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I problemi del Manchester di Moyes
19 mar 2014
Dopo la sconfitta per 2 a O al Pireo contro l'Olympiakos, stasera i Red Devils dovranno disperatamente conquistare i quarti di Champions League, la fiducia dei tifosi, e quella in loro stessi.
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Questa sera il Manchester United gioca la partita più importante della sua stagione, più dal punto di vista morale che altro. Una serie di cattivi risultati ha allontanato la squadra dalle prime posizioni, rendendo impossibile sia la difesa del titolo conquistato lo scorso anno sia la partecipazione alla prossima Champions League; e difficilmente riuscirà a ottenere l'unico risultato utile per salvare la stagione, la vittoria della Champions, appunto. Ciò nonostante, c’è una bella differenza tra giocare i quarti di finale contro un grande club europeo ed essere eliminati dall'Olympiakos agli ottavi: soprattutto per David Moyes.

L’ultima sconfitta casalinga in Premier League, subita domenica contro il Liverpool (0-3, ma soprattutto la sensazione di impotenza totale contro un avversario più forte), oltre a demoralizzare l’ambiente, ha creato una tempesta perfetta, soprattutto a livello mediatico. #MoyesOut è un trending topic su Twitter e i tifosi del Liverpool a partita in corso lo hanno deriso con lo striscione «David Moyes is a football genius». Qualcuno parla addirittura di un possibile ritorno di Ferguson in panchina. Nel frattempo, aumentano gli spettatori dello United of Manchester, la squadra fondata dai tifosi anti-Glazer (famiglia americana proprietaria del Man Utd) che nell'ultima partita (settima divisione inglese) ha sfondato il tetto delle duemila presenze, record stagionale. E c'è chi dice sia in corso un drenaggio di tifosi verso la terza squadra della città.

LA PARTITA DI ANDATA CON L'OLYMPIAKOS

Stasera, per qualificarsi ai quarti di finale, Moyes deve ribaltare il 2-0 dell’andata in Grecia. L’Olympiakos non è una squadra ricca (né di soldi né di talenti che la rendano superiore “sulla carta”), ma ha già vinto il campionato greco con cinque giornate d’anticipo e ha un buon allenatore, lo spagnolo Michel (una vita da giocatore nel Real Madrid), che ha saputo organizzare una strategia di gioco efficace e ha ottenuto il massimo impegno dai propri giocatori. Privo di Saviola all'andata, Michel ha cambiato modulo, passando dal classico 4-2-3-1 al 4-1-4-1, con il nigeriano Olaitan unica punta e N’Dinga davanti la difesa, in marcatura su Rooney. L’obiettivo di gioco era chiaro: mantenere alta la squadra e compatte le linee di gioco; aprire gli spazi per gli inserimenti dei centrocampisti offensivi, che avevano il compito di attaccare la profondità. Olaitan è stato, in sostanza, il primo difensore della squadra greca: 3 tackle e 5 palloni recuperati nella metà campo avversaria; dietro di lui, i due giocatori di maggior talento, Dominguez e Campbell, hanno effettivamente approfittato degli spazi e deciso la partita, con un gol a testa.

Moyes ha schierato Van Persie unica punta, Rooney appena dietro e due ali vere sulle fasce (Valencia a destra, Young a sinistra; Mata non può essere schierato in Champions, ha già giocato con il Chelsea). È stato un disastro: i greci pressavano molto alti, costringendo i centrali difensivi a sbagliare spesso; i due centrocampisti, Carrick e Cleverly (quest’ultimo talmente odiato dai tifosi da ritrovarsi una petizione online, sottoscritta da circa 19mila persone, per impedire la sua convocazione ai Mondiali), si limitavano a spostare il pallone nella propria metà campo; Rooney allora provava a scendere il più basso possibile per creare gioco, ma così RVP si ritrovava completamente solo.

Dopo l’errore di Van Persie, il telecronista rimane in silenzio per 6 secondi.

Nell’ultimo quarto d’ora della partita di Atene risiedono molte delle speranze dello United: i greci hanno finito la benzina e hanno smesso di pressare alti; il Manchester è riuscito a occupare la metà campo avversaria, e solo l’incredibile errore di Van Persie ha impedito di ottenere un risultato molto più facile da ribaltare. Se l’Olympiakos sentirà il peso dell’Old Trafford e deciderà di aspettare in difesa, potrebbero esserci buone possibilità per la squadra di casa. La differenza qualitativa tra le due squadre è grande e il Manchester in teoria ce la può fare, a prescindere da tutto. Altrimenti, a pagare potrebbe essere solo lui, David Moyes. Una carriera fatta di piccoli passi e grandi cicli (4 anni abbondanti al Preston North End, più di 11 stagioni all’Everton), e rischia di giocarsela in una serata, in soli 90 minuti.

TUTTA COLPA SUA?

A volte basta assumere un nuovo allenatore per vedere gli stessi giocatori migliorare persino tecnicamente da una stagione all'altra. A volte, invece, è evidente come le prestazioni in campo dipendano in gran parte dai giocatori. Insomma, dove sta la verità tra Guus Hiddink che conduce la Corea del Sud alla semifinale di un campionato del Mondo (con tanto di stadio a suo nome, da vivo) e Avraham Grant che si fa trasportare da Drogba in finale di Champions League da spettatore non pagante? In base al celebre paradosso di Capello, l'allenatore conta solo per il 20%, quindi poco. Il restante 80%, però, va diviso tra un gran numero di giocatori, e così l'allenatore sarebbe la singola persona più influente all'interno di una squadra di calcio.

Se per i calciatori abbiamo dati fisici e tecnici, come misurare il lavoro di un allenatore? Soprattutto nell'interpretazione inglese del ruolo, “manager”, quanto influenza a vari livelli il lavoro di un club? Basta contare vittorie e sconfitte? L'allenatore in questione non ha mai vinto nulla (tranne un Charity Shield che adesso assume una luce sinistra), e allena il club più titolato d'Inghilterra, nell’anno più difficile della sua storia recente. E sarebbe stato un anno difficile, probabilmente, per chiunque altro al suo posto.

PALLA AL CENTRO

C'è un dato stupefacente sul “nuovo” Manchester Utd, è così incredibile che non riesco a smettere di pensarci: 81 cross in una singola partita. Più di uno al minuto, considerando il tempo effettivo. È successo una domenica di febbraio, lo United affrontava il Fulham, non proprio un avversario irresistibile. Il Fulham ha pareggiato all'ultimo minuto ed è finita 2-2, ma il risultato non importa. L'unica cosa che conta è che il Manchester United ha effettuato 81 cross in tutta la partita, un record storico, mai registrato da quando Opta raccoglie dati sulle partite di calcio.

La canzone del Benny Hill Show ridicolizza quella che, a mio modesto parere, è un’opera d’arte.

Di quei cross, solo 18 sono riusciti, e il difensore del Fulham Dan Burn, a fine partita, ha paragonato il gioco dello United a quello di una squadra di Conference (quinta divisione inglese, da lui conosciuta a 18 anni). Dan Burn è alto 2 metri e 1 centimetro: un altro cross?

L'immediato pensiero sull'ottusità di allenatore e giocatori che replicano all'infinito una strategia sbagliata, con il tempo è stato rimpiazzato dal pensiero sull'impegno e la creatività che sono stati necessari per raggiungere un record del genere. È una cosa che va al di là del calcio, è musica trance, è quasi arte: immaginate gli 81 palloni ancora in aria, e sostituiteli agli uomini in bombetta di Magritte.

MANCANZA DI CREATIVITÀ

Nel Manchester Utd c'è confusione in alcuni ruoli e su alcuni giocatori. Ad esempio, Juan Mata, acquistato a gennaio per innalzare il livello qualitativo della squadra e avere un creatore di gioco sulla trequarti avversaria. Forse non lo avevano avvertito che nel ruolo di numero 10, dietro la prima punta, c'era già il giocatore più rappresentativo dello United, Wayne Rooney, che sembra aver reinventato il proprio modo di giocare: da centravanti a playmaker di attacco (10 assist in questa Premier League, in testa alla classifica insieme a Suárez). Finora Mata ha giocato molto sulla fascia destra, con risultati non eccezionali: invece di aiutare la squadra nel fraseggio tra le linee e nel collegamento tra centrocampo e attacco, lo spagnolo ha contribuito ad alimentare la strategia del gioco dei cross, senza saltare l'uomo e partecipando solo a tratti alla fase difensiva.

L’idea che il nuovo acquisto spagnolo potesse essere il salvatore della patria è lentamente naufragata, e l'ultima disfatta contro il Liverpool (0-3 all'Old Trafford, secondo Rooney «uno dei giorni peggiori della sua carriera») ne è la dimostrazione. Lo United ha avuto difficoltà praticamente in tutte le zone del campo. La coppia di centrali difensivi Vidić-Jones era troppo lenta per assorbire gli inserimenti di Sturridge e Sterling, che attaccavano sempre la profondità (senza parlare di Suárez); i due terzini, Rafael ed Evra, erano troppo esposti agli attacchi avversari a causa delle mancate coperture degli esterni offensivi. La coppia di centrocampo Carrick-Fellaini non riusciva né a coprire la difesa né a impostare il gioco. Il belga non è un vero incontrista e neppure un regista: la sua gestione del pallone è praticamente inutile per la squadra, con pochissime verticalizzazioni tentate; ma soprattutto, il buco in zona centrale dimostra che il Manchester non aveva un punto di riferimento sulla trequarti.

I quattro davanti (di cui ben tre mancini, forse troppi) si pestavano spesso i piedi in un'incredibile anarchia tattica.

Moyes sa riconoscere il talento: ha lanciato Rooney in Premier League, adesso tocca a Januzaj.

In teoria, Januzaj (l'unico grande merito di Moyes è di aver lanciato questo diciannovenne dalle grandi qualità, molti passaporti e ancora nessuna Nazionale) avrebbe dovuto giocare come al solito sulla sinistra, invece era largo a destra; sulla sinistra c'era Mata che però si sentiva libero di muoversi pressoché ovunque, tranne che al centro, posizione che avrebbe dovuto occupare Rooney (suo l'unico tiro in porta, in 90 minuti, per i padroni di casa), il quale a sua volta andava a cercarsi il pallone proprio sulla fascia sinistra. Insomma, al centro della trequarti non c'era nessuno e Van Persie era completamente isolato, tanto da aver effettuato solo 12 passaggi (e nessun tiro in porta), gli stessi del portiere avversario Mignolet. Va detto che quel buco sulla trequarti dello United è anche colpa/merito di Steven Gerrard.

Rooney e Mata vogliono giocare entrambi al centro della trequarti avversaria, ma contro il Liverpool sono rimasti alla larga.

Nel ruolo di numero 10 dietro l’unica punta ci sarebbe anche Kagawa, "uno dei migliori giocatori al mondo" secondo il suo vecchio allenatore Klopp, a meno che non lo si faccia giocare sulla fascia, dove rende molto meno. Da due anni, Kagawa gioca sempre fuori ruolo, con risultati insoddisfacenti, anche a causa di compagni sbadati che non riescono neppure a segnare da due passi.

Ecco, questa è roba da Benny Hill: pensate alla frustrazione di Kagawa.

E se il problema dello United fosse invece nella coppia di centrocampo? Nell'Everton Fellaini giocava quasi a ridosso della punta per sfruttare la sua capacità di inserimento e l'abilità nel gioco aereo. In questo 4-2-3-1, invece, Fellaini è il secondo centrocampista davanti alla difesa, con più libertà di movimenti e manovra rispetto al compagno Carrick, e non è insolito che stazioni a ridosso dell'area avversaria in normali azioni di gioco. Davanti alla difesa, sacrifica quasi tutto il suo potenziale offensivo, che lo rende un centrocampista molto utile (11 reti l'anno scorso); in posizione offensiva, toglie spazio a giocatori di qualità notevolmente maggiore. Semplificando possiamo dire che il suo ruolo preferito sarebbe quello di incursore dietro l'unico attaccante centrale: si prega di prendere il numeretto e aspettare, ci sono già Rooney, Mata e Kagawa.

A livello tattico, Moyes in questo momento naviga a vista, e le 42 formazioni diverse su 42 dimostrano che la terra ferma è ancora troppo distante.

RISORSE UMANE

Un allenatore si giudica anche dalla capacità di gestire lo spogliatoio, di capirne le dinamiche, di saperle dominare e indirizzare. Tutto questo mi permette di introdurre una teoria sulle figure presenti in una squadra di calcio: la teoria dell'“Influencer”.

In uno spogliatoio ci sono appunto gli “influencer”, giocatori troppo forti, troppo vincenti, troppo simbolici; i “soldatini”, che eseguono tutte le direttive dell'allenatore senza fiatare e vogliono solo stare tranquilli, e i “ribelli”, a cui non importa nulla.

Se un allenatore riesce a gestire gli “influencer”, allora ha in mano lo spogliatoio. In molti quindi cercano strumenti adatti (come il consiglio dei saggi di Garcia) per avere un rapporto migliore con questo gruppo; oppure instaurano un rapporto di amicizia, proteggendo gli “influencer” da nemici esterni, a volte esistenti a volte inventati per l'occasione (vedi Mourinho). Purtroppo Moyes non condivide questa teoria. Dopo solo un mese in squadra Mata già si permette di dire alla stampa che sta giocando fuori ruolo. Van Persie, dopo la sconfitta con l'Olympiakos, critica apertamente la tattica offensiva dello United, e critica anche i compagni. Per ora Rooney tace, forse per merito del nuovo contratto da circa 19 milioni di euro a stagione, ma di cose su Moyes ne avrebbe da dire. È l'allenatore che l'ha lanciato in Premier League nell'Everton e lì hanno lavorato insieme per due anni, eppure Moyes ha denunciato Rooney per diffamazione. In realtà ha denunciato la casa editrice che aveva pubblicato l'autobiografia (all'età di 21 anni e infatti si chiamava “My story so far”), nella quale si sosteneva che Moyes avesse rivelato il contenuto di un colloquio con Rooney a un quotidiano di Liverpool. Era l’incontro in cui Rooney spiegava le motivazioni del suo addio. In Italia di maliziosità del genere ne accadono ogni cinque minuti, e quindi noi non lo capiamo, ma Moyes se l'è presa sul serio e alla fine la casa editrice è stata costretta a pagare circa 500.000 sterline, spese legali comprese. E Rooney ha dovuto chiedere ufficialmente scusa.

Shearer non ha pietà e dice che secondo lui alcuni giocatori remano contro Moyes. Anche Hamann contribuisce al tiro al piccione. «David Moyes under fire» è un titolo decisamente appropriato.

USATO POCO SICURO

Moyes, purtroppo per lui, va giudicato anche per la campagna acquisti. Ad agosto è arrivato il quinto calciatore più pagato nella storia dello United, Fellaini, per l'equivalente di circa 33 milioni di euro. A gennaio in città è invece arrivato il giocatore più costoso nella storia dello United, Mata: 45 milioni di euro circa. Come abbiamo visto, non sembrano operazioni molto intelligenti sotto il profilo tattico, e forse neanche sotto quello economico. Mata se n'è andato dal Chelsea perché non trovava spazio e perché non si adeguava al 4-2-3-1 di Mourinho, per finire esattamente nella stessa situazione. Ma il punto è un altro: voi comprereste un'auto usata da Mourinho? Io no, per l'incredibile asimmetria informativa tra venditore e compratore: Mourinho sa tutto dei suoi giocatori e sa sempre farli rendere al 100%. (E potrei spingermi fino a sospettare che Mou prevedesse il fallimento di Ibra nel sistema di gioco del Barça di Guardiola.)

E se invece non fosse colpa di Moyes ma dei giocatori lasciati in eredità da Ferguson? Negli ultimi anni il Man Utd ha davvero aggiunto poco alla squadra: Berbatov (2008), Valencia (2009), Hernández (2010), De Gea (2011), sono stati i colpi più significativi. Solo l'acquisto di Van Persie (2012) rientra in una logica da top team. Nello stesso arco di tempo, Ferguson ha lasciato andare via Giuseppe Rossi, Piqué, Cristiano Ronaldo, Pogba. Inoltre, ha lasciato in eredità una serie di contratti da gestire, basti pensare che quasi l'intera difesa dello United è in scadenza di contratto: Ferdinand, Vidić ed Evra, tutti e tre stanno contribuendo alla disastrosa stagione. Moyes ha fatto finta di niente, ha persino mantenuto la fascia da capitano sul braccio di Vidić, che ha già firmato un nuovo contratto con un'altra società (l'Inter). Che segnale è per una squadra, quello di avere il capitano già ufficialmente ex?

Questione di carisma: l’uso eccessivo della parola “try” da parte di Moyes, e la sicurezza di Evra, prima della decisiva partita contro l’Olympiakos.

TENERLO NONOSTANTE TUTTO?

Anche sotto l'aspetto comunicativo Moyes non sembra brillare: in generale composto e senza grandi sussulti né frasi da ricordare. Fino a quando non ha deciso di scrivere una lettera agli abbonati dell’Old Trafford.

Non è facile nel mondo del calcio ammettere i propri errori e sostenere che finora la stagione è stata deludente, ringraziando i tifosi per il loro costante supporto. Sebbene si tratti di una lettera onesta da parte di un uomo onesto, insomma una cosa quasi commovente, ne emerge una sensazione di disperazione, come se le stesse provando tutte e questa fosse l'ultima idea rimasta a Moyes per risollevare l'ambiente.

Non so se il suo Manchester United riuscirà a concludere la stagione in modo almeno dignitoso. La partecipazione alla prossima Europa League è a portata di mano (e se l'Arsenal dovesse vincere la FA Cup, sarebbe cosa pressoché certa), un obiettivo davvero minimo.

La cosa che conta per Moyes, ora, è salvare il salvabile e costruire le basi per un nuovo United. Magari ritrovare anche un po' di carattere, quello che gli permise di fare a pugni con alcuni suoi giocatori del Preston NE, tra i quali un portiere alto 2 metri, in un pub del ritiro estivo del 2001, rimproverandogli lo scarso impegno nell’amichevole contro una consonantica squadra turca. Nel frattempo, con il nuovo contratto da 19 milioni di euro lordi, Rooney si sarà dimenticato di quelle 500mila sterline, e magari penserà a quanto sarebbe romantico chiudere la carriera con l'allenatore che l'ha lanciato in Premier League. La dirigenza dello United potrebbe stupirci in un momento in cui già si parla di rimpiazzi, e invece di esonerare l'allenatore, che come al solito paga per tutti, perché ci hanno sempre detto che è più facile mandarne via uno piuttosto che venticinque, potrebbero sul serio vendere, non dico tutta la rosa, ma almeno undici giocatori, e tra questi molti dei vecchi “influencer”: Ferdinand, Vidić, Evra.

Magari una telefonata di Ferguson lo aiuterebbe: Moyes potrebbe chiedergli di quella volta (dicembre 1989) in cui esposero uno striscione poco elegante che lo invitava ad andarsene, e chiedergli quanta pazienza fu necessaria per costruire quella squadra così forte. Era un'altra storia, un altro United, ma ci vollero tre anni per vincere il primo trofeo e sette stagioni per vincere la Premier League. Una nuova generazione di tifosi è ormai abituata a una squadra vincente, ma i loro genitori hanno probabilmente vissuto lo stentato inizio del Manchester di Ferguson, e conoscono il valore della pazienza. Moyes ha bisogno di pazienza, ma è troppo esperto per non sapere che a forza di sconfitte si avvicina il limite di sopportazione, soprattutto quello della famiglia Glazer.

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