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L'Italia di Conte in 15 immagini
20 nov 2014
Il miglior allenatore italiano sulla panchina della Nazionale. Dovremmo essere eccitati. Oppure no?
(articolo)
17 min
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Questo pezzo è stato realizzato con il supporto del sistema di raccolta dati SICS.

Forse è per colpa del 3-5-2 che Prandelli ha usato nella sua ultima partita contro l'Uruguay che sembra non ci sia stata soluzione di continuità tra quell'Italia e questa di Conte. O magari è la mancanza di fiducia nei confronti del sistema calcio italiano, sopratutto fuori dal campo, che non permette di guardare alla Nazionale con la giusta serenità. Oppure, ancora, la nomina di Conte ha allontanato dal letto della Nazionale quei pochi che occasionalmente tradivano la loro squadra di club; perché Conte è antipatico a molti e in Italia, in realtà, della Nazionale non importa davvero a nessuno (almeno prima di un Mondiale o di un Europeo). Questo è il contesto in cui scrivo e in cui Conte lavora, anche se forse lui se ne è accorto solo di recente, dato che dopo la partita con l'Albania ha detto: «Onestamente, io mi aspettavo un po' più di partecipazione».

Partiamo allora da un altro presupposto: il calcio italiano ha molti problemi, ma Antonio Conte non è uno di questi. Anzi, credo che in pochi non siano d'accordo sul fatto che Conte è il miglior allenatore italiano in attività, salvo forse Ancelotti che però difficilmente avrebbe lasciato Madrid per Coverciano (soluzioni eccentriche alternative non valgono, se volete possiamo discutere di Spalletti e Mancini ma diciamo che nella discussione Conte parte comunque avvantaggiato). L'allenatore della Nazionale, a maggior ragione dopo il fallimento umano e sportivo di Prandelli, dovrebbe essere considerato da tutti come uno dei peggiori lavori nel Paese; il fatto che sia ben retribuito significa solo che possiamo risparmiarci di essere grati a Conte per la sua scelta, non che la sua scelta non sia stata coraggiosa.

Va detto, semmai, che considerata la necessità di un vero cambiamento, non soltanto sul piano del gioco, Conte allenatore della Nazionale potrebbe servire a nascondere la polvere del calcio italiano sotto al tappeto. Per cui sarebbe bene tenere a mente che ogni risultato che Conte otterrà l'avrà ottenuto nonostante il sistema che lo ha nominato (invece facendo di Conte il para-fulmine di FIGC, Tavecchio, Infront e chi più ne ha più ne metta, ogni suo successo rischia di diventare il loro).

Per cui, a meno che scegliate l'opzione “ignora la Nazionale fino al prossimo Europeo”, oppure finché non scoppia la rivoluzione e gli uffici della FIGC verranno assaltati, tanto vale concentrarsi su quello che si è visto in campo, e godersi il miglior allenatore italiano che allena la Nazionale. La mia opinione, dopo le ultime partite, è che sia un peccato dover aspettare 4 mesi per rivedere in campo questa squadra, che la frustrazione di Conte è tutto sommato comprensibile (d'altra parte, se quasi nessuno allena la Nazionale a Football Manager ci sarà un motivo).

Intensità. Dopo la partita con l'Albania, oltre a lamentarsi dello scarso sostegno ricevuto, Conte ha parlato della condizione atletica «non imbarazzante, ma quasi» dei giocatori italiani rispetto ai loro avversari. Un problema che era evidente durante il Mondiale, che Prandelli ha provato ad aggirare controllando il pallone (inventando persino un modulo che prevedesse due playmaker e due mezzali) e che invece Conte sembra voler affrontare di petto. L'intensità, che nel campionato italiano scarseggia, è un criterio di selezione e non ci dobbiamo stupire se giocatori anche nettamente migliori di altri verranno lasciati fuori.

Anche se l'Italia di Conte non vuole più a tutti i costi il possesso del pallone non significa che il suo 3-5-2 sia un sistema difensivo. Quando la palla ce l'hanno gli avversari lo scopo è quello di recuperarla il più velocemente possibile e per questo il pressing comincia dai due attaccanti. Uno dei due si abbassa sul playmaker avversario (De Jong e Modric per fare due esempi), mentre l'altro corre sul pallone. Anche contro l'Albania si è visto Destro qualche metro dietro a Giovinco, attento a chiudere lo spazio per il passaggio al centrale di centrocampo.

Gli attaccanti sono i primi difensori della squadra, anche con aggressività a giudicare dal numero di falli effettuati dalle punte italiane. Contro l'Olanda è stato Immobile a fare più falli di tutti (3) insieme ad Astori e Van Persie, mentre Zaza e Giovinco hanno fatto 1 fallo ciascuno. Anche contro la Norvegia Immobile, Zaza e Destro hanno fatto più falli (4) del terzetto difensivo (2, Ranocchia non ne ha fatto nessuno). Contro la Croazia il reparto più falloso in campo è quello stato di nuovo quello offensivo: a Pellé e Immobile sono stati fischiati 2 falli, a Zaza ed El Shaarawy 1. Il recordman contro la Croazia è stato Soriano (3), una mezzala, e della difesa solo Chiellini ne ha fatto 1. Sto tenendo conto solo delle partite più interessanti ma il dato non cambia, ad esempio, contro Malta, in cui il solo Pellé si è fatto fischiare fallo 6 volte.

Il numero dei falli degli attaccanti va messo in relazione con l'altezza media a cui l'Italia fa fallo. Ed è un dato interessante se si nota come nelle partite in cui l'Italia ha giocato meglio siano quelle in cui ha fatto fallo più in alto: contro l'Olanda a 67 m, quasi nella loro trequarti, mentre contro la Croazia dove abbiamo avuto difficoltà nel pressing anche l'altezza media dei falli si è fermata a 55 m (contro Malta 65 m, contro la Norvegia 58 m). Un dettaglio che potrebbe dipendere dalla mentalità aggressiva che Conte trasmette ai suoi, anche se i falli che commette una squadra sono un aspetto del gioco più razionale, meno incidentale, di quel che si pensa. Non per niente ci sono “falli stupidi” e meno.

Ma il dato più indicativo sulla capacità italiana di ostacolare il gioco avversario è quello delle palle recuperate. Che la Croazia abbia pressato meglio l'Italia di quanto l'Italia abbia pressato la Croazia lo dice il dato delle palle recuperate nella metà campo avversaria: l'Italia ne ha recuperate solo 6 (sia contro Olanda e Norvegia che contro Malta il dato saliva a 9) mentre la Croazia addirittura 18. Anche qui è importante guardare l'altezza media: in media la squadra di Conte è riuscita a rubare palla ai croati a metà della propria metà campo (32 m) e il campo da lì è ancora lungo prima di arrivare alla porta avversaria. La Croazia, invece, riusciva a partire da una quindicina di metri più in alto (46 m), a ridosso della linea di metà campo.

È un problema sopratutto atletico e tecnico, ma la Croazia ci ha distrutto anche per ragioni tattiche, pressando 4vs4 la nostra fase di impostazione. La pressione centrale era elevatissima e in una situazione come quella sopra persino Chiellini (che contro la Croazia perso ben 7 palloni) faticherà a controllare la palla e girarsi verso gli attaccanti.

E si vede bene la differenza tra la Croazia e una squadra che invece non è riuscita ad ostacolare la nostra costruzione se si prende il dato dei palloni che l'Olanda ha recuperato nella metà campo italiana: 2 miseri palloni. In questo caso era l'Olanda a giocare con un campo più lungo, recuperando palla a 27 metri dalla propria porta, mentre l'Italia partiva da un'altezza più comoda (44 m) che è la stessa a cui, sempre mediamente, siamo riusciti a rubare palla a Malta.

Al di là dei fattori tecnici, atletici e psicologici (era un'amichevole), la cosa si spiega anche con il fatto che il 4-3-3 olandese era in inferiorità numerica nel pressing quando De Rossi si aggiungeva ai 3 difensori (una cosa simile si è vista nella partita tra Roma e Bayern di Monaco, con i movimenti di Xabi Alonso).

In inferiorità i giocatori olandesi erano continuamente costretti a prendere una decisione tra due giocatori italiani. Nell'esempio qui sopra Van Persie doveva scegliere tra De Rossi e Bonucci; mentre Wijnaldum, nel cerchio di centrocampo, era a metà strada tra Bonucci e Astori libero in alto. Da quella situazione, con una verticalizzazione di Bonucci per Zaza, è nato il rigore del 2-0 e l'espulsione di Cillessen.

Anche la Norvegia non è riuscita a pressarci in modo sistematico ma ha compensato con la corsa dei singoli ed è comunque riuscita a rubare palla sui 37 m (dato simile a quello italiano: 33 m, a testimonianza di una partita equilibrata sul piano dell'aggressività).

Gioco diretto. Il cambiamento più grande rispetto alla squadra allenata da Prandelli è a centrocampo. Siamo passati da un Italia tutto-centrocampo a un'Italia niente-centrocampo. O meglio: se il playmaker è sostanzialmente il vertice alto del rombo difensivo, le mezzali del 3-5-2/3-3-4 di Conte sono prettamente di corsa e non vedono molto il pallone in fase di impostazione (per questo, almeno per ora, è difficile immaginare una convivenza tra De Rossi e Pirlo, o uno dei due più Verratti, ma staremo a vedere). La circolazione di palla si svolge prevalentemente in zone basse del campo, in attesa che il playmaker o uno dei difensori trovi il primo spazio libero per servire la punta che viene incontro o gli esterni che prendono tutta l'ampiezza del campo restando quasi sempre molto in alto in fase di possesso (il limite è che quando la Croazia ci pressava 4vs4 gli interni di difesa destro e sinistro non avevano l'uscita facile sulla fascia).

Un gioco che può anche non piacere ma che ha portato già i suoi frutti. Entrambi i gol contro l'Olanda sono venuti da una verticalizzazione di Bonucci (e da un movimento incontro di Zaza e Immobile che ha allungato il campo alle spalle della difesa). In occasione del primo gol contro la Norvegia, e di quello segnato da Candreva contro la Croazia, l'azione offensiva è stata innescata da un lancio da dietro verso gli esterni.

Le mezzali nell'Italia di Conte partecipano solo marginalmente alla costruzione del gioco: svuotano il centro del campo allargandosi sulla fascia dietro gli esterni, oppure si avvicinano agli attaccanti offrendo uno scarico facile (anche perché le mezzali in questione sono prima di tutto dinamiche: Marchisio, Candreva, Giaccherini, Parolo).

Nelle partite giocate finora solo la Croazia, con il pressing il lavoro dei centrali di centrocampo che chiudevano la linea di passaggio tra la nostra difesa e il nostro attacco, sono riusciti a mostrare i limiti di questo gioco.

Modric nella mezz'ora precedente all'infortunio ha recuperato 2 palloni, Brozovic in tutta la partita 6 e Rakitic, che ha giocato in mediana da quando è uscito Modric, addirittura 11.

Difensori moderni. Se i falli li fanno gli attaccanti, per quanto detto sopra è normale che i passaggi chiave siano in gran parte dei difensori (ricordo che per SICS nella fase di raccolta dati fa una scrematura tra i passaggi “chiave” che effettivamente creano un'azione offensiva, anche senza portare direttamente a un tiro, ma magari all'assist per il tiro, e quei passaggi che invece possono essere considerati banali anche se precedenti a un tiro).

Contro l'Olanda è stato De Rossi a fare più passaggi chiave di tutti (6) seguito da Bonucci (4), Marchisio (3) e Astori (2). Non cambia molto contro la Norvegia: Bonucci e De Rossi ne hanno eseguiti 5 ciascuno e anche Ranocchia ne ha fatto 1, poi ci sono gli esterni Darmian, De Sciglio e Pasqual (entrato a mezz'ora dalla fine al posto di Darmian) con 2 passaggi chiave a testa. Contro la Norvegia l'unico passaggio chiave di una mezzala è stato quello di Giaccherini. E ancora una volta la partita con la Croazia fornisce un esempio di cosa succede quando una squadra riesce ad annullare il gioco italiano: solo De Rossi è riuscito a trovare lo spazio per verticalizzare dal basso (3 passaggi chiave dalla propria metà campo) e l'unico altro difensore presente nella statistica è Chiellini (con quel passaggio di esterno goffo, scoordinato e perfetto per l'inserimento in profondità di Marchisio che ha portato al tiro di El Shaarawy, nell'ultimo quarto di gara).

È un gioco che Conte ha costruito anzitutto perché alla Juventus aveva il miglior difensore italiano per visione di gioco e tecnica, Bonucci, e due interni ottimi in marcatura. Con la maglia dell'Italia persino Astori, più tecnico di Chiellini, uno specialista nel rasoterra in verticale, sembra faticare con il tipo di passaggi tesi e veloci per le punte e con i lanci a tagliare il campo per gli esterni richiesti: contro la Norvegia ha perso 8 palle, quante De Sciglio che però in compenso ha fatto 2 assist, e meno solo di Immobile (13).

Trazione anteriore. Anche se gli attaccanti utilizzati per ora non sono particolarmente brillanti sotto il punto di vista tecnico una delle cose più interessanti viste fin qui sono proprio le combinazioni a memoria in fase offensiva.

Sia contro la Norvegia che contro la Croazia l'Italia ha segnato con la stessa giocata: palla dall'esterno a Immobile che fa il velo per Zaza alle sue spalle. Contro la Croazia Zaza si è fatto ribattere il tiro e ha appoggiato a Candreva fuori area, mentre con la Norvegia il tiro è stato deviato in rete da un difensore. In entrambi i casi però l'Italia è arrivata alla conclusione su un velo di Immobile per Zaza. Niente di nuovo per i tifosi juventini, ma praticamente tutti gli altri tifosi italiani dovrebbero essere eccitati da una cosa del genere. Pensate che bello vincere un Europeo con un velo di Immobile per Zaza.

(Non so se il velo è il gesto tecnico più imprevedibile in assoluto ma sicuramente è l'unico a cui è impossibile resistere: il difensore è attratto dal movimento dell'attaccante come se fosse la forza di gravità a spostarlo. A me una volta è capitato di non abboccare e intercettare la palla. Non c'è niente di meglio.)

Di giocate di questo tipo se ne sono viste anche a metà campo e a ruoli invertiti. Ma gioco diretto non significa contropiede e in generale questo tipo di combinazioni veloci sono una tappa fondamentale nella costruzione dell'azione offensiva. Una volta che l'azione è partita dai piedi dei difensori ed è arrivata a quelli dei due attaccanti, sempre molti vicini, oltre alla transizione veloce possono appoggiare la palla sugli esterni o scaricare il pallone sulle mezzali. È una strana idea di regista, ma sono loro i registi offensivi della squadra.

Come accennato, uno dei problemi potrebbe essere proprio la qualità degli attaccanti a disposizione. Se pressata, contro squadre che lasciano poco spazio tra le linee, l'Italia fa fatica a tenere su palla, dipendendo di fatto dal controllo dei due attaccanti (adesso forse il pubblico italiano non juventino può iniziare a capire l'eccezionalità di Tevez nel panorama degli attaccanti) o dai lanci alle spalle delle difesa avversaria.

Zaza, che in quanto a intensità non ha niente da invidiare a nessuno (anche solo contro due avversari non permette mai di giocare con tranquillità) contro la Croazia ha perso 10 palloni tra cui i primi 2 giocati cercando di servire rasoterra Pasqual a pochi metri. Lo stesso vale per Immobile che preferisce finalizzare l'azione anziché partecipare alla costruzione, ma anche per i vari Pellé, Destro e Giovinco (qui il problema è fisico). Cerci ed El Shaarawy, che avrebbero le caratteristiche atletiche e tecniche per sostenere il ritmo richiesto e aumentare la percentuale di palloni utili, preferiscono tagliare dalla fascia verso il centro fronte alla porta (cioè il movimento opposto a quello richiesto). Cerci ha giocato anche al centro nel Torino dello scorso anno ma si muoveva liberamente come un numero 10, e in ogni caso non riuscirebbe ad avere un buon affiatamento in coppia neanche con se stesso.

L'attaccante perfetto per questo tipo di gioco sarebbe forse Balotelli, se riuscisse a restare concentrato per una partita intera o per più partite e a correre dove gli dice l'allenatore e non dove gli pare a lui. Il discorso sull'intensità è più complesso di quel che si creda: Balotelli avrebbe tutte le qualità atletiche necessarie, ma anni di superiorità fisica e tecnica con i suoi avversari lo hanno abituato a ottenere il massimo con il minimo sforzo (e comunque quello che ottiene è sempre meno più sale di livello).

Problema De Rossi. A questo punto, però, devo dire che il problema principale riscontrato in queste prime uscite riguarda il ruolo di playmaker, cioè De Rossi. Da una parte l'ampiezza e il tipo di passaggi richiesti esalta la sua voglia di lanciare il pallone negli angoli di campo più lontani (e, ad esempio, non so quanto Verratti si divertirebbe in quel ruolo, contro Malta ha fatto solo 2 passaggi chiave); dall'altra la sua tendenza a schiacciarsi sulla difesa sta diventando problematica per la Roma ma anche in Nazionale.

L'azione del gol croato è nata da uno scambio sulla fascia tra Modric e Srna, con Brozovic (l'altro centrale di centrocampo) che ha tagliato centralmente attirando in un primo momento proprioDe Rossi. Candreva in quella situazione può restare su Rakitic, scivolato sul lato debole italiano.

Pochi secondi dopo, però, De Rossi è scappato verso la difesa (per proteggerla da quale pericolo non è chiaro) lasciando libero Brozovic di ricevere palla e creando il buco in cui si è infilato Srna.

A quel punto si è scatenato un effetto a catena: Candreva è uscito su Brozovic lasciando libero Rakitic; su Rakitic è uscito Darmian che stava giocando interno di difesa e quando Rakitic ha girato palla a sinistra c'era solo De Sciglio contro Perisic e Prjanic (poi, ok, Buffon se la fa passare sotto la pancia).

Ma la posizione “libera” di De Rossi è problematica quasi sempre. Nessuna squadra al mondo si può permettere un uomo in più davanti alla difesa andando in inferiorità in qualsiasi altra zona del campo.

Nell'immagine qui sotto De Rossi non sembra preoccupato della situazione sulla fascia, anzi sta continuando a scivolare all'indietro; al contrario Chiellini punta i piedi pronto a uscire dalla sua posizione.

la cosa più difficile è capire se la posizione di De Rossi sia una richiesta esplicita di Conte (e di Garcia con la Roma) o se, semplicemente, De Rossi ormai gioca così. Qualche vantaggio lo garantisce (è pure sempre De Rossi) ma anche contro l'Olanda, anche solo tenendo conto di quegli otto minuti in cui la partita è stata in equilibrio, la sua posizione in fase difensiva ha creato i problemi maggiori.

In generale, si è visto anche contro il Bayern di Monaco a Roma: De Rossi fatica a ruotare e ad uscire col tempo giusto sulle mezzali avversarie, causando spesso l'effetto a catena descritto sopra.

Il doppio modulo. Ed è qui che l'allenatore è chiamato ad intervenire ricorrendo a tutte le risorse disponibili, senza avere paura di sperimentare soluzioni creative. Forse proprio per superare i problemi difensivi avuti con la Croazia, e in generale compensare i limiti dei playmaker a disposizione (nel caso di De Rossi questa sua tendenza a galleggiare in zone deserte dello spazio difensivo; in quello di Pirlo lo scarso dinamismo e anche Verratti non è esattamente Desailly), Conte ha introdotto la novità più importante vista fin qui al suo gioco.

Il 4-4-2 con cui l'Italia si schierava in fase difensiva contro l'Albania sembra la soluzione migliore per difendere in ampiezza con due uomini per fascia e al tempo stesso stringere le linee al centro (anche De Rossi, libero dall'ansia di dover proteggere la difesa, ha giocato una delle sue migliori partita a Monaco, dove la Roma ha giocato con il 4-4-2).

Se l'Italia non riesce a recuperare palla in zone alte di campo, tanto vale mettersi comodi e difendere nel modo più semplice e ordinato possibile.

Ma Conte non ha ascoltato quanti già si lamentano della difesa a 3 in quanto difesa a 3, perché la considerano una strategia difensivista (almeno finché Guardiola non mostrerà al mondo intero come con la difesa a 3 si può essere offensivi e vincere tutto), per riottenere la superiorità in fase di impostazione l'Italia contro l'Albania in fase offensiva tornava rapidamente al 3-5-2/3-3-4.

Antonelli nel doppio ruolo di esterno del 3-5-2 e terzino del 4-4-2, Bertolacci che difende largo e attacca come mezzala, De Silvestri che da terzino stringe fino a diventare il terzo di difesa, Moretti che si allarga leggermente mentre Aquilani si abbassa a chiudere il rombo con la difesa a 3. Una rotazione al tempo stesso facile da eseguire in pochi istanti di gioco e complessa da leggere per gli avversari (o i telecronisti Rai che non ne hanno accennato).

Quella di Conte è una Nazionale che gioca come una squadra di club, costruita sulle caratteristiche degli uomini a disposizione (considerati tutti gli aspetti, non solo quello tecnico) ed è un peccato non vedere in campo questa squadra per i prossimi 4 mesi perché in 4 mesi può succedere di tutto. Se dovranno cambiare gli interpreti, Conte cambierà senz'altro anche il gioco.

In ogni caso ha già dimostrato di non essere stato con le mani in mano e quando parla di «apprezzare lavoro e fatica» sa che il suo lavoro e la sua fatica sono sotto gli occhi di tutti.

Ringraziamo SICS, che potete seguire su Facebook e Twitter.

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