Ci sono partite nel campionato italiano che hanno superato la semplice durezza agonistica della sfida sportiva per assumere un significato diverso: da tempo ormai quella tra Napoli e Roma (andata e ritorno) si gioca in un clima che mette in secondo piano l’evento calcistico. Nonostante in fondo si tratti di ambienti simili, che gravitano attorno agli stessi pianeti: la comunanza viscerale con la città, vista come un grande centro sportivo; ma anche l’inadeguatezza alle vittorie, viste come eventi salvifici e miracolosi, sempre legate all’avvento di un messia (Maradona, Falcao, Batistuta). Il Napoli che festeggia per 10 minuti sotto la curva una normale vittoria contro l’Inter e la domenica dopo subisce 3 gol in 60 minuti a Bologna è l’equivalente (in piccolo) della Roma che vince il derby l’8 novembre e dopo rimane a secco di vittorie per più di un mese.
La sfida tra queste due squadre si inserisce anche in una piccola saga tattica iniziata lo scorso anno: quella tra Sarri e Garcia. Nel primo degli episodi, l’Empoli metteva in mostra per la prima volta le grandissime difficoltà della Roma nell’affrontare un pressing alto a inizio azione, pur perdendo. Nel sequel di Coppa Italia, l’Empoli ingabbiava la Roma fino ai supplementari; nella terza e ultima sfida, i toscani allenati da Sarri certificavano definitivamente la crisi di Garcia.
La curiosità, in questo quarto episodio, è dettata dal cambiamento di posizione: per la prima volta l’allenatore francese deve recitare la parte dello sfavorito, alla guida di una squadra in crisi sia di gioco che ambientale, contro l’allenatore del Napoli secondo in classifica e in grande forma (15 vittorie, 2 pareggi e 1 sconfitta nelle precedenti 18 partite tra Serie A ed Europa League, meglio persino di Bayern e Barcellona nello stesso periodo, anche se la Champions è ovviamente di un altro livello).
La difesa di Garcia
Il Napoli è sceso in campo con il classico 4-3-3, i cui equilibri sono ormai talmente registrati che è difficile immaginarne delle modifiche: e quindi Albiol-Koulibaly difensori centrali, Hysaj-Ghoulam terzini con libertà di spinta nelle catene di fascia con Allan-Callejon a destra e Hamsik-Insigne a sinistra, Jorginho regista e ovviamente il devastante Higuain punta centrale.
Garcia ha invece risposto con un cambio di modulo: in teoria un 4-2-3-1 con De Rossi e Nainggolan davanti alla difesa, Pjanic trequartista, Salah ala sinistra e Iago Falque ala destra. Gervinho è addirittura in tribuna dopo i problemi muscolari causati dal frettoloso recupero contro il Torino. In difesa ancora l’incerto Rudiger vicino a Manolas, con Florenzi terzino destro e Digne sinistro. Dzeko è la punta centrale alla ricerca di gol e morale, dopo alcune prestazioni poco convincenti.
L’impossibile inizio azione della Roma: tutte le linee di passaggio sono schermate dai giocatori del Napoli e a Szczesny non rimane che il lancio lungo.
Sin dall’inizio della partita si nota perché il Napoli è la squadra che in Serie A recupera di più il pallone nella metà campo avversaria: la Roma non ha il tempo di costruire l’azione ed è spesso costretta a lanciare lungo per Dzeko. I giallorossi adottano in fase difensiva un 4-4-2 molto compatto: vicino a Dzeko c’è Pjanic con il compito di schermare Jorginho, mentre Salah e Iago Falque sono posizionati praticamente da esterni di centrocampo. L’organizzazione della Roma è uno strano mix fatto anche di marcature a uomo: De Rossi si appiccica ad Hamsik anche in porzioni laterali di campo, Pjanic insegue ovunque Jorginho e Nainggolan ingaggia una battaglia titanica con Allan.
Il 4-4-2 iniziale della Roma: Pjanic scherma Jorginho, Nainggolan si incolla ad Allan, mentre De Rossi è fermo e si è già perso Hamsik alle sue spalle.
Ad inizio partita ci ha provato anche la Roma: qui Albiol è costretto al lancio. Si vede già la marcatura quasi a uomo di Pjanic su Jorginho.
Per grandi parti del primo tempo le due squadre si annullano e non è un modo di dire: il Napoli impedisce alla Roma di costruire qualunque tipo di azione, schermando tutte le linee di passaggio sin dal primo possesso (tanto che il baricentro medio a fine partita è alto, 55,7 metri); i giallorossi imbrigliano le fonti di gioco di Sarri, facendo grande densità in zona centrale e ancora più sulla fascia destra. In particolare, per bloccare la catena di fascia sinistra del Napoli, vera fonte di gioco azzurra, Garcia dopo pochi minuti sistema una strana linea difensiva a 5, con Iago Falque terzino destro, mentre Florenzi protegge lo spazio intermedio tra terzino e Manolas, oltre a seguire a uomo Insigne fino alla trequarti. La linea a 6 vista contro la Fiorentina non viene riproposta perché il Napoli è sempre molto corto sulla palla e Callejon preferisce tagliare all’interno piuttosto che allargare la difesa: non c’è bisogno di Salah terzino.
L’inedito 5-3-2 di Garcia: Iago Falque è il terzino destro, mentre Florenzi chiude il corridoio con il centrale. Salah diventa mezzala di centrocampo.
L’unico momento in cui il Napoli riesce a superare la fase di stallo è quando Hamsik si fa trovare tra le linee per duettare con Insigne: a volte ci riesce perché ha un grande vantaggio di dinamismo rispetto a De Rossi e così diventa il giocatore di riferimento per la costruzione di gioco (72 passaggi realizzati, 3 in più del regista Jorginho). Un’altra possibile opzione è quella dell’uno contro uno di Insigne, che però è sempre raddoppiato e infatti realizza solo due dribbling ed è troppo egoista in zona pericolosa.
De Rossi-Pjanic-Nainggolan vs Hamsik-Jorginho-Allan: è una marcatura a tutto campo, basti vedere quanto è alto De Rossi. La Roma così è disunita, lascia il tempo a Koulibaly per cercare Insigne, da solo contro Florenzi.
Il primo tempo dimostra già in modo evidente che la Roma ha intenzione di giocare un calcio fatto di una sola fase, quella difensiva, con alcune interpretazioni di gioco particolari. Oltre ad essere molto bassa (baricentro medio a 42,8 metri) per togliere profondità ad Higuain, la Roma decide di non rischiare mai nulla e di cercare il più possibile la verticalizzazione per Dzeko (ben 90 lanci in tutto, contro i 54 del Napoli) e se necessario anche di lanciarla nel nulla: sembra quasi una scelta cosciente, quella di lanciare a prescindere dalla possibilità di sviluppare un’azione.
Infatti, il Napoli riesce a recuperare solo 12 palloni nella metà campo avversaria, quasi un terzo in meno rispetto alla sua media. In questo modo, però, la Roma non riesce a sviluppare un’azione degna di questo nome: dopo il lancio lungo per Dzeko e lo scarico per Pjanic o Salah, la squadra non accompagna e l’azione finisce così sulla trequarti. In particolare i giallorossi avrebbero potuto attaccare il lato debole del Napoli, spesso molto esposto, ma le consegne erano evidentemente quelle di mantenere le posizioni per giocare un’eterna fase difensiva per 90 minuti.
Qui De Rossi si perde Hamsik, che lo attacca alla spalle dettando il passaggio a Koulibaly: ricezione perfetta tra le linee (troppo distanti) dei giallorossi, ma passaggio in profondità per Higuain troppo lungo.
Dzeko esterno sinistro di centrocampo con Salah punta centrale: dai Rudi puoi fare di meglio.
Nel tentativo quasi irrazionale di cambiare qualcosa, dopo il time out dovuto al doloroso infortunio muscolare del guardalinee Cariolato, Garcia sistema Salah come punta centrale e Dzeko come ala sinistra. L’idea avrebbe dovuto essere: lancio lungo di Szczesny a Dzeko (terza linea di passaggio più usata dai giallorossi, in ben 9 occasioni) sulla fascia, scarico per Pjanic e lancio in profondità per Salah. L’esperimento senza senso è di fatto terminato pochi minuti dopo, con la fine del primo tempo.
Insigne comincia ad entrare più dentro al campo per levare riferimenti a Florenzi e al centrocampo giallorosso.
Cercare la combinazione
Davanti a un enigma così complicato, Sarri non perde le speranze e comincia a immaginare delle soluzioni: chiede ad Insigne di accentrarsi più spesso per portare Florenzi fuori posizione e liberare spazio per gli inserimenti di Ghoulam; inoltre, chiede a Higuain di uscire dalla perfetta morsa Rudiger-Manolas (2 palle recuperate, 2 tackle e 3 disimpegni vinti il primo, 8 palle recuperate, 1 tackle e 5 disimpegni il secondo), abbassandosi sulla trequarti per tirare fuori almeno uno dei due marcatori.
La mossa ha successo, soprattutto sulla fascia sinistra del Napoli, perché nel frattempo la Roma è rientrata in campo con Iago Falque più avanzato, lasciando a Florenzi il compito di terzino destro: mancano gli equilibri del primo tempo e in 7 minuti il Napoli crea tre occasioni con cross di Ghoulam.
La Roma arretra ancora di più rendendo impossibile ogni velleità di contropiede (troppo campo da coprire per Salah versione tornante di sinistra: ben 10 palle recuperate, di cui solo una nella metà campo avversaria), finendo anche per disunirsi. Dzeko è quasi commovente nell’applicazione che mette in una partita di puro sforzo difensivo: 7 duelli aerei vinti su 13 e ben 7 palle recuperate. A soffrire più di tutti però è Pjanic, che riesce a giocare solo 13 passaggi nella metà campo avversaria: praticamente la sua partita consiste nella schermatura di Jorginho.
Higuain si abbassa e porta fuori posizione prima Rudiger e poi Manolas: qui serve un perfetto passaggio filtrante per Hamsik, che poi sbaglierà. Da notare che Florenzi difende prima in modo sbagliato correndo all’indietro e così facendosi bucare alle spalle dallo slovacco. È lunga la strada per diventare un vero terzino destro.
Il Napoli invece aumenta gli sforzi e fornisce un’impressione ormai evidente anche in altre occasioni: domina la partita come se fosse un dato di fatto, con linee sempre vicine e compatte (squadra cortissima, solo 28 metri), straripante forma fisica dei giocatori, ottimo giro palla e grande capacità di recuperare il pallone. Da sottolineare la prestazione eccezionale di Koulibaly, che in una sfida molto fisica con Dzeko riesce a mettere insieme 11 palle recuperate, 5 contrasti vinti e addirittura 3 dribbling.
Chi sembra fornire un contributo minore nel Napoli è Allan, apparso troppo bloccato: a fine partita Sarri ha dichiarato di avergli chiesto espressamente di non spingere troppo per mantenere gli equilibri di centrocampo. È infatti Hamsik l’uomo deputato ad attaccare la linea difensiva giallorossa, che con il passare dei minuti sembra perdere lucidità: prima attacca la profondità dietro Florenzi ma calcia fuori; poi sorprende De Rossi e davanti a Szczesny si fa parare ben due tiri.
Il Napoli si compatta nella zona della palla, la Roma non sa bene cosa fare e tutti vanno verso il pallone: Florenzi non attacca il lato debole perché ha paura di Insigne.
Nel frattempo la Roma sembra andare anche in debito fisicamente (nei giallorossi giocano da settimane sempre gli stessi e gli unici cambi sono dovuti a infortuni) e allora Garcia provvede in modo un po’ disperato con alcuni cambi mal riusciti, soprattutto Gyomber per Iago Falque, con lo slovacco sistemato terzino destro (sarebbe un difensore centrale, nella Slovacchia gioca anche davanti alla difesa) e Florenzi esterno di centrocampo. Il Napoli invece inserisce Mertens al posto di Callejon ed è una mossa utile: il belga entra subito nel vivo del gioco e approfitta proprio degli errori posizionali di Gyomber e Florenzi, rischiando quasi di diventare il deus ex machina della partita.
De Rossi si pianta sul campo e lascia andare Hamsik alle sue spalle, mentre Gyomber è lontanissimo da Manolas e crea uno spazio invitante per il passaggio perfetto per Allan: poi ci penserà Szczesny a salvare il risultato per la Roma.
Eterno incespicare
Nella fase difensiva giocata dalla Roma non c’è stato spazio neppure per un tiro nello specchio della porta: i giallorossi hanno provato a rendersi pericolosi, soprattutto nel primo tempo, ma alla fine la migliore occasione è quella che non c’è stata, quando a 10 minuti dalla fine De Rossi ha letteralmente tolto dai piedi di Iturbe un rigore in movimento (e poi dopo arriva il cross di Rudiger con la palla che finisce fuori). Il triste simbolo di una Roma condannata ad essere umile dalla sua mancanza di cultura calcistica. L’unica nota positiva di questa partita per i giallorossi, oltre al punto conquistato, è la tenuta della coppia difensiva e, più in generale, la voglia dimostrata da tutti i giocatori: forse per la prima volta in questa stagione Higuain è stato letteralmente eliminato dal gioco (Mertens in 25 minuti ha toccato solo due palloni in meno dell’argentino, mentre Reina ne he toccati cinque in più) e Rudiger è sembrato un difensore degno di questo nome. Tutto ciò in realtà rafforza l’idea che i giocatori stiano facendo il massimo delle loro possibilità e che in un contesto più organizzato non sarebbero esposti a errori e umiliazioni individuali.
Allo stesso tempo, questo pareggio è quasi una dichiarazione di resa: la Roma è una squadra in crisi che non può fare più di così perché non ha un’identità di gioco e ogni volta è costretta ad inventare da zero la partita. Rudi Garcia sta semplicemente tirando a campare, ma al momento la Roma è quinta in classifica a ben 7 punti dalla prima, un risultato disastroso se messo in rapporto alle aspettative di inizio stagione. Soprattutto, sembra non avere prospettive: per subire meno gol la Roma ha dovuto rinunciare a segnarne (uno solo nelle ultime 4 partite), a dimostrazione che si tratta di una squadra senza equilibri e che non conosce l’armonia delle varie fasi di gioco (forse non le allena a sufficienza). Non ha alcun senso acquistare Dzeko e Iago Falque se l’idea principale è di fare densità nella propria metà campo: che si voglia o no, è questo l’unico abbozzo di identità fornito dalla Roma, una squadra che difende molto bassa per ripartire in contropiede, senza alcuna velleità di recuperare il pallone dagli avversari.
Chi invece punta tutto sul pressing organizzato per strappare il pallone dagli avversari è il Napoli di Sarri: una squadra armonica, attenta, concentrata e capace di imporsi quasi sempre sull’avversario.
In particolare, è davvero significativo notare le differenze della fase difensiva rispetto allo scorso anno: le spaziature sono sempre perfette, le linee non si sfaldano, anche e soprattutto perché il Napoli difende in avanti, e non correndo indietro.
A centrocampo, Allan rappresenta un motore continuo anche quando deve giocare una partita più bloccata: 3 contrasti vinti, 7 palloni recuperati e 2 intercettati. Oltre tutto, permette ad Hamsik di attaccare con continuità, costituendo una sorta di cerniera di copertura con Jorginho.
Dopo 90 minuti di dominio (anche del pallone, con il 60% di possesso), però, il Napoli deve anche interrogarsi sulla sua capacità di scardinare sistemi chiusi (come contro il Carpi, e il paragone è sconfortante per la Roma): ha costruito poco rispetto a quanto avrebbe dovuto, fondamentalmente solo grazie agli inserimenti di Hamsik. In particolare, con Higuain letteralmente fuori dalla partita (nessun tiro verso la porta), la squadra di Sarri è sembrata avere poche munizioni alternative, continuando così a sollevare il dubbio sulla dipendenza dal centravanti argentino. Con questa continuità di gioco e di prestazione, in ogni caso, il Napoli può guardare con serenità al futuro del campionato: cosa che non può dirsi di una Roma in formato “salvare il salvabile”.