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Napoli allo specchio
14 ott 2016
Cosa funziona e cosa non funziona nel Napoli 2016-17.
(articolo)
9 min
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Il Napoli ha 2 punti in più rispetto a quelli che aveva un anno fa dopo 7 partite. Il suo attacco ha assorbito il trauma della cessione di Gonzalo Higuain e viaggia con una media di poco più di 2 gol a partita. Ha messo in mostra il miglior gioco d’Italia ed è l’unica alternativa credibile alla corazzata Juventus per la vittoria finale, mentre in Europa ha dominato i primi due avversari nel girone di Champions League. Il Napoli, insomma, non può e non deve essere considerata una squadra in crisi.

Però a Napoli bisogna fare i conti con il microclima emotivo che permea tutto in città. I napoletani sono capaci di una sorta di distacco illuminato, che gli permette di sopravvivere agli eventi nefasti, ma che li rende diffidenti verso le cose belle che accadono intorno a loro. Il campionato si è addormentato per la pausa imposta dalle qualificazioni mondiali e il sonno del Napoli è stato disturbato dal boccone indigesto della sconfitta di Bergamo. Fino a risvegliarsi madido di sudore per il gravissimo infortunio del suo nuovo centravanti.

Sul micromondo azzurro ha avuto la sua influenza Maurizio Sarri: la sua prima parte della stagione è scivolata via tra polemiche e rimbrotti, con interrogativi sospesi e tanti non detti. In poche settimane, Sarri si è rivoltato contro il sistema («Da quello che ho visto stasera è più facile cacciare un allenatore in tuta che uno con la giacca e la cravatta»), poi contro la propria società, mentre riferiva su alcune decisioni arbitrali («Dovrebbe venire qualcun altro a parlare di queste cose al mio posto»), fino a rivolgersi contro la propria squadra («Non abbiamo mai avuto l'idea che il nostro campionato dovesse essere in parallelo a quello della Juve»).

Cattiva gestione del dopo-gara o strategia preordinata? Se abbiamo imparato ad apprezzare il valore del Sarri allenatore, forse non abbiamo tutti gli strumenti per inquadrare il Sarri personaggio. L’allenatore non ha saputo, o non ha voluto instaurare una dialettica del “noi contro loro”, che ha avuto fortuna in altre piazze (soprattutto nell’ Inter di Mourinho, ma anche nella Juventus di Conte) e che in un ambiente che segue volentieri il capopopolo di turno avrebbe creato un moltiplicatore incredibile, per stimoli e fiducia nei propri mezzi.

E su questa risacca emotiva siamo arrivati a Napoli-Roma, crocevia per forza di cose di una stagione ancor giovanissima.

Cosa funziona nel Napoli

Il Napoli gioca a memoria ed è un piacere per chi lo osserva: l’uscita del pallone dalla difesa è precisa, la superiorità numerica in zona palla e le rotazioni rendono fluida la manovra, Ghoulam e Callejon offrono soluzioni in ampiezza e creano spazi per le combinazioni veloci tra la punta e le mezze ali per inserirsi in zona centrale. Tanto è difficile difendersi contro il Napoli, quanto è complesso attaccare, soprattutto se gli azzurri sono in un buon momento di forma fisica: lo sforzo per aggredire la prima circolazione degli avversari, teso alla riconquista del pallone più in alto possibile, è totale ed è difficile da aggirare.

La vena di José Maria Callejon ha rappresentato la migliore risorsa offensiva di questo inizio di stagione. Di certo 5 reti ricavate da 2,5 xG sono un bottino inaspettato, ma il resto delle sue statistiche attuali sono coerenti e simili a quelle tenute nella sua migliore stagione realizzativa, la sua prima in Italia: le situazioni di gioco attraverso le quali si procura occasioni per tirare sono molto simili (perché è uguale il valore medio degli xG per tiro); il rapporto tra gol e tiri nello specchio è pressapoco lo stesso (0,62 oggi contro lo 0,56 del 2013/14). Appena scenderà il numero di occasioni (2,8 tiri ogni 90 minuti è una cifra insolitamente alta per Callejon), diminuirà anche il numero di tiri nello specchio e si abbasserà il ritmo delle segnature. Ciò nonostante Callejon potrebbe avvicinare le 15 reti segnate nella stagione 2013/14.

Come ha scritto Federico Aqué nella sua analisi, Callejon è determinante più per i movimenti senza palla che per le soluzioni palla al piede. Schierato da ala classica sul piede preferito, Callejon lavora il terzino avversario ai fianchi: dapprima prova a portarlo fuori dalla propria zona di competenza, isolandolo dal resto dei compagni della difesa; poi tenta di attaccare lo spazio alle sue spalle. Perso il totem al centro dell’attacco, i tagli di Callejon rappresentano l’opzione privilegiata per gli uomini sul lato sinistro, quelli più inclini alla creazione di gioco.

In Genoa-Napoli, con Allan in campo, Callejon ha toccato il pallone in una zona esterna del campo, lontano dalla punta Milik.

In Napoli-Bologna, con Zielinski in campo, Callejon ha giocato vicino e alla stessa altezza di Gabbiadini.

I 5 gol in campionato di Callejon sono arrivati sempre quando sul terreno di gioco era presente anche Piotr Zielinski. Il centrocampista polacco esegue per il lato destro la stessa funzione operata da Marek Hamsik su quello sinistro: Zielinski è un hub attraverso il quale il pallone transita per essere trasferito da una linea all’altra. La presenza di Zielinski in posizione centrale oltre la prima linea di pressione avversaria permette a Callejon di svincolarsi parzialmente dai compiti di manovra e fa sì che possa restare più alto sul campo. Allan tende invece ad allargarsi, lasciando a Callejon il compito di arretrare per creare la linea di passaggio tra sé e Raul Albiol. Zielinski è una delle note positive che il Napoli ha ricavato dal mercato estivo, e con 106 minuti più di Allan nelle gambe è da considerarsi il titolare, almeno in campionato.

A proposito dei nuovi acquisti, non hanno ancora visto il campo Amadou Diawara e Marko Rog, ma in generale Sarri sta utilizzando meglio la sua panchina. Alla fine della scorsa stagione, Sarri aveva schierato 22 uomini con una differenza abissale nel minutaggio tra l’undici di base e il resto della rosa. Basti pensare che tra l’undicesimo uomo più utilizzato (Insigne) e il dodicesimo (Mertens) c’era una differenza d’impiego di 2 volte e mezzo (2626 minuti disputati il primo, 1086 il secondo). In questo inizio di stagione i giocatori schierati sono già 20 e la differenza relativa in termini di minuti è più bassa: tra l’undicesimo e il dodicesimo uomo lo scarto è del 27%.

Cosa non funziona

Al netto dell’exploit di Callejon, il Napoli sta generando meno occasioni dello scorso anno. Nelle prime 7 giornate, gli azzurri hanno tenuto una media di 1,32 Expected Goals a partita, ossia il 20% in meno rispetto alla scorsa stagione. È significativo il crollo delle occasioni pericolose (i tiri con alta probabilità di realizzazione): sono dimezzate da un anno all’altro. Inoltre, nel campionato 2015-16, il Napoli aveva calciato dalla zona calda dell’area di rigore con una media 5,5 tiri a partita e con una percentuale di trasformazione da prima della classe del 21,2%. In questa Serie A, gli azzurri hanno penetrato l’area di rigore con minor frequenza (4,4 tiri a partita), e si sono retti finora su una percentuale di gol realizzati molto alta (31,3%), che sarà impossibile da mantenere fino alla fine.

A peggiorare le cose per l’attacco del Napoli ci si è messo l’infortunio di Arkadiusz Milik, che lascia il Napoli con il solo Gabbiadini a fronteggiare l’onere della titolarità sia in campionato che in Champions League. In questi giorni si sono fatte varie ipotesi tattiche, tra le più frequenti l’utilizzo del falso no ve e il passaggio al 4-3-1-2, che sono per me entrambe impraticabili. Il Napoli ha bisogno di un vero nove, che tenga bassa la difesa per creare spazi per i centrocampisti e che agisca da riferimento per la manovra; inoltre né Mertens né Insigne hanno le caratteristiche adatte per giocare spalle alla porta.

Nel modulo col rombo nella maniera in cui lo intende Sarri, ad uno degli attaccanti (il 9) spetta il compito di andare in appoggio alla manovra, mentre all’altro (l’11) è richiesto di allargarsi per aprire la difesa. È poi compito del trequartista (il 10) inserirsi nello spazio partendo da lontano, spesso per andare a chiudere l’azione in prima persona. Ripensate all’Empoli di due stagioni fa: le tre maglie erano occupate rispettivamente da Maccarone, da Pucciarelli e da Saponara (che raggiunse il suo career high di 7 reti). Chi potrebbe prendere i tre ruoli nel Napoli? Se il ruolo da numero 11 è perfetto per Callejon e la maglia numero 10 per caratteristiche può essere contesa da Mertens e dallo stesso Gabbiadini, resterebbe comunque scoperta la casella del numero 9.

Il Napoli quindi non ha alternative valide subito disponibili, tranne che l’utilizzo di Gabbiadini nell’attuale sistema di gioco. Sarri deve sperare che l’attaccante bergamasco compia ancora un salto di qualità e dimostri di potersi affermare a questi livelli.

Bisogna ovviamente chiedersi cosa perde il Napoli con la lunga assenza di Milik? Gabbiadini predilige la ricerca della profondità, gli scatti dal centro verso il lato sinistro, quello del suo piede preferito, sono il suo marchio di fabbrica. Per quanto condividesse lo stesso istinto del compagno, Milik si sforzava di essere un giocatore più associativo, muovendosi di tanto in tanto in orizzontale o all’indietro per andare incontro al portatore di palla. Il set di movimenti limitato e l’incapacità di ricavare qualcosa di buono dal suo piede destro rendono l’azione di Gabbiadini monodimensionale e prevedibile.

Un altro grosso punto interrogativo riguarda le prestazioni in trasferta, che erano il tallone d’Achille del Napoli di Benitez, così come del primo Napoli di Sarri. Quest’anno gli azzurri hanno raccolto 5 punti sui 12 disponibili lontano dal San Paolo e hanno affrontato due squadre che hanno saputo limitarne il potenziale offensivo con una tattica molto simile (non a caso due formazioni con un legame “familiare”: l’Atalanta del Maestro Jedi Gasperini e il Genoa del suo Padawan Juric). Atalanta e Genoa hanno preferito lasciare campo libero ad Albiol e Koulibaly, che non avevano però uomini da servire, per via delle rigide marcature ad uomo organizzate a centrocampo. I due difensori non hanno saputo muovere il pallone abbastanza in fretta, né sono riusciti a lanciare lungo con precisione per muovere di colpo tutta la difesa avversaria da un lato, nel tentativo di far saltare qualcuna delle marcature.

Il Napoli ha bisogno del palleggio sincopato che passa attraverso Jorginho per creare spazi centralmente, in modo da servire le mezze ali. Anche verso la fine dello scorso anno, il Napoli si è fermato ogni volta che Jorginho è stato bloccato. Non avere una seconda fonte di gioco limita, a volte persino annulla, le possibilità del Napoli di fare gioco.

Non è detto che questa situazione non porti a Sarri a cambiare qualcosa negli equilibri a centrocampo, anche considerando che quest’anno può contare su molte più risorse tecniche di quante ne avesse la scorsa stagione.

Napoli-Roma è diventata importante per le circostanze, per il clima un po’ spaurito che si respira nei rispettivi ambienti, più che per le opportunità che creerebbe per l’una o per l’altra squadra. Se il Napoli dovesse battere la Roma, si manterrebbe nella scia della Juventus, mentalmente connesso al campionato, in attesa dello scontro diretto del prossimo 29 ottobre. Se dovesse uscire con una sconfitta, ma anche con un pareggio in una partita giocata al di sotto delle proprie possibilità, il Napoli dovrà opporsi a un circolo vizioso dalle conseguenze impronosticabili. Sarebbe un vero peccato per una squadra solida in ogni reparto, che in poco più di un anno ha imparato a controllare le partite quasi con la stessa autorità della Juventus, e che ha ancora grandi risorse in rosa da spendere.

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