al Palermo, in Serie A, non gli era mai riuscita.
Il passaggio al 4-2-3-1
La stagione successiva, 2016/17, la Juventus ricomincia col 3-5-2 e Dybala viene riconfermato nel ruolo di legante tra centrocampo e attacco. A fine ottobre è costretto a fermarsi per un paio di mesi a causa di uno stiramento che si procura cercando di fare un pallonetto da centrocampo a Donnarumma a San Siro e torna in campo alla vigilia di un fondamentale cambiamento tattico della Juventus di Allegri che nella partita interna contro la Lazio, a gennaio, passa definitivamente al 4-2-3-1, abbandonando il 3-5-2 e gli sporadici esperimenti col 4-3-3 e il 4-3-1-2.
Il cambiamento tattico influenza anche la posizione in campo di Dybala e le sue connessioni con i compagni: il 4-2-3-1 spinge immediatamente più avanti la “Joya” in campo. Le ragioni sono parimenti tecniche e tattiche. Il nuovo modulo adottato da Allegri ha il pregio di mettere in campo i giocatori bianconeri dotati di maggiore tecnica, eliminando di fatto un difensore e consentendo la presenza contemporanea di 4 giocatori puramente offensivi.
La Juventus tenta, quindi, di giocare un calcio maggiormente centrato sulla tecnica degli interpreti e - in maniera quasi autonoma da motivazione tattiche - Dybala viene parzialmente sollevato da incombenze di costruzione della manovra, a cui talvolta era costretto dalle difficoltà di circolazione della palla della sua squadra. Fondamentale, in questo senso, la crescita dell’efficacia e della influenza di Pjanic sul gioco della Juventus: con maggiore campo da coprire in entrambe le fasi di gioco e vincoli meno rigidi che in un centrocampo a 3, il bosniaco prende in mano l’architettura della fase offensiva e Dybala può concentrarsi maggiormente sulle ricezioni tra le linee e sugli inserimenti profondi.
Tatticamente, il 3-5-2 tendeva a svuotare il centro del campo, con le mezzali spesso impegnate a trovare le connessioni in fascia con gli esterni o a inserirsi profondamente in fase offensiva. Di conseguenza Dybala era attirato ad occupare il vuoto al centro del campo, abbassandosi per ricevere. Il 4-2-3-1, invece, disegna per l’argentino una zona di ricezione più avanzata e spazi maggiori per muoversi trasversalmente per il campo, che la “Joya” utilizza per muoversi verso la sua amata zolla di centro-destra dove può dialogare con Dani Alves, che parla la sua stessa lingua calcistica, e creare zone di superiorità numerica e/o posizionale sul lato forte della squadra.
Alcuni macro-indicatori mostrano la mutazione della Juventus, che si riverbera sul ruolo di Dybala in campo: cambiando modulo di gioco la Juve aumenta di quasi 6 punti percentuali il possesso palla che passa dal 52,9% al 58,6%; in parallelo la percentuali di passaggi riusciti sale dall’85% all’ 87,6%. È una Juve che controlla di più il pallone e in maniera più precisa.
Con il nuovo modulo Dybala tira leggermente di più, passando da 3,37 tiri ogni 90 minuti a 3,69. E aumenta sensibilmente il valore dell’xG p90, che passa da 0,19 a 0,35: se il volume di tiri è quasi invariato, a migliorare è la qualità delle conclusioni con xG per tiro, che si alza da 0,06 a 0,09. Dybala prende tiri probabilisticamente più redditizi che innalzano il numero di gol ogni 90 minuti da 0,20 a 0,43.
10 gol in 5 partita e mezza
La Juventus 2017-18 riparte dal 4-2-3-1 della passata stagione. Dybala segna 1 gol al Cagliari, una tripletta al Genoa, 1 gol partendo dalla panchina al Chievo, ancora una tripletta contro il Sassuolo. Si prende una pausa contro la Fiorentina per riprendere con una doppietta al Torino nel derby. A questo impressionante score si aggiunge la doppietta in Supercoppa alla Lazio. Dentro c’è un po’ di tutto: contro il Cagliari realizza dopo avere attaccato la profondità in spazi ampi, contro il Sassuolo segna di punta con la furbizia di un navigato bomber d’area di rigore e con un magnifico e complicatissimo tiro da fuori area che evidenzia le capacità balistiche del suo sinistro e la sensibilità tattica nel muoversi a rimorchio della prima punta.
Non mancano i gol partendo dalla sua zolla di centro-destra e i movimenti da punta pura all’interno dell’area di rigore. Un repertorio vastissimo che ne mette in mostra il talento offensivo purissimo.
I dati parziali, basati sui soli 466 minuti giocati in questa stagione, dicono che il valore di xG per tiro è praticamente identico (0,09) a quello che Dybala aveva all’interno del 4-2-3-1 dell’anno scorso: la qualità dei tiri presi da Dybala è rimasta invariata. A impennarsi è invece il numero di tiri presi dal numero 10 bianconero; la “Joya” prende 6,37 tiri ogni 90 minuti, quasi 3 in più della passata stagione. Nel massimi campionati europei solo Dzeko (6,9), Kane (6,6) e Messi (6,5) tirano di più. Ma non basta l’aumento del volume di tiri per spiegare le 9 reti su azione in 466 minuti.
L’xG di Dybala è pari a 3,05: i gol reali sono praticamente il triplo, per la precisione il rapporto tra gol reali e gol attesi è di 2.95, e la media realizzativa (intesa come rapporto tra numero di gol e numero di tiri) pari a 27%. Al grosso volume di tiro si unisce una conversione in gol elevatissima.
Pur considerando l’enorme talento di Dybala, che gli permette di avere percentuali di conversioni maggiori da quella della media dei calciatori, su cui sono calcolati gli xG, appare improbabile mantenere a livelli così elevati il rapporto tra gol e gol attesi. Nonostante ciò, è lecito aspettarsi un aumento della sua capacità di convertire in gol i tiri presi: nelle stagioni precedenti la sua media realizzativa è stata compresa tra il 9% e il 13%, percentuali che lasciano spazio per un miglioramento.
La mappa dei tiri di Dybala quest'anno.
Anche il numero di tiri presi in questa stagione è davvero elevato, sia in senso assoluto sia paragonato alle passate stagioni (in cui Dybala ha effettuato quasi costantemente circa 3,5 tiri ogni 90 minuti). Se il valore assoluto dei tiri sembra destinato a scendere, pure in questo caso non è improbabile immaginare che Dybala si stabilizzi su un volume maggiore di tiro rispetto alle passate stagioni.
Il futuro da scrivere
La storia di Paulo Dybala, ancora breve, mostra che l’argentino è davvero capace di fare ogni cosa in attacco: è esploso al Palermo giocando da prima punta in una squadra che attaccava preferenzialmente in spazi ampi, è stato convertito in attaccante di raccordo alla Juventus e, in questa stagione, sembra avere messo assieme tutti i pezzi della sua storia giocando alle spalle del centravanti e contemporaneamente aggredendo con maggiore continuità l’area di rigore.
La sua trasformazione tattica di Dybala dai tempi di Palermo è forse troppo spesso sottovalutata, come se fosse scontato che una giovane prima punta di ventun’anni potesse trasformarsi nel fulcro dell’attacco posizionale di un top-team giocando alle spalle di un centravanti. E invece la chiave della capacità di Dybala di fare tutto sta nel suo enorme talento: la “Joya” ha senso del gioco, tecnica e fantasia in dosi abbondanti e quando il talento è così tanto, il calcio viene fuori dai piedi naturalmente e senza sforzo.
Il contesto tattico creato dal modulo oggi adottato della Juventus sembra davvero favorire la piena espressione delle sue qualità. Il passaggio al 4-2-3-1 ha parzialmente sollevato Dybala da compiti di pura costruzione del gioco che lo allontanavano dalla porta avversaria, aumentando repentinamente la qualità delle sue conclusioni a rete.
Se il miglioramento delle sua capacità di conversione in gol dei tiri presi è quasi esclusivamente un obiettivo individuale, l’aumento del volume di tiri è connesso sia alla sua maggiore consapevolezza sia ad un contesto tattico che lo spinge più vicino alla porta avversaria. Dybala, sempre meglio, riesce a trovare gli spazi per creare linee di passaggio taglia linee per i compagni che giocano in posizione arretrata, ha la sensibilità tattica per utilizzare i suoi movimenti per generare zone di superiorità numerica e posizionale e, in questa stagione, ha aumentato in maniera decisiva i suoi movimenti verso l’area avversaria coordinandoli con quelli del centravanti che gli gioca davanti.
Nell’ultima partita contro l’Olympiakos, Higuain si abbassa e Dybala attacca lo spazio liberato dal centravanti
Il numero di tiri presi deve ancora stabilizzarsi – 466 minuti rappresentano ancora un campione troppo piccolo – ma la qualità delle lettura della “Joya” e l’ambiente tattico in cui si muove sembrano suggerire che il Dybala tirerà in porta più delle passate stagioni.
Di certo non manterrà l’incredibile media attuale in campionato di 1,74 gol ogni 90 minuti, ma non sarebbe sorprendente vederlo segnare più di 20 gol in serie A, mantenendo inalterato il suo ruolo centrale nello sviluppo offensivo della sua squadra. Completerebbe così la sua evoluzione in calciatore offensivo totale, a cui il suo stesso talento sembra destinarlo.